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La ritirata e la trafuga con Garibaldi

Garibaldi uscì da Roma il 2 luglio 1849, il giorno successivo alla capitolazione della Repubblica Romana, con circa 4000 uomini. Risalì la valle del Tevere per il Lazio e l’Umbria, quindi entrò in Toscana a Palazzone e, attraverso Arezzo, ne uscì a Monterchi, per rientrare ancora in Umbria. Passò poi per le Marche e nella Repubblica di San Marino, dove sciolse la legione. Il 1 agosto, con un numero ristretto di compagni, fra cui il Maggior Leggero, che lo aveva raggiunto da Roma, dove si era attardato perché ferito, Garibaldi tentò di raggiungere Venezia con tredici barche da pesca.
Intercettati dalla marina austriaca, i Garibaldini superstiti approdarono al la spiaggia di Magnavacca e si dettero allo sbando. Il Generale si ritrovò solo con il Maggior Leggero e la moglie Anita, ormai morente. Quando questa spirò, la sera del 4 agosto, Leggero fu l’unico ad essere vicino a Garibaldi nel più triste momento della sua vita e, dopo averlo esortato a partire senza altro indugio, lo accompagnò per tutta la trafuga. Garibaldi e Leggero furono aiutati da patrioti ravennati prima, e forlivesi poi, che con un sistema di staffette, guidarono i due verso l’Appennino. A Modigliana, furono affidati a don Giovanni Verità, che li guidò per monti e boschi, finché la trafila si spezzò. Intenzionati a raggiungere la Liguria seguendo il crinale appenninico, Garibaldi e Leggero giunsero al Molino di Cerbaia, dove incontrarono casualmente un ingegnere di Prato favorevole alla causa unitaria: Enrico Sequi. Questi scortò i fuggiaschi fino a Prato, dove li attendeva Antonio Martini, amico del Sequi. Quest’ultimo consigliò loro di seguire la via della Maremma per raggiungere il mare, perché la meno battuta dalle truppe austriache e granducali, che li cercavano a morte. Organizzò, assieme all’amico, la loro una fuga in carretto sino a Bagno al Morbo, presso Larderello. Prima di partire, alle 2 di notte del 27 agosto, Garibaldi donò al Sequi l’anello nuziale di Anita. Arrivarono al Bagno al Morbo alle 11 di notte dello stesso giorno, dopo essere transitati per Signa, Montelupo Fiorentino, Empoli, Castelfiorentino, Certaldo, Poggibonsi, Colle di Val d’Elsa, Castel San Gimignano, Volterra quadrivio, Saline di Volterra, Podere, Prugnano, Pomarance. Burraia e Larderello. Al Bagno al Morbo furono accolti da Girolamo Martini, direttore dello stabilimento termale, che li affidò ad Angiolo Guelfi di Scarlino e a Camillo Serafini, medico di San Dalmazio. Mentre il Serafini ospiterà nella sua casa i due illustri fuggiaschi per 4 giorni, il Guelfi si recherà a Scarlino per organizzare l’ultima trafila, che li condurrà fino al mare.

L’ultima trafila 

Il 1 settembre 1849, alle 9 di sera, sotto la luna piena, Il dottor Serafini esce dalla sua casa con Garibaldi e Leggero. Si dirigono verso la Croce della Pieve, dove prendono tre cavalli. Percorrono la vecchia vicinale per Castelnuovo Val di Cecina,e vi passano al galoppo verso le 10 di notte. Al Molino di Bruciano li aspetta Girolamo Martini, che li accompagna in Barroccio fino al podere delle Malenotti, poco prima di Massa Marittima. Qui incontrano le prime due staffette della trafila organizzata dal Guelfi. Lasciano il Martini e si dirigono a piedi al Podere di Schiantapetto, sotto Massa Marittima. Altri due patrioti massetani li attendono e, insieme, si dirigono a Palazzo Guelfi, nella piana di Scarlino, dove giungono all’una e mezzo della notte del 2 settembre. Congedatisi dai massetani, Garibaldi e Leggero vengono presi in consegna da altri 4 patrioti scarlinesi, che provvedono al loro breve soggiorno nella casa del Guelfi. Ai due fuggitivi viene offerto del caffè, dopo di ché si adagiano nella camera del padrone di casa, dove godono di un breve riposo. Prima di addormentarsi, Garibaldi fuma un sigaro, il cui mozzicone giacerà per quasi cento anni nella stanza come una reliquia, per andare poi perso durante una perquisizione della Werhmacht. Alle 5 del mattino del 2 settembre comincia l’ultima tappa della trafila terrestre. Alle 10 antimeridiane arrivano a Cala Martina, dove li aspetta la barca di Paolo Azzarini. Dopo una breve sosta all’Isola d’Elba, il pescatore elbano li sbarcherà a Porto Venere il 4 settembre.

Apparecchio ortopedico ideato per proteggere e sostenere il piede di Giuseppe Garibaldi dopo la ferita subita in Aspromonte.