CronologiaMillenovecento

Correva l’anno 1934

L’isola – ricorda don Capula all’epoca è controllata in ogni sua manifestazione pubblica dalla Massoneria. Basti pensare che un gran numero di neonati vengono ancora battezzati con lo champagne sulla tomba di Garibaldi a Caprera. Nonostante i divieti e le persecuzioni del fascio, altre logge si trovano nel palazzo Mordini, in via Principe Amedeo, nel palazzo Manini (poi palazzo Grondona) in via Amendola e riunioni, “alla luce del sole” si tengono nella libreria dei fratelli Bajardo, con conciliaboli nel retrobottega…. Costoro hanno il problema di far sopravvivere la loro struttura nonostante i divieti e le minacce dei fascisti. Hanno dunque lo stesso scopo dei comunisti. Problema analogo, mostrano di averlo, ovviamente, anche i socialisti e gli anarchici. “I primi soprattutto, però affrontano talvolta certi loro aspetti organizzativi e propagandistici, con insopportabile leggerezza e impreparazione. Rischiano di lasciarci le penne e di coinvolgere, indirettamente, pure gli altri. Ricordo per esempio quando l’irrequieto Nicolao Sorba, lui stesso massone, per contrastare la Loggia avversa, (di cui conosceva molte abitudini, visto che proveniva pure da padre massone) vuole spiarne i nuovi rituali e i nuovi adepti, all’interno del palazzo Manini. Egli, che trascorre gran parte del suo tempo al porto, osserva come periodicamente, un giorno alla settimana, il portone di quel palazzo, che negli altri giorni sta sempre con le due ante spalancate, rimane chiuso per alcune ore. Chi si reca nel palazzo, compresi i familiari di coloro che vi abitano, sono costretti a bussare. molti di loro, tuttavia – racconta don Capula – bussano in maniera diversa. Tutto ciò viene accuratamente registrato da Sorba. Egli, non preoccupandosi del vantaggio che può arrecare ai fascisti, pur di soddisfare la propria curiosità e poter vedere in faccia gli adepti di quella Loggia, nel momento da lui studiato prima della chiusura rituale del portone, si infila in una di quelle botti enormi vuote, che vengono lasciate nell’androne del palazzo, da chi gestisce il servizio di rivendita di vino all’ingrosso. Attraverso il foro del tappo, può cosi osservare il rituale della vestizione del grembiulino, memorizzarne la formula, guardare in faccia gli adepti e chi li riceve. Le informazioni sarebbero potute risultare alla lunga di estremo interesse, purché tenute riservate. Invece, qualche ora dopo, tutto il paese ride di questa bravata e il fascio può intervenire ed eliminare la Loggia. A far bene i conti, nella mia opera di rifondazione dell’apostolato cattolico, non rimango completamente solo. Mi devo guardare da tutti, s’intende, ma tutti insieme (cattolici massoni, socialisti, anarchici) dobbiamo guardarci dai fascisti. E non giurerei che talvolta qualche preziosa mano, sia pure a livello di semplici quanto provvidenziali informazioni, non sia giunta proprio da questi settori che, in contrasto netto con me, anche di me possono aver bisogno per combattere o comunque meglio sopportare il nemico comune. Nel frattempo io devo guardarmi pure dal pastore protestante Naso Liborio. Si tratta di un azzeccagarbugli che campa di espedienti. Proviene da Riesi in provincia di Caltanisetta. Di li mi giungono informazioni sul suo conto. E’ sempre stata mia abitudine, prima di affrontare un avversario, studiare con cura ogni aspetto del suo passato. Devo procedere per gradi, ma devo pure evitare che in questa comunità conquisti ulteriore terreno a spese della chiesa cattolica. Questo è il mio primo impegno. Trovo un energica alleata nella Madre Superiora dell’Istituto San Vincenzo, che opera a La Maddalena dal 1907: Suor Maria Elisa Gotteland, torinese, delle Figlie della Carità, ricca e nobile di censo, ma soprattutto di spirito. Oltretutto mi onora della sua amicizia e della sua stima, e ciò mi gratifica non poco. Per parte mia mi preoccupo subito di stendere una rete di “apostoli” in ogni settore del lavoro. L’Azione Cattolica ne ha un urgente bisogno per non perdere i contatti con la base. Questi hanno il compito di confrontarsi quotidianamente con gli altri parrocchiani su aspetti sociali e politici non soltanto locali. Raccolgo, man mano che mi si presentano, grazie al prezioso lavoro del giovane emergente Battista Vico, nipote del vicario scomparso, i miei “apostoli” tra gli operai dell’arsenale militare, tra gli scalpellini, tra i pescatori, tra i muratori. Cerco quindi di mantenere le abitudini di base della popolazione, modificandole di quel tanto che basta, per evitare che gli aspetti eccessivamente pagani ereditati, prendano il sopravvento sui contenuti squisitamente cristiani. Così accade per le feste campestri della SS. Trinità, della Madonnetta, dell’Assunta, a mare, di S. Maria Maddalena…. non sempre il popolino comprende la portata delle innovazioni, legato come è alle tradizioni, ma se è necessario farlo, tanto vale cominciare subito ad educarlo in questo senso.”

