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Angela Caucci: il mio rapporto con donna Clelia

Donna Clelia da buona Garibaldina aveva un carattere piuttosto forte. Era molto tosta. Io però sono riuscito ad addolcirla tanto che lei, quando mi presentava, diceva che ero la sua amica ed il suo angelo, nonostante i tanti anni di differenza. La conoscevo da quando ero piccola, la andavo a trovare quando andavo da mio zio che era il capo posto a Caprera, ma anche quando ci portavano a trovarla dal Giardino d’Infanzia e lei ci dava i dolci e le caramelle. Praticamente è come se l’avessi conosciuta da sempre. Poi con il passare del tempo le si attaccò a ma in maniera morbosa, e la cosa non mi dispiaceva, perché andavamo molto d’accordo.
La nipote si chiedeva come facessi ad avere quel rapporto speciale con lei che, con tutti, era molto tosta. Ricordo che in quel tempo c’era un giardino bellissimo e ben curato. La sera si stava fuori sotto una tenda, al fresco. L’inverno invece lo trascorrevamo a casa a giocare a carte. Clelia era molto appassionata ai giochi di carte e alcune persone la andavano appositamente a trovare per giocare a scopone scientifico. C’era la stufa grande nella stanza da pranzo dove si leggeva il giornale e si raccontavano le storie del padre come ad esempio quando, appena nata la mise in una bacinella di acqua gelida e, forse per questo lei fu una nuotatrice provetta. Riusciva a nuotare da Cala Garibaldi fino a Palau. Una volta facendo le capriole sott’acqua rimase impigliata con il costume ad una trave e per poco non ci rimise la pelle. Lei aveva un amore morboso per il padre. Ci raccontava che a Garibaldi piaceva mangiare lo stoccafisso alla genovese, il baccalà con la polenta. Ma non solo: apprezzava la carne arrostita e le verdure del suo orto. La carne la cuoceva alla brace poi la ragliava a fette e la rimetteva sul fuoco, praticamente molto cotta. Ma non disdegnava il pesce che a volte pescava personalmente. A Natale quando arrivavano i regali, donna Clelia diceva a tutti di non aprirli e di aspettare me, perché mi divertivo a scartare i pacchi. Mi portò per ben due volte a Livorno dove trascorrevamo le giornate in una bellissima villa immersa nel verde e contornata da tante splendide statue. Ho conosciuto la sala d’armi dove erano conservate tutte le armi di Manlio. Una volta mi permisi di chiederle se potevo darle una mano a pettinarsi i capelli e lei acconsentì a differenza di quello che permetteva agli altri.
Quando si organizzava la Befana per in bambini, la nipote Clelietta faceva i pupazzetti ed io i vestitini. Poi si preparavano i dolci, fra i quali quelli alla nocciola che erano molto apprezzati. Alla Befana partecipavano tanti bambini provenienti da La Maddalena ma soprattutto da Stagnali che in quel tempo era abitata da numerose famiglie. Pensate che all’epoca vi erano anche ben tre negozi e la scuola e lei partecipava attivamente alla vita di Caprera. Ricordo che ai tempi di Clelia c’era un orto grandissimo, proprio sotto l’attuale diga, nel quale il padre di Clelietta, insieme al signor Casula coltivavano ogni ben di Dio”.

Parzialmente tratto dal settimanale maddalenino Il Vento del 2011 a da una serie di articoli dello scrittore Claudio Ronchi