AmbienteArcipelago

Il gioco delle rocce

Le isole dell’Arcipelago di La Maddalena sono il risultato di processi geologici iniziati con l’orogenesi ercinica, avvenuta circa 300 milioni d’anni fa, quando le parti mobili della crosta terrestre si deformarono e causarono il corrugamento e il sollevamento di catene montuose. Dalle zone più profonde della terra una massa di magma fuso fu spinta verso l’alto e si raffreddò al di sotto e al contatto con rocce preesistenti. Si formò un gigantesco ammasso di nuova roccia a cristalli granulari visibili ad occhio nudo: il granito. In questo batolite granitico sono spesso presenti fratture che, all’interno, ospitano rocce filoniane(soprattutto spessartite e quarzo). Altre rocce, più antiche dei graniti (gneiss, schisti), si ritrovano in affioramento, in una fascia orientata verso nord-ovest, nella costa della Gallura, nelle isole delle Bisce, dei Cappuccini, di Caprera, di S. Maria con La Presa, dei Barrettini, della Piana e di Corcelli, fino alla Corsica. L’ambiente è caratterizzato da conformazioni granitiche imponenti: frequenti i tafoni, che sono il prodotto dell’azione d’agenti erosivi prevalentemente di tipo chimico come l’idrolisi. Quest’ultimo è il processo di degradazione meteorica attraverso il quale soprattutto i silicati, elementi essenziali delle rocce granitiche, aggrediti dalle acque di precipitazione (leggermente acide per la presenza dell’anidride carbonica dell’atmosfera) si decompongono e, sotto l’azione del vento ed eventualmente del mare, possono essere rimossi ed allontanati. Nella prima fase si formano qua e là piccoli alveoli nella roccia sana, soprattutto nella parte inferiore dell’ammasso roccioso; via via essi si accrescono fino a raggiungere dimensioni metriche e, variamente combinandosi, generano delle particolari morfosculture come la roccia della strega, nell’isola di Spargi.

Malgrado la sua apparenza eterna e immutabile il granito subisce l’azione disgregatrice delle piante, ma soprattutto quella del vento e dell’acqua che lo modellano incidendolo ed erodendolo. E’ una trasformazione lentissima e quindi impercettibile; eppure osservando attentamente certe concavità di un masso si può vedere la parte più superficiale quasi sbriciolata per cui basta passare la mano perché piccoli frammenti di roccia si stacchino facilmente. Le cavità del granito hanno a volte l’aspetto di piccole conche, spesso formano dei veri e propri ambienti riparati, i “tafoni”, che l’uomo ha sfruttato, nei secoli, secondo le esigenze nel periodo Neolitico molti tafoni, completati da muretti a secco, sono diventati dimore (Cala Corsara, Villamarina, Monti d’arena, Petrajaccio), in epoca più recente sono stati usati come riparo per il bestiame o anche per seppellire i morti. Altri tipi di roccia, pur se in misura minima, accompagnano il granito nell’arcipelago, riconoscibili dal colore c dall’aspetto: sono schisti e gneiss (giallastri, sensibili all’erosione marina, identificabili, ad esempio, nell’isola Pecora), filoni aplitici (rosa, abbastanza diffusi), filoni di quarzo (bianchi, presenti a Cala d’Inferno, ad esempio), filoni di spessartrite (verde cupo, costituenti vene scure, evidenti a Cala Corsara, a Zanotto, a nord di Caprera), filoni di porfido granitico (rossastro, ben rappresentato a Punta Rossa). Non a caso i vecchi abitanti delle isole diedero nomi a diverse località dell’arcipelago secondo questi che apparivano elementi diversi nella generale omogeneità del granito.
Ma cosa colora di chiazze giallastre o grigie, o verde più o meno spento la parte superficiale delle rocce? Quei tappeti dallo spessore quasi inconsistente, morbidi al tatto nella stagione umida sono piante? Si tratta di licheni, formazione caratterizzata dalla stretta unione di funghi (che garantiscono il mantenimento dell’umidità e l’apporto di sali minerali) e di alghe (che si incaricano del processo di fotosintesi).
L’alleanza produce buoni frutti: il lichene può vivere in condizioni difficili di ospitalità quali quelle che il granito può offrire, contribuendo lentamente, ma inesorabilmente, alla trasformazione della dura roccia in terriccio che poi altre piante colonizzeranno. Infatti il lichene si abbarbica con le minuscole ife nelle microscopiche fratture presenti nella massa apparentemente compatta delle rocce e, attraverso reazioni chimiche, il primo lavoro di disgregazione inizia.
Fra i licheni, i più conosciuti dai bambini di La Maddalena sono quelli del genere Cladonia, dall’apparenza di minuti cespugli secchi, grigiastri, che si raccolgono per fare l’erba del Presepe. Fino al secolo scorso, invece, gli abitanti delle isole conoscevano un tipo di Roccella, che essi chiamavano “erba tramontana”: la raccoglievano per venderla ad un commerciante inglese che la utilizzava per tingere le stoffe di rosso.