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Antonio Cuneo – Cloro

Fratello maggiore di Cissia e Camauro, era nato a La Maddalena nel 1823 e qui mori il 13 settembre 1884. Era coniugato con Anna Maria Tartaul. Nome di guerra “Cloro”, matricola della marina n° 8018.

Già nocchiero quando incominciarono le guerre di indipendenza, alle quali partecipò fregiandosi di numerose medaglie d’onore, era famoso in tutti i mari per la sua forza erculea.

Racconta una cronaca del 1884, scritta in occasione della morte di Cloro, che a Montevideo “un francese forse ubriaco, marinaio della marina militare, sfidò beffeggiando i marinai regi italiani imbarcati su di una goletta, colà di stazione. Il francese presentatosi baldanzoso con la mano destra sostenendo un cannone di 12 c.; Cloro sorridendo e con la massima disinvoltura afferrò con ciascuna mano due cannoni dello stesso calibro e tonnellaggio e disse al francese: Ecco un figlio della forte madre Italia e se tu non sei un vile temerario carica se sai il tuo cannone e sparalo tenendolo sulla mano, io ti sarò di bersaglio. Altrimenti mettiti di mira sul ponte che io ti scaricherò questo cannone come una pistola e se non ti farò mangiare piombo italiano ammazzami da mascalzone. Il francese non accettò“.

Questa sfida d’onore sarà ricordata all’atto dell’intestazione della strada a suo nome da parte del Consiglio Comunale di La Maddalena.

Uno dei tanti episodi relativi alla sua forza racconta che Cloro riuscisse a salpare l’ancora della sua nave azionando da solo l’argano; non conosciamo le dimensioni dell’ancora, ma se l’episodio è rimasto nella mente dei suoi concittadini e nelle cronache dell’epoca, l’impresa non dovette essere considerata poca cosa; evidentemente si trattava di un personaggio notevole, visto che eccelleva in un periodo come quello della marineria a vela, in cui la forza muscolare era dote indispensabile per farsi valere, a bordo e a terra.

Una volta in pensione, ebbe l’incarico di trasportare quotidianamente la posta, con la sua barchetta a vela, da La Maddalena a Palau.

Anche in questa professione assunse agli onori della cronaca perché “non mancò mai al suo dovere. Eolo infuriava, ma lottava con Cloro, coraggioso marinaio”.

Si racconta ancor oggi che, avendo il vento troncato l’albero della barca, Cloro riuscì a recuperarne lo spezzone e a fissarlo con una cima tanto da poter riprendere la navigazione.

Nel 1883 fu portato in tribunale da una guardia di finanza che lo aveva denunciato per contrabbando (vecchia passione isolana!). Il finanziere fece l’errore di sostenere davanti al giudice di aver ricevuto dall’accusato uno schiaffo; ma quando Cloro rispose che in tal caso la testa dell’uomo non sarebbe più stata attaccata al collo, il giudice, conoscendone la fama attraverso testimonianze e documenti lo assolse per non aver commesso il fatto.

Con delibera n° 660 del 15 febbraio 1896 il Consiglio Comunale di La Maddalena gli intestava la via che unisce via Domenico Millelire a piazza Caprera con la motivazione: “Ricorderemo in questo nome chi seppe segnalarsi nelle guerre sante del nostro nazionale riscatto e seppe comportarsi da prode a Montevideo in una causa d’onore della bandiera nazionale“.

Dal giornale Il Fanfulla di Roma 1884
Articolo sulla morte di Antonio Cuneo, nome di guerra Cloro – La Morte di un ercole.

Dalla Sardegna 18 settembre 1884

Il 14 era giorno funereo per la Maddalena. In mezzo al lutto universale del paese, si accompagnavano alla tomba i mortali avanzi di chi tra noi Antonio Cuneo per nome di guerra Cloro.
Era onesto, zelante, ottimo cittadino, padre amorosissimo e caldo patriota. Al grido di dolore che partì da cento città d’Italia per intraprendere le guerre sante, pel nazionale riscatto egli allora era nocchiere della Regia Marina, ed espose la vita per la Patria.
Meritatamente il suo petto era fregiato di medaglie d’onore.
Egli, forte di patriottismo e forte di animo, aveva pure una forza muscolare straordinaria. Già nella sessantina, e ancora correva marina marina per lavorar sempre e con amore.
Incaricato del servizio postale da Maddalena al Palau, non mancò mai al suo dovere. Eolo infuriava, ma lottava con Cloro, coraggioso marinaio, egli parea invulnerabile alla morte. Ma crudeltà d’inesorabile fato! Un morbo fatale ad un tratto gli chiudeva gli occhi per sempre.
Pace all’anima sua! I suoi figli e consorte affranti dal dolore, possano confortarsi al pensiero che l’uomo onesto e benemerito non si scorda mai.
Se mi è permesso, di codesto gigante per forza erculea, dirò alcuni fatterelli.
Imbarcato su una regia cannoniera e posto a girare l’argano di prora da solo ne salpava l’ancora. Colla palma della mano picchiava sulla fronte di un bue e lo stramazzava; con due dita fra le corna lo capovolgeva. Un di nelle acque di Montevideo, un francese (blagueur) e forse ubbriaco, marinaio della marina militare, sfidò beffeggiando i marinai regi imbarcati su una goletta, colà di stazione. Il francese baldanzoso colla mano destra sostenendo un cannone da 12 cm. Cloro sorridendo e colla massima disinvoltura afferrò per ciascuna mano due cannoni dello stesso calibro e tonnellaggio e disse al francese, ecco un figlio della forte madre Italia – ma se non sei un vile temerario, carica se sai il tuo cannone e sparalo tenendolo sulla mano, io sarò di bersaglio. Altrimenti mettiti di mira al ponte …….. ti scaricherò questo cannone come una pistola. E se non ti farò mangiare piombo italiano, ammazzami da mascalzone.
Il francese non accettò.
Per non registrare del nostro Ercole altri aneddoti che potrei riempire otto fogli del giornale, dirò solamente questo. – Or fa un anno, venne citato presso il Tribunale Correzionale di Tempio accusato di aver picchiato fortemente una guardia doganale. Udito l’atto d’accusa Cloro allora voltosi al Presidente e gli disse: guardatemi; guardate questo braccio e questo pugno serrato. Non vi pare una mazza di ferro? Un colpo solo ch’io avessi scaraventato su colui, la sua più piccola parte si doveva cercarla in cielo. Il Tribunale udì l vero, lesse pure documenti che confermavano quella forza straordinaria e con giusta sentenza rimandava assolto il Cloro.
Povero lui! La morte lo vinse.