CronologiaMillenovecento

Correva l’anno 1953

Ilvarsenal, campionato promozione regionale 1953-54. In alto da sinistra: Baffigo, all. Firpo, Rubbiani, Romita, Zonza, Acciaro, Pais, Castagneto e Capitoni. Accosciati da sinistra Cossu, Sabatini, Di Fraia e Origoni.

Salvatore Castellani è commissario prefettizio da gennaio a marzo. Quindi viene eletto sindaco l’avvocato Antonio Carbini e, dopo le sue dimissioni nel mese di novembre, l’incarico passa a Pietro Ornano.

La Cassa Rurale di credito agrario apre i suoi sportelli a Palau.

Viene iniziata la costruzione della chiesa di Palau, che sarà terminata sei anni più tardi.

8 gennaio

Arriva a La Maddalena il commissario prefettizio Salvatore Castellana, ragioniere capo della prefettura di Sassari. Il sindaco uscente gli consegnò “l’amministrazione comunale, l’Azienda idroelettrica, con tutti gli uffici e con tutti gli atti a essi inerenti”. Vedi anche: La fine della primavera isolana

8 marzo

Le elezioni avevano confermato che a La Maddalena la Democrazia Cristiana era il partito più forte. A parte l’esperienza del maggio 1952, lo ‘scudo crociato’ riconfermava i livelli di cinque anni prima, delle elezioni politiche del 18 aprile 1948: allora le preferenze avevano raggiunto il 55,9%, un successo già di notevoli dimensioni, ma ora la percentuale dei consensi saliva sino al 59,4%. Quanta parte abbiano avuto in questo ulteriore aumento di voti le vicende che dieci mesi addietro avevano portato ai licenziamenti di sedici dipendenti dell’Arsenale, lo indica il fatto che i rappresentanti del Partito Comunista passarono da 8 a 3 nel giro di meno di un anno. Un calo del 62%. Mai in una consultazione civica si era visto qualcosa del genere. Né se ne vide più. L’incidente di percorso del 26 maggio dell’anno prima era cancellato. La DC poteva riprendere il suo posto al governo della città. Con una certa fatica, però. Con una città profondamente divisa e con un tessuto sociale lacerato e caratterizzato dagli odi politici e dai rancori personali, si andò alle urne per eleggere il nuovo consiglio comunale. La DC ottenne 20 seggi sui 30 disponibili e la maggioranza assoluta. I consiglieri del PCI passarono da otto a tre (furono riconfermati Augusto Morelli e Pietro Balzano) e i socialisti, da quattro a tre. Il 26 marzo successivo fu eletto sindaco un democristiano, ex-segretario politico fascista, l’avvocato Antonio Carbini. (Ad affiancarlo, nella giunta municipale, alcuni volti noti della scena politica locale, come Pietro Ornano (assessore anziano), Antonio Canolinatas, Cesiro Impagliazzo, Donato Pedroni e Giovannino Campus, e l’esordiente Domenico Antonetti.) “E’ stato eletto sindaco Antò scopa di ferru”: la notizia corse di bocca in bocca, tra lo stupore generale. L’avvocato Antonio Carbini, insieme al medico Aldo Chirico, che gli aveva affibbiato il curioso e simpatico soprannome, era il prodotto più autentico del regime fascista a La Maddalena, nella sua quintessenza. Aveva la tempra del gerarca, quale era stato, era uomo tutto d’un pezzo, era un idealista fedele alla dottrina mussoliniana, al punto tale da auspicare, durante uno dei suoi infervorati discorsi da segretario politico del fascio, l’utilizzo di una gigantesca ramazza, dotata di punte di ferro, per fare piazza pulita dei dissidenti. Con tutti i suoi difetti e il suo passato che non rinnegava, al neo sindaco, paradossalmente, andava riconosciuto l’indubbio pregio di essere riuscito a ricondurre ad unità le diverse anime, non tutte di estrazione cattolica, di cui si formava la lista vincente della Democrazia Cristiana. Con la sua elezione il cerchio si chiudeva. Finiva un ridotto periodo, foriero di illusioni e di speranze, durante il quale era stata spianata la strada agli ideali, a scapito della dura, assai prosaica, oggettività. La stessa cronaca della seduta del consiglio comunale, durante la quale Antonio Carbini fu scelto per fare il sindaco, esemplificava il mutamento radicale di posizioni che si era prodotto, nello spazio di meno di un anno, all’interno della politica isolana. L’avvenimento era stato seguito, con interesse, dalla cittadinanza, “al punto da stipare oltre ogni dire il salone municipale”. C’è di più. In apertura di seduta fu esaminata la condizione di ineleggibilità di Aldo Chirico e dello stesso Antonio Carbini, per avere, questi, ricoperto cariche politiche durante il periodo fascista Si batterono, per far emergere l’anomala condizione dei due ex gerarchi, il comunista Augusto Morelli, il socialista Anselmo Cuneo e l’indipendente di sinistra Gavino Demuro. Le parole che pronunciarono, se le portò via il vento. Il vento nuovo che spirava adesso in favore dello scudocrociato e del ripristino dell’ordine sconvolto dall’interregno socialcomunista. Non solo Chirico e Carbini non si trovarono ad accusare un affronto simile a quello subito dal medico ex podestà quasi un anno prima, quando, nonostante il consenso ottenuto, gli fu vietato di far parte del consesso dei rappresentati del popolo, perché considerato indegno, ma trovarono, fra i sodali democristiani un sostegno energico ed efficace. Il nuovo sindaco, appena ricevuto il mandato, rivolse un ringraziamento al commissario prefettizio Castellana, augurò per il futuro concordia e progresso, ricevette un mazzo di garofani bianchi da Lina Zonza, unica donna eletta nelle liste democristiane – e unica donna in consiglio comunale – e cominciò la sua avventura alla guida del comune. Ad affiancarlo, nella giunta municipale, alcuni volti noti della scena politica locale, come Pietro Ornano (assessore anziano), Antonio Canolinatas, Cesiro Impagliazzo, Donato Pedroni e Giovannino Campus, e l’esordiente Domenico Antonetti. Il cronista de La Nuova Sardegna chiudeva così il suo resoconto della giornata: “Tolta la seduta, fra i commenti più disparati il pubblico lascia l’aula. Gli avversari della lista DC, alla quale appartiene il neo-sindaco, attendono adesso la prossima crisi comunale, riponendo non poca fiducia nel provvedimento di legge che va prendendo il governo circa l’ineleggibilità degli ex gerarchi fascisti”. Rimarrà in carica fino al 21 novembre 1953. Vedi anche: Le elezioni dell’8 marzo 1953. ‘Antò scopa di ferru’

