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Guerzoni Giuseppe

Nacque a Mantova il 27 febbraio 1835 da Lino e Maria Borali. Dopo avere frequentato i licei di Mantova e di Brescia, s’iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Padova, da cui si allontanò nel 1853 per fuggire a Genova: di opinioni politiche liberali e già avvicinatosi al movimento mazziniano, temeva infatti di essere arrestato dalla polizia. Tornato a Padova, il 6 settembre 1855 vi conseguì la laurea in filosofia; subito dopo si trasferì a Pavia per riprendere gli studi giuridici, che dovette interrompere definitivamente nell’aprile 1856 per riparare di nuovo nel Regno di Sardegna.
È di questo periodo (1855) anche la sua prima prova letteraria, il dramma Il colera pubblicato a Milano per interessamento del padre, direttore di una società filodrammatica nella quale egli stesso ebbe occasione di recitare.
Nella capitale sabauda il Guerzoni insegnò storia e geografia presso un istituto industriale e collaborò ad alcuni giornali (il Diritto e la Rivista contemporanea), con articoli per lo più di argomento storico. L’amnistia concessa dall’Austria nel 1857 gli consentì poi di tornare in Lombardia, a Milano, dove si guadagnò da vivere scrivendo per il Pungolo, per l’Uomo di pietra e per Panorama. Qui nel 1858 andò in scena un suo nuovo dramma, La vocazione, che prima di essere proibito dalla polizia incontrò un certo successo di pubblico e si replicò poi anche a Torino e a Genova.
Nel 1859, al primo annuncio della guerra, il Guerzoni ritornò in Piemonte e si arruolò a Savigliano nel 2° reggimento dei Cacciatori delle Alpi. Combatté con valore in parecchi scontri e a San Fermo rimase anche ferito. Appena ristabilitosi, si ricongiunse con Giuseppe Garibaldi nell’Italia centrale e venne promosso luogotenente nel III battaglione dei bersaglieri. Tornò poi presso la famiglia, a Calcinato, e assunse la direzione della Gazzetta provinciale di Brescia, che tenne fino alla primavera del 1860, quando si aggregò alla spedizione garibaldina in Sicilia.
Sbarcato a Talamone, si unì dapprima alla colonna guidata da C. Zambianchi che si diresse verso il territorio pontificio; tornato poi a Genova, si unì alla spedizione capitanata da G. Medici che raggiunse Garibaldi nel Sud. Al fianco del generale il Guerzoni combatté fino alla fine della campagna; sciolto l’esercito meridionale, riprese l’attività di giornalista e di letterato.
Nell’aprile 1861 fu a Torino, dove divenne redattore del giornale La Monarchia nazionale, pur collaborando anche ad altre testate, fra le quali la Rivista contemporanea e Il Mondo illustrato. Fu poi nominato segretario della Commissione reale per l’insegnamento nautico, promossa e presieduta da Nino Bixio, incarico che tenne fino al marzo 1862, quando A. Depretis, ministro dei Lavori pubblici, gli offrì di diventare suo segretario particolare. Dopo i fatti di Sarnico del maggio 1862, ormai in rotta con il governo Rattazzi, il Guerzoni rassegnò però le dimissioni e, per manifestare la propria fedeltà a Garibaldi, decise addirittura di stabilirsi a Caprera. Era con Garibaldi anche in Aspromonte e venne perciò arrestato e tradotto nel forte di Bard, dove restò prigioniero dal 5 settembre al 5 ottobre 1862, quando riacquistò la libertà grazie alla concessione di un’amnistia generale. Fra il 1863 e il 1864 collaborò al Dovere, il periodico genovese che rappresentò il principale punto di riferimento dei democratici italiani più vicini a Giuseppe Mazzini. Nel giugno 1863 il Guerzoni si recò con Giacinto Bruzzesi a Costantinopoli per sondare, su incarico di Garibaldi, quali concrete possibilità vi fossero di organizzare un moto insurrezionale contro la Russia a sostegno della causa polacca. Al ritorno dall’Oriente, sul finire del 1863, Garibaldi lo nominò suo segretario e lo volle con sé a Caprera, dove trascorse circa otto mesi proseguendo la collaborazione con vari giornali della Sinistra. Nel luglio 1864, dopo che nella primavera precedente aveva accompagnato Garibaldi nel trionfale viaggio a Londra, alcune incomprensioni – nonostante fossero in seguito chiarite – portarono all’interruzione di questo rapporto.
Tornato all’attività letteraria e di studio, nell’aprile 1865, insieme con l’amico G. Mussi, il Guerzoni fondò un giornale, I Corsari, che vide la luce a Torino e di cui uscirono solo pochi numeri. Presa di nuovo residenza a Milano, nell’ottobre 1865 vi assunse la direzione del giornale Il Sole e la mantenne fino al gennaio 1866, quando si stabilì a Firenze. Nel frattempo infatti era stato eletto deputato nei collegi di Tricase e di Manduria per la IX legislatura, e aveva optato per il secondo, i cui elettori gli confermarono la fiducia anche nel 1867. Nel 1870 fu invece eletto nel collegio di Castiglione delle Stiviere.
Alla Camera sedette inizialmente a sinistra e intervenne più volte, specie a proposito della scuola. Si batté per l’obbligatorietà dell’istruzione elementare, per estendere le scuole tecniche e professionali, per abolire l’insegnamento religioso e per destinare maggiori risorse alle università. Voleva che il ministero della Pubblica Istruzione, come dichiarò in un discorso parlamentare del 1873, divenisse il “primo combattente” nella lotta che il paese doveva sostenere “da un lato contro la reazione clericale, dall’altro contro il socialismo materialista”. Un altro dei temi che gli furono più cari fu il traffico dei fanciulli, sul quale intervenne una prima volta nel maggio 1868, poi ancora nel 1872, finché fu relatore della legge che, col titolo “proibizione d’impiego di fanciulli in professioni girovaghe”, venne definitivamente approvata nel dicembre 1873.
In un discorso alla Camera del dicembre 1868 il Guerzoni aveva fissato con chiarezza i suoi principi ispiratori: “la libertà assoluta e l’eguaglianza per tutti, libertà assoluta di culto, di stampa, di riunione, di scuola, soppressione di tutte le caste dal militarismo al monachismo, e fine di tutti privilegi dalla Banca alla Regìa, separazione d’ogni Chiesa dallo Stato, attuata nel centro della massima confusione, in quella Roma che io voglio restituita con tutti i mezzi, del pensiero e dell’azione umana, all’Italia cui appartiene”; quanto al suo ideale amministrativo, esso era “il comune indipendente ed autonomo, la lega libera di tutti i comuni, quale è uscita dalla lega lombarda e dalla pace di Costanza”; ma, aveva soggiunto, “capo di tutte le riforme, e senza cui tutte le altre riforme sono vane e infeconde, è la riforma della pubblica istruzione e l’ideale della scuola libera per gli insegnanti, della scuola libera gratuita universale, obbligatoria per gli ammaestrandi”. In altre occasioni, come nella discussione della legge sulle guarentigie del 1871, manifestò il suo forte anticlericalismo e non a caso fu anche relatore del progetto di legge per il trasferimento della capitale a Roma.
Dopo aver preso parte alla guerra contro l’Austria del 1866 come ufficiale del corpo dei volontari italiani guidato da Garibaldi, nel 1867 seguì ancora una volta il generale nella campagna di Mentana. Nel 1870 fu inviato come commissario all’Esposizione internazionale di Londra, da cui fece ritorno per prendere parte, agli ordini del Bixio, alla presa di Roma. In questo periodo maturò anche la decisione di distaccarsi dalla Sinistra, con la quale era ormai in disaccordo su molti punti, e di aderire al gruppo di centro capeggiato da A. Bargoni e A. Mordini.
Il partito della Sinistra – dichiarò in un discorso elettorale del 1870 in cui spiegò le ragioni di questa scelta – “mancava di quella vera dote che trasforma le minoranze in maggioranze, mancava delle virtù d’essere governativo. […] In lui difettarono principalmente queste indispensabili condizioni: l’accettazione leale ed incondizionata della costituzione, la fede nell’ordine supremo delle leggi ed il senso pratico delle cose”. Un anno dopo, nel 1871, compì il definitivo spostamento a destra illustrandone i motivi in una lettera aperta al Mordini che intitolò Partiti vecchi e nuovi nel Parlamento italiano (Firenze).
Nel febbraio 1874, con la nomina a professore straordinario di letteratura italiana all’Università di Palermo e con l’incarico di reggere il provveditorato agli studi in quella provincia, il Guerzoni lasciò la Camera. Nel 1876, a causa del clima di ostilità che si era creato nei suoi confronti dopo la pubblicazione della Vita di Nino Bixio (Firenze 1875) per i giudizi poco lusinghieri sul comportamento tenuto da G. La Masa e dalle sue squadre di “picciotti” nella Palermo del 1860, ottenne di essere trasferito all’Università di Padova. In questa città, che lo elesse anche consigliere municipale, proseguì una attività letteraria e di studio che aveva conosciuto una forte intensificazione a partire dagli anni Sessanta: nell’arco di un ventennio dette alle stampe numerosi racconti e romanzi, tutti composti per lo più per appendici giornalistiche, alcuni scritti di critica letteraria, che gli valsero fra l’altro una vivace polemica con Giosuè Carducci, e taluni saggi sulla storia del Rinascimento e del teatro italiano dalle basi scientifiche non molto solide.
Minato fin dal 1883 da una grave malattia, il Guerzoni trascorse gli ultimi anni della sua vita a Montichiari (Brescia), dove morì il 25 novembre 1886.