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Itinerario: Sul sentiero delle capre

Distanza: 4,7 km
Tempo di percorrenza: A/R 3 h circa
Difficoltà: Escursionistico
Periodo consigliato: settembre – giugno
Segnavia: cartello del Corpo Forestale dello Stato

Percorsi circa 800 mt dal “bivio della quercia”, lasciamo i nostri mezzi in prossimità dell’imboccatura del sentiero sulla nostra destra. Il cartello del Corpo Forestale dello Stato, recante la scritta “Sentiero n°1 Monte Tejalone”, ci indica la via per un’escursione nel cuore di Caprera, che ne rivelerà le sue peculiarità più selvagge. Il primo tratto, di circa 400 mt, parte subito con una ripida salita. Segue un canalone che alla sua destra porta ancora i segni del devastante incendio del ‘93. Salendo in direzione est ci s’imbatte in un rimboschimento di lecci (Quercus ilex) che offrono una confortevole zona d’ombra.
Da qui, sempre proseguendo sul sentiero che d’ora in poi si restringe, volgendo nettamente a sud, continuiamo la salita accompagnata adesso da rigogliosi esemplari di corbezzolo (Arbutus unedo) e altri esponenti della macchia alta. Siamo circa a metà di questo tracciato, “antipasto” della nostra escursione, e in breve, si giunge ad un pianoro dove abbondano agavi (Agave americana), piante che vegetano spesso nei pressi di opere militari. Infatti, dopo pochi metri, compaiono i resti di una vecchia casermetta.
Tra questo rudere ed alcuni notevoli esemplari di lecci posti di fronte, parte la scalinata con i 115 gradini, che conduce alla sommità del Tejalone (212 mt), il punto d’osservazione più alto dell’Arcipelago.
Nel salire, troviamo tracce ben evidenti del passaggio di capre selvatiche (Capra hircus), frequenti in questi luoghi. Giunti in cima, laddove è stato impiantato il sistema di controllo anti-incendio, si gode di una rara e suggestiva visione panoramica a 360 gradi: a nord la bella baia bisenica di Cala Coticcio, ad est il mare aperto, a sud Punta Rossa e il Golfo di Arzachena ad ovest La Maddalena; quando il cielo è terso, inoltre, da sud a nord la vista può spaziare da Tavolara fino al promontorio di Punta della Chiappa in Corsica.
Torniamo indietro fino alla vecchia caserma dove i segni di una passata vita militare sono più che eloquenti; qui una canaletta intorno allo stesso rudere allontana l’acqua piovana e trasferisce il prezioso liquido in una cisterna vicina, mentre l’interno di un enorme tafone ai margini del boschetto di lecci dà alloggio ad un lavatoio.
Ci dirigiamo verso sud, la cisterna si trova a circa 30 mt dal riparo sotto roccia ed è posta di fronte ad una gola che invita ad una breve sosta per poter ammirare l’incantevole vista che vi si affaccia.
Inizia da qui la lunga discesa che ci condurrà fino a Cala Brigantina. Camminiamo sul letto di un ruscello, dove vive il raro discoglosso sardo (Discoglossus sardus), un anfibio endemico unico rappresentante nell’Arcipelago dell’antica famiglia dei Discoglossidi.
Il nome è dovuto alla lingua discoidale e non protrattile che rappresenta la caratteristica anatomica di questa rana piuttosto primitiva. Dopo circa venti minuti di marcia, una roccia dalla forma bizzarra, che richiama alla mente un’enorme tartaruga, ci compare innanzi, quasi a sbarrarci la strada. Da questo punto, deviando sulla sinistra, è possibile osservare da vicino splendidi tafoni incastonati tra rigogliose piante di euforbia arborea (Euphorbia dendroides), che in questa zona supera spesso i due metri di altezza. Se siamo fortunati potremmo anche vedere a distanza le capre che hanno scelto questo versante per dimorarvi. Guardando ad occhio nudo verso sud, è possibile distinguere il cosiddetto “muro Collins”, quello che dal 1857-58 fu il confine trasversale che separava la proprietà Collins (a sud di Caprera) dalla proprietà Garibaldi (a nord). Il luogo è anche adatto per fare uno spuntino, poiché offre riparo in caso di vento o pioggia ed ampi spazi di roccia levigata, dove sdraiarsi