La Maddalena Antica

La leggenda isolana di Santa Maria Maddalena

Nell’inedito testo manoscritto “IL CONTRASTO CORSO SARDO” compilato a Bonifacio nel 1779, col sottotitolo esplicativo “Dialoghi famigliari fra Don Miones Sardo e Monsieur de Stian Corso intorno alla Bocche di Bonifacio ultimamente (1776) occupate dal governo sardo, dalli quali risulta ad evidenza di fatto di esser elleno pleno jure di spettanza della Francia”, si legge: (parla Don Miones) “Come mai e per qual ragione l’isola della Maddalena, che avete detto che anticamente Busonara chiamavasi, ha cambiato in oggi (1779) il nome di Busonara in quello di Maddalena?” (Risponde) il còrso monsieur de Stian): “Di tal cambiamento di nome io non so darvene alcuna positiva ragione. So ben che nelle Vite che ho letto, della Santa Penitente Maddaena, si legge di uno strepitoso prodigio veduto in un’isola della quale lo scrittore non solo tace il nome, ma il mare ancora ov’ella contienesi. Se sì un prodigioso miracolo sia o no successo nella Busonara io non lo so. Dico che, se colà fussesi ammirato, sarebbe assai credibile ch’ella, atteso il miracolo operato in essa da Dio per intercessione di questa Santa Penitente, avesse cambiato il nome di Busonara in quello di Maddalena… ma di una tal cognizione lasciamone il pensiero a chi vuol averlo”. 

Questo documento ci svela molto riguardo a quell’idea di una certa “pia leggenda che vuole che S.M. Maddalena fosse stata abbandonata dai suoi persecutori su di una fragile barchetta,in balia delle onde”, come recita l’anonimo che ancora nel 1953 scriveva brevi cenni nell’opuscoletto edito a La Maddalena nel 50° anniversario dell’Istituto San Vincenzo, “Prima di essere sbarcata a Marsiglia pare che sia stata obbligata, dal vento di ponente,a spostare qualche tempo nella nostra isoletta che da Lei prese il nome”. 

Una tradizione orale, così lontana nel tempo, fu per la prima volta accolta in un dotto lavoro dell’archeologo sardo il Canonico Giovanni Spano, che nel 1872 nel suo “Vocabolario Sardo geografico patronimico ed etimologico”, alla voce: Sa (sic) Maddalena, cosi scrive “Villaggio ed isola La Maddalena. Madeleninu dicesi anche isulanu come gli abitanti di Carloforte. Nel paese si ha per tradizione che S. Maria Maddalena, dopo la morte di Cristo, sia passata, e dimorata in quest’isola, e per ciò sia stata così ” appellata (l’isola)”. 

Tutti questi riferimento dimostrano come fosse viva nei primi isolani ( ed in qualche misura, anche se in forma più sbiadita, lo sia anche ai nostri giorni) la tradizione apocrifa del viaggio per mare della Santa narrato nella “Legenda Aurea” scritta da Jacopo da Varagine o da Varazze. Nel 1300 si andò formando, in area ligure, la così detta “Legenda Aurea”, che altro non è che una raccolta di vite di santi ad uso popolare, frutto di fervida fantasia e rielaborazione dei vangeli apocrifi senza paternità letteraria. Nella “Legenda” compare anche la vita di Santa Maria Maddalena, ricca di notizie e di storielle di tipico impianto medioevale, ma che ha avuto una “fortuna editoriale” incredibile, tanto da rappresentare, per secoli, un repertorio iconografico ed agiografico diffusissimo, e che ha colmato, purtroppo, tutte quelle lacune che già i vangeli apocrifi avevano cercato di “spiegare” a modo loro. 

Basti dire che l’episodio della Santa Penitente in eremitaggio non ha riscontro nei Santi Vangeli, ma popolarmente il più conosciuto della vita di Maria di Magdala e si deve, proprio, alla “Legenda Aurea”. La navigazione della Santa, con i suoi parenti e servi, su di una navicella senza timone abbandonata dai carnefici nel vasto mare Mediterraneo, e il suo miracoloso approdo a Marsiglia, sono serviti da base leggendaria per un’altra tradizione orale, che si è innestata nella precedente, allungando il viaggio miracoloso, in una sosta di fortuna sulle spiagge dell’isola maddalenina. 

Dalla Provenza, dove si è sviluppata la “Légende Dorée”, è passata in Corsica e dalla Corsica, attraverso il nostro arcipelago, alla Sardegna. Per noi è tutta una questione toponomastica! Sappiamo che nel 1300 l’arcipelago non portava ancora il nome della Santa, che apparirà nell’attuale forma solo nel 1570 per opera di Gianfrancesco Fara, che nella sua dotta “Chorographia Sardiniae” ci tramanda per primo, l’attuale toponimo noto ai suoi tempi. naturalmente in latino: Magdalena insula. 

Pensiamo che , molto probabilmente, esistesse sull’isola un’antica cappella a Lei dedicata, di cui si erano perse le tracce già ai tempi del Fara , ma il toponimo può essere un indizio valido. Ad oggi, non si sono ancora trovate certezze inconfutabili, ma solo citazioni in lettere del 1700; tracce ancora troppo deboli, ma di indubbio interesse, se si pensa che confermano l’esistenza di una cappella maddaleniana nel territotio prima del 1767, quando ancor non era sorta la chiesetta di Santa Maria Maddalena in località Tinita (prima parrocchia ufficiale all’interno dell’isola, poi dedicata, appunto alla SS. Trinità, quando fu costruita la parrocchiale nel centro del paese nel 1780 circa ). E’ interessante notare come la tradizione in pieno 1700 di un’antica cappella dedicata alla Santa congiunta alla tradizione del “miracolo dell’isola” (come abbiamo potuto constatare nel “Contrasto” del 1779), confermino che il culto dovuto alla Santa e la conseguente dedica toponomastica dell’isola dovevano essere molto antichi. 

Nella “Legenda Aurea” si parla, infatti di un miracolo della Santa avvenuto in un’isola non meglio identificata, ma da certi particolari (la terra era troppo dura; essendo roccia viva, non si potè scavare neppure una fossa) possono aver adattato detto “miracolo del Principe di Marsiglia” alla nostra isola tra le bocche, così piena di vento e non certamente povera di pietra. 

L’anonimo agiografo, di cui Jacopo da Varagine trasse l’episodio del miracolo dell’isola, potrebbe averlo ricalcato su un prodigio molto simile descritto da Filostrato nella sua biografia del taumaturgo pagano Apollonio di Tiana. Si riconoscono molte affinità formali tra questo miracolo e quello maddaleniano. Lasciamo però il piacere di trattare più ampiamente il testo della “Legenda Aurea”, con particolare attenzione alla storia del miracolo dell’isola che forse una antica tradizione ha collocato tra le nostre acque, ad un’occasione prossima.

A. Frau