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I sogni di Garibaldi

Articolo dello scrittore Antonio Ciotta.

Nella Sardegna dell’ottocento, ancora tagliata fuori dalle grandi correnti storiche del continente ed estranea ai movimenti sociali e culturali che allora andavano sviluppandosi, l’Arcipelago di La Maddalena, con la sua comunità cosmopolita e con le sue grandi aperture verso il mare, fu forse l’unico centro sardo, a parte Cagliari e Sassari, non del tutto estraneo ai vari movimenti culturali, insurrezionali e autonomistici che maturavano in tutta l’Europa.

Dal vasto orizzonte di quel mare che per i sardi era sempre stato un terribile nemico, arrivavano nell’Arcipelago nuove idee, nuovi pensieri e grandi personaggi; così, il 14 agosto 1811, quando era ancora presente nell’isola il barone Giorgio Andrea Desgeneys, comandante della Marina sarda e consigliere militare del re, giunse a La Maddalena un certo Alessandro Turri per consegnare un importante messaggio diretto al Ministro d’Inghilterra presso la corte di Cagliari contenente una Memoria circa un progetto di indipendenza italiana.

L’episodio, citato dal Prasca nella sua opera ”L’Ammiraglio Des Geneys e il suo tempo”, è ripreso dalla Racheli la quale rileva che, quando Garibaldi aveva quattro anni e Mazzini ne aveva sei, partiva datato dal nostro arcipelago uno dei primi atti unitari che “rappresenta una primizia ante litteram, una specie di prologo a quanto un giorno sarebbe accaduto e che, in quel momento, nessuno degli attori poteva ancora prevedere”.

Il destino volle che uno di quegli attori, Giuseppe Garibaldi, giungesse più tardi sulle scenario di queste isole. E nella solitudine di Caprera egli non solo concepì e realizzò l’Unità d’Italia, ma si fece promotore degli aneliti libertari e autonomistici degli altri popoli continentali proiettando dalla piccola isola le sue idee protese alla realizzazione della futura Unità Europea.

Negli Scritti Politici e nel vasto epistolario di Garibaldi, numerosi sono i documenti che parlano di Unione Europea; in particolare il noto memorandum ”Supponiamo che l’Europa fosse un solo Stato…”; la lettera datata Caprera 15 febbraio 1863, diretta ”Ai Popoli dell’Europa”, nella quale, nell’esortare le nazioni con la frase ”non abbandonate la Polonia”, auspica un intervento internazionale collettivo a difesa di qualunque popolo minacciato o colpito da disegni reazionari e lancia l’idea di quei grandi organismi che oggi vediamo realizzati nell’ONU e nella NATO; ed infine nella lettera del 13 gennaio 1873, diretta a Giorgio Pallavicino, nella quale, intervenendo a sostegno di una proposta di legge che il deputato inglese Enrico Richard stava per presentare alla Camera dei Comuni, propone un arbitrato internazionale sostenendo che ogni dissenso tra i popoli ”…debba appianarsi per sentenza di arbitri”.

Ma Garibaldi andò anche oltre: da quelle che erano allora le utopie dell’Unione Europea e di organismi come l’ONU, si spinse a concepire come estrema utopia un’Unione Mondiale.

Nel 1982, in occasione delle celebrazioni del centenario garibaldino ed in concomitanza con la presenza a La Maddalena dei vincitori del concorso “I Giovani incontrano l’Europa”, fui promotore di un seminario pedagogico di Esperanto al quale parteciparono gli esperantisti Umberto Broccatelli, esponente di primo piano del movimento europeistico, Giordano Formizi, docente di padagogia nell’Università di Padova, e l’insegnante Nino Pala che da anni conduce con successo e con apprezzabili risultati un esperimento di insegnamento dell’Esperanto nelle scuole elementari del CEP e di Cagliari. Fungevano, rispettivamente, da moderatore e da coordinatore i compianti professor Luigi Tola, esperantista non vedente, e il notaio Alessandro Angeletti di Ozieri, presidente dell’Unione Esperantista Sarda.

Il seminario, che aveva come tema “L’Esperanto, una lingua per l’Europa”, ebbe come al solito una scarsa partecipazione di maddalenini, in particolare di insegnanti, ai quali era diretto avendo carattere pedagogico, ma ebbe stranamente una buona presenza degli insegnanti americani che operano nelle scuole della base militare e riscosse grande interesse fra i vincitori del concorso della RAI “I giovani incontrano l’Europa” che furono presenti nel secondo giorno di lavori. Debbo confessare che in quel momento, pur avendo organizzato il seminario nell’ambito delle manifestazioni centenarie per la morte dell’Eroe, ignoravo che proprio Garibaldi, ancor prima che il medico polacco Zamenhof pubblicasse nel 1887 la sua prima grammatica di esperanto, aveva lanciato al mondo, dalla piccola Caprera, l’idea di una lingua internazionale da porre a base dell’Unione Mondiale.

Nel III volume degli “Scritti politici e militari”, dopo aver parlato di unità dei popoli ed aver rilevato che l’ostacolo maggiore alla sua realizzazione era dato dalla diversità di religione, dice testualmente: “Il modo dunque più indicato ad un’Unità Mondiale e che più coadiuverebbe all’unità religiosa vera, Dio! sarebbe una lingua universale” e prosegue affermando che “Voler imporre una lingua qualunque delle esistenti per Lingua Universale” è un’idea da scartare. La lingua nazionale di un popolo viene imposta alle altre nazioni sempre a seguito della conquista o del predominio culturale o economico e Garibaldi suggerisce di porre a base della nuova lingua i radicali delle più parlate lingue europee sottolineando che “…le tre lingue hanno molte voci comuni. Si può cercare di riunirle in un principio di dizionario ove gettare le basi di una lingua nuova che potrebbe essere imparata dalla gioventù. Io non mi nascondo – aggiunge – l’arduità dell’impresa ma la sua importanza sembrami meritare l’attenzione degli uomini, cui il progresso umano non è una chimera”.

Garibaldi, dunque, non solo lancia l’idea di una lingua internazionale, ma ne getta le basi e ne detta i principi, quelle stesse base e quegli stessi principi che qualche anno dopo, senza che fra i due vi sia mai stato alcun rapporto, furono adottati dal polacco Lodovico Lazzaro Zamenhof. Oggi l’Esperanto, pur non avendo ottenuto il successo sperato, è una lingua viva, riconosciuta dall’ONU e dall’UNESCO e parlata da oltre 30 milioni di persone: un popolo sparso per il mondo che si capisce con un solo e comune linguaggio, affratellato dall’idea comune di un’Unione Mondiale nella quale l’Esperanto si pone al vertice delle tre espressioni linguistiche “…dialetto, lingua nazionale, lingua internazionale”, in rapporto ai tre diversi gruppi sociali “…regione, nazione, umanità”, ai quali lo stesso individuo appartiene.

L’idea lanciata da Caprera e realizzata poi in Polonia da Zamenhof non ha ancora avuto piena attuazione, ma lo stesso Garibaldi, intuendone le difficoltà e le resistenze, conclude: “Certo vi vorranno dei secoli per raggiungere il nobile scopo, ma è pur vero che se i Caldei non avessero principiato, gettando uno sguardo nello spazio, ad investigare i moti e le leggi stupende che regolano gli eterni luminari, gli odierni astronomi non sarebbero forse così inoltrati nelle vie dell’infinito”.

Antonio Ciotta 

Il cuore della cucina della casa di Giuseppe Garibaldi a Caprera. I fornelli in muratura, il fornetto scaldavivande e all’interno del caminetto il particolarissimo girarrosto automatico. Compendio Garibaldino – Caprera