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Giovanni Froscianti

Giovanni nacque in un casale di campagna a Collesecozza di Collescipoli il 20 novembre 1811 da Fabio e Anna Matascioli. Famiglia da secoli dedita all’agricoltura quella dei Froscianti, ma anche molto devota alla Chiesa. Sull’esempio dei loro antenati benedettini, agostiniani e domenicani, i genitori lo avviarono in seminario e alla vita conventuale, ma il suo spirito ribelle lo costrinse a fuggire e partecipare al moto rivoluzionario del 1831. Denunciato e ricercato per avere abbandonato il convento, si iscrisse alla carboneria e alla Giovine Italia, mantenendosi sempre nascosto nei paesi della Sabina, fin quando, dopo l’amnistia del 1846 tornò a Terni impiegandosi nello stabilimento della Ferriera (il più grande opificio dello Stato Pontificio). Nel gennaio del 1847 fu a capo di una sollevazione operaia contro il comune, accusato di mantenere troppo alto il prezzo del grano rispetto ad altre città dello Stato e, riconosciuto come il sobillatore del tumulto, fu costretto ad emigrare in Toscana. Arruolatosi nel 1848 nella Legione Italiana di Garibaldi, combatté alla difesa di Roma del 1849, ottenendo la promozione a sottotenente il 25 giugno. Caduta la Repubblica seguì Garibaldi e, dopo lo scioglimento delle truppe nella Repubblica di San Marino, fu arrestato a Cesenatico e rinchiuso nella rocca di Cesena. Liberato, tornò a rifugiarsi nei paesi della Sabina, da dove collaborò con Federico Fratini e gli uomini della Associazione Nazionale Italiana alla preparazione dei moti mazziniani del 1852-‘53, facendosi chiamare “Mustafà”. Fatto contattare dallo stesso Mazzini nel 1854 e, ricercato dalla polizia pontificia, fu costretto, nel 1856, a fuggire in Toscana, da dove raggiunse Caprera, diventando fidato collaboratore di Garibaldi anche nella conduzione della sua azienda agraria. Sempre al fianco dell’eroe dei due mondi, combattè tra i Cacciatori delle Alpi nel 1859; dopo l’esperienza nell’esercito della Lega dell’Italia centrale in Romagna, seguì Garibaldi imbarcandosi da Quarto alla volta della Sicilia, come capitano di stato maggiore nella campagna Meridionale del 1860 (ottenne una medaglia d’argento al V.M.) e il 9 novembre lasciò Napoli insieme a Garibaldi, Menotti, Basso, Coltelletti, Gusmaroli e Stagnetti, imbarcandosi per Caprera. Froscianti, tornò finalmente a riabbracciare la sua famiglia nel marzo del 1861, ma l’anno seguente fu richiamato dal Generale per tenere a bada il figlio quindicenne Ricciotti, che lo voleva seguire in Sicilia, dove si andava preparando la nuova spedizione conclusasi amaramente in Aspromonte. Il collescipolano, rimase a Caprera occupandosi dell’azienda agricola dei Garibaldi fin quando, nel 1866, non ripartirono per combattere gli austriaci nella terza guerra per l’indipendenza in Trentino. Di nuovo a Caprera, insieme ad Edoardo Barberini, aiutò Garibaldi nella fuga dall’isola, a bordo del celebre “beccaccino”, raggiungendo poi Terni per partecipare alla Campagna Romana del 1867, conclusasi tragicamente a Mentana. Ritornò quindi a Collescipoli, riscuotendo sempre ampia considerazione da parte degli uomini del movimento repubblicano ternano (Faustini, Fratini, Borzacchini, Parrabbi, Visciotti), con i quali collaborò nelle campagne elettorali per l’elezione di Mattia Montecchi a deputato di Terni (1867-‘68), così come a quella di Alceo Massarucci (1870). Chiamato ancora nel 1874 a collaborare nella conduzione della casa di Caprera, mentre Garibaldi si trovava a Roma per seguire i lavori parlamentari, dal 1878, si trasferì a vivere a Piediluco, su incarico del Prefetto dell’Umbria, come Delegato straordinario per la gestione delle opere pie dipendenti dalla Congregazione di Carità per “rimuovere gli inconvenienti ed abusi che esistono nella amministrazione della medesima”. A Piediluco ricevette il telegramma con il quale Garibaldi lo chiamava a Caprera come testimone di nozze con Francesca Armosino nel gennaio del 1881; ancora il 20 settembre, lo volle accanto a se per la conduzione della sua azienda, infine, dal gennaio all’aprile del 1882, lo accompagnò nell’ultimo viaggio che fece in Sicilia ed a Napoli. Ai funerali del Generale, rappresentò Terni e il suo circondario, poi, tornato definitivamente a Collescipoli, si prodigò per far erigere nella piazza del suo paese un monumento a Garibaldi dallo scultore e deputato repubblicano Ettore Ferrari, inaugurandolo nel 1883. L’anno seguente, la Società dei reduci volontari delle Patrie battaglie di Terni lo nominò presidente onorario, mentre le sue condizioni di salute si stavano aggravando e come ebbe a scrivergli l’amico dottor Rinaldo Giannelli “gli strapazzi e i disagi da voi sofferti per la vita militare ne sono certamente la causa”. Giovanni Froscianti si spense a Collescipoli il 31 gennaio 1885. Gli onori che gli furono tributati il 2 febbraio in forma solenne, videro la presenza di migliaia di autorità e reduci garibaldini di Terni, Narni, Amelia, Collescipoli, Piediluco, Spoleto, Foligno, con le rappresentanze della Carboneria e Massoneria, accompagnati da quattro bande e la fanfara dei reduci. Ettore Ferrari, che dopo la sua morte scolpì anche il medaglione di Froscianti, mandando un telegramma alla famiglia definì il collescipolano “modesto venerando patriota e compagno immortale Garibaldi”. Altre patriottiche epigrafi – al cimitero e nella casa dove morì – lo ricordano a Collescipoli, dove i discendenti conservano un ricco archivio di documenti, foto e cimeli garibaldini.