Il pane del GovernoLa Maddalena Antica

La ‘destra’ al governo (1953/1956)

Il settimo, e ultimo, governo De Gasperi (Bicolore DC-PRI), iniziato nel luglio del 1951 cadde nel giugno del 1953 a seguito delle ripercussioni politiche legate alla legge elettorale nota come ‘legge truffa’ (legge 31 marzo 1953 n. 148), e con esso uscì di scena anche Randolfo Pacciardi che era stato ministro della Difesa sin dal 1948 ed aveva avallato, se non espressamente guidato egli stesso, i licenziamenti di elementi ostili al governo democristiano nelle aziende di stato [1].

La legge elettorale, fatta approvare dal Parlamento su richiesta del governo De Gasperi, prevedeva un sistema proporzionale di ripartizione dei seggi con l’aggiunta di un premio di maggioranza per quel partito, o quel gruppo di partiti, che, apparentandosi, avessero ottenuto assieme la maggioranza assoluta dei voti (50% + 1). La sinistra definì questa legge ‘una legge truffa’ e con tale appellativo passò alla storia, perché in effetti, tendeva a perpetuare per i cinque anni della durata della legislatura il dominio incontrastato della coalizione vincente ponendogli in mano la facoltà di fare e disfare a proprio piacimento.

L’apparentamento di governo comprendeva la Democrazia Cristiana (che ebbe alla Camera il 40,10% dei voti), il Partito Socialista Democratico (4,52%), il Partito Liberale (3,01%), il Partito Repubblicano (1,62%) la Südtyroler Volkspartei (0,45%) ed il Partito Sardo d’Azione (0,10%).

La coalizione di governo ebbe il 49,85% dei voti e il premio di maggioranza non scattò per mancanza di soli 57 mila voti [1bis].

La Democrazia Cristiana, che nel 1948 aveva ottenuta il 48,5% dei voti, aveva perso l’8,4% dei suffragi uscendo dalla consultazione con le ossa rotte, mentre il PCI si attestò al 22,6% ed il PSI al 12,7%. Se si considera che cinque anni prima, assieme, i due partiti avevano realizzato 31% delle preferenze, la consultazione diceva che la sinistra avanzava, anche se di poco (+ 3,3%) [2].

I voti perduti dallo scudocrociato passarono alla destra più radicale: il Movimento Sociale che incrementò la sua presenza del 3,8% e specialmente ai nostalgici della monarchia, il PNM, che guadagnò il 4,10%. L’Italia stava virando decisamente a destra.

La sconfitta della DC costò la supremazia di De Gasperi sia in campo governativo sia in quello democristiano: l’ottavo suo governo non si concretizzerà che per pochi giorni ed al suo posto fu chiamato dal presidente Luigi Einaudi, un altro democristiano, nemico dello statista trentino, Giuseppe Pella (22 agosto 1953).

La nuova compagine governativa aveva al suo interno proprio la componente monarchica e l’aiuto esterno del Movimento Sociale e del Partito Socialista Democratico di Giuseppe Saragat.

La posizione nei confronti degli iscritti comunisti e socialisti, dei rappresentanti sindacali e delle commissioni interne, continuava ad essere d’aperta ostilità. Prima delle elezioni del 7 giugno, una comunicazione riservata passata dal SIFAR, datata 9 maggio, estesa dallo Stato Maggiore Marina a tutti i comandi periferici, così si esprimeva: “La segretaria centrale del PCI ha recentemente dato mandato al noto generale Arnaldo Azzi di organizzare delle ‘squadre d’azione’ con il compito di operare durante la prossima campagna elettorale, definita dalla segreteria ‘cruenta’. Ciò per fare insorgere il popolo italiano e liberarlo dal pericolo dittatoriale e schiavista della coalizione clericale e per raggiungere una pace duratura. Il predetto generale, in Roma, in collaborazione con Ufficiali in congedo ed in servizio, ha già elaborato le norme ed i compiti che dovranno essere impartite alle persone che dovranno costituire dette squadre. Da qualche giorno è pervenuta alla federazione di Messina una circolare sulla costituzione delle ‘squadre d’azione’. Sere addietro, ad ora tarda, nei locali della predetta federazione comunista, il segretario provinciale responsabile tenne un rapporto riservatissimo a 8 componenti della stessa federazione, ai quali rese noto che il partito aveva emanato, per tutto il territorio nazionale, circolari colle quali invitata a costituire delle ‘squadre d’azione’, per agire sotto la direzione del generale Azzi. Dopo aver ribadito agli intervenuti lo scopo della costituzione delle squadre predette, lo stesso segretario provinciale lesse ad essi la circolare, i cui punti programmatici sarebbero i seguenti:

