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Giacomo Mossa

La documentazione scovata nell’Archivio di Stato di Cagliari, tra i dispacci viceregi indirizzati alla Segreteria per gli affari di guerra e marina presso Sua Maestà in Torino, ci fornisce alcune notizie sul parroco Giacomo Mossa e sui primi decenni di storia maddalenina. Succeduto nel 1773 a Virgilio Mannu, fu parroco (o pro-parroco come sino al 1785 si qualificò) fino al 1799, cioè per ben 26 anni. Furono anni importanti per la giovane comunità isolana, da poco annessa allo Stato sabaudo, anni che videro la popolazione passare dagli originari 185 abitanti del 1767 agli oltre 800 della fine del secolo, che videro consolidarsi la guarnigione militare, la costruzione di alcuni fortini, il progressivo spostamento della popolazione sul mare, l’istituzione del Consiglio Comunitativo, la costruzione della nuova chiesa parrocchiale a Cala Gavetta dopo quella costruita sul Colle Piano (attuale SS. Trinità), il tentativo di occupazione da parte delle truppe rivoluzionarie franco-corse, la progressiva trasformazione da una economia agro-pastorale ad una fondata sui proventi della navigazione, sulla pesca e sul servizio sulle Regie navi. Non sappiamo quanti anni avesse Giacomo Mossa quando giunse a La Maddalena, né di dove fosse originario. Probabilmente era di età matura se appena dopo 16 anni di presenza nell’Isola, come vedremo nella documentazione del 1789 (fornitaci da Salvatore Sanna) viene definito “di età avanzata” e nel 1793, dopo i vittoriosi combattimenti contro i franco-corsi, combattimenti ai quali egli “assistette, incoraggiando i difensori”, viene considerato come “vecchio cappellano Mossa”. Certo è comunque che fu lui a dover prendere atto dell’esigenza di dover celebrar Messa, non solo nella chiesa parrocchiale del Colle Piano dove ormai risiedevano pochi abitanti ma anche “sulla marina, in casa di Monsiù De Nobili” (Aristide Garelli: L’isola della Maddalena. 1907), in una piccola stanza, capace di contenere solo una parte dei fedeli. Fu lui, dopo il 1780, a celebrar Messa nella nuova chiesa progettata dal capitano ingegner Cochis e costruita nei pressi di Cala Gavetta, più o meno dove sorge l’attuale. Fu lui, evidentemente, a chiedere ed ottenere nel 1793 dal vescovo, considerato l’ormai l’importanza assunta dalla nuova chiesa al mare, la “promozione” di questa a parrocchiale con titolo di Santa Maria Maddalena ed il “declassamento” della prima sul Colle a chiesa rinominata della “SS. Trinità”. Fu probabilmente il parroco Mossa, nel febbraio del 1793, a raccogliere, sul famoso drappo dipinto a mano, il giuramento di difesa dei capi famiglia isolani contro l’assalto franco-corso. A parte i “grandi eventi” della storia isolana, da un esame dei Registri parrocchiali di battesimo si ricava come Giacomo Mossa fu regolarmente presente a La Maddalena sino al 1783, tranne per un brevissimo periodo nel 1774 quando, in sua assenza, un battesimo viene amministrato dal “sacerdote Miche Pisano” che così sottoscrive l’atto. Dal settembre 1783, sui registri parrocchiali di battesimo, di tanto in tanto troviamo altre firme di sacerdoti (spesso di cappellani imbarcati sulle Regie navi) che lo sostituiscono perché assente o perché il battesimo viene amministrato a figli di militari della guarnigione. In tutti i casi viene specificato che il battesimo viene amministrato “cum permissione” oppure “ex consensu” del parroco Giacomo Mossa. Così, in sua assenza, nei mesi di settembre ed ottobre 1783, troviamo le firme di frà Antonio Maria à Castro Sardo, cappuccino, sacerdote degli ordini minori; tra ottobre e novembre 1785 troviamo le firme di Ludovico Carta, “ex civitate Calari”, cappellano, imbarcato sulla regia mezza galera “Beata Margherita”; nel giugno 1787 troviamo presente padre Giuseppe Agostino Ugas, cappellano sulla mezza galera “Santa Barbara”; tra marzo ed ottobre 1789 rileviamo invece le firme di Pietro Raimondo Doro, “calaritanus”, nuovo cappellano sulla “Santa Barbara”. E’ nell’aprile (24) del 1789 che, tra i dispacci viceregi indirizzati alla Corte di Torino risulta esserci “Una supplica del Cappellano dell’Isola di La Maddalena Sacerdote Giacomo Mossa, il quale servendo da 16 anni quella popolazione e trovandosi in età avanzata e soggetto ad acciacchi chiede la sua giubilazione. Egli gode di un trattamento di £. 300 di Piemonte sulla Regia Cassa oltre ad una razione di pane ed oltre alle £. 400 di pensione ecclesiastica assegnata sulla Mitra di Ampurias non alla di lui persona, ma al Cappellano pro tempore di detta Isola, ed implora quei benigni riguardi che piacerà a S.M. di accordargli al fine di poter onestamente sussistere sul finire dei suoi giorni. Lo spazio di soli 16 anni di servizio non sarebbe un forte titolo per lui ad aspirare ad un conveniente riposo, ma il soggiorno per un simile tempo tra una nascente popolazione, ed in luogo per così dire, deserto, ristretto, ed isolato sembra che gli suffraghi a poter meritare la Regia grazia. Egli con tal riposo verrebbe a perdere le £. 400 di cui vorrà godere il successore. Questi sul principio del suo impiego, e pendente la vita del Mossa, potrebbe contentarsi di tal pensione ecclesiastica, oltre una razione di pane, nel qual caso non verrebbe ad aggravarsi di troppo la Regia Cassa“. Non siamo in grado di stabilire con certezza il ‘livello’ del trattamento economico del parroco Mossa (beneficiario di un doppio compenso, da Regio cappellano e da parroco), soprattutto in riferimento al ‘potere d’acquisto’ del denaro del tempo. C’è tuttavia da ritenere che non doveva essere modesto se, come è affermato nel dispaccio, il parroco Mossa, pur di andare in pensione, sarebbe stato disposto a rinunciare (tra quello ‘governativo’ e quello ‘diocesano’) ad oltre la metà dei suoi introiti. D’altra parte, e qui un confronto ci pare attendibile, appena 4 anni dopo, per i fatti d’arme del 1793, al nocchiere Domenico Millelire fu accordato dal Re, oltre alla medaglia d’oro, anche “il trattenimento di £ 300” e al fratello Agostino furono “accordate £ 200 annue“. Comunque sia in un nuovo dispaccio viceregio indirizzato alla Segreteria per gli affari di guerra e marina presso Sua Maestà in Torino, datato 13 giugno 1789, così si afferma: “Ho scritto al Sig. Comandante delle Isola Intermedie che ove il Sacerdote da lui suggerito per succedere dell’attuale Cappellano Giacomo Mossa abbia i necessari requisiti, e voglia contentarsi di rimanere come aggiunto in sollievo del detto Cappellano con l’annuo assegnamento di £. 300 di Piemonte ed una razione di pane, me lo accenni, mentre io ve lo stabilirò, siccome mi riservo di fare, o di lui, o di altro Sacerdote, che aspiri alla sopravvivenza di detto Cappellano a seconda del regio permesso da Sua Maestà compartitomi, il che non vi è dubbio, che non ecciterà anche la dovuta riconoscenza degli Isolani della Maddalena per vantaggio che loro si va a procurare di aver l’assistenza di due Ecclesiastici“. Una volta destituito, il Gallone presentò al Consiglio Comunitativo il “libro di sua gestione”, giudicato “corretto” dallo stesso Consiglio, contrariamente – evidentemente – alla opinione del parroco il quale, sempre secondo la lettera del Consiglio Comunitativo, alla Chiesa maddalenina “giammai à datto recuperare un lume, neppure una candela per accendersi”. Il Consiglio, ricordato che il pulpito “che oggi in questa Chiesa esiste fatto da sue spese, e dalla sua pietà”, si appella quindi al Viceré, non solo per la reintegrazione del Gallone, ma anche per il riconoscimento del proprio diritto alla nomina dell’amministratore. Il documento, datato 12 ottobre 1797, reca “il segno di croce” del sindaco Battista Millelire e dei consiglieri Giò Battista Pittaluga, Matteo Coltolo e Michele Costantino. Porta invece la firma di Chirigo Zonza, consigliere, unico “letterato”del Consiglio. Alla lettera non fece seguito alcun provvedimento. In calce alla stessa è infatti annotato, a firma del Viceré Marchese Filippo Vivalda, con data Cagliari 10 novembre 1797, che “Avendo già provveduto Monsignore Vescovo d’Ampurias colla reintegrazione del predetto Galloni all’ufficio di cui si tratta, non si fa luogo ad alcuna provvidenza“. Dell’episodio descritto conosciamo solamente la versione – di parte, critica e polemica – del Consiglio Comunitativo isolano. Sarebbe interessante conoscere anche quella del parroco Mossa, per avere un quadro completo, di riequilibrio, della vicenda. Anche se la reintegrazione del Gallone, decretata pochi mesi dopo dal vescovo di Ampurias e Civita mons. Antonio Arras Minutili, contro il provvedimento del parroco, lascia intendere non poco sulla vicenda. Don Giacomo Mossa, parroco di Santa Maria Maddalena dal 1773 e Regio Cappellano militare, già dal 1789 aveva chiesto la propria “giubilazione”, ma solo alla fine di settembre del 1799 (due anni dopo la vicenda narrata) lasciò La Maddalena rientrando a Calangianus, suo paese natale, dove morì l’11 ottobre dello stesso anno, all’età di 65 anni (come risulta nell’archivio parrocchiale di Calangianus). Del Mossa si sa che pochi mesi prima, in data 4 luglio 1799, con testamento, delegava il fratello a ritirare i frutti dei suoi possedimenti per pagare le spese per “le scuole pubbliche cioè la scoletta, la scuola mista dei rudimenti fino alla sintassi e quella di umanità e retorica“, scuola che fu istituita a Calangianus, e che funzionò per alcuni anni all’inizio dell’ottocento.