Beni CulturaliCapreraCulturaFortificazioni

Candeo come idea

Candeo è eccezionale, in tanti sensi, ci si arriva attraversando Caprera in macchina e facendo a piedi gli ultimi quaranta minuti. La passeggiata, coi suoi panorami, varrebbe già da sola l’intera escursione, il bello però arriva quando siete giù, se passeggiando tra i primi ruderi, vi convincete di avere ormai capito dove siete capitati. Fino a che non raggiungete il cuore della batteria, che, nascosto tra le rocce, controlla il mare da cent’anni. E vi rendete conto che non avevate capito.
Ecco, in quel momento siete arrivati a Candeo, il verde che vi accoglie sin dall’arrivo a Caprera, rende bene l’idea della ricchezza ecologica dell’isola. La vegetazione costiera all’ingresso (dai papavero cornuto all’assenzio di Corsica, dall’elicriso alla salicomia), lascia subito ii posto alle pinete, introdotte agli inizi del Novecento (1906), più volte colpite dal fuoco e incalzate dalla macchia spontanea che vuole riprendersi il posto che le spetta. La stessa macchia che più avanti la fa da padrona, rubando la scena ai pini con successioni di cisti ed euforbie che cedono ii passo a mini e lentischi, che a loro volta si fanno da parte a vantaggio di olivastri, ginepri, corbezzoli, eriche e lecci, A un certo punto il bosco-pineta che ombreggia la strada si interrompe bruscamente. È la cicatrice del devastante incendio che colpi Caprera nel 1986. Tra non molto, attraversato l’ultimo tratto di macchia bassa, in cui qualche pianta pioniera (cisti e inule soprattutto) non si e ancora del tutto rassegnata a lasciare il posto ad altri arbusti, sarete sotto il Memoriale dedicato a Garibaldi nei mondo. Qui inizia il sentiero. Il primo tratto ci dice che qui il fuoco ha fatto meno danni o ha ricevuto una risposta più pronta e efficace: occupano la scena Eriche e Corbezzoli.
Il nome stesso della zona, Arbuticci, deriva da Arbuti, i corbezzoli in dialetto còrso (Arbutus unedo ii nome scientifico).
Salendo ancora la vegetazione si abbassa, fino a trasformarsi nuovamente in una macchia in cui comandano i cisti, i lentischi e le euforbie.
In realtà le specie presenti sono parecchie decine.
Non serve qui elencarle tutte; meglio lasciarvi il gusto di scoprirle coi vostri occhi. Se siete in cima al sentiero, avete attorno a voi le costruzioni militari di Messa del Cervo. Qui inizia la discesa verso Candeo: ancora mezz’ora e ci siete.
Qua e la spuntano dalla macchia degli enormi steli.
I più giovani sono verdi e fioriscono di giallo, gli altri restano in piedi ormai privi di vita: sono ferule, tipiche della gariga e, nella tradizione locale, temute dagli allevatori per la loro tossicità ai danni del bestiame, ma anche associate a un tipo di fungo prelibato e ricercato: il Pleurotus, parassita o simbionte dell’Ervngium e, nel caso della sottospecie nostrana, della ferula.
In questo periodo comunque, ne sono sicuro, sarete più facilmente distratti dal giallo profumato delle ginestre in fiore o da qualche orchidea selvatica che fa capolino tra l’erba, o da qualche minuscolo zafferano.
I tornanti si susseguono con curve aspre; il fondo e accidentato per lo sgretolamento dovuto alle intemperie e al lungo abbandono.
D’un tratto la pendenza si addolcisce e il rumore del mare ci avvisa che siamo quasi arrivati.
Giunti nel punto più basso del percorso, basterà guardarsi attorno per scorgere i primi cartelli.
Seguendoli, si riprende a salire tra i graniti e ci si accorge che Candeo, al di la dei panorami e della ricchezza ecologica, e innanzitutto un’idea: l’idea che anche per uno scopo brutalmente pratico, come nascondere uomini e armi all’occhio delle navi e degli aerei nemici, è possibile creare qualcosa di fenomenale e bello, imitando il paesaggio.
Massi enormi di granito tagliati, spostati e ricomposti come mosaici, nascondono quelli che un tempo sono stati uffici, postazioni di tiro, guardiole, vedette, depositi di munizioni, corridoi, celle
Feritoie e finestre si affacciano qua e la su Caprera, che se ne sta in silenzio a riposare sul mare.
La luce del sole filtra e illumina piccoli affreschi, indizi, simboli ancora presenti sui muri interni dei cunicoli.
L’odore dell’elicriso penetra ogni ambiente.
Alcuni fiori minuscoli (centonchi, piccoli garofani, lo stesso elicriso) provano a portare la vita dove il passaggio dell’uomo ha reso tutto più difficile. Ma basta una fessura, poca terra, qualche goccia d’acqua ogni tanto, e la vegetazione lentamente inizia a farsi strada tra cemento e rocce, Il mare e la fuori che si muove lentamente. Ogni tanto passa una nave.
Chi si trova su qualche vedetta di Candeo, la scorge senza problemi. Chi sta sulla nave invece, anche se ci cercasse con lo sguardo, vedrebbe solo Caprera.
Per fortuna la guerra è finita.

Luca Ronchi

Educatore ambientale, Guida ambientale escursionistica della Regione Sardegna, Blogger.