CronologiaMillenovecento

Correva l’anno 1955

Si costruisce l’edificio della scuola Elementare di Palau con quattro aule e apre il posto telefonico pubblico.

Rimodernato il faro di Capo Testa.

“L’avvenire della Maddalena è nel turismo”, scriveva su La Nuova Sardegna, Giacomino Origoni, uomo di cultura e già amministratore civico[4]. Si parlava già da allora, e non timidamente, di fonti alternative all’economia “assistita”, s’invitata a guardare ”oltre lo Stato”, a puntare sull’industria turistica, che aveva una produttività ridotta, ma che avrebbe potuto determinare una crescita vera, autonoma e legata ai beni forniti da Madre Natura, che avevano il solo pregio d’essere oggetto d’ammirazione. “L’estuario bellissimo è soltanto visitato da qualche panfilo in cerca di sole nel Tirreno che, dopo una breve sosta a La Maddalena, mette la prua verso le isole vicine, le quali, nella buona stagione, quando il mare è in calma e benigno è il cielo, richiamano l’attenzione del novello Ulisse navigante – scriveva Origoni – Noi ci domandiamo che cosa avevano mai Ponza, Celle Ligure e l’isola del Giglio da meritare un avvenire turistico oggi sicura fonte di inesauribile ricchezza? Che cosa erano Celle Ligure e Ponza negli anni passati? Insignificanti paesi dalle strade deserte, fredde, con qualche botteguccia in pieno giorno illuminata da tenui lampadine elettriche. Andateci ora a Celle Ligure o a Ponza. Nulla si può immaginare di più accogliente, di più vivo, di più originale, di più suggestivo delle le loro spiagge. Sembra che le strade si siano allargate per aprire il varco ad una folla immensa di graziose eleganti signore ed a un rilevante numero di macchine che si rincorrono con un fragore assordante di freni e di motori fino alle spiagge degli innumerevoli ombrelloni bianchi”. L’ex consigliere comunale riconosceva che la sua città aveva tutti i numeri per diventare un centro turistico di primo piano, che aveva in mano “ buonissime carte”, ma che occorreva che le giocasse, e che le avesse sapute giocare. Origoni, vecchio saggio, dispensava consigli alla “Pro Loco”, presieduta dal farmacista Antonio Gana: l’ente di promozione turistica avrebbe dovuto istituire un ufficio informazioni, al quale sarebbero dovuti essere forniti tutti i dati riguardo alla ricettività alberghiera- alquanto scarsa in verità allora come adesso- da rilevare attraverso un censimento dei posti letti forniti dagli alberghi, dalle locande, dalle case private, e dei ristoranti. Il personale di quest’ufficio avrebbe dovuto essere il più qualificato reperibile sulla piazza. Era suggerito anche un coinvolgimento, in sede di stesura dei programmi di promozione turistica, delle associazioni dei pescatori subacquei, affinché avessero diffuso una pubblicità adeguata dei nostri mari e della loro pescosità, magari inserendo descrizioni adeguate dei luoghi da battere e foto delle prede nelle riviste specializzate. Si sarebbe dovuto stampare un opuscolo propagandistico, da compilare con cura nella parte letteraria e fotografica, e che avesse avuto una veste grafica dignitosa, da distribuire sulle navi di linea per la Sardegna, e magari attivarsi anche per promuovere una linea diretta Livorno- La Maddalena: il turista avrebbe dovuto reperire tutte le informazioni possibili sulla destinazione prescelta, sulle sue bellezze paesaggistiche, sulla possibilità di vistare la vicina Corsica, accessibile con il ‘postalino’, o Caprera, “insigne monumento della più fulgida gloria d’ Italia”. Questo dépliant si sarebbe dovuto editare a spese della Regione, proprio perché se ne sarebbe dovuto curare ogni minimo dettaglio e per la Pro Loco sarebbe divenuta un’operazione eccessivamente onerosa, e la Regione stessa, attraverso i suoi enti di promozione turistica, avrebbe dovuto curarne anche la diffusione. “ Noi siamo certi– terminava Origoni – che se il Comitato (Pro Loco N.d.a. ) in stretta collaborazione con il Comune avrà un minimo di fede e di entusiasmo, nonché interesse acché l’isola non si riduca al rango di povero villaggio di pescatori, potremmo vincere agevolmente le inevitabili iniziali difficoltà, compresa quella della scomodità del viaggio e vedere nel giro di pochi anni risorgere La Maddalena a nuova e doviziosa vita. Ma occorre, a nostro modesto avviso, che in questo Comitato vi siano spiccate personalità e soprattutto commercianti senza discriminazioni politiche, ai quali fra l’altro può essere richiesto un contributo finanziario per le spese di propaganda, contributo che ritornerà moltiplicato nelle loro tasche sotto altra voce. Occorre infine che laddove certi metodi e certe ideologie ci dividono, l’amore per il proprio paese ci unisca da farci dimenticare, nell’ interesse della nostra negletta isola, ogni altro amore, sia pur bello, sia pur sacro. Dovevano essere aperte al turismo anche le isole minori, secondo una corrente di pensiero che aveva una discreta influenza negli anni Cinquanta alla Maddalena, ed era quella che, con modi diversi e con estrazioni ideologiche diverse, rappresentavano Giacomo Origoni, Franco Tamburrini, Aldo Chirico, Mario D’Oriano, Salvatore Zoccheddu, e tutti quelli che puntavano sul turismo, e sulle grandi opere, per fare decollare l’economia locale. Spargi, Budelli e la sua spiaggia rosa, Santa Maria, Razzoli, Santo Stefano… il turismo avrebbe scoperto anche queste isole, che alla bellezza naturale aggiungevano “l’attrattiva di un senso infinito di serenità e di pace al di fuori delle preoccupazioni e della vita intensa di questo complicato mondo moderno”. Il turista, anche quello dal portafoglio fornito, pur abituato ad alloggiare nel lussuoso albero in montagna o al mare, avrebbe preferito le isole dell’arcipelago, solo se le avesse conosciute, se qualcuno le avesse pubblicizzate bene: i grandi hotels si sarebbero trovati ovunque, e l’uno era simile all’altro, “dappertutto le stesse sale e le stesse camere, dappertutto le stesse facce e un’uniformità desolante nei conti, ovunque salati”. (Giancarlo Tusceri)

14 gennaio

Vengono appaltati a Sassari dall’Amministrazione PP.TT. i lavori del nuovo edificio delle Poste. Lo stesso, secondo un progetto che tiene conto delle più moderne esigenze del pubblico e degli uffici, dovrà sorgere in piazza Umberto I. L’entità dei lavori è di 30 milioni di lire e la ditta appaltatrice è quella del rag. Sacchetti. Lo stesso anno vengono piantati i pini in nella stessa piazza.

15 gennaio

Non era difficile, quindi, capire che, se convenientemente inseguito, il turista facoltoso, avrebbe preferito “ la casetta isolata o la tenda vicino al mare, chiusa agli sguardi indiscreti della gente curiosa”. Si doveva solo convenientemente inseguire, fargli sapere che esisteva l’arcipelago della Maddalena quale destinazione turistica. Non era difficile, neppure, rendersi conto che l’arcipelago possedeva inestimabili siti di qualità superiore per avviare una politica economica di vasta portata e pianificata sul turismo. Ed è proprio su questo fronte che presero corpo le prime timide iniziative, partendo dalla constatazione di fatto e dalla visibilità offerta dai principali quotidiani isolani e nazionali. L’esempio primigenio l’aveva dato la realizzazione della ‘tendopoli’ di Cala Garibaldi, a Caprera nel 1955 e, due anni dopo, si pensava con ottimismo, che il villaggio, gestito dal Club Méditerranée’ di Parigi e corredato di “100 graziosi bungalow”, potesse ospitare “200 villeggianti per turno” ossia arrivare a “60 mila presenze stagionali. Il villaggio di Caprera, insieme con quello che costruì negli anni Sessanta il Touring Club a Punta Cannone, alla Maddalena, fu considerato sempre un modello ideale d’insediamento turistico per queste zone. “La dimensione ottimale per il turismo per La Maddalena è presente sotto la specie dei villaggi del Touring e del Club Mediterranée, fatti di tucul e capanni nella macchia, che impiegano quasi esclusivamente personale locale e acquistano in loco quasi tutto. E passa anche attraverso l’affitto delle case e le pensioni famigliari, attività in cui i maddalenini d’oggi hanno ancora molto da imparare, ad esempio dagli isolani di San Pietro o di Sant’ Antioco, nel Sulcis. Qualsiasi iniziativa turistica di grandi dimensioni sarebbe destinata a produrre nell’arcipelago squilibri sociali ed ecologici irreversibili. Il futuro consiste in questa scelta di base, tanto più necessaria in quanto la risorsa del turismo qui è complementare e non primaria rispetto alle più naturali e serie fonti di vita della marineria e della pesca – sosteneva, ancora all’inizio degli anni Ottanta, la scrittrice Gin Racheli.

Invitato dall’Ente provinciale del turismo è giunto a La Maddalena un rappresentante dei Village Magique. Accompagnato dal sindaco Ornano e dal presidente della Pro loco dott. Gana, ha visitato le zone di Caprera più idonee alla realizzazione di una tale costruzione, soffermandosi particolarmente sulla pineta di Cala Garibaldi, quale luogo ideale per l’impianto delle attrezzature prefabbricate. Il villaggio dovrà occupare ininterrottamente da giugno a settembre circa 4.000 turisti da ogni parte d’ Europa, in turni settimanali di 300 turisti per volta. La scelta di tale località, particolarmente adatta per l’erezione di un villaggio turistico è quanto mai felice poiché oltre ad offrire un soggiorno piacevole per la bellezza della natura circostante, può rappresentare una base per escursioni di importanza storica e turistica in tutta l’isola.” da La Nuova Sardegna del 19 gennaio 1955. – Aldo Chirico

Il Club Mediterranèe venne creato nel 1950 per iniziativa di Gérard Blitz, campione belga di water polo, che lo ideò dopo un soggiorno in Corsica nel 1949, presso il villaggio di tende del Club Olimpico di Calvi. Il primo villaggio vacanze riservato ai soci fu aperto in Spagna nell’isola di Maiorca; all’inizio si trattava di semplici villaggi costituiti da tende da campeggio, capanne di paglia e con i servizi igienici in comune. Nel 1955 si inaugura il primo villaggio al di fuori del Mediterraneo, a Thaiti; l’anno successivo si apre il primo villaggio invernale in Svizzera, a Leysin, quindi si realizzano altre sedi nei Caraibi e in Canada. Il villaggio di Caprera nasce nel 1955 come “village magique” per iniziativa della rivista femminile francese Elle; era formato da una numerosa tendopoli alla quale faceva da vestibolo un singolare accampamento di baracche vegetali ispirate ai tukul polinesiani in cui venivano ospitati annualmente villeggianti di nazionalità francese. Il Club si insediò nel 1956, dopo un anno di “village magique”.

I villaggi turistici, nati da un’idea francese, rappresentano una forma di vacanza che in Italia ha acquistato un costante e sempre crescente successo. Queste strutture ricettive sono caratterizzate in genere da strutture residenziali organizzate in più immobili di piccola dimensione, dove vengono offerte specifiche attività di servizio, come lo sport e l’animazione, inclusi anche i servizi di trasporto; sono infine connotati da un marchio comune, dalla gestione e dal controllo diretto dei fattori produttivi da parte dell’operatore turistico.
Il primo rudimentale villaggio turistico nasce negli anni ’50, grazie all’intuizione di Gérard Blitz, ex pallanuotista belga, il quale pensò, dopo aver trascorso un soggiorno nel 1949 al club olimpico di Calvi, in Corsica, di creare un campo di tende nel quale offrire una vacanza sportiva all’aria aperta. Da questa geniale idea ebbe origine il Club Méditerranée (divenuto in seguito Club Med), che aprì il suo primo villaggio il 5 giugno 1950 nella baia di Alcudia, sull’isola di Maiorca. (Garibaldi R., 2008)
In questi anni si è ancora distanti dal concetto di turismo di massa, all’inizio i villaggi erano semplici, con alloggi costituiti da capanne di paglia e con servizi igienici in comune. La tasse di iscrizione al club era di 300 franchi francesi, mentre il costo per una vacanza di due settimane ammontava a circa 15.900 franchi.
Il turista di quegli anni non vedeva tale vacanza come concetto di relax da ricercare in comode strutture situate in luoghi esotici; veniva spinto dalla ricerca di qualcosa di nuovo, di diverso, e questo comportava la conseguenza di sacrificare le comodità di cui usufruiva ogni giorno. Il viaggiatore che si avventurava alla scoperta di nuovi luoghi, spesso, si doveva abituare ad alloggiare in capanne, in cui mancavano anche i più elementari confort come l’acqua corrente, i servizi igienici ed il pavimento. Anche il trasferimento verso le nuove destinazioni proposte era molto scomodo e difficoltoso, poiché spesso si era costretti a lunghi tragitti su strade sterrate e con mezzi di trasporto occasionali. Il successo dei primi villaggi turistici fu tale da fare inaugurare, dopo solo 5 anni, nel 1955, il primo club fuori dal Mediterraneo a Tahiti. Tale paradiso terrestre divenne accessibile anche agli europei, ma ad una sola condizione: avere a disposizione quattro mesi di vacanza. Un mese per il viaggio in nave, due mesi da trascorrere nel villaggio e un altro mese per il viaggio di ritorno. Il tutto finanziabile in 18 rate senza costi aggiuntivi.
Anche se il viaggio si presentava faticoso, era considerato come una parte fondamentale dell’esperienza della vacanza, una meta era tanto più esclusiva quanto maggiore era il accessibile anche agli europei, ma ad una sola condizione: avere a disposizione quattro mesi di vacanza. Un mese per il viaggio in nave, due mesi da trascorrere nel villaggio e un altro mese per il viaggio di ritorno. Il tutto finanziabile in 18 rate senza costi aggiuntivi.
Anche se il viaggio si presentava faticoso, era considerato come una parte fondamentale dell’esperienza della vacanza, una meta era tanto più esclusiva quanto maggiore era il sacrificio per conquistarla. Soggiornare in un villaggio significava sostare in un’oasi, in un avamposto del mondo occidentale in terre esotiche e inesplorate. (Garibaldi R., 2008)
Nel 1956 fu inaugurato sempre da Club Med il primo villaggio in montagna a Leysin, in Svizzera, con l’offerta di sci e altri sport invernali. Originariamente frequentato da single e giovani coppie, il Club divenne in seguito una meta di vacanza per le famiglie, con il primo mini club inaugurato nel 1967, ora anche i bambini avevano i loro spazi ideali. Insomma una vacanza perfetta.
Il Porto Stagnarello, oggi Cala Garibaldi, era l’approdo più importante di Caprera e il più vicino all’abitazione di Garibaldi. Qui stazionavano lo Yacht del Generale e due canotti. Un fabbricato serviva da arsenale e custodiva l’attrezzatura per la navigazione; dalla parte di ponente il porto era difeso da due piccoli isolotti denominati Isole dei Conigli, oggi Isole degli Italiani.
La piana della Tola, situata alle spalle della Cala Garibaldi, costituisce uno dei principali depositi palustri dell’isola. Si è formata in tempi recenti per colmata naturale grazie all’apporto del Fosso di Acqua Ferrante e del fosso di Acqua di Stefano, i due principali corsi d’acqua di Caprera, che favoriscono il deflusso pluviale di gran parte dell’area settentrionale dell’isola. L’area stagnante di Cala Garibaldi che penetra nella Valle Tola è stata eliminata attraverso interventi di rimboschimento operati a partire dalla prima metà del ‘900. A est della magnifica pineta di Cala Garibaldi si estende una vasta area ricoperta di macchia bassa mista.
La Tola costituiva il principale appezzamento di terreni di Caprera, esteso per circa 12 ettari, che Garibaldi aveva trasformato in suolo agricolo a coltivazione stabile attraverso profondi interventi di bonifica e di drenaggio, tramite la deviazione e l’incanalamento di un modesto torrente e attraverso la realizzazione di un sistema di drenaggio che garantiva che non si formassero ristagni d’acqua. La parte più settentrionale era coltivata per metà a frumento e piante marzuole e per l’altra metà, confinante con il mare, a prato artificiale di erba medica.
Durante l’Ottocento a Caprera era viva, tra i pastori locali, la leggenda che nei pressi della Valle Tola si doveva trovare un antico monumento simile ai dolmens, formato da una lastra rotonda di granito collocata sopra tre sostegni verticali detta Tola, ovvero tavola derivato da tabula, da cui traeva origine il nome della località.

18 gennaio

Viene inaugurata a Santa Teresa la Scuola di avviamento a carattere commerciale patrocinata da Antonio Segni, presidente del Consiglio dei Ministri. Il sindaco Giovanni Nicolai, vero artefice della valorizzazione del paese, in una relazione redatta per l’occasione, evidenzia le prospettive del paese nel campo turistico e commerciale enfatizzando, tra l’altro, gli storici rapporti con la Corsica.

9 febbraio

La prefettura scioglie il consiglio di amministrazione della Società di mutuo soccorso Elena di Montenegro.

marzo

283 abitanti firmano una petizione diretta alla Regione Autonoma Sarda per chiedere l’autonomia di Palau da Tempio.

31 marzo

Una notizia importante per il futuro, non solo turistico, della comunità maddalenina, giunse dal Comando Marina: “Si comunica che Marisardegna Cagliari ha disposto con decorrenza 1° Aprile p.v. il libero accesso dei civili all’isola di Caprera”– era scritto in un dispaccio firmato dal capitano di vascello Antonio Gandini, comandante della piazzaforte marittima della Maddalena. Veniva a cadere, in tal modo, un’anacronistica proibizione, ingiustificata in tempo di pace, e i maddalenini si riappropriavano di un loro spazio vitale. Le “grazie” dell’isola cara a Garibaldi, potevano così essere messe a disposizione anche di estimatori foresti? La Marina andava incontro al Comune, rimuoveva davvero gli ostacoli, superati dai tempi, che impedivano la fruibilità totale delle pinete e delle spiagge di Caprera? Qualche zona, tipo Punta Rossa e lo splendido litorale di Cala Andreani, restava ancora “d’interesse militare” ed era vietato l’accesso, restavano “a macchia di leopardo” servitù e pertinenze che erano indicate con appositi cartelli.[68] Il Sindaco rese edotta la popolazione con un’apposita ordinanza. Il 6 aprile, i militari cedettero, e lo stesso Alto Commissario, informò del rilascio della concessione il Presidente dell’EPT di Sassari, il quale, a sua volta telegrafò al Sindaco e al presidente della Pro Loco della Maddalena. La battaglia poteva dirsi finalmente conclusa, con una vittoria. La stampa ne doveva essere informata, perché il fatto meritava una grande visibilità. La vittoria, però, era solo parziale. La Marina, infatti, con una mano donava e con l’altra sottraeva, visto che condizionava il rilascio della concessione a Cala Garibaldi, all’obbligo, da parte del Comune di provvedere alla fornitura dell’acqua potabile al villaggio. Siccome, l’assolvimento di quest’impegno avrebbe gravato in maniera eccessiva sulle casse municipali, il Sindaco chiese aiuto alla Marina- in seguito alla raccomandazione del Prefetto di Sassari- chiese l’utilizzo delle tubature di Caprera, e quindi dell’acqua che proveniva dagli invasi dello Stefano e del Ferrante, costruite negli anni a cavallo dell’Ottocento e del Novecento, dal Genio Militare. In ogni modo si poteva partire e l’architetto Giovannoni, in nome dell’associazione ricreativa “ Villages Magique- vacances merveilleuses – poteva ringraziare ”chaleureusement monsieur le maire de La Maddalena” per il grande appoggio fornito, sin dall’avvio ufficiale del progetto”. Ornano rispose, il 5 maggio, anche a Garibaldi Junior, rassicurandolo e comunicandogli che la volontà di aprire un villaggio vacanze nella cala di Caprera, a ridosso della Casa Bianca, era stata espressa dal Consiglio Comunale della Maddalena all’unanimità, e che, però, l’amministrazione a guida DC non avrebbe inteso “profanare l’isola garibaldina e tanto meno oltraggiare la memoria del grande Eroe, il cui ricordo era sacro per tutti i maddalenini, così come era sacra l’isola che ospitava le sue spoglie”. zio Garibaldi tornò alla carica cinque giorni dopo, scrivendo ancora al Sindaco Ornano, sempre a titolo di Consigliere Comunale di Roma, del gruppo MSI- Monarchici, e sempre su fogli di carta in cui spiccava il simbolo dell’Urbe. “Non ho mai dubitato neppure per un istante che tanto la S.V., quanto il Consiglio Comunale, nell’appoggiare un’iniziativa di carattere turistico abbiano avuta l’intenzione di venir meno a quel profondo culto di affetto e venerazione con il quale hanno sempre concordato l’isola di Caprera e la tomba di Giuseppe Garibaldi- esordiva Ezio, in questa sua seconda missiva, apparentemente dai toni più morbidi rispetto alla precedente. E continuava: “Esclusa perciò in me qualunque diffidenza di carattere ideologico solamente sulla opportunità o meno, e sullo svolgimento di tale iniziativa, che mi permetto di soffermare per un momento la sua attenzione”. Sì, il Sindaco che avrebbe voluto aprire l’isola di Garibaldi al turismo “nature”, doveva stare molto attento perché non sarebbe stato opportuno, anzi sarebbe stato proprio un esercizio kitsch, di pessimo gusto “chiamare villaggio magico”, definizione, che ricordava “i baracconi da fiere con relativi annessi e connessi “ quella che era, al contrario un’iniziativa turistica, di cui lo stesso nipote “destrorso”del Generale, per primo avrebbe “riconosciuta la necessità, per ovviare ai mille inconvenienti e difficoltà logistiche “ che incontravano tutti coloro che si recavano a Caprera. Nel cuore del discorso una ventata d’orgoglio patriottico- nazionalistico: “Io ignoro le condizioni alle quali viene data la concessione- scriveva ancora Ezio Garibaldi- e quale ne stia la portata pratica e, credo, le ignori anche mia zia Donna Clelia, che mi ha scritto confermandomi la sua adesione di massima all’iniziativa stessa. D’altra parte, non è possibile non ricorrere a capitale straniero per attuare un progetto che potrebbe essere assunto da Enti turistici italiani? Non potrebbe farlo direttamente il Ministero della Marina trattandosi di terreno demaniale e per di più monumento nazionale, facendo assumere la gestione dal Comune di La Maddalena? “. “Come vede – diceva ancora il “nipote”, rivolgendosi in forma diretta al primo cittadino dell’arcipelago- sono tutti interrogativi che si presentano nell’animo di tanti che considerano Caprera patrimonio nazionale e ai quali sarebbe bene dare una chiara risposta per tagliare corto alle dicerie che cominciano a circolare”. Su il Merlo Giallo, settimanale legato ai gruppi monarchici e neofascisti che quale “controtestata” riportava la sferzante dicitura “disintegratore del malcostume politico”, apparve un articolo dagli accenti fermamente critici nei confronti del progetto di villaggio turistico e di coloro che negli ambienti politici filo-governativi, ai vari livelli, lo appoggiavano. “Le pensano tutte”: era il titolo gridato del pezzo che si leggeva nelle pagine interne del periodico. “Ha fatto il giro dei giornali la notizia che il Municipio democristiano de La Maddalena sta per creare nella vicina isola di Caprera un “villaggio magico”, luogo di divertimento dal quale il Municipio stesso si propone di ricavare lauti proventi in seguito all’afflusso di viaggiatori, ’massime’ stranieri, attratti dal fascino di gloriose memorie e dalla possibilità di godere di svariati svaghi- scriveva l’estensore dell’articolo, che si dichiarava attraverso i curiosi disegni di un cappello da prete e, appunto, del nero volatile da cui la rivista mutuava il proprio nome. “La cosa sembra fatta– proseguiva- Manca soltanto il benestare del Ministro della Difesa perché la Marina Militare assicuri al “villaggio magico” l’approvvigionamento idrico e l’illuminazione elettrica. Dicono i giornali che alla Maddalena si nutrono buone speranze: la concessione verrebbe accordata con sollecitudine. Se le parole hanno un senso l’isola di Caprera sta per essere trasformata in un parco di divertimenti. E questo se é vero, è assolutamente inammissibile. Caprera non é un’isola qualunque che può essere sfruttata a fini turistici. Caprera è l’isola di Garibaldi, sacra a tutti gli italiani degni di questo nome e deve quale il Generale la lasciò. A Caprera non si va per divertirsi, ma per meditare e ricordare davanti alla tomba dell’Eroe. Cosa si vorrebbe fare? Collocare a un tiro di schioppo dal masso di granito famoso in tutto il mondo un ostello per bagnanti di lusso, con relativo campo sportivo e teatrino per le ore notturne, mescolando così il sacro con il profano? La notizia giornalistica sul ‘villaggio magico’ è piuttosto ambigua e sarebbe bene saperne un po’ di più. D’altra parte l’isola non è di proprietà del Municipio di La Maddalena. Appartiene allo Stato per donazione fatta dagli eredi del Generale, a patti e a condizioni ben chiari ed è affidata in custodia perenne alla Marina Militare. Nell’atto originale di donazione, stipulato a Caprera il 9 giugno 1882, si legge fra l’altro: “I signori Menotti, Ricciotti e Teresita, figli del Generale Giuseppe Garibaldi, e la signora Francesca Garibaldi, nata Armosino, vedova dello stesso, premesso che, sebbene ignorino quali disposizioni abbia lasciato il rispettivo padre e marito, che essi intendono rispettare, che l’unico immobile da lui posseduto essendo l’isola di Caprera, non vogliono che sia, né divisa, né alienata, né sfrattata per ragione di lucro, essendo loro desiderio che il luogo dove visse, che tanto amò e dove morì, rimanga intatto monumento nazionale e perenne della sua grandezza ed hanno deliberato la seguente convenzione che sulla venerata memoria di lui promettono solennemente di osservare. I tre figli Menotti, Ricciotti e Teresita Garibaldi rinunziano formalmente a quella parte dell’isola di Caprera che possa loro spettare sia a titolo di legittima che di legato o altrimenti tanto in proprietà che in usufrutto.
La signora Francesca, quale madre e amministratrice dei suoi figli minori Clelia e Manlio Garibaldi, e il signor Menotti che, ha ragione di ritenersi tutore testamentario degli stessi, rinunziano a nome e nell’interesse dei minori, a quella parte di Caprera che ad essi spetti, assumendo la responsabilità di tale atto e obbligandosi a tutto quanto sarà necessario per renderlo valido ed efficace. La presente rinunzia é fatta all’unico scopo di donare alla nazione l’isola di Caprera, ecc.“
Questo il solenne documento di donazione. E se, per ragioni che qui non è il caso di ricordare, la sua accettazione da parte dello Stato tardò molti anni, l’isola venne dichiarata Monumento Nazionale e le clausole riguardanti la sua destinazione, contemplate nell’atto del 9 Giugno 1882, non furono mai oggetto di discussione. Come si può, allora, venire oggi a proporre di creare in Caprera un parco di divertimenti? Si è mai visto un Monumento Nazionale adibito a scopi turistici? Sarebbe come collocare un bar americano entro la chiesetta di Ravenna che accoglie le ceneri di Dante o costruire una pista da ballo davanti alla tomba di Mazzini. Sarebbe, cioè, un’autentica profanazione. La sacra isola di Caprera deve restare quale la lasciò Garibaldi e il Governo ha l’obbligo non soltanto morale, ma giuridico, d’impedire che essa venga sfruttata da chicchessia per qualunque fine, anche se questo venisse prospettato sotto aspetti di beneficenza. Se Donna Clelia Garibaldi é troppo in tarda età per poter reagire con l’energia che mostrò in tempi lontani, se altri discendenti dell’Eroe, forse perché ignari di quanto si sta perorando, non fanno rispettare la volontà dei loro maggiori, se le associazioni garibaldine… tacciono, è la voce della Nazione che deve levarsi alta e solenne contro la minacciata profanazione dell’isola garibaldina. In altre epoche una notizia del genere avrebbe commosso l’opinione pubblica. Con Cavallotti, Bovio, Imbriani, Mirabelli, una cosa simile non sarebbe stata neppure concepibile. Ma oggi? Vorremmo sbagliarci, ma dubitiamo assai che in Parlamento un deputato si levi a chiedere d’urgenza al Ministro della Difesa spiegazioni circa l’oltraggio che, auspice il Municipio della Maddalena, si vorrebbe infliggere alla venerata memoria dell’Eroe dei due Mondi. Ad ogni modo, signori del Governo, Caprera non si tocca! “. Donna Clelia, dal canto suo, inviò una lettera al Sindaco della Maddalena, con la quale concedeva il suo consenso all’iniziativa. Riportiamo per intero il testo del messaggio: “Caprera, 11/6/1955. Io sottoscritta, unica diretta erede dei beni di Giuseppe Garibaldi, dichiaro di non aver nulla in contrario che nella pineta denominata Cala Garibaldi sorga il villaggio turistico del Club “Village Magique” di Parigi, dato che l’ubicazione del villaggio corrisponde a quella in cui tre anni or sono venne istituto il Campeggio Universitario Nazionale e che costituirà un vantaggio per la popolazione di La Maddalena, mentre non può in alcun modo profanare la memoria di mio padre. Clelia Garibaldi”. Il 2 giugno, giornata garibaldina per eccellenza, fu versata una doccia gelata sopra la testa del sindaco Ornano, di Giovannoni e di tutti quelli che tifavano per “Marianna”: la presidenza del Consiglio comunicò al Gabinetto Difesa che era stato deciso di revocare la concessione demaniale già rilasciata. In buona sostanza, i ricorsi degli eredi di Giuseppe Garibaldi, ad eccezione di donna Clelia, sostenuti dalla destra nazionalista e dai “revanchisti” dell’Italia in camicia nera che sedevano nel Parlamento italiano, avevano prodotto il risultato atteso, grazie a un importante dispiegamento di forze e a un rigurgito di boria patriottica che era ormai fuori tempo e fuori luogo. I lavori, a Caprera, a ridosso della baia dove il Generale partiva per le giornate di pesca con la sua barchetta e dove faceva sgambettare la vecchia cavalla Marsala, furono sospesi, per la gioia dei suoi discendenti diretti. Perché la Marina, lo Stato italiano, avevano fatto marcia indietro? Perché accadeva, sebbene lo stesso Ministero della Difesa fosse pronto a mettere a disposizione le proprie condotte idriche e i bacini imbriferi di Caprera? Perché gli eredi di Garibaldi, così ostinatamente, si erano posti di traverso, sebbene l’anziana Clelia Garibaldi, che viveva nella vecchia Casa Bianca, e che sarebbe stata eventualmente danneggiata solo lei, nella sua quiete agreste, aveva fornito il proprio consenso? Caprera non doveva essere toccata perché era terra garibaldina, e perché, forse, qualsiasi tipo di speculazione, legittima, avrebbe dovuto passare attraverso i buoni uffici della famiglia Garibaldi, figli, nipoti e pronipoti. Ornano non si perdette d’animo e ricominciò la sua personale via crucis presso gli “onorevoli” amici. La situazione si sbloccò in via definitiva il 2 luglio, quando il Comando Marina comunicò al Comune della Maddalena dell’avvenuta autorizzazione, da parte della Presidenza del Consiglio al Gabinetto Difesa, a concedere al Comune della Maddalena l’area demaniale in questione.[84] Un giorno dopo arrivò anche il telegramma del Prefetto di Sassari. (Giancarlo Tusceri)

27 aprile

“Dai giornali ho appreso la strabiliante notizia che nell’isola di Caprera si vorrebbe impiantare una specie di villaggio di divertimenti per accogliervi le masse di turisti anche e soprattutto nella stagione estiva: tutto questo a scopo di lucro– scriveva scandalizzato il “Generale” Ezio Garibaldi il 27 aprile 1955, su carta intestata del Consiglio Comunale di Roma, a cui apparteneva e indirizzando la sua nota polemica al Sindaco della Maddalena Pietro Ornano, principale sostenitore del progetto dei “francesi”. L’illustre nipote così continuava: “Le sarei grato illustrissimo Signor Sindaco, se mi facesse avere notizie precise che mi assicurino che tanta profanazione nell’isola più sacra agli italiani, sia esatta oppure no. Gradisca i miei più vivi ringraziamenti. Firmato: Gen. Ezio Garibaldi”. Infatti, nel dicembre del 1954, un tale Monsieur Jacques Giovannoni, architetto italo-francese, in nome del Club Village Magique, aveva inoltrato al sindaco della Maddalena una formale richiesta di concessione, per la durata di venti anni rinnovabili, delle aree a nord dell’isola di Caprera “denominata pineta di Garibaldi” e i “Chiusi”, per costruirvi un villaggio in concorso con l’Ente Provinciale per il Turismo, che aveva sede a Sassari. Il capo dell’amministrazione civica si affrettò subito a trasmettere copia della richiesta al Ministro della Difesa, l’ente sotto la cui giurisdizione cadeva ancora tanta parte del territorio comunale, e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (Commissariato per il Turismo). Ugualmente, il professor Antonio Borio, presidente dell’Ente Provinciale per il Turismo, cominciò a muovere le sue pedine, affinché la proposta di Giovannoni- che era andato a trovarlo a Sassari – fosse accettata. Borio scrisse, anche lui, all’Alto Commissario per il Turismo, che era l’onorevole Pietro Ronami, spedendo parole d’elogio per il Village Magique, che studiava la possibilità di creare nella provincia di Sassari strutture come quelle già esistenti in Siclia (Cefalù) e in altre parti d’Europa, impiantando un villaggio-base a Caprera, che poteva ospitare trecento turisti, e altri villaggi- tappa ad Alghero e a Porto Torres. L’investimento che affrontavano questi imprenditori d’oltralpe, però, avrebbe dovuto avere dei riscontri in loco. Non si doveva loro stendere un tappeto rosso, ma poco ci mancava, perché chiedevano la garanzia della concessione di terreni, oltre che a Caprera, anche a Porto Conte, presso la pineta Mugoni, “ la disponibilità di circa dieci metri cubi d’acqua al giorno per il villaggio base di Caprera,  la potabilità dell’acqua avrebbe dovuto essere chimicamente accertata la disponibilità di 30/40 ampere di energia elettrica e di un trasformatore; un collegamento marittimo settimanale, possibilmente diretto fra Genova ( o Livorno) e La Maddalena; l’erogazione degli organi preposti al turismo di un contributo finanziario pari al 30/ 40 % della spesa occorrente per la costruzione in muratura o in materiale prefabbricato dei seguenti servizi generali: cucina, bar, ristorante, cinema –teatro, installazioni sanitarie, amministrazione- bazar, etc. “ L’iniziativa era da incoraggiare: la Regione Sarda, attraverso l’Assessorato al Turismo, avrebbe dovuto erogare, tramite l’EPT “un contributo finanziario adeguato”, il Ministero della Difesa e quello della Marina Mercantile avrebbero dovuto fare la loro parte, l’uno concedendo al Comune della Maddalena l’area demaniale di Cala Garibaldi, l’altro assicurando mezzi di trasporto diretti tra Genova, Livorno e La Maddalena.

7 maggio

Nel salone consiliare del Comune, il Prefetto d’Ajaccio, Marcel Savreux e quello di Sassari, Casimiro de Magistris, siglarono uno storico protocollo, la cosiddetta “Carta di frontiera”, atto storico perché regolava gli scambi tra Sardegna e Corsica anche in termini di movimento di persone e perché, da quel momento, i turisti italiani che si sarebbero voluti recare dalla “terra di Sardegna alla terra di Corsica”, e quelli francesi che dall’ “isola di bellezza” volevano arrivare in Sardegna, per un breve soggiorno – che sarebbe dovuto durare al massimo otto giorni – non avrebbero dovuto più munirsi del passaporto: bastava che avessero esibito, allo sbarco nei porti di confine – che erano per la Sardegna La Maddalena, Santa Teresa e Porto Torres e per la Corsica Ajaccio e Bastia – la sola carta d’identità. Alla cerimonia partecipò anche Mario Ferrari Aggradi, Sottosegretario al Bilancio, e maddalenino di nascita: egli portò il consenso del governo nazionale all’accordo per la “Carta di frontiera”, nel suo intervento, come quel documento fosse “un esempio di concretezza” nella strada che avrebbe portato all’Europa unita, all’Europa dei popoli. Vedi anche: La Carta di Frontiera del 1955

10 maggio

Ezio Garibaldi scriveva, sempre a titolo di Consigliere Comunale (MSI- Monarchici) di Roma e sempre su fogli di carta in cui spiccava il simbolo dell’Urbe. “Non ho mai dubitato neppure per un istante che tanto la S.V. quanto il Consiglio Comunale, nell’appoggiare un’iniziativa di carattere turistico abbiano avuto l’intenzione di venir meno a quel profondo culto di affetto e venerazione con il quale hanno sempre concordato l’isola di Caprera e la tomba di Giuseppe Garibaldi- esordiva Ezio, in questa sua seconda missiva, apparentemente dai toni più morbidi rispetto alla precedente. E continuava: “Esclusa perciò in me qualunque diffidenza di carattere ideologico, solamente sulla opportunità o meno e sullo svolgimento di tale iniziativa, che mi permetto di soffermare per un momento la sua attenzione”. Sì, il Sindaco, che avrebbe voluto aprire l’isola di Garibaldi al turismo “nature”, doveva stare molto attento perché non sarebbe stato opportuno, anzi sarebbe stato proprio un esercizio kitsch, di pessimo gusto, chiamare “villaggio magico”, definizione, che ricordava “ i baracconi da fiere con relativi annessi e connessi “ quella che era, al contrario, un’iniziativa turistica, di cui Ezio per primo avrebbe “riconosciuta la necessità, per ovviare ai mille inconvenienti e difficoltà logistiche” che incontravano tutti quelli che si fossero recati a Caprera. Nel cuore del discorso una ventata d’orgoglio patriottico- nazionalistico: “Io ignoro le condizioni alle quali viene data la concessione- scriveva ancora Ezio Garibaldi- e quale ne sia la portata pratica e, credo, le ignori anche mia zia Donna Clelia, che mi ha scritto confermandomi la sua adesione di massima all’iniziativa stessa. D’altra parte, non è possibile non ricorrere a capitale straniero per attuare un progetto che potrebbe essere assunto da Enti turistici italiani? Non potrebbe farlo direttamente il Ministero della Marina trattandosi di terreno demaniale e per di più monumento nazionale, facendo assumere la gestione dal Comune di La Maddalena? “. “Come vede – dice ancora il “nipote”, rivolgendosi in forma diretta al primo cittadino dell’arcipelago- sono tutti interrogativi che si presentano nell’animo di tanti che considerano Caprera patrimonio nazionale e ai quali sarebbe bene dare una chiara risposta per tagliare corto alle dicerie che cominciano a circolare”. Nel numero del 28 aprile 1955, su il Merlo Giallo, settimanale legato ai gruppi monarchici e neofascisti- che quale “contro testata” riportava la sferzante dicitura “disintegratore del malcostume politico”- apparve un articolo dagli accenti fermamente critici nei confronti del progetto di villaggio turistico e di coloro che negli ambienti politici filo-governativi, ai vari livelli, lo appoggiavano. “Le pensano tutte”: era il titolo gridato del pezzo che si leggeva nelle pagine interne del periodico. “Ha fatto il giro dei giornali la notizia che il Municipio democristiano de La Maddalena sta per creare nella vicina isola di Caprera un “villaggio magico”, luogo di divertimento dal quale il Municipio stesso si propone di ricavare lauti proventi in seguito all’afflusso di viaggiatori, ’massime’ stranieri, attratti dal fascino di gloriose memorie e dalla possibilità di godere di svariati svaghi- scriveva l’estensore dell’articolo, che si dichiarava attraverso i curiosi disegni di un cappello da prete e, appunto, del nero volatile da cui la rivista mutuava il proprio nome. “La cosa sembra fatta- proseguiva- Manca soltanto il benestare del Ministro della Difesa perché la Marina Militare assicuri al “villaggio magico” l’approvvigionamento idrico e l’illuminazione elettrica. Dicono i giornali che alla Maddalena si nutrono buone speranze: la concessione verrebbe accordata con sollecitudine. Se le parole hanno un senso l’isola di Caprera sta per essere trasformata in un parco di divertimenti. E questo se é vero, è assolutamente inammissibile. Caprera non è un’isola qualunque che può essere sfruttata a fini turistici. Caprera è l’isola di Garibaldi, sacra a tutti gli italiani degni di questo nome e deve restare quale il Generale la lasciò. A Caprera non si va per divertirsi, ma per meditare e ricordare davanti alla tomba dell’Eroe. Cosa si vorrebbe fare? Collocare a un tiro di schioppo dal masso di granito famoso in tutto il mondo un ostello per bagnanti di lusso, con relativo campo sportivo e teatrino per le ore notturne, mescolando così il sacro con il profano? La notizia giornalistica sul villaggio magico è piuttosto ambigua e sarebbe bene saperne un po’ di più. D’altra parte l’isola non è di proprietà del Municipio di La Maddalena. Appartiene allo Stato per donazione fatta dagli eredi del Generale, a patti e a condizioni ben chiari ed è affidata in custodia perenne alla Marina Militare.

7 giugno

Dimissioni della giunta regionale guidata da Corrias.

11 giugno

Caprera. Io sottoscritta, unica diretta erede dei beni di Giuseppe Garibaldi, dichiaro di non aver nulla in contrario che nella pineta denominata Cala Garibaldi sorga il villaggio turistico del Club “Village Magique” di Parigi, dato che l’ubicazione del villaggio corrisponde a quella in cui tre anni or sono venne istituito il Campeggio Universitario Nazionale e che costituirà un vantaggio per la popolazione di La Maddalena, mentre non può in alcun modo profanare la memoria di mio padre. Clelia Garibaldi.

22 giugno

Un episodio importante, che ha segnato la storia recente e la “nuova toponomastica” dell’isola, è stato il naufragio ad est di Caprera che vide impegnati parecchi uomini (civili e militari) e molti mezzi della Marina, fu l’incidente occorso al motoveliero (tre alberi) “Trebbo”, un bastimento di legno proveniente da Savona e diretto a Cagliari che trasportava un carico di 500 tonnellate di carbon fossile, soccorso dal Comandante del rimorchiatore della Marina Militare Panaria, comandato dal Sig. Pitturru e da numerosi operai dell’Arsenale Militare. Ciò che rimase di quel bastimento altro non fu che un relitto di nave… Riportiamo un articolo apparso su L’Unità del 24 giugno del naufragio del Trebbo. “Un motoveliero in fiamme rimorchiato a sud di Caprera. L’equipaggio è stato tratto in salvo. Dopo oltre ventiquattro ore di sforzi l’incendio scoppiato a bordo del motoveliero Trebbo, al largo dell’arcipelago della Maddalena all’altezza dell’isola delle Biscie, è stato domato grazie ai mezzi della Marina Militare prontamente accorsi. Il natante è stato poi rimorchiato su un basso fondale di Cala Andreani a sud i Caprera. Sono rimaste distrutte quasi tutte le sovrastrutture in legno ma non è ancora possibile sapere a quanto ammontino i danni. I sette uomini dell’equipaggio sono stati tratti in salvo da una motobarca che passando a poca distanza ha raccolto l’SOS lanciato da bordo del Trebbo. Il motorista Elio Sarpo ha riportato lievi ustioni mentre tutti gli altri sono rimasti incolumi. L’incendio è scoppiato probabilmente per autocombustione in quanto il motoveliero proveniente da Savona e in rotta per Cagliari era carico di carbone. Le fiamme sono state alimentate dal fortissimo vento e si sono propagate anche nella stiva, distruggendo ben presto l’albero di mezzana. L’opera di spegnimento iniziata dai due rimorchiatori accorsi da La Maddalena si è dimostrata subito estremamente difficile per il vento impetuoso che l’ostacolava. Sono occorse infatti molte ore per domare le fiamme. Le autorità marittime svolgeranno probabilmente l’inchiesta per stabilire l’origine dell’incendio. Il motoveliero apparteneva al compartimento marittimo di Ravenna.”  vedi anche Motoveliero Trebbo

27 giugno

Inaugurato l’albergo ESIT. il “Gabbiano”. La ricettività alberghiera, alla Maddalena, era stata sempre scarsa, a metà anni Cinquanta, era praticamente inesistente: la città non aveva alcun albergo vero e solo nel 1955 ne fu costruito uno degno di questo nome. La clientela che frequentava i pochi alberghetti presenti, nella prima metà nel Novecento – i vari Ilva, Belvedere e altri- non lo faceva per turismo. “ Si trattava di funzionari statali, militari in missione, rappresentanti, imprenditori, viaggiatori di ceto medio- alto”- ha scritto Francesco Ramon del Monaco. L’anno cruciale dell’inaugurazione delle principali strutture ricettive fu il 1955. In quell’anno s’inaugurarono il Village Magique e l’Hotel Il Gabbiano, di proprietà dell’ESIT (Ente Sardo Industrie turistiche) e, quindi, costruito con le risorse finanziarie messe a disposizione della Regione, sulla falsariga di quello che stava accadendo nelle zone turisticamente appetibili di tutta la Sardegna. Il Gabbiano confinava quasi con il mattatoio civico, e da questa limitazione scaturì una polemica, in città, che si protrasse per alcuni anni: l’ospite avrebbe provato certamente delusione nel vedere un hotel, che era “un miracolo di grazia, coronato da un ampia cornice di mare”, vicino a un mattatoio, che era, piuttosto, in stridente contrasto non solo con l’albergo, ma anche con il panorama intorno e con lo stesso mare intensamente azzurro, che si colorava di rosso, quando si macellavano le bestie. L’albergo aprì i battenti il 27 di giugno, del 1955, e al fatto fu data ampia pubblicità, perché era stato l’ESIT, ente regionale, a intervenire, laddove gli imprenditori privati non erano stati in grado di farlo, e lo stabile era “meraviglioso” e capace di accogliere ottanta persone. Alla cerimonia inaugurale de “Il Gabbiano” parteciparono centinaia di persone, furono invitati anche il sindaco Pietro Ornano – alla sua gentile consorte fu riservato anche l’onore del ‘taglio del nastro’ – il parroco Salvatore Capula, perfino il vescovo di Tempio, monsignor Carlo Re, che impartì la benedizione ‘di circostanza’, ed altre autorità civili e militari.[24] Alle persone ospitate fu preparato un pranzo a base d’aragosta e la banda cittadina li intrattenne per tutta la giornata. Fu un evento, l’inaugurazione dell’hotel Il Gabbiano, perché, per la prima volta, si prendeva atto che anche da queste parti potevano essere ricevuti i turisti di riguardo, con i servizi resi a regola d’arte, senza l’improvvisazione che fino a quel momento aveva accompagnato i desiderata e gli appelli dei propugnatori delle attività legate alla villeggiatura. (Giancarlo Tusceri)

13 luglio

Fiducia del Consiglio regionale alla giunta Brotzu, monocolore DC.

19 luglio

La Camera vota la fiducia al governo presieduto dal sassarese Antonio Segni.

30 luglio

Caprera ospita un particolare tipo di turismo; 100 giovani francesi si accampano nella pineta di Cala Garibaldi organizzati dal Club du Village Magique. All’amministrazione militare, ostile a questa “intromissione”, si oppone il Comune; anche donna Clelia Garibaldi interviene con una lettera, probabilmente suggerita dal dottor Aldo Chirico, favorevole all’iniziativa, sostenendo che il nuovo impianto non può recare danno alla memoria del padre. Un clamoroso pezzo giornalistico del cronista del “Corriere dell’Isola “, Aldo Chirico, titolava: Forse Caprera avrà ville e alberghi. Il villaggio magico dei francesi non è che il primo passo verso l’organizzazione del movimento turistico maddalenino. Se in coste disadorne di alcuna naturale bellezza, l’intelligenza e la laboriosità dell’uomo hanno saputo infondere quello spirito di richiamo e di attrattiva, che cosa ne accadrebbe di Caprera, che alla asperità irregolare, alle sue balze rocciose contornate di muschio, di mirti , di lentischio, d’ogni sorta di selvatica vegetazione, unisce plaghe boscose ed amene adatte per il villeggiante più esigente? Oggi che il turismo è una moda salutare, in voga in ogni ambiente, creare in Caprera dei villini e qualche albergo non è un punto di vista da scartare ma da incoraggiare, perché soltanto popolando un’isola con delle risorse panoramiche così abbondanti, si possono creare le basi per una definitiva sistemazione del turismo. Da quando centinaia di francesi si avvicendano nella conoscenza e nella ammirazione di tante bellezze, a dispetto dei necrofori che al progresso ed allo sviluppo antepongono la loro naturale grettezza ed idiozia congenita, si comincia ad avvertire un colore nuovo. Il Villaggio Magico tanto osteggiato, costituisce pel momento il primo passo per l’avvio definitivo verso una migliore conoscenza da parte di stranieri di questa nostra terra, ancora sanguinante ed umiliata da un inumano trattato armistiziale.

31 luglio

Muore a La Maddalena, il professor Martino Branca era nato all’isola il 1 luglio 1875.

8 settembre

Nel boschetto antistante le officine e gli uffici dell’Arsenale veniva posta la prima pietra del monumento alle Vergine in memoria dei dipendenti civili caduti nel corso della II guerra mondiale. “Il progetto ancora non si conosce” leggiamo sul Notiziario Diocesano della Diocesi di Ampurias e Tempio n. 40 dell’ottobre 1955, “ma è certo che una statua della Madonna verrà collocata in cima al monumento. In un foro praticato nella pietra veniva collocata una pergamena, chiusa in una custodia di bronzo, contenente la formula della consacrazione, le parole con le quali si ricorda il sacrificio dei caduti e le firme apposte dalle autorità presenti. Per l’occasione mons. Capula teneva una breve allocuzione tra la più viva attenzione degli astanti. Seguiva il colonnello Marras con elevate parole di circostanza”. L’Arsenale militare di Moneta, sorto nel 1891, era stato “affidato” alla Vergine nel 1951 (in occasione dei 60 anni della sua fondazione) “per esplicito desiderio delle maestranze” le quali vollero affidare il futuro dell’Arsenale e il loro, all’epoca assai incerto (già da allora si parlava di smantellamento della struttura), fonte, l’Arsenale “di lavoro, di vita e di quotidiano sacrificio”. Dallo stesso articolo pubblicato dal periodico diocesano, firmato F.R, apprendiamo che quel otto settembre 1955 alle 9,30, dopo l’ingresso della statua della Madonna, su un altare improvvisato dagli operai, il cappellano militare don Vigna celebrava la S. Messa, assistito dal mons. Capula. Dietro l’altare il coro maschile e femminile della parrocchia di S. Maria Maddalena, diretto da don Cimino ed accompagnato dal violino da Mario D’Andrea, eseguiva una serie di canti sacri. Don Carlo Curis, al microfono, sottolineava i passi del Santo Sacrificio. Tra gli operai, impiegati e famiglie, in prima fila – è scritto sempre nell’articolo citato – il nuovo comandante della piazza capitano di vascello Albrizio, il sindaco Pietro Ornano, il direttore dell’Arsenale capitano Ubaldo Lai, il vice sindaco Donato Pedroni, l’assessore ai lavori Cesiro Impagliazzo, il capitano commissario De marco, il tenente Laruccia, i capi tecnici Antonio Mureddu, e Gino Grombi, il maresciallo dei Carabinieri dell’Arsenale Quesada, ecc.”

9 settembre

Allarme “bombaroli” nell’arcipelago. Sulle pagine del quotidiano “Il Tempo” di Roma, appare un articolo a firma del maddalenino Vittorio Deriu, dal titolo: Indisturbati i “bombardieri” nelle acque di La Maddalena. I fondali più pescosi dell’arcipelago si presentano devastati letteralmente dagli esplosivi. “Il lettore si tranquillizzi; non si tratta questa volta del “Liberator” americani di recente memoria, ma di una ben nota categoria di pescatori, che la legge chiama “di frodo” e il gergo marinaresco designa col più colorito appellativo di “bombaroli”, i quali hanno da tempo sostituito reti e nasse, metodo oramai superati e non più di moda, con ritrovati assai più moderni costituiti da materiale esplosivo di ogni genere di potenza.
A tale proposito non tutti forse conoscono il singolare episodio di quel forestiero che essendosi allontanato dal centro abitato per una pacifica escursione costiera, asseriva al suo ritorno di aver assistito nientemeno che all’esplosione di una grossa mina. Nella sua ingenuità di profano, il nostro uomo non sapeva di essersi imbattuto nei già menzionati “bombardieri”, che in barba ad ogni legge e incuranti del pericolo, continuano imperterriti la loro nefasta opera di distruzione del patrimonio ittico una volta fiorente in queste isole.
Bisogna riconoscere che tale genere di pesca, se si eccettua il non trascurabile rischio della vita (il numero delle vittime non è certo esiguo), non presenta serie difficoltà per gli specialisti nostrani.
Il circondario marittimo di La Maddalena si estende per diverse miglia; a sorvegliare un così vasto specchio di mare la Guardia di Finanza locale dispone di un’unica piccola motovedetta, eternamente ormeggiata al molo di Cala Gavetta ad evitare consumo di carburante.
Mentre l’imbarcazione della Finanza si culla dolcemente nelle tranquille acque del porto i “bombardieri” operano indisturbati a poche centinaia di metri dalla costa. I risultati di questi vandalici metodi sono evidenti: anni orsono (chi non lo ricorda?) ci si dilettava a pescare persino alla banchina commerciale. Gli appassionati di oggi debbono perlustrare le zone più impensate e lontane per accontentarsi poi di un ben magro bottino. Del resto è sintomatico il fatto che i pescatori locali, per non rientrare in porto a mani vuote, sono costretti a spingersi fin sotto le coste della Corsica, col pericolo sempre imminente di incappare nelle vedette francesi, assai più attive delle nostre nell’incrociar il largo.
E ancora la gravità della situazione non può dirsi giunta al diapason! Per quanto concerne il turismo e quindi la pesca subacquea, si è più volte rivelata la necessità di valorizzare maggiormente le iniziative in corso. Nulla di più giusto, qualora non si fosse trascurato un particolare di primaria importanza; quello cioè della costante scarsità del pesce, ormai riscontata anche a chi sino a ieri si ostinava a sostenere il contrario. Le lagnanze dei “subacquei” sono ampliamente giustificabili, se si pensa che i fondali più pescosi dell’arcipelago si presentano letteralmente devastati dagli esplosivi.
Sarebbe interessane sapere come la pensano a riguardo le competenti autorità. E’ certo che tutti sono pronti ad ammettere che in questo modo non si può andare avanti. Allora cosa si fa? Si va avanti lo stesso! Finché il precario stato di cose attuale diventerà col tempo irreparabile. Ma la eccezionale gravità del problema non è un sufficiente pretesto per accantonarlo: al contrario va affrontato con decisione e risolto radicalmente. Occorre intensificare l’opera di repressione nei riguardi di quelli sconsiderati che nel loro insano egoismo non si fanno scrupolo di distruggere quanto ancora è rimasto in queste acque in passato pescosissime. Ma ad evitare la inutilità di tali provvedimenti, occorre soprattutto agire con prontezza. Rimandare sempre al domani è un malvezzo di pessimo gusto, e se la piaga non verrà sanata in tempo, sarà ridicolo illudersi in un futuro migliore.

30 ottobre

Anche al cinema della Maddalena, (Cinema Teatro Savoia che diventerà Cinema Splendor) arriva la prima proiezione cinematografica con una macchina cinemascope, il film era “La Tunica”.

16 novembre

A causa di un forte nubifragio un tratto del rivellino della Torre di Longosardo crolla: proprio in quel punto avevano trovato rifugio dalla pioggia diciotto operai forestali impegnati in un cantiere di rimboschimento. Uno di loro rimane ucciso e quattro feriti lievemente.

Formazione del Cral Marina nel 1955. Da sinistra Raimondo Ziganti, Natale Varsi, Fadda, allenatore Elio Coppa, Gino Scotto, Pasqualino Parissi, Giannino Petri, Masala e Monserrato Achena. Accosciati da sinistra, Peppino Pilo, Peppino Scolafurru, Michelino Piredda, Franco Cano e Pietro Sanna. In quel campionato il Cral Marina conseguì un ottimo risultato chiudendo al secondo posto dietro il Tempio (che approdò per la prima volta in Quarta Serie); anche  l’Ilvarsenal si piazzò nella parte alta della classifica a ridosso delle prime.