Avvio del Regio Ginnasio. Preside Giovanni Marotta. Dal punto di vista dell’istruzione, La Maddalena dopo la guerra è stata veramente un faro. C’è stata un’intelligente politica da parte degli amministratori. Il ginnasio venne creato perché le famiglie dei militari che stavano alla Maddalena lamentavano che i figli dopo la scuola media non potevano proseguire gli studi. Così, grazie all’aiuto di un ammiraglio, fu creato il ginnasio. Alla fine della guerra, però, con l’Italia sconfitta, La Maddalena era condannata dalla volontà della Francia a dismettere tutte le occupazioni militari; contemporaneamente, si accettò di trasferire qua i corsi per gli allievi sottufficiali. In una visione di modernizzazione e di miglioramento delle condizioni economiche e sociali, gli amministratori decisero di istituire una scuola superiore: non sapevano se optare per il classico, per l’istituto magistrale o per il nautico. Alla fine scelsero le Magistrali (1949), istituto che ebbe un successo enorme: gli iscritti venivano anche dalla Gallura e i nostri diplomati divennero i maestri che ricoprirono le cattedre nelle campagne galluresi, negli stazzi, nei piccoli agglomerati. Nel 1954 venne aperto il liceo classico.

I fratelli palaesi Cudoni, offrono a Mussolini il granito grezzo per la realizzazione dei palazzi del Littorio e della Mostra della Rivoluzione.

17 gennaio:

Un informatore, arrivato clandestinamente da La Maddalena, descrive minutamente le nuove batterie costruite nell’Estuario e le modifiche applicate a quelle già in funzione. Così mette i suoi interlocutori francesi in condizione di disegnare, con una certa esattezza, quelle di Nido d’Aquila, Guardia del Turco, Tegge, Don Diego, Punta Rossa, nonché i depositi di nafta di Santo Stefano.

8 giugno

Muore a Roma il tempiese Francesco Grandi, penultimo a morire dei reduci della Spedizione dei Mille; Nella memorabile impresa, Francesco, insieme al maddalenino Angelo Tarantini e i cagliaritani Vincenzo Brusco Onnis ed Efisio Gramignano, rappresentò la piccola pattuglia sarda che partì da Quarto con altri 1085 volontari. Incredibile la sua vita, come lo fu quella del padre, che si chiamava Tobia Arienti. Patriota brianzolo e di famiglia ebraica, Tobia sfuggì alla polizia austriaca assumendo l’identità di un amico defunto, Luigi Grandi, e con quel nome si rifugiò in Sardegna dove, a Tempio nel 1841, nacque il figlio Francesco. Luigi raggiunse Garibaldi in Sud America, combatté con lui e con lui ritornò in Italia. Alla morte della madre, Francesco raggiunse il padre a Genova, sempre in mezzo a patrioti e cospirazioni. Studiò disegno a Firenze e Roma. Tornato a Genova, orfano anche del padre, continuò a studiare e lavorò in una fabbrica di mobili. Aveva 16 anni. A 18 si unì ai Cacciatori delle Alpi e combatté in Lombardia. Partito con i Mille, Francesco ne disegnò la divisa e fu presente ai fatti di Bronte. Nel 1861 tornò a Cagliari, si sposò tre volte, per poi trasferirsi a Sorrento, dove fondò la scuola d’Arte applicata alla tarsia e all’intaglio. Come ebanista partecipò a diverse fiere internazionali. Fu il penultimo dei Mille a morire, nel 1934.

24 luglio

Si spegneva a Silanus, nel Marghine, Luigi Bay, uno dei più giovani garibaldini della spedizione dei Mille. Aveva solo 14 anni quando si era arruolato nel corpo dei “Cacciatori delle Alpi” e 15 appena compiuti quando, nel maggio del 1860, si era imbarcato a Quarto con le camicie rosse di Garibaldi. Di famiglia lombarda, era giunto nell’isola nel 1877 per lavorare come impiegato nella Banca Agricola Sarda.

7 ottobre

In piazza Umberto I si inaugura il monumento ad Anita Garibaldi. Gli avvenimenti che vengono raccontati iniziano nel 1912; quando, il 2 giugno, Ricciotti Garibaldi, insieme a tutta la sua famiglia e con la Società Superstiti Garibaldini di Roma, organizzò in ricordo della mamma Anita, una solenne manifestazione, in cui fece posare un busto di bronzo presso la tomba dell’Eroe a Caprera, in perenne ricordo della compagna di tante battaglie in Sud America e durante la Repubblica Romana del 1849, informando le Autorità militari e civili del programma. Di questo fatto vennero informate immediatamente sia Francesca Armosino che Clelia Garibaldi, che, stravolte da questo avvenimento, si misero immediatamente in apprensione pensando che questo episodio le avrebbe messe in secondo piano e che bisognava trovare il modo di far parlare solamente delle imprese di Garibaldi, del suo mito e di loro, le attuali custodi delle ceneri dell’Eroe. Donna Francesca e Clelia si opposero subito al fatto di mettere il busto di Anita nello stesso luogo delle tombe, situate nella pineta sottostante alla casa, adducendo in modo incomprensibile di non volere il busto vicino alla tomba di Garibaldi poiché loro erano le legittime custodi del compendio garibaldino e che solamente loro potevano decidere quello che si doveva o non si doveva fare a Caprera e aggiunsero che avrebbero accettato con riserva che venisse messo nel museo, ma alla fine nemmeno questo fu fatto. Tutto questo fu possibile alle due donne perché approfittavano della cortesia dei militari responsabili di controllare e dare i permessi, sia per visitare il museo che le tombe. Troppo tardi lo Stato italiano comprese che questo loro comportamento aveva degenerato e ridicolizzato la casa di Garibaldi e tutta la sua storia, arrivando a mettere in piazza le cose più spregevoli e degenerando in denunce con l’intromissione di legali per risolvere la questione tra i figli legittimi o meno. Sicuramente ciò non fece giustizia all’immagine pubblica di Garibaldi. Sia il Governo italiano e quanti si manifestavano amici ed alleati di Francesca e di Clelia, contribuirono a far in modo che il busto non arrivasse a destinazione. La Società che aveva fatto la richiesta fu informata dei problemi per quanto riguardava il trasferimento del busto di Anita a Caprera e che si dovevano aspettare le autorizzazioni dal Ministero. In realtà sia a La Maddalena che a Roma si era creata una situazione insostenibile a seguito del rifiuto da parte delle due donne, bisognava quindi trovare dei pretesti legali per fare in modo che il busto non arrivasse nell’isola di Caprera in Sardegna. Ricciotti Garibaldi, il 5 luglio dell’anno successivo, inviò il busto a casa dell’amico Battista Tanca, informandolo che il 21 dello stesso mese sarebbe arrivato con una commissione di garibaldini, incaricati di deporre il busto accanto alla tomba dell’Eroe. Per qualche giorno il busto venne esposto nel negozio di un certo Bargone Andrea, ma la cerimonia fu celebrata solamente 21 anni dopo, nel 1934, e la scultura rimase conservata in casa della famiglia Tanca, venne poi deposta dalla moglie di Ricciotti, Donna Costanza, in Pizza Umberto I° nel mese di settembre.
“Anita visse al fianco dell’uomo che amava, insieme a Lui aveva combattuto con la vitalità di un vero soldato; era il vento nuovo dell’emancipazione della donna, lo spirito leggendario di questa donna e madre che contrassegnò la vita di Garibaldi. Quali altri orizzonti ci sarebbero stati se solo avesse vissuto con Lui in quest’isola dove avrebbero trasformato la storia, quel richiamo straordinario della vita e dell’amore.” Per la cronaca, il giovane sacerdote Salvatore Capula declinò l’invito. all’inaugurazione. 

Questa è l’isola nel 1934: Comandante Militare Marittimo è il Contrammiraglio Ildebrando Goiran; direttore dell’Ospedale Militare è il T.C. medico Attilio Marcone; Comandante del Porto Maggiore Nestore Cussino; Podestà è il pro. Giacomo Pala; Segretario del Fascio è l’Ing. Pietro Battino; Segretaria del Fascio Femminile, Irma Bruzzone (nella foto); dell’Opera Nazionale Balilla il Cav. Luigi Chirri. Complessivamente vi sono all’isola (secondo i dati del censimento del novembre 1931) 2.242 famiglie di cui ben 72 originate da coppie conviventi. 30 di queste sono concentrate nelle case basse che sorgono lungo il porto. Gli abitanti sono in tutto 12.329 di cui 7.124 maschi e 4.764 femmine. A questi vanno aggiunti 441 individui momentaneamente assenti, presumibilmente per il servizio militare o per ragioni di lavoro, visto che soltanto 4 persone adulte risultano, da questi dati, disoccupate. In dieci anni la popolazione residente è aumentata di 1.871 unità, pari al 18,16%. Se si considera che la differenza tra i nati e i morti è di 1.294, le rimanenti 577 persone sono in parte dovute alla sostituzione del 45° battaglione fanteria con il 59° reggimento della stessa arma, quindi con un aumento delle famiglie degli ufficiali residenti e con un aumento degli scalpellini nelle cave di granito che stanno girando a pieno regime. Un attenzione particolare la parrocchia pone nei confronti di chi pratica una religione differente da quella cattolica: ci sono circa 30 persone appartenenti al culto evangelista. Del pur piccolo drappello, che comunque rappresenta una spina nel fianco della parrocchia, uno è di religione ebraica, e tre risultano atei dichiarati. 

9 dicembre

A Monti Bandera nel territorio di Santa Teresa, si costruisce una nuova opera militare: il Comune e alcuni privati cedono il terreno gratuitamente con la possibilità di fruire della strada che attraverserà il prato comunale. Questo, diviso nei due lotti di Santa Reparata e Monte Bandera, viene affittato a privati per il solo pascolo: gli abitanti potranno godere del diritto di “legnare e fare pietra” gratuitamente.

31 dicembre

Sulla base del regolamento per l’erogazione dell’acqua potabile del nuovo acquedotto, approvato il 5 ottobre 1934, sessantasette abitanti di Santa Teresa possono allacciarsi alla rete idrica per il triennio 1935-37.
Si avvia la costruzione del cimitero di San Pasquale con intervento del provveditorato alle Opere Pubbliche.