11 marzo

Troviamo il maddalenino Franco Solinas tra i fondatori dell’ANAC. L’associazione nasce con lo scopo di tutelare il diritto d’autore, con la finalità di studiare e promuovere manifestazioni culturali legate al mondo del cinema, ma soprattutto mira ad un chiarimento della figura dell’autore e ad una sua tutela di tipo sindacale. A testimonianza del suo impegno politico (P.C.I.) anche nel vivere il proprio mestiere, Franco Solinas, fin dai suoi esordi evidenzia la necessità di non chiudersi nel mestiere ma di trovare, all’interno dello schietto confronto con società e istituzioni, una degna ragione di lotta. L’ANAC costituirà un punto fermo per Solinas e un impegno vivo nella carriera di sceneggiatore e nella sua vita di intellettuale, tanto che nel 1961, come ricordato da Callisto Cosulich, Solinas sarà eletto segretario generale dell’associazione, ruolo che ricopre con puntiglio pari a quello che riponeva nello scrivere le scene.

19 aprile

Esordisce a Ozieri con la maglia del Cral Marina Giannino Petri. Si gioca Ozieri – Cral Marina (ex Proletaria), compagine che in quegli anni compete ai vertici del campionato regionale, i maddalenini si schierano con Piredda; Pilo, Sanna; Peppino Barretta, Varsi, Zigante; Scotto, Parissi, Sculavurru, Fadda, Petri: nomi che hanno fatto la storia. Dopo le prime comparse, Giannino Petri dimostra il proprio valore, gioca stabilmente e si afferma come uno dei punti di forza dei maddalenini andando in rete con disinvoltura. In maglia rosso-blu gioca sei campionati fino al 1958 totalizzando circa 80 presenze ed una trentina di reti. Parte militare e durante la leva matura una importante esperienza nel campionato di Serie D con il Brindisi. Al rientro all’Isola la squadra in cui è cresciuto ha interrotto la propria attività e Petri approda quindi al Tempio nella quarta serie nazionale. Si affianca all’altro maddalenino ed ex crallino Silvano Morelli in una squadra fortissima che schiera grandi giocatori, come i portieri Bogazzi e Bertola (scuola Cagliari), e poi Hellies, Serafini, Savigni, Ravot e tanti altri. Disputa due campionati di alta classifica mettendosi in grande evidenza in oltre cinquanta gare con all’attivo una ventina di reti, alcune davvero spettacolari.
Nel frattempo, nel 1962/63, anche l’Ilvarsenal prede parte al torneo di Serie D e così Petri – fortemente richiesto dalla piazza – rientra a La Maddalena ed esordisce con l’Ilva proprio contro la sua ex squadra (il 23/9/1963 Ilva-Tempio 0-0) in una formazione che scende in campo con: D’Oriano; Bruno Scanu, Giovanni Scanu; Serra, Comiti, Pisano; Juliucci, Paoli, Fabiani, Petri, Casciani. Dopo la sfortunata retrocessione Petri riceve diverse offerte per giocare ancora nella Serie D ma – da buon isolano – fa una scelta di cuore, rimane a casa e continua nell’Ilvarsenal. Con gli arsenalotti gioca in totale sei stagioni, si esprime sempre su standard molto elevati e chiude la sua carriera al Comunale l’11/5/1969 (Ilva-Bonorva 4-1) siglando anche la sua ultima marcatura. Conclude il ciclo in bianco-celeste con circa 160 partite ed una ottantina di reti, una media di tutto rispetto se rapportata ai tempi. Infatti la disposizione tattica a uomo e con il battitore libero rendevano allora le difese molto “abbottonate” e gli attaccanti si dovevano quindi disimpegnare in spazi stretti e contro la protezione garantita dal raddoppio di marcatura.
Giannino Petri giocava di punta in modo intelligente; mancino naturale, era dotato di tecnica raffinata, vantava l’istinto dell’uomo di classe e metteva in mostra senso stilistico e fine astuzia calcistica; era poi fortissimo in acrobazia, capace di numeri di altissima scuola.
Appese le scarpette al chiodo, Giannino non ha intrapreso nessuna attività legata al calcio ma si è limitato a sedere in panchine solo in occasione di alcuni tornei cittadini, in particolare con la squadra di Cala Gavetta, caratteristica zona del paese ove abita ed alla quale è da sempre intimamente legato. (Gianni Vigiano)

30 aprile

Quindici armatori e padroni marittimi costituiscono la società di navigazione Freccia Marina, che assicura collegamenti con Palau e trasporto merci e passeggeri nell’Estuario .

