CronologiaMillequattrocento

Correva l’anno 1421

gennaio

Alfonso V, risolto il problema sardo con l’acquisto dei diritti sul giudicato d’Arborea, decise nell’autunno del 1420 di passare in Corsica, forte dell’appoggio della flotta catalana, dei Sardi che numerosi si erano uniti al suo esercito e della presenza nell’isola di un agguerrito partito filo aragonese. Calvi capitolò a settembre e Bonifacio fu cinta d’assedio, ma in virtù degli aiuti genovesi non fu espugnata e nel gennaio del 1421 il sovrano aragonese abbandonò l’impresa e fece rientro in Sardegna.

Nel corso dell’assedio di Bonifacio, nel gennaio del 1421, il re, vista anche l’inutilità della campagna di Corsica, ruppe ogni indugio e stabilì di convocare a Cagliari il Parlamento. Già un anno prima, a Maiorca, aveva espresso il desiderio di convocarlo, ma l’accordo ancora in corso con il visconte gliene aveva impedito l’attuazione. D’altra parte aveva prima mirato a risolvere le cose di Corsica e aveva teso al completo recupero della Sardegna e, poiché questo ora con l’accordo era stato pressoché attuato, il Parlamento poteva essere convocato.
In una lettera, da lui indirizzata alla regina, che era a conoscenza dei suoi disegni, il 21 gennaio egli annunziava così «di esser partito da Bonifacio e di essere giunto a Cagliari per mettere in ordine in brevissimo tempo il regno di Sardegna». Contava di poter attuare il suo programma in pochi giorni, quattro o cinque al massimo. Aveva già in precedenza disposto la convocazione dei tre bracci mediante alcune lettere, indirizzate per il braccio reale ai consiglieri delle città e ai sindaci delle ville più importanti; per il braccio militare ad alcuni feudatari; per il braccio ecclesiastico, infine, ai rappresentanti più autorevoli del clero.
E, altresì, aveva dato le disposizioni necessarie al viceré Bernardo de Centelles. Desiderava che al suo arrivo a Cagliari tutto fosse già organizzato. Se è pur vero che gli interessava il ritorno della tranquillità nell’isola, gli interessavano altresì con una certa urgenza il donativo, dovutogli dai bracci per le richieste che nel Parlamento sarebbero state da lui accettate, e la completa sicurezza di lasciare alle sue spalle, diretto in Sicilia, la Sardegna completamente sottomessa. Così mentre da una parte scriveva alla regina che sarebbe rimasto nel Castello di Cagliari soltanto per un breve spazio di tempo, necessario a disporre e a trattare gli affari dell’isola, dall’altra scriveva al viceré di Sicilia e al capitano delle galee, residente nel golfo di Napoli al servizio della regina Giovanna, che avrebbe fatto di tutto per por termine al Parlamento sardo in pochi giorni e che avrebbe raggiunto subito la Sicilia, dove affari più importanti lo attendevano. In realtà i piani di Alfonso andavano più in là della Sardegna: c’era già in lui l’idea del completo dominio del Mediterraneo occidentale nel quale la Sardegna doveva rappresentare, dato anche l’insuccesso di Corsica, una buona base.