Acqua e acquedottiLa Maddalena Antica

L’isola delle Bocche

L’isola sorge tra la Corsica e la Sardegna, nel centro del Tirreno, contornata da un arcipelago, in una zona dal clima particolarmente mite, battuta a lungo dai venti. Il maestrale e il ponente, tenendo sgombro il suo cielo dalle nubi, scuotono nelle campagne le fronde dei corbezzoli, dell’erica, dei ginepri selvatici e asciugano implacabili, più dello stesso sole, ogni goccia d’acqua che cade dal cielo o che può scaturire, per un indecifrabile gioco dei flussi sotterranei, dalle viscere della terra.

Essendo l’isola costituita da una massa granitica di circa venti chilometri quadrati, con una sola collina sui centocinquanta metri di altezza, non è in grado di trattenere le piogge, soprattutto quelle torrenziali. Queste sostano per breve tempo sullo scarso manto superficiale di terra, per poi correre velocemente verso il mare negli alvei scavati nei millenni, là, dove la crosta granitica è meno compatta e addirittura friabile sono, questi corsi d’acqua, le vadine ad andamento torrentizio che pur non costituendo un capitale idrico controllabile, alimentano da secoli, nell’isola, piccole sorgenti, dopo essersi disperse in parte sotto terra, ed aver incontrato nel granito sacche e fenditure superficiali, che ne rallentano soltanto per breve tempo il deflusso verso il mare.

Dei torrentelli che scorrono in questa terra, degno di nota è il fosso Zanioli, affluente di destra del Vena Longa, che riceve a sinistra il fosso di Valle Gambino. Il fosso d’acqua di Ferrante e il fosso d’acqua di Stefano, nell’isola di Caprera, costituiscono la sua risorsa principale. Questa isola, da oltre un secolo, può considerarsi, dal punto di vista idrico, complementare all’isola madre, essendo a questa legata ormai indissolubilmente mediante una diga – ponte di alcune centinaia di metri.

Per la descritta natura del suolo, dunque, non si trovano, all’interno dell’isola, acque di sorgenti montane, di fiumi, di laghi, o di altri depositi naturali. Le condizioni termiche e pluviometriche, dipendendo in maniera diretta dalla piovosità, essendo inconsistente e quasi sempre “stagionale” l’apporto delle sorgenti, non possono in alcun modo garantire l’autonomia idrica di questa terra per una consistente popolazione.

Questo dato non può non inquietare chi si accinga ad amministrare l’isola, all’interno del Parco Nazionale e Internazionale, nelle Bocche di Bonifacio, per una media giornaliera di presenze, tra luglio e agosto, di almeno trentamila persone.

Veli d’acqua, talvolta, Si accumulano nelle fenditure del terreno, nell’interno della massa rocciosa, per venire poi restituiti “per filtrazione e spesso per trasudazione, a seconda della compattezza del granito”, ma rappresentano sempre ben poca cosa. Separata dalla costa sarda da un canale marittimo di circa due chilometri, l’isola, coi suoi nudi scogli che declinano a ponente, tende al cielo, nei periodi di siccità, l’ampio ventre protetto da lastroni levigati di pietra grigia. Le differenti masse d’aria che si incontrano alla “porta del vento”, nell’imboccatura delle Bocche di Bonifacio, concorrono ad esprimere situazioni bariche piuttosto caratteristiche. Queste, installando i loro fronti nel sistema sardo – corso, sono, da sempre, all’apice di ogni storia della mia isola. Anche di questa che sto per scrivere, legata intrinsecamente ad episodi isolati, come frammenti d’acqua, alla più grande leggenda della ” vena madre “. Proveniente dalle montagne della Corsica, questo presunto fiume sotterraneo, raccoglierebbe straordinarie quantità di acque di una purezza inimmaginabile in qualche sacca sotterranea mai identificata. La scienza dice che si tratta soltanto di leggenda.

G. C. Tusceri