1 maggio

I licenziamenti del 24 giugno 1952 colpirono al cuore la componente di sinistra della Commissione Interna dell’Arsenale Militare. In breve, per ammissione unanime di coloro che vissero quelle vicende, la commissione divenne terreno di conquista di quelle sigle sindacali più moderate, come poteva essere la CISL, che annoverava iscritti meno politicizzati e più aperti ad un accordo con la direzione dello stabilimento. Per eguale ammissione, si è affermato che per parecchi anni si stentò a trovare dei lavoratori che avessero il coraggio – perché da allora di quello si trattò – di prendere una tessera della CGIL o presentarsi in candidatura per la Commissione Interna. Essere di sinistra, palesarlo iscrivendosi al sindacato ‘rosso’, poteva essere pericoloso, come altrettanto pericoloso poteva essere per un moderato, avere amicizie di sinistra, socialiste o peggio ancora, comuniste, frequentare famiglie coinvolte nei partiti di sinistra. Vecchie e consolidate amicizie si infransero, si sbriciolarono, sotto l’urto della paura di essere segnalati, o considerati di una certa opinione politica anziché di un’altra, tanti rinnegarono persino il loro passato. In un piccolo centro è difficile che non si sappia tutto di tutti, e a maggior ragione a La Maddalena dove il cameratismo nei luoghi di lavoro – in un luogo di lavoro in particolare – e la limitatezza del territorio, favorivano enormemente i contatti anche non cercati. Si sapeva chi erano i ‘rossi’ e si evitavano. I licenziati erano costretti a stare fra loro, erano da una parte, il resto del paese era dall’altra. Questo fatto, che denotava un percorso politico totalmente diverso e contrastante, era reso palese dal fatto – fra i tanti – che proprio dalla fine della guerra il parroco don Salvatore Capula aveva voluto creare una ‘sua’ festa dei lavoratori da commemorare il 1° maggio, in processione e preghiera, in contrapposizione con quanto avveniva invece per le sinistre che amavano festeggiare con le bandiere rosse al vento la Festa del Lavoro. La spaccatura si è trascinata sino ad oggi: il Primo Maggio a La Maddalena, diremo così, è stato bipartisan per decenni e chi andava alla Madonnetta manifestava apertamente di essere per la parrocchia, di seguirne implicitamente o esplicitamente le direttive, chi non andava era per i ‘rossi’, o era ‘rosso’ egli stesso, era un disubbidiente.

4 maggio

Radio Sardegna inizia dalla sede di Cagliari le trasmissioni quotidiane del ‘‘Gazzettino Sardo’’.

7 maggio

Il Motoveliero Sant’Antonio, partito da Livorno con un carico di botti e ferramenta alla volta di Palau, non fu mai visto arrivare a causa di una violenta tempesta che colpì il Tirreno Settentrionale. Solo l’imbarcazione di servizio fu trovata su di una scogliera con parte del suo carico a Santa Teresa Gallura da un proprietario terriero della località La Colba che ne diede notizia alle autorità. Dalla piccola imbarcazione fu possibile risalire al nome del M/V. Aveva una stazza lorda 60 tonnellate per 25mt. di lunghezza, iscritto al compartimento marittimo di Livorno agli armamenti delle sorelle Maria Rosa Rum e Vittoria Rum dell’ isola del Giglio.

7 giugno

Elezioni politiche: sensibile crescita della Destra, soprattutto nelle zone urbane, lieve crescita della Sinistra e calo sensibile della DC.

14 giugno

Elezioni regionali. Si confermano i voti delle politiche con un recupero dei sardisti.

28 giugno

In occasione del cinquantenario dell’Istituto San Vincenzo, venne scoperta, nello stesso Istituto, un’effige marmorea di suor Gotteland, che per alcuni decenni ne fu la superiora e grande benefattrice della comunità maddalenina. che per alcuni decenni ne fu la superiora e grande benefattrice della comunità maddalenina. Pubblichiamo la cronaca dell’avvenimento, scritta da Pietro Favale, “storico decano” dei giornalisti maddalenini. “Quando le due orfanelle tirarono giù il drappo bianco che ricopriva l’effige marmorea di suor Maria Elisa Gotteland, un raggio di sole sprigionò dal cielo plumbeo che aveva minacciato fino ad allora pioggia ed illuminò, come per incanto, la superba cornice attorno a noi. Uno scroscio di applausi di una folla eccezionale che aveva preso posto nelle numerose terrazze, lungo le scalinate, nei poggioli, sottolineò l’atto delle due orfanelle raccolte anni addietro nella sua casa dalla Pia Sorella. Poi il silenzio tornò a regnare tra i numerosi candidi edifici festonati, con grazia e signorilità di ghirlande di rose, mentre il vescovo di Ampurias e Tempio, monsignor Carlo Re, con solenne incedere si portava di fronte al medaglione e con lo sguardo dolce e commosso scrutò attentamente il volto dell’animatrice e fondatrice di questo Istituto, vanto e gloria non solo della nostra città, ma di tutta la Sardegna. Impartita la benedizione Monsignor Re, parlò ai numerosi fedeli e con le sue calde parole tratteggiò la nobile figura della fondatrice. Seguirono poi, altri oratori: il vice sindaco Pietro Ornano, lesse un messaggio inviato dal sindaco avv. Antonio Carbini, fuori sede per ragioni di lavoro, aggiungendo sue parole di circostanza ed il saluto di tutta l’Amministrazione Comunale; l’on. Stara, rappresentante ufficiale della Regione Sarda, che col suo squisito dire commosse tutto l’uditorio; il comandante Berengan col suo simpatico frasario sgorgato dal cuore porse un caldo saluto a nome della Marina Militare; l’ispettore Fadda, uomo di scuola, che ebbe l’onore di premiare di medaglia d’oro l’esemplare educatrice, don Del Grosso delle missioni San Vincenzo De’ Paoli, che descrisse in modo avvincente e ammirabile la figura di suor Gotteland ed infine il dottor Chirico da numerosi anni affezionato e stimato medico dell’Istituto. Lo scoprimento del medaglione era stato preceduto da una solenne messa, con assistenza pontificale, officiata da monsignor Salvatore Capula, parroco della città, coadiuvato dai sacerdoti Curis e Careddu e dal vice parroco don Giacomini. Assisteva S.E. mons. Carlo Re, accanto al quale sedeva monsignor Vico della Curia di Tempio”. Vedi anche Ricordo di suor Maria Gotteland

25 luglio

Con un solo voto di maggioranza il Consiglio regionale approva la giunta DC-PLI presieduta da Luigi Crespellani. Astenuti sardisti e socialdemocratici.

5 ottobre

La candidatura dell’ex podestà Aldo Chirico aveva portato nelle casse della DC ben 975 voti, un patrimonio, e ora l’ex gerarca reclamava a gran voce un ruolo che gli spettava, per diritto politico. E questo suo diritto si scontrava con la suscettibilità di un altro ex simpatizzante fascista, il sindaco, Antonio Carbini, che non poteva lasciar correre la facilità di ‘penna’ del suo consigliere, specie quando si serviva di questa per imbastire denunce, ai danni della stessa amministrazione di cui faceva parte. Chirico, insomma, si dimostrava piuttosto riottoso ad una normalizzazione di pensiero e d’opera, e questo scompaginava parecchio i piani di una maggioranza che ambiva ad un governo senza scossoni e, massimamente, senza contestazioni. Nella seduta consiliare del 5 ottobre 1953, per esempio, sette mesi appena dopo le elezioni, il sindaco, prima di sciogliere l’assemblea, rilasciò delle dichiarazioni che si dimostrarono essere dei fulmini prima della tempesta. Antonio Carbini accusò Chirico di non “eseguire critica serena” in consiglio, ma di affidarla a “libelli pubblicati in giornali che sembra trovino la ragione della loro stessa vita nel pettegolezzo paesano”. In breve Carbini ricordava che il consigliere Chirico aveva “offeso la dignità ed il prestigio del Consiglio Comunale” evitando di far discutere una sua interrogazione, affidata in seguito alle pagine di un giornale “arrogandosi il monopolio (a lui da nessuno concesso) di essere l’unico ed esclusivo giudice dell’operato dell’Amministrazione Comunale”. Si trattava di una critica frizzante su alcune spese di trasferta imputate al sindaco stesso. Passando a più sostanziali fatti il Carbini fece i conti in tasca del suo antagonista per quanto concerneva le spese eseguite durante il periodo podestarile, venendo alla conclusione che esse erano eccedute del 300% su quanto previsto nel bilancio comunale, “… e fu necessario stornare i fondi da voci del bilancio in cui figuravano somme stanziate ma non spese”. Era l’ultima frecciata prima della rinuncia alla carica. In prosieguo d’intervento infatti il primo cittadino affermò di attendere “di giorno in giorno una comunicazione che comporterà il mio trasferimento da La Maddalena”. Le dimissioni, necessarie per ragioni di lavoro, Antonio Carbini le presentò nella riunione consiliare del 21 novembre successivo.

21 novembre

Il Sindaco Antonio Carbini le presentò le dimissioni per ragioni di lavoro. Nella stessa seduta verrà eletto Mario Ornano, noto Pietro che dichiarò: “Mi avete elevato alla dignità di primo cittadino. Questa dimostrazione di fiducia nella mia modesta persona mi commuove profondamente“. La dichiarazione continuava con queste parole: “Ringrazio tutti coloro che mi hanno dato il suffragio; ai consiglieri di maggioranza militanti nel partito DC ritengo poi doveroso rivolgere in particolare i sensi della stima e considerazione: essi facendo cadere la scelta su di me, un indipendente, hanno dimostrato di non essere animati da faziosità“. Riguardo alla futura condotta amministrativa, asseriva di voler allontanare “da quest’aula ogni spirito di parte, e tutta la nostra passione sia impiegata al servizio della comunità per il progresso della nostra Isola” .Rimarrà in carica fino al 27 luglio 1957. L’ex maresciallo di Marina Mario Ornano, per tutti i maddalenini Pietro, divenne sindaco della Maddalena il 21 novembre 1953. Restò in carica per circa quattro anni. Fu uno di quei sindaci eletti con il benestare di don Salvatore Capula. Anzi, a essere sinceri, il nome dell’ex uomo di punta della Lista Cittadina- di estrazione liberale e massonica- che aveva sconfitto la Dc, con l’ausilio del PCI e del PSI, alle elezioni tenutesi un anno prima- il parroco dovette ingoiarlo. Perché Ornano era quello che aveva, se non provocato, almeno sostenuto la “rivoluzione di palazzo” che aveva determinato la caduta di Salvatore Vincentelli, sindaco di cui era assessore anziano, e che aveva portato alla fine della prima esperienza amministrativa senza i democristiani e con le sinistre al potere. La componente cattolica della politica isolana, rimasta fuori dalla gestione del Comune, appunto, dopo avere perduto le elezioni del 26 maggio 1952, fece in modo di rimuovere quell’ imprevista presa di possesso da parte dei laici, che avevano indicato in un primo momento, ed eletto, quale primo cittadino, una figura “d’eccellenza”, il giornalista e scrittore Renzo Larco. I consiglieri della DC, che costituivano la minoranza, il 27 dicembre di quell’anno, presentarono tutti le dimissioni. Insieme a loro, cinque colleghi della lista cittadina – Renzo Larco, Marco Antonio Bargone, Giovannino Farese, Natalino Berretta e Pietro Ornano- gli uomini di spessore. Le dimissioni furono presentate in un orario insolito, le 3 del mattino. Il segretario cittadino del partito, Battista Vico, molto vicino spiritualmente a don Capula, partì con una barchetta da La Maddalena, raggiunse il porto di Palau, dove lo aspettava un’automobile per arrivare a Sassari e per presentare le lettere di dimissioni al Prefetto, che sciolse il Consiglio Comunale. Qualcuno dei frondisti chiese ed ottenne un premio per il “voltafaccia”: la candidatura nelle liste democristiane, con elezione sicura, alle comunali del 1953, svoltesi dopo l’interregno breve del commissario prefettizio Salvatore Castellana. Si disse che Pietro Ornano si fosse fatto promettere da don Capula la carica di sindaco. La ottenne, ma dovette attendere qualche mese, dopo che l’avvocato Antonio Carbini, eletto primo cittadino a marzo, dopo soli otto mesi, si fosse, anch’egli, dimesso . Appena ottenuta la carica, Ornano fece la seguente dichiarazione: “Ringrazio tutti coloro che mi hanno dato il suffragio. Ai consiglieri di maggioranza, militanti nella DC, ritengo poi doveroso rivolgere, in particolare, i sensi della mia stima e considerazione: essi, facendo cadere la scelta su di me , un indipendente, hanno dimostrato di non essere animati da faziosità”. Si dichiarava indipendente, Ornano, equidistante dalle correnti che animavano la vita della sezione democristiana, e del gruppo consiliare. Lasciava intendere che avrebbe comandato lui: nessuna interferenza esterna al palazzo comunale. La sua amministrazione durò abbastanza a lungo, e fu pur vero che il parroco, cammin facendo, più di un’intromissione se la permise. Era lui, fino a prova contraria l’interlocutore privilegiato di tutti quei “begli amici” che La Maddalena poteva contare in ambito governativo. Non si poteva fare a meno dell’ appoggio di don Capula. I due uomini forti dell’Isola, pur non amandosi, si sostenevano. Forse si rispettavano. La DC aveva la maggioranza assoluta in Consiglio comunale. Lo strapotere della “balena bianca” non poteva essere scalfito dagli attacchi che le sinistre portavano su Ornano e sulla sua giunta. Il sindaco, nel 1955, fu coinvolto in una vicenda giudiziaria. Le minoranze presentarono una mozione di sfiducia che fu respinta dal Consiglio. Per qualche tempo la funzione di sindaco fu assicurata dal vice di Ornano, Donato Pedroni. Il Prefetto invitò Ornano a dimettersi, ma questi rispose che il sindaco e il Consiglio comunale avrebbero cessato il loro mandato soltanto l’8 marzo 1957. La vicenda suscito grande impressione, il primo cittadino e altre otto persone, fra politici e funzionari del Comune, furono processati, condannati in primo grado, ma assolti con formula piena in appello.
Pietro Ornano fu un sindaco autoritario, decisionista. I nemici lo definivano un accentratore supponente, al limite dell’arroganza. Gli amici, un leader carismatico. La stragrande maggioranza degli amministrati non amava i suoi modi, il resto rispettava la sua figura. Gli si rimproverava di non tenere in considerazione le critiche, i suggerimenti e i rilievi, che giungevano dall’ opposizione. Ma questo sindaco pratico e determinato, che in quattro anni convocò l’assemblea civica solo nove volte, quasi sempre alle otto del mattino, in orario di lavoro, si diceva con il preciso intento di evitare l’afflusso del pubblico, per raggiungere un suo obiettivo, che sempre coincideva con l’interesse collettivo, non guardava in faccia a nessuno. Neanche ai “pezzi grossi” del Governo nazionale che sbarcavano a La Maddalena a ridosso delle elezioni, con il loro fagotto di promesse e di parole da gettare al vento. Non fu risparmiata neppure un’illustrissima personalità come Antonio Segni. Il futuro Presidente della Repubblica, in visita nella nostra città, dopo un incontro con i rappresentanti della comunità, si apprestava ad affacciarsi dal balcone del Palazzo Municipale per pronunciare il suo discorso di rito. Fece per uscire, ma Ornano lo trattenne per il bavero della giacca. “Prima di parlare, giurami che ti impegnerai, anzi lo dirai pubblicamente e in forma ufficiale, a istituire il Liceo a La Maddalena … “ Il parlamentare sassarese sembrerebbe che abbia risposto: “ Ma sai, per il momento non andiamo aldilà di una promessa. Vi è un sottosegretario originario di Borgomanero, che desidererebbe la stessa scuola superiore per la sua città. Il ministro della Pubblica Istruzione glielo ha fatto sperare …”. E Ornano. “ Se non dici che sarà istituito il Liceo qui da noi, non ti permetterò di parlare ai maddalenini. Essi, infatti, aspettano che tu dica loro questo: “avrete il Liceo e non sarete più costretti a compiere sacrifici per fare studiare i vostri figli, a mandarli a Tempio o a Sassari! “. Segni fece quello che gli aveva, diciamo, imposto il sindaco della Maddalena: di li a qualche mese, nella vecchia caserma dell’Artiglieria trovarono ospitalità gli allievi della IV Ginnasio del Liceo Classico “Giuseppe Garibaldi”. Era la seconda scuola secondaria superiore a beneficio dei giovani isolani, dopo le Magistrali, gestite direttamente dal Comune.
Ornano andava a Roma a discutere con il Presidente del Consiglio, che era sempre Antonio Segni, o in Regione, a Cagliari, per fornire spunti alla Commissione speciale per la Rinascita della Maddalena, ma non informava l’assemblea municipale sui motivi dei suoi viaggi. L’importante era rientrare a casa con la valigia carica di doni, poco importava se le minoranze consiliari non erano messe al corrente degli impegni che assumeva la Giunta, se le sinistre o Aldo Chirico protestavano pubblicamente. Ogni strumento era adatto per raggiungere il risultato desiderato.
Da ex militare, Pietro Ornano, fu uno dei primi a rendersi conto che lo Stato, venendo gradualmente a esaurirsi le ragioni per le quali la piazzaforte avrebbe dovuto essere fondamentale per la difesa nazionale, sarebbe stata una fonte di lavoro e di prosperità sempre più arida. Per questo si adoperò per individuarne delle alternative.
Con l’aiuto di altri personaggi di spicco dell’epoca, come, appunto, il medico, giornalista e uomo politico Aldo Chirico ( le volte che collaborava) e il farmacista e preside dell’Istituto Magistrale Antonio Gana, favorì la diffusione di proposte e di idee al servizio della cultura dell’ospitalità, sfruttata per finalità di carattere economico, attraverso la fondazione della “Pro Loco”.
La ricettività alberghiera era praticamente inesistente. L’anno chiave per la costruzione degli alberghi fu il 1955. In quell’anno furono inaugurati il Village Magique di Caprera e l’Hotel il Gabbiano di proprietà dell’E. S. I. T. (Ente Sardo Industrie Turistiche). L’anno successivo l’Hotel Excelsior.
Il Gabbiano, fu aperto il 27 giugno, poteva accogliere ottanta turisti, e fu costruito con le risorse finanziarie erogate dalla Regione. Confinava con il mattatoio civico, e da questa condizione scaturì una polemica, per lungo tempo.
Pietro Ornano si impegnò anche ad assecondare le richieste di un tale monsieur Jacques Giovannoni, architetto italo francese, plenipotenziario del Club Village Magique, che aveva inoltrato al sindaco una richiesta formale di concessione, per la durata di venti anni, rinnovabili, delle aree a settentrione di Caprera, denominate Cala Garibaldi e i Chiusi, per farci un villaggio vacanze, coinvolgendo l’Ente Provinciale per il Turismo, il Ministero della Difesa- presso la cui giurisdizione ricadevano i terreni interessati dall’iniziativa- e non ultima la Presidenza del Consiglio dei Ministri, attraverso i buoni auspici di Mario Ferrari Aggradi, maddalenino di origine e parente del sindaco, nonché “enfant prodige” della Dc e stretto collaboratore di Alcide de Gasperi. Il sindaco dovette fare fronte pure agli attacchi di Ezio Garibaldi, che aveva scatenato mezzo parlamento italiano contro il progetto dei francesi nella terra “garibaldina”. Per fortuna sua zia, donna Clelia, che risiedeva a Caprera, grazie ai buoni uffici del dottor Chirico, attribuì il proprio consenso.
Il villaggio sorse, e per favorire l’arrivo dei turisti francesi , anzi per incentivarlo, fu firmata a La Maddalena , il 7 maggio, la Carta di Frontiera, nel salone consiliare del Comune. Erano presenti, il prefetto di Ajaccio e quello di Sassari che siglarono lo storico protocollo. Da quel momento i turisti italiani che si sarebbero voluti recare dalla Sardegna in Corsica, e quelli francesi che dall’”isola dei bellezza” sarebbero voluti arrivare da noi, lo avrebbero potuto fare esibendo la sola carta d’identità. Partecipò alla cerimonia anche Ferrari Aggradi, che era Sottosegretario al Bilancio e che fu salutato con striscioni appesi per le vie della città, con su scritto “ La Maddalena saluta il suo figlio migliore”.
Un anno dopo, il 2 giugno del 1956, fu inaugurato l’hotel Excelsior. Costruito sull’ area dell’ antica Piazza Indipendenza . A ridosso del palazzo comunale e di fronte al mare. La stessa area che il Comune aveva ceduto al prezzo simbolico di una lira all’ingegnere Franco Tamburrini. La struttura avrebbe dovuto reggere il confronto con gli alberghi lussuosi di Capri o della riviera ligure, nelle intenzioni del suo realizzatore, e creare occupazione. Ma i fatti dimostrarono che le buone intenzioni del proprietario dell’Excelsior, e degli amministratori pubblici che lo avevano incoraggiato nel suo progetto, restarono tali. I maddalenini parlano oggi dell’Excelsior come dell’albergo che non si sarebbe mai dovuto costruire.
Cultura dell’accoglienza significava anche adeguatezza di vie di comunicazione interne. La strada panoramica, si disse, che fosse stata progettata, dopo un incontro tra il sindaco Ornano e don Capula, a cui si aprivano facilmente le porte della Regione o dei Ministeri e che aveva sempre da dare un “consiglio giusto nel momento giusto”. I lavori iniziarono nel maggio del 1958, quando Ornano non era più sindaco.
Si devono al sindaco Ornano e alla sua amministrazione anche la strada che collega da un capo all’altro, che taglia longitudinalmente, l’isola di Santo Stefano: la realizzò con i contributi regionali e provinciali e doveva essere posta al servizio del collegamento fisso con Palau. Il ponte non si realizzò mai . Però, quella via di comunicazione, all’interno dell’isola che avrebbe ospitato anche una base americana e un villaggio turistico, resta oggi fondamentale.
Non bisogna dimenticare, gli alloggi popolari Gescal o la casa del pescatore di Padule, le famose “tre caravelle”: furono opere progettate e realizzate durante l’amministrazione del sindaco “impopolare” Pietro Ornano.
Ancora. Ornano andò a ricevere il ministro della Difesa Paolo Emilio Taviani, il 3 aprile del 1956, insieme all’ammiraglio di Marisardegna Ernesto Sforza. Taviani arrivò a bordo del cacciatorpediniere San Marco, sbarcò alla banchina dell’ammiragliato, visitò le scuole Cemm, l’arsenale, la tomba di Garibaldi, e partecipò a una riunione in municipio con alcuni deputati sardi. Il sindaco riuscì a spuntare alcune promesse riguardo agli aiuti che sarebbero dovuti arrivare dal Governo, in termini di potenziamento del cantiere navale di Moneta e delle strutture militari che impiegavano personale civile. Il 15 ottobre riaprì la Scuola Allievi Operai: la frequentarono venticinque ragazzi che avevano conseguito la licenza media.
Nel settore culturale, nel periodo del sindaco “decisionista”, vi fu da registrare la missione compiuta dall’equipe di ricercatori della Società Geografica , un gruppo di lavoro composto di scienziati di chiara fama, guidato dal Osvaldo Baldacci. Insieme a lui, Giovanni Lilliu, Celso Guareschi, Luigi Desole, Silvio e Silvana Vardabasso. Il lavoro svolto fu altissimo valore e diede risultati eccellenti. Non solo per la pubblicazione delle ricerche svolte in un volume che ancora oggi è considerato una sorta di Bibbia da tutti coloro che, con finalità di studio, si interessano dell’arcipelago di La Maddalena. Ma anche per nell’occasione, un’importantissima scoperta che fu fatta dall’archeologo Giovanni Lilliu, accompagnato dai giovani studiosi maddalenini Mattia Sorba e Pietro Muntoni,: in un riparo sotto roccia di Cala Villa Marina, nell’ isola di Santo Stefano, furono rinvenuti alcuni reperti risalenti al 2600 a. C. , catalogati come appartenenti al Neolitico recente.
Da ricordare, inoltre, che nei primi giorni di ottobre del 1956, il Consiglio Regionale della Sardegna approvò un ordine del giorno in cui si operava una sintesi delle idee e dei progetti che avrebbero dovuto essere attuati per consentire la rinascita e lo sviluppo della Maddalena. Le indicazioni per la Commissione consiliare speciale per La Maddalena, insediata presso la Regione, arrivarono dall’amministrazione comunale dell’Isola. Riguardavano: lo sviluppo dell’industria della pesca e di quella del granito, la realizzazione, con il concorso della Marina Militare, di un cantiere navale progettato dalla società Navisarde, con annesso bacino d carenaggio, la creazione delle condizioni ambientali idonee per lo sviluppo del turismo, l’intervento, presso il Governo nazionale, affinché fosse potenziata la Scuola Allievi Operai dell’Arsenale militare, la predisposizione di un disegno di legge nazionale avente per oggetto l’istituzione, nell’ambito delle isole di La Maddalena e di Caprera, di una zona franca, o quantomeno la concessione di agevolazioni fiscali , come la franchigia doganale, di cui beneficiavano altre zone della repubblica italiana trans frontaliere, sussistendo le condizioni ambientali che giustificavano quel provvedimento. E, ancora, l’istituzione di un servizio marittimo di collegamenti tra La Maddalena e la costa sarda, con navi traghetto e l’approfondimento degli studi sulla possibilità di realizzare una diga-ponte che avrebbe dovuto collegare La Maddalena alla Sardegna.
Il 29 novembre dello stesso anno, il Presidente della Regione, Giuseppe Brotzu, accompagnato dall’assessore alla Pubblica Istruzione, Assistenza e Beneficienza Francesco Deriu e dal consigliere regionale gallurese Giovanni Filigheddu arrivò in visita alla Maddalena. Il sindaco, insieme al consigliere provinciale maddalenino Sebastiano Asara e alla Giunta comunale al completo andò a riceverlo a Palau. Brotzu visitò alcune delle opere in cantiere nell’Isola e, successivamente si intrattenne con gli amministratori, nella sala consiliare del Comune, a discutere sui problemi della rinascita maddalenina. I problemi riguardavano: la costruzione di navi traghetto per la linea La Maddalena- Palau e La Maddalena-Santa Teresa di Gallura-Bonifacio ( lo studio particolareggiato per l’istituzione del servizio che comprendeva il trasporto d persone e di automezzi era già pronto presso la Regione e sarebbe stato attuato nel 1957, cioè dopo che la Tirrenia, società armatrice del postalino Limbara, avrebbe lasciato quella linea), la costruzione di una diga ponte tra La Maddalena e Santo Stefano ( occorrevano 450 milioni di lire e il progetto doveva essere incluso nel piano generale di Rinascita della Sardegna e finanziato dalla Regione stessa), la costruzione di un filtro per l’acquedotto comunale per potenziare il rifornimento idrico della città (la potenzialità giornaliera dell’acquedotto, con quell’accorgimento, sarebbe dovuta salire dai 1000 ai 1800 metri cubi giornalieri e vi sarebbe stata la possibilità di erogare acqua alla popolazione giorno e notte), la pavimentazione in asfalto di via Cairoli, partendo dalle case popolari, fino a raggiungere il cimitero, la costruzione di un edificio da adibire a cronicario e poliambulatorio, di un villaggio per i pescatori che sarebbe sorto, come accennato ,a Padule, su un’area concessa dalla Marina Militare, di un cantiere navale per costruzioni civili, la sistemazione delle strade dell’Isola di Caprera per consentire un maggiore afflusso di visitatori.
Alcune di queste opere furono realizzate, alcune rimasero sogni nel cassetto di Pietro Ornano. Al quale, oggi, con la nostra visione del mondo forse meno manichea di quella dei suoi tempi, una condotta ci sentiremmo di rimproverare, decontestualizzando da un periodo in cui il mondo, e l’Italia, erano divisi tra buoni e cattivi. Riguarda il mancato attestato di solidarietà e il sostegno nei confronti degli operai socialisti e comunisti licenziati dall’Arsenale, nei giorni a ridosso del Natale 1956. Nella seduta del Consiglio Comunale del 18 gennaio dell’anno successivo, la vicenda dei dipendenti civili del Ministero della Difesa sarebbe stata liquidata come un dettaglio trascurabile, senza nessun rilievo politico, e senza alcuna implicazione di carattere sociale, se un esponente della minoranza, Gavino Demuro, indipendente di sinistra, non avesse presentato una mozione d’ordine in Consiglio e preteso che fosse discussa e votata. Ma quel documento, con cui si suggeriva di offrire sostegno a cittadini e a padri di famiglia, prima che ad avversari politici, che lo meritavano tutto, fu respinto inesorabilmente e senza imbarazzo dalla maggioranza dei consiglieri comunali. In quel momento fu scritta una delle pagine più tristi della storia della Maddalena. A parziale attenuazione della gravità dell’episodio furono le parole del sindaco, pronunciate subito dopo il voto: “ Affermo che da parte dell’amministrazione vi è stato tutto l’interessamento che il caso comportava… Degli undici operai licenziati, tre sono stati subito riassunti. Ai fini dell’economia cittadina, è da rilevare che altre cinque persone sono state assunte … Rimprovero al gruppo di minoranza di avere avuto il torto di fare affiggere subito un manifesto contro il Governo, quando proprio da parte del Governo, tramite il tempestivo interessamento di questa amministrazione, si stanno prendendo i necessari provvedenti. Una siffatta azione è dispiaciuta, ovviamente, a questa amministrazione, la quale piaccia o no, è con il Governo”. Il sindaco fu di una chiarezza disarmante. Preoccupazione, ma con giudizio, perché La Maddalena non poteva porsi contro il Governo che elargiva benefici.
Il mandato di un sindaco e di un’amministrazione che erano espressione di un’ egemonia assoluta della Democrazia Cristiana, si concluse l’8 marzo del 1957. Non prima, come avrebbero desiderato i nemici di Mario Ornano, per tutti, anche per gli amici, Pietro. (Tore Abate)

dicembre

Il geometra Giuseppe Mozzo è incaricato di redigere un piano regolatore di massima per la sistemazione del porto di Santa Teresa con opere di difesa e completamento.