se la giornata è calma e soleggiata. Riprendiamo il cammino seguendo nuovamente il corso del ruscello. Tra le piante più comuni vi è senz’altro l’olivastro (Olea europaea sylvestris) e il ginepro fenicio (Juniperus phoenicea), ma incontriamo anche un secolare leccio solitario. Non molto distante da questo, ha inizio la parte di trekking costiero nella profonda insenatura di Cala Brigantina, dal mare verde smeraldo. Un ginepro fenicio è l’ultimo baluardo di questa tappa. Sotto di noi la bella spiaggia, questa, riparata dai forti venti occidentali (maestrale, ponente e libeccio), è una delle pochissime presenti nella costa orientale di Caprera, che è prevalentemente rocciosa, con numerosi strapiombi a picco sul mare. Alle spalle della spiaggia, nel fitto della macchia, cresce la clematide cirrosa (Clematis cirrhosa), che nel periodo invernale caratterizza il paesaggio, con i suoi fiori campanulati biancastri e lo smilace (Smilax aspera), che in autunno decora gli arbusti ai quali si avvinghia, con i suoi inconfondibili grappoli di bacche rosse. Un piccolo corso d’acqua, che va a morire sulla spiaggia, è agevolmente superabile grazie ad un rudimentale ponticello di legno sistemato su due spallette in calcestruzzo. Da questo punto un sentiero in salita ci conduce in venti minuti a Poggio Rasu. I lati del percorso in primavera sono la cornice ideale del verbasco di Sardegna (Verbascum conocarpum), un endemismo largamente utilizzato nel passato, sia in Corsica che in Sardegna, per le sue proprietà medicamentose. Giunti in alto, le opere militari antinave di Poggio Rasu Inferiore e Poggio Rasu Superiore, divise da un’antenna con la funzione di ripetitore TV, si stagliano improvvisamente nella loro maestosità. Si tratta di capolavori d’architettura militare del periodo delle grandi fortificazioni (dopo il 1887), destinate ad ospitare le truppe mobili di difesa terrestre ed a battere lo sbarramento di levante (P. Rasu Inferiore) ed il mare largo (P. Rasu Superiore). All’esterno delle fortificazioni, i pratini della macchia ci offrono delicate fioriture di orchidee, pratoline, centonchi e zafferani.
All’interno invece, il fico degli ottentotti (Carpobrotus acinaciformis), l’agave (Agave americana) e l’eucalipto rostrato (Eucaliptus camaldulensis), mescolati alla macchia stanno lentamente cambiando, insieme all’azione del tempo, la fisionomia di questi guardiani di pietra che non spaventano più nessuno. Qui, si possono notare interessanti particolari architettonici: i pilastri del cancello principale, gli sgocciolatoi, alcuni stipiti ed architravi, i parapetti dei cannoni e le possenti cinte murarie, tutte in granito lavorato, che evidenziano la ricercatezza stilistica di questi luoghi, in netto contrasto con l’uso cui erano destinati. Un ottimo sito in cui praticare il birdwatching è il versante orientale di Poggio Rasu superiore, dove è possibile ammirare le evoluzioni di falchi pellegrini (Falco peregrinus), falchi pecchiaioli (Pernis apivorus), poiane (Buteo buteo), corvi imperiali (Corvus corax), gheppi (Falco tinnunculus), taccole (Corvus monedula) e molti altri uccelli che i più bravi “cacciatori”, dotati di macchine fotografiche, possono catturare con i loro obiettivi.

Fabio Presutti – Massimiliano Doneddu

Curiosità

Sulle cime granitiche di Tejalone, la Regia Marina condusse quegli importanti esperimenti sulle onde hertziane, che aprirono una nuova era nel campo delle comunicazioni; dunque non è del tutto errato affermare che l’invenzione della radio abbia mosso qui i primi passi. Da quassù furono effettuati i primi test sugli apparati radiotelegrafici (modello 1901) studiati da Guglielmo Marconi e realizzati dalla sua compagnia londinese (Wireless Telegraf Co-Limited). Il 6 ottobre 2001, a Caprera, alla presenza di Elettra Marconi, figlia dello scienziato, si sono svolte le celebrazioni del centenario del primo segnale radiotelegrafico Monte Tejalone (Caprera) – Monte Argentario (Livorno).