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Poggio Baccà (Isola Caprera)

Oltrepassato il ponte che da Maddalena conduce a Caprera, proseguire a destra in direzione Stagnali. Arrivati alle caserme, superati i musei, fermiamoci al porticciolo, qui c’è un monumento realizzato a inizio novecento dai militari che rappresenta l’Italia. Uscendo dalla zona dei casermaggi per la strada che porta a Punta Coda, oggi sede del Centro Velico Caprera, sulla destra c’è un grande spiazzo bordato, a sud, da una piccola pineta. Qui corre un sentiero che conduce, verso sinistra, alla batteria antiaerea di Poggio Baccà, dalla quale si domina Porto Palma a sud, Stagnali a nord, e il canale che separa S. Stefano Caprera verso ponente. Nella piana tra Stagnali e Poggio Baccà c’è una curiosa stazione elettrica con affiancata una garitta con volta alla prova.

Il toponimo Baccà ha sempre dato filo da torcere agli indoeuropeisti e, conseguentemente, a tutti gli studiosi locali che si sono avventurati nel tempo, ad analizzarne il significato. Tutti sono scivolati sulla buccia di banana della BACCA’=BACCA e quindi BAGA-BAGA (CORBEZZOLO).
In realtà questo toponimo, che risulta essere uno dei messaggi più importanti e prodigiosi per la marineria del Mediterraneo, significa ben altro.
Baccà (Poggio) indica una precisa zona di Caprera sud-occidentale, compresa tra Punta Fico, Porto Palma e Stagnali. Il significato, è il seguente: “poggio con acqua sorgiva che affiora dal terreno”. E’ sufficiente che, sulla sabbia, si scavi con le mani, per trovare acqua da bere.
Dall’accadico bakû (lacrimare) che incrocia con bakkû (lacrimoso) “che ben si addice – commenta Semerano, con una ricostruzione tecnico scientifica a livello linguistico – al gemere di una tenue fonte” o di acqua sorgiva.
Il sito di cui parliamo oggi fu al centro di una dura vertenza, nel 1847, tra “Riccardo Collins inglese”, l’Intendente Provinciale di Tempio, Persi, e l’Intendente Generale del Regno e il Capitano di Vascello Comandante dell’Isola e del Porto di La Maddalena, Bixio.
I naviganti soprattutto, ma anche molti maddalenini che conoscevano tutti i segreti dei marittimi, e quindi pure dei pescatori, sapevano che la zona di Punta Fico aveva, e ha ancora oggi, quasi a livello del mare, una sorgente perenne di acqua fresca, all’interno di una grotticella, che per il “rinnovo dell’acquatico” di bordo, è l’ideale. Solo che ci si deve insinuare, possibilmente con un coppo di sughero, legato a un lungo bastone.
Collins, già proprietario di un vasto appezzamento di terra a Caprera, aveva ottenuto, con mille rigiri e sotterfugi, che gli isolani sorteggiati, all’epoca delle chiudende applicate nell’arcipelago, gli cedessero, contro ogni legge, i lotti di terra a loro destinati. Questo insistente tentativo fu portato avanti, inizialmente, dal capitano inglese Parker, che sostava da molti mesi in rada su un cutter, ma che non risultata residente all’Isola. Poi, siccome il tentativo era stato respinto dal Tola, che, per conto del Vicerè di Sardegna, soprintendeva al sorteggio delle terre nell’arcipelago, il compito di impossessarsi della zona meridionale di Caprera era passato a Collins, pure inglese. Era evidente che entrambi intendevano garantire alla Corona britannica il possesso e il controllo della golfata di Porto Palma, dove Horatio Nelson aveva a lungo sostato a più riprese con la sua squadra, magnificandone le qualità strategiche. Ma occupare Porto Palma, significava anche precludere ai naviganti la possibilità di attingere acqua fresca dalla sorgente di Punta Fico (1), che delimita a sud-est proprio Porto Palma.
Alla fine, come sempre succede quando si vogliono coprire diplomaticamente le magagne di chi é più forte di noi e, soprattutto, di chi ci può essere utile (era ormai nell’aria la partita diplomatica per l’unità d’Italia), si accetta la chiusura arrogante dell’Inglese, sostenendo che alla fine non ci sarà alcun nocumento per gli isolani e che gli stessi potranno prendere acqua buona proprio sul Poggio Baccà, dove si cita un’altra fonte e dove si può trovare “altra (acqua) maggiormente abbondante a menoma distanza da quella, nel sito detto «i primi dipartimenti»”.
In seguito si legge ancora: “L’acqua di Baccà finalmente, restava pure dentro del chiuso, piccola fonte abbenché abbondante, ove per attingerla abbisognava scavar la sabbia colle mani, ed in compenso il sig. Collins fece costruire a sue spese, una cisterna, abbastanza grande, poco discosta da Baccà (…)”.

Tratto dal libro MGDL e dintorni di Giancarlo Tusceri

  1. Fico (Punta), delimita a sud-ovest l’isola di Caprera (arcipelago di La Maddalena, nelle Bocche di Bonifacio). È il sito più prossimo al dirimpettaio Capo d’Orso, sulla costa sarda. Si calcola che tra il 6000 e il 3000 a.C. il piccolo braccio di mare potesse misurare poco meno di un paio di centinaia di metri, e quindi era facilmente attraversabile, soprattutto con la buona stagione. Nella località in questione si sono trovati depositi di ossidiana e di selce, numerosi tafoni con tamponamenti in pietra grezza, e soprattutto vi si trova acqua sorgiva, anche se in luoghi piuttosto angusti. I toponimi Fico, Fica, Ficarone, Ficatorta, Figo, Figu, Figara, Figalia, Figuerola del Camp, Ficajola, Ficaria, Ficarolo, Ficarra, Ficarazzi, Ficaccia ecc. vengono comunemente scambiati per fitonimi e fatti derivare dalle voci latine ficus,-i e ficus-us, fico, albero e frutto, ma anche dal gr. sukon, fico, porro, sesso femminile. Non riuscendo a chiarirne il significato etimologico, tuttavia, si rinvia spesso la voce alle lingue orientali, da cui il termine proverrebbe.
    Il problema è risolvibile facendo ricorso alle lingue mediorientali (e non solo) e in particolare alle forme allotrope piqu o siqu (stretto), italiano “picco”, da piaqun, siaqum=essere stretto, ebraico suq, arabo diq, etiope toqa; cfr. accadico siqu (irrigazione), suqum (stretta via di penetrazione, apertura angusta), turco siki/suki (stretto), costruito sul fonema su (acqua), in sanscrito sik (pioggia sottile). Cfr. pure in accadico suqaqu (strettoia, stretto passaggio).
    Il significato sessuale attribuito a questo termine in volgare, deriverebbe, fin da tempi antichissimi, dallo stretto canale della donna, che consente di giungere alla fonte della fecondazione, dove sono distribuiti, nell’utero, i semi del frutto.
    Il toponimo compare sempre in presenza di una fonte di acqua dolce, il cui accesso sia comunque angusto. Dalla radice fic, inserire/entrare/passare con difficoltà/ficcare.
    A Punta Fico di Caprera, vi è – come si diceva – una sorgente a mezza costa, che affiora da un cunicolo nella roccia, attraverso cui, con difficoltà, si può prelevare ottima acqua da bere. Interessante è rilevare che l’Ammiraglio Albini, che conosceva molto bene l’arcipelago maddalenino, nel suo portolano definisca questa località Ficco e non Fico, quasi ad indicare l’azione di ficcarsi dentro per bere.
    Si registra una Fonte del Fico (in territorio di Pisa), in cui si riconduceva il toponimo ad una ficaia selvatica della zona che affonderebbe però le radici nell’angusta fenditura della roccia da cui sgorga abbondante l’acqua.
    Vi è una Cala Fico pure nel sud della Sardegna (San Pietro), dove si registra la presenza di una sorgente a cui si può accedere per un passaggio angusto.
    Vi è un’Acqua del Fico in Campania, con analogo significato e una grotta del fico in Sardegna, che segnala un passaggio ristretto all’interno di una montagna, per trasferirsi da una grotta ampia ad un’altra altrettanto ampia, dove scorrono acqua sotterranee.
    Nel Cilento si registra un Porto del Fico, accogliente ma con ingresso sofferto.
    Attraversando la Sala del Fico si giