CronologiaMillesettecento

Correva l’anno 1738

Correva l'anno 1738

A fronte di processi sostanzialmente “endogeni”, l’attività progettuale della monarchia sabauda, dopo il 1720, si manifesta in episodi che appaiono all’inizio tutto sommato meno incisivi, e non casualmente concentrati negli stessi ambiti in cui si manifestano i nuovi casi di popolamento disperso.
Nel 1738 sull’isola di San Pietro un gruppo di liguri (pegliesi), già colonizzatori dell’isola di Tabarka, fonda, sotto i diretti auspici della corona, il primo nucleo di Carloforte; sull’isola di S. Antioco, proprio in faccia alla prima colonia, nel 1771 è fondata Calasetta, mentre sei anni più tardi sarà la volta di La Maddalena e trenta anni dopo di S. Teresa di Gallura. Lo spopolato salto di Castiadas sarà stabilmente presidiato fin dal 1824 da Carbonara-Villasimius.

8 febbraio

Un corpo di spedizione francese, comandati dal generale de Boissieux sbarcarono in Corsica su richiesta della Repubblica di Genova per disarmare gli indipendentisti corsi. Da parte corsa, come da parte francese, non si pensava affatto alla guerra. Gli ordini impartiti al capo francese erano di dar prova di moderazione e di interporsi tra Genova ed i corsi come mediatore ed arbitro. Dopo la disfatta di Neuhoff, Boisseux pretese il disarmo generale dei corsi, confermando gli ordini impartiti da Genova. Ma la fuoriuscita improvvisa delle truppe francesi dalle loro piazzeforti in direzione di Borgo fece di nuovo scoppiare la polveriera corsa: i francesi, attaccati dai ribelli, furono costretti a ritirarsi in disordine a Bastia (13 dicembre 1738). Questa disfatta di Borgo, cui è stato dato il nome di Vespri corsi, segnarono la fine della missione di Boissieux. I francesi, colpiti nel profondo per lo smacco subito, cercarono di risollevare il loro prestigio, tentando di riprendere in mano la situazione. Il compito di riorganizzare le truppe francesi fu affidato, nel marzo 1739, al marchese di Maillebois. Conformemente alle istruzioni ricevute, egli condusse l’azione su due fronti: militare, per sedare le ribellioni, e politico, per persuadere i corsi che la Francia non aveva altro obiettivo che il benessere e la tranquillità del paese. La campagna militare si concluse presto nel Diquà, meno agevolmente nel Dilà, che tenne testa ai francesi fino al 1740. I capi corsi nel luglio 1739 s’imbarcarono per l’Italia: a Maillebois erano bastati meno di due mesi per pacificare la Corsica; ora si trattava di consolidare la conquista sul piano politico. Egli prese le distanze dalle direttive del Governatore genovese ed iniziò una politica d’apertura al partito francese: questo partito si costituì attorno ad alcuni notabili ed aristocratici, tra cui una dama di Sartena, Bianca Rossi Colonna, che sembra sia stata un agente segreto della Francia. Maillebois, che si vantava d’aver «trovato la Corsica in mano ai demoni» e d’averne fatto «l’isola degli angeli», promosso Maresciallo di Francia, si sforzò di convincere la corte, con una memoria del 21 agosto 1739, che l’interesse della Francia consisteva nel sostituirsi a Genova nell’amministrazione diretta della Corsica. L’ambasciatore francese tentò invano di persuadere la Repubblica della purezza d’intenzioni di Parigi: Genova, com’era prevedibile, rifiutò questo tipo d’interessamento. Tuttavia la morte dell’Imperatore Carlo VI (ottobre 1740) e l’inizio della guerra di Successione austriaca, costrinsero la Francia ad abbandonare temporaneamente il progetto di annessione dell’isola. La presenza di Maillebois nell’isola, per quanto breve, testimoniava lo scarso potere militare ed amministrativo di Genova: la Repubblica appariva ormai incapace di spegnere la rivolta senza l’aiuto straniero. D’altro lato, era ormai evidente, agli occhi della diplomazia europea, che la Francia aveva dei progetti ben precisi sulla Corsica e che il suo intervento armato nascondeva dei disegni – nemmeno troppo velati – di annessione. La partenza di Maillebois, che ha concluso il primo ciclo francese (poco più di tre anni: febbraio 1738 – maggio 1741), cambiò sicuramente i sentimenti dei corsi verso la Francia, ma non placò affatto l’odio verso Genova. La lotta sarebbe ricominciata alla prima occasione.

17 aprile

Guidati da Agostino Tagliafico, 469 coloni, di cui 381 provenienti da Tabarca e 88 direttamente dalla Liguria, misero piede sull’isola di San per colonizzarla, sfruttando il riparo offerto da un’ampia baia naturale, dopo una serie di rilievi compiuti in precedenza ed appositi accordi in merito, stipulati dal vice Re di Sardegna Marchese di Rivarolo ed il potente feudatario Don Bernardino Genoves, che divenne Duca Di San Pietro. Quel nucleo di fondatori, si rimboccò le maniche e iniziò a costruire laboriosamente il centro abitato, con le prime case e la cinta muraria per difendersi dai predoni, sviluppando le attività prevalenti della pesca e del commercio marittimo e facendo fruttare al meglio le conoscenze acquisite dai liguri di Tabarca. La comunità ebbe uno sviluppo continuo, fino ai massimi splendori che conobbe circa un secolo fa, quando Carloforte era, dopo Cagliari, il porto commerciale più importante della Sardegna. La sua storia incominciò nel lontano 1547, quando la famiglia Lomellini di Genova ebbe in concessione dalla Spagna, l’isolotto di Tabarca, situato a breve tratto dalla costa africana, tra Bona e Biserta, di contro all’antica Tabarca, per la pesca del corallo. I Lomellini, antica e nobile famiglia genovese, avevano ramificazioni in molti paesi liguri, principalmente a Pegli e Varazze. E da queste località reclutarono la maggior parte dei pescatori, dei marinai, dei mastri d’ascia, che popolarono la piccola isola. La pesca del corallo fu florida nel 1600 e arricchì la famiglia Lomellini e la comunità. Nel 1700 però incominciò la crisi, anche a causa delle continue scorribande barbaresche sull’isola. Avuto sentore che Carlo Emmanuele III aveva intenzione di ripopolare l’isola di San Pietro disabitata, chiesero il suo aiuto. Il sovrano liberò dalla schiavitù parte della comunità e la trasferì sull’isola sarda nel 1738, ove costruirono una città e in suo onore la chiamarono “Carloforte”. Gli eressero pure una grande statua ed elessero a titolare della loro chiesa San Carlo Borromeo.

9 maggio

Il viceré marchese di Rivarolo appena giunto in Sardegna mostra vasi tutto zelo nello sterminare i numerosi malfattori che la infestavano.
Cominciò col fare impiccare quanti capitavano sotto le sue unghie, erigendo le forche nel luogo del delitto.
Con pregone del 9 Maggio 1738 ordina la tonsura delle lunghe barbe: “ … Pertanto ordiniamo che nessuno possa in avvenire, nemmeno per motivo di lutto, portar la barba cresciuta più di un mese, e che tutti quelli che l’avranno debbano levarsela fra quindici giorni dopo la pubblicazione del presente, sotto pena ai contravventori di quattro scudi e di un mese di carcere per la prima volta; del doppio per la seconda, oltre altre pene arbitrarie riservate al nostro arbitrio contro i più ostinati“.  (da Effemeride sarda di Pietro Meloni-Satta. Dicembre 1894)

15 maggio

Un regio editto istituisce le Tappe d’insinuazione per la registrazione degli atti ricevuti dai notai.

24 maggio

Gli abitanti di Tabarca, insediatisi nell’isola di San Pietro, fondano Carloforte e giurano fedeltà al sovrano di fronte al viceré: sarà, oltre che il primo, uno dei pochi esempi di colonizzazione riuscito. Il 24 luglio dello stesso anno si procede all’elezione del primo sindaco e viene eletto Gio Batta Segni, giunto da Ventimiglia con la moglie e 8 figli, tra cui Gregorio, che trasferitosi a Sassari, ebbe figlio Celestino, il padre di Antonio, futuro Presidente della Repubblica nel 1962.

10 luglio

Ornano

Il patronimico Ornano, pur derivando dal nome geografico della pieve d’Ornano, è stato utilizzato esplicitamente come cognome almeno in 13 battesimi celebrati dal 1738 a 1758, di cui 7 di maschi e 6 di femmine. Ornano era un patronimico diffuso nella Corsica del tempo, soprattutto con la versione D’Ornano, con personaggi di rilievo nella sua storia ma anche con poveri pastori nullatenenti di quell’area in movimento verso la sopravvivenza. Seguendo il nome del nonno paterno di molti Ornano, si riconoscono in prevalenza i discendenti di Salvatore, che era presente a Maddalena già negli anni 1703 e 1708. In questi stessi anni si trovano registrati due suoi figli avuti con la moglie Rosa, mentre il padre era indicato come Tommaso, pur senza il riconoscimento del cognome. Trenta anni dopo troviamo i figli di Salvatore e Rosa, tali Francesco, Giuseppe, Giovanni Marco e Simone Giovanni portare al battesimo i loro figli di terza generazione nati nell’isola maddalenina col patronimico Ornano, e in cui ritornano i nomi di Salvatore, Tommaso e Rosa. In nessuno dei 13 atti era presente alcuna indicazione della località di provenienza della famiglia e nessuno di essi indicava la nascita avvenuta a Caprera. Undici di essi hanno registrato come luogo del parto Maddalena e due hanno segnalato genericamente “nelle isole”, facendoci sapere che tutte le famiglie Ornano avevano preso dimora nell’isola maggiore. Tra questi Antonio Ornano di Giuseppe, fu Battista, e di Angela, nato il 10 luglio del 1738 alla Maddalena, che apparve nell’elenco degli isolani che nel 1779 avevano avanzato una ”supplica” al viceré per la edificazione della nuova chiesa alla marina. In quell’elenco vi appariva nella sua qualità di Sindaco. E’ il primo sindaco documentato, ma probabilmente non fu il primo sindaco in assoluto, giacché il consiglio comunitativo fu istituito nell’isola due anni prima e gli incarichi di consigliere e di sindaco erano annuali.

Culiolo
Nella parte “maddalenina” del registro dei battesimi questo è un patronimico forte, sia per il numero dei nati, sia per il fatto che questi si concentrano su due soli ceppi. La prima volta appare indicato per Francesco Antonio, nato a Caprera nel febbraio del 1737. In questa occasione venne registrato con la variante “Colliolo” rispetto a “Culiolo”, la più usata nei 12 atti di questa famiglia rispetto anche alle versioni “Coliolo” o “Culliolo”. In questo primo caso si registrò la paternità di Matteo fu Pietro che ritornerà in altri 2 successivi atti con la maternità attribuita ad Angela, ovvero Angela Maria. Questa combinazione, rafforzata dalla segnalazione della stessa località corsa di provenienza dei genitori, permette di accreditare questo patronimico, per la stessa coppia, anche ad altri tre battezzati prima del 1737 e registrati senza l’indicazione del cognome: Anna Maria nel 1731, Pietro Maria nel 1733 e Giovanni Natale nel 1735. Pietro, inoltre, compare esplicitamente come ascendente in ben 10 di questi atti e implicitamente in altri 2, attraverso 3 suoi figli: Matteo già esaminato con i suoi 6 figli, Domenico e Giacomo. Questi ultimi, a loro volta, entrambi con 3 figli, il primo con la moglie Maria e il secondo con la moglie Angela, ovvero Angela Maria, ovvero ancora Angelica Maria. L’altro ascendente, Antonio, è invece presente in sole due occasioni con il figlio Giovanni Battista, e a sua volta con i figli Antonio (1743) e Maria Maddalena (1744). I Culiolo erano stati tutti registrati come provenienti da Sorbollà, il villaggio dell’Alta Rocca che li aveva ospitati nella fase di sfollamento dalla piana, e che secondo gli studi dei flussi migratori, con la ridiscesa avrebbero ripreso domicilio a Chera (Separelli), un albergo nel territorio bonifacino. Il piccolo villaggio ha reso omaggio ai propri morti in guerra con due lapidi in cui si raccolgono i nomi dei 14 deceduti nella prima guerra mondiale, dei 2 deceduti nella seconda guerra mondiale e dell’unico della guerra 1870-1871. Tutti i 17 caduti di guerra hanno la particolarità di chiamarsi Culioli.

Millelire

Anche i Millelire provenivano da Sorbollà, ma nella discesa nella piaghja avevano trovato ricovero a Sotta. Questo patronimico è più ridotto come quantità, con i 6 nati registrati, tutti partoriti alla Maddalena dal 1704 al 1758. La prima registrata è, infatti Maria Sisinia di Agostino e Maria, senza indicazione del cognome, cui è seguita 20 anni dopo Maria Antonietta di Leone Millelire fu Agostino e di Faustina. Da quest’ultima coppia nacquero Pietro nel 1728 e 6 anni dopo Maria. Il patronimico Millelire venne successivamente assunto nel dicembre 1751, con il solito stacco generazionale di 20 anni, da Giovanni Battista e nel 1754 da Antonio, entrambi di Pietro, di Leone, e di Caterina, ovvero Maria Caterina. Infine, nel luglio 1758, da Gio’ Agostino sempre di Pietro, fu Leone, e di Maria. Le novità tra questi due ultimi atti si rilevano a proposito di Leone che nel frattempo era deceduto, e della moglie di Pietro che era cambiata. Una incursione nei registri dei matrimoni della stessa parrocchiale ha permesso di conoscere che Pietro Millelire di Leone, vedovo di Maria Caterina fu Michele da Zicavo, sposò il giugno 1756 Maria di Giuseppe d’Ornano. Gio’ Agostino non fu, quindi, il primogenito di Pietro, ma il primo nato dalle sue seconde nozze. Gli altri figli di Pietro e Maria, che assunsero in seguito ampia notorietà, sono stati evidentemente registrati nel volume degli atti andato perduto, oppure sono nati in Corsica anche se hanno vissuto alla Maddalena come è avvenuto per tanti altri noti personaggi della storia maddalenina nati in questo stesso periodo.

Panzino

In seguito questo patronimico assunse le varianti di Panzano e Panzani, e nei nostri atti è presente per soli due nati alla Maddalena da due genitori diversi. Stefano è nato nell’agosto 1757, figlio di Silvestro e Felicia. Maria Rosa, di Nicolao e Maria, è nata invece nel gennaio 1760. Nell’atto di quest’ultima si rilevava che il parto era avvenuto alla Maddalena e che Nicolao proveniva da Tallà. In assenza di qualsiasi indicazione di ascendenti in entrambi i casi non è possibile definire il grado di parentela eventualmente esistente tra i due. Le due nascite avvenute nell’ultimo decennio prima dell’occupazione ci dicono che la loro immigrazione doveva essere recente.

Serra

Passando ad esaminare le famiglie che assunsero con certezza il patronimico dal villaggio montano di provenienza, abbiamo Serra, Zicavo e Zonza. Iniziando da Serra si rileva che Antonio Guglielmo e Maria sono registrati rispettivamente negli anni 1708 e 1710, nati entrambi da Giacomo Santo, fu Guglielmo, e da Maddalena, e provenienti da Serra (di Scopamene) nell’Alta Rocca. Probabilmente dopo la ridiscesa stazionarono nella piaghja di San Martino e da lì pervennero alle isole. Più precisamente Maria è una delle due nate partorite a Spargi. Nello stesso 1710 nacque Andrea di Domenico anche lui proveniente da Serra, fu Agostino, e di Caterina. Quasi 60 anni dopo si trova una registrazione con alcune ambiguità, riferita comunque ad un’altra provenienza da Serra. Il 4 aprile del 1758 nasce Paolo Ignazio Sarrei fu Giacomo dalla Serra, dimorante nell’isola Maddalena o Caprera, e di Giacominetta, e battezzato per necessità dal caprerino Matteo Culliolo che già conosciamo.

Zicavo

I 16 nati da coppie provenienti da Zicavo, il villaggio dell’alto Taravo, formavano il gruppo più numeroso tra tutti quelli che contribuirono a colonizzare l’arcipelago. Nonostante la nota dispersione dei zicavesi in un’area vasta della Corsica sottana, la loro presenza nelle isole sembra che sia abbastanza aggregata, nel senso che si possono individuare pochi nuclei familiari che si rinnovano per generazioni successive tra Maddalena e Caprera in 53 anni, dal 1707 al 1760. L’elenco dei nati inizia con Giovanni di Marco, fu Michele, e sua moglie Palma, e si conclude con Maria Caterina di Pietro, fu Michele, e Nunzia. Marco e Palma ebbero anche altri due figli nel 1714 e 1723, e in seguito Marco divenne esso stesso nonno di due nipoti che gli vennero da Giovanni e Santa, e di altri due da Michele, che non nato all’isola però vi viveva e vi aveva messo su famiglia. Il ciclo riprese con Giovanni, nato nel 1758 da Giovanni Battista, fu Giovanni, e sua moglie Maria Rosa, e con Maria Lucia e Maria Caterina, entrambe di Pietro, fu Michele, e di sua moglie Nunzia. Per questi zicavesi le attestazioni della località del parto segnalano sia Maddalena che Caprera, e poiché le molte nascite si spalmano su tutto il primo sessantennio del XVIII secolo, si ritrova in esse tutta la varietà di indicazioni, comprese “Chabrera”, “isole adiacenti” e “S. Maria Maddalena”.

Zonza

Si ritrovano solo due nati alla Maddalena registrati con genitori provenienti da Zonza, anch’esso villaggio dell’Alta Rocca, per una famiglia che assunse in seguito lo steso patronimico ed ebbe uno sviluppo notevole in consistenza numerica e qualità di status sociale. I battesimi si riferiscono entrambi a due figli di Marco, fu Anton Marco, e di Maria Aleria, nati rispettivamente nel 1745 e nel 1751. Il gruppo proveniente da Zonza, e quindi molto probabilmente dalla sua gemmata della piana Conca, apparteneva ad una delle ultime serie di arrivi nelle isole, stabilendosi alla Maddalena. A proposito di Zonza si evidenzia una situazione che appare una riprova di quanto si affermava a proposito di nati in Bonifacio da coppie stabilitesi a Maddalena. Giulio, fu Anton Marco, e sua moglie Francesca nella primavera del 1757 portarono al fonte battesimale il loro figlio Tomaso. L’atto non attesta con la solita evidenza il parto di Tomaso nelle isole, ma registra che Giulio aveva una sorta di doppia cittadinanza tra Bonifacio e Caprera (hic et in insula Cabrera habitantis).

12 luglio

Parere dell’intendente generale, conte di Castellamonte, per lo stabilimento di una popolazione in Longonsardo con l’intento di eliminare i contrabbandi.

La fondazione di Santa Teresa Gallura si inserisce nella politica Savoiarda di insediamento e ripopolamento delle zone di interesse strategico, militare e di traffico commerciale; una sorta di rafforzamento dei poteri del Regno di Savoia nei confronti delle continue rivolte all’interno della Sardegna. Riguardo al proposito di fondare un abitato nel porto di Longon Sardo, esiste un documento conservato presso l’Archivio di Stato di Cagliari al… : “Parere espresso dal sig. Intendente Generale sulla creazione di una villa in Longon Sardo datato Tempio 12 luglio 1738. L’ultimo spediente per estirpare affatto i contrabbandi di Gallura sarebbe di costruire una villa in Longon Sardo, e già vari di questi principali di Tempio m’han detto che caduno di essi v’avrebbe fabbricata una casa. Eravi anticamente una Città chiamata Olbia di cui si vengono ancora le ruine, in quel sito l’aria è buona, non v’è intemperie, vi sono acque dolci; ed a mio senso parmi che sia luogo di tutta la Sardegna il più proprio, ed in cui maggiormente convenga fabbricarvi una Villa per trovarsi una Torre che la difende, per esservi un buon porto attiguo, per il commercio c’ivi s’introdurrebbe, perché la maggior parte de Bastimenti che corrono il mare dalle parti di Francia ed Italia passano in quelle bocche, e finalmente perché terrebbe in una tal suggestione Bonifacio, che non vi potrebbe partir gondola da quel porto, senz’essere osservata per qual parte si volga. Bonifacio non può vivere senza la Gallura, onde anche quando s’imponesse ai Bonifacini la pena di morte capitando in queste Marine, s’esporrebbero piuttosto a farsi impiccare, che lasciar di venirvi, perché questi mancano quasi d’ogni sorta di viveri, che la Gallura lor provvede, onde quel gran commercio che fassi nel porto di Bonifacio della quantità di generi che traggono frodolosamente da queste Marine, si farebbe con molto vantaggio di questo paese, e dell’interesse Reggio di Longon Sardo trovandosi una popolazione in quel porto, la quale facilmente s’introdurrebbe colla gente e Pastori di Gallura, ed anche forestieri per essere un luogo in cui vi sono colline e pianure per piantar vigne e seminar grano, ed ove altre convenienze che porta seco tal Porto, inviterebbero la gente a popolarlo.

23 agosto

Viceré di Sardegna, è Francesco Luigi, conte d’Allinge d’Aspremont.

22 novembre

Il Rivarolo invia a Torino la sua relazione della visita nel regno.