1°) Le squadre dovranno essere composte di persone di provata fede socialcomunista, senza tentennamenti di sorta, e cioè risolute in ogni evenienza, affrontando – se necessario – la galera e la morte, in nome dell’Italia libera.

2°) Influenzare i militari in servizio, propagandando la pace contro il riarmo, contro l’aumento della ferma, contro gli impegni atlantici e contro la legge elettorale, definita ‘truffa all’americana’, in quanto tale legge ha semplicemente lo scopo di instaurare una nuova dittatura peggiore della passata.

3°) Convincere i militari, attraverso oculata penetrazione, a disertare le caserme e, se necessario, ad impugnare le armi contro i traditori del suolo italiano, in occasione di una eventuale insurrezione.

4°) Avvicinare elementi della polizia (che in maggioranza sono a favore del popolo, perché figli di esso) con i quali intavolare discussioni, impostandole contro la truffa elettorale, il militarismo e le dittature. Quindi – in modo del tutto sottinteso – invitarli a sottrarsi all’azione repressiva in occasione di eventuali incidenti che si potranno verificare per difendere la libertà di tutto il popolo.

5°) Sabotare, come meglio si riterrà opportuno, i comizi elettorali dei clericali, inducendo il popolo a disertare la piazza.

6°) Propagandare in tutti gli strati sociali che nessun cittadino, che ha ricevuto la cartolina per eventuale richiamo alle armi, si presenti, ma al contrario, partecipi alla liberazione dell’Italia.

7°) Sabotare un’eventuale guerra con ogni mezzo.

(…)” [3].

E’ dello stesso periodo, ossia del maggio del 1953, un’altra informativa SIFAR che riportiamo per rendere conto di come i dipendenti pubblici erano ‘seguiti’ dall’occhio vigile dei servizi segreti.

E’ imminente il trasferimento dell’impiegato in argomento da Maridipart La Spezia a Marisardegna Cagliari. Sul conto del predetto risulta quanto segue: “””Durante il periodo di lotta partigiana militò in una banda garibaldina con il grado di Tenente Colonnello. Alla liberazione di La Spezia fu nominato Questore della provincia. E’ iscritto al partito comunista e faceva parte del Comitato Direttivo della federazione spezzina. Acceso estremista e rivoluzionario. Appartiene all’’organizzazione paramilitare comunista della qual è uno degli esponenti più quotati e nel periodo delle elezioni politiche del 1948 ebbe l’incarico, nei piani rivoluzionari comunisti dell’epoca, di occupare e detenere il centro della città di La Spezia e l’Arsenale M.M..

E’ senza dubbio ancora elemento altamente pericoloso sebbene in genere si astenga (forse per ragioni di riservatezza imposta dal partito) da ogni manifestazione pubblica o comunque palese, di attività comunista… Tanto per opportuna conoscenza” [3bis].

Una nota di Piero Calamandrei estesa a memoria di un suo discorso in Parlamento (anno 1952) riferisce che “la pratica del governo, nelle direttive ai prefetti ed ai questori, si è andata sempre più orientando, spesso in contrasto con la giurisprudenza giudiziaria, nel senso di fare un trattamento diverso, in tutti i campi in cui la pubblica amministrazione ha un potere discrezionale ai cittadini appartenenti ai partiti di maggioranza e ai cittadini appartenenti ai partiti di opposizione. Le libertà civili e politiche non hanno più lo stesso significato per tutti i cittadini: la libertà di associazione, di riunione, di circolazione, di stampa, ha un contenuto diverso seconda chi lo invoca appartenga al partito degli eletti o a quello dei reprobi: la discriminazione contro i comunisti si è piano piano allargata contro tutti i ‘malpensanti’, contro tutti i sovversivi’. […]. Il diritto al lavoro e diversamente difeso o messo in pericolo secondo la colorazione del sindacato al quale il lavoratore si iscrive” [3ter], aiuta materialmente a comprendere meglio il clima ‘maccartista’ che si instaurò in Italia fra la fine degli anni ’40 e la metà degli anni ’50 e che coinvolse negativamente l’Arsenale Militare de La Maddalena. Più specificatamente furono limitate pesantemente le funzioni delle Commissioni Interne: s’instaurò il principio di non trattare mai con le maestranze in sciopero, si decurtò il premio di produzione in relazione agli scioperi effettuati, premiando invece chi si rifiutava di prestarsi all’attività di sciopero, seguendo gli agitatori della sinistra.

Verso la fine del 1953 l’offensiva governativa contro i ‘sovversivi’, o ritenuti tali, all’interno degli stabilimenti di lavoro sembrò raggiungere il suo culmine. A titolo d’esempio possiamo trascrivere una comunicazione segreta del SIFAR fatta pervenire da Marisardegna a Marimist La Maddalena, riguardante personale civile “di stabilimenti e uffici militari di una regione dell’Italia Nord-occidentale”. Questo il testo dell’informativa: “Per conoscenza ed orientamento si trascrive la seguente segnalazione pervenuta allo Stato Maggiore Difesa – SIFAR. “””Sindacalista bene informato sugli ambienti di alcuni stabilimenti ed uffici militari nei quali presta servizio personale civile, ha riferito: – fra gli impiegati civili alcuni si dicono iscritti ai sindacati autonomi per mascherare il loro orientamento a sinistra: in effetti l’elemento estremista è notevolmente penetrato nei sindacati autonomi; – desta perplessità il fatto che il personale d’estrema sinistra in alcuni uffici o stabilimenti viene trattato con autorevolezza ed energia mentre in altri è fatto segno ad attenzioni e, anche a manifestazioni di simpatia; – sovente ufficiali e sottufficiali si associano a conversazioni poco opportune sul trattamento economico del personale civile e tendono, al pari dei loro interlocutori, ad atteggiarsi a vittime di una situazione insostenibile: – fra il personale civile, alcuni svolgono apertamente propaganda comunista negli ambienti militari. Tali elementi, si osserva, dovrebbero essere subito eliminati, come altrettanto decisamente ci si dovrebbe contenere nei confronti di coloro che si abbandonano ad inopportuni commenti sull’efficienza della FF.AA.; – Si rileva che sovente il personale militare e quello civile stabiliscono, nei rapporti d’ufficio o di lavoro un clima di cordialità eccessiva. Il personale militare, si osserva, dovrebbe contenersi più prudentemente nei confronti degli elementi civili, specie, poi, con quelli noti per sentimenti estremisti; – si rileva infine che i Comandi ed Uffici, specie quelli centrali, non affrontano con sufficiente risolutezza e rigore le decisioni ed i provvedimenti (trasferimenti, sospensioni, licenziamenti, ecc.) da adottarsi nei riguardi del personale sicuramente infido”””. Firmato: d’ordine del C.S.M., il Sottocapo di S.M. C.F. Luigi Fulvi” [4].

L’offensiva contro la sinistra italiana, ancora una volta, era guidata da oltre Atlantico.

Fu l’ambasciatrice americana in Italia Claire Booth Luce [5] a confermarlo pubblicamente. Lo fece in occasione di un incontro in America con Vittorio Valletta, amministratore delegato della FIAT, quando si rammaricò che, nonostante tutti gli sforzi compiuti dal governo – italiano ed americano, insieme – il problema della “caccia ai comunisti” era ancora da risolvere, per cui la dinamica rappresentante del governo americano affermò che gli Stati Uniti avrebbero continuato ad aiutare solo quelle aziende dove non hanno all’interno ‘sindacati bolscevichi’. Forte di queste dichiarazioni il governo italiano si apprestò a riprendere l’iniziativa contro i ‘rossi’. La tattica era sempre la stessa: agendo sul fatto che a quel tempo in Italia non esisteva una specifica normativa a difesa dei diritti dei lavoratori, la pressione sugli attivisti sindacali si fece più massiccia e mirata, al punto che molte aziende si trovarono nella poco invidiabile situazione di scegliere di tenersi i sindacalisti politicizzati ma rischiando di perdere i finanziamenti governativi che arrivavano direttamente dagli Stati Uniti a favore delle aziende ‘in crisi’, oppure di licenziare con scuse varie i capi più agguerriti delle rappresentanze sindacali – di regola comunisti o socialisti – rimanendo nel libro paga del sostegno governativo, cosa che consentiva quasi sempre di accedere a fondi altrimenti irraggiungibili, che andavano però a finire nelle tasche degli imprenditori, quasi mai in un effettivo disegno di ammodernamento strutturale dell’azienda. Basti pensare, ad esempio, che la zootecnia italiana era restata arcaica e povera. Nel Sud l’80% dell’aratura avveniva con trazione animale (buoi, asini, cavalli), i concimi chimici adatti non vi erano, le strade di penetrazione campestre erano inesistenti totalmente, i sistemi di rendita agraria erano ancora disciplinati in forme medioevali di partecipazione, mancavano le macchine agricole adeguate, le disponibilità idriche risultavano fortemente insufficienti. Lo stesso valeva per la produzione di frutta, ancora realizzata con sistemi di semina, crescita e raccolta di tipo arcaico e senza opportune profilassi, talché i raccolti erano decimati. L’allevamento, in genere, era condotto allo stato brado [5bis].

Proprio in quegli anni però l’industria, nei grandi poli del Nord, avviava quel periodo di espansione che sarà poi definito il ‘miracolo economico italiano’ della seconda metà degli anni ’50. Tale miracolo si manifestò con incrementi iperbolici nella produzione di articoli che poco avevano a che vedere con un espansione strutturale del sistema economico globale, prodotti di scarsa qualità ma tali da attirare facili guadagni e facili profitti, sintomo inquietante alla crisi che investirà il sistema economico italiano di qualche decennio successivo. Indubbiamente questo miracolo portò, nonostante le storture d’ordine finanziario, ad un aumento del volume del denaro circolante con un modesto ma sensibile aumento del benessere generale. Lo spostamento verso Nord di grandi masse di lavoratori, specialmente della terra, contribuì, però, al depauperamento delle campagne, attraverso un’incontrollata migrazione interna che fece lievitare irrimediabilmente i problemi delle campagne e, per riflesso, aggravò pesantemente i problemi sociali dei grandi centri urbani.

La massa emigrante travolse ben presto le difese sociali chiedendo, nelle nuove sedi, posti di lavoro e protezione. Tutto si tradusse in un aumento incontrollato del clientelismo politico, nella corsa all’accaparramento al posto fisso, qualunque esso fosse stato, alla generalizzazione a livello nazionale della pratica perniciosa della raccomandazione e della bustarella, cosa che, in ultima analisi rappresentava un mero scambio di voti in occasioni delle consultazioni elettorali.

Porsi di fronte a questo sistema in maniera critica, cercare di smantellarlo, chiedere l’avvio di vere riforme sociali e finanziarie, lottare per una più equa ripartizione dei redditi e dei diritti dei lavoratori, corrispondeva a mettersi contro, rischiare sulla propria pelle.

Il saggista americano Norman Kogan descrive bene il clima politico instauratosi in Italia con l’esperienza governativa del ‘centrismo’ [6].”Questi furono anni di reazione e di oscurantismo nella vita italiana. Gli antifascisti venivano definiti sabotatori dell’onore nazionale; il movimento della Resistenza veniva denigrato; i partigiani veniva descritti come banditi, assassini e come comunisti. I comunisti avevano tentato di assumersi tutto il merito della Resistenza, e gli estremisti di destra concedevano loro ben volentieri questo merito” [7]. La posizione della Confindustria andò spostandosi sempre più verso destra, irrigidendosi nei confronti del movimento sindacale indebolito dalle divisioni interne.

Nel 1955 la signora Luce, ambasciatore americano a Roma, promosse una nuova politica volta a colpire ulteriormente la Cgil. Il dipartimento della Difesa statunitense era solito assicurare alle manifatture europee contratti ‘off shore’ per la produzione dell’equipaggiamento militare che il governo degli Stati Uniti forniva ai suoi alleati; la signora Luce riuscì a fare dichiarare al dipartimento della Difesa che non sarebbero stati concessi ulteriori contratti alle imprese italiane in cui i candidati della Cgil avessero ottenuto più del 50% dei voti alle elezioni delle Commissioni interne” [8].

Il destino che attendeva parecchi rappresentanti sindacali e della commissione interna dell’Arsenale Militare a La Maddalena alla fine del 1956 può essere totalmente ascritto allo spirito di quel tempo.

Il Pane del Governo di Salvatore Abate e Francesco Nardini – Paolo Sorba Editore – La Maddalena

NOTE:

[1] In effetti nel luglio del 1953 Alcide De Gasperi varò un ottavo governo (il giorno 16), ma fu messo in minoranza alla prima votazione dopo una trentina di giorni di vita (17 agosto). A quel punto lo statista trentino rassegnò le dimissioni e l’incarico fu dato a Giuseppe Pella.

[1bis] Cfr. Camera dei Deputati. Elezioni politiche del 7 giugno 1953.

[2] Ibidem. La coalizione di governo perse in totale il 13% delle preferenze rispetto al 1948.

[3] N. KOGAN, L’Italia … . Cit.

[3ter] Cfr. P. CALAMADREI, Atti Parlamentari. Anno 1952.

[3bis] Informativa del SIFAR diretta a Marisardegna Cagliari del 9 maggio 1953.

[4] La data del documento non è stato possibile rilevarla. Il protocollo è il n. 6547. In campo nazionale il governo Scelba-Saragat (definito dalle sinistre il ‘governo SS’) adottò varie misure “che tendevano a legalizzare ed organizzare in tutto l’apparato dello Stato, e, possiamo dire nella vita pubblica, la persecuzione maccartista”. Cfr. P. INGRAO, Masse e Potere. Editori Riuniti, Roma 1977. Pag. 112.

[5] Per la biografia di Claire Booth Luce vedi nota n. 3 a pag. 43.

[5bis] Cfr. P. SYLOS LABINI, Problemi dello sviluppo economico. Ed. Laterza, Bari 1974. Pag. 105 e ss.

[6] Si definisce epoca del ‘centrismo’ quella della III legislatura repubblicana (1953/1958) in cui la DC, per governare, ebbe necessità di allearsi con il PRI, PSDI, PLI e ricorrere all’appoggio esterno dei partiti monarchici e neofascisti.

[7] N. KOGAN, L’Italia … cit. Pag. 110.

[8] Ibidem. Pag. 113. “Alla Fiat di Torino, nel 1954 la Cgil aveva ottenuto il 60% dei voti nelle elezioni per la Commissione interna; ora, nel 1955, calò al 38%. Analoghi risultati si ottennero in altre grandi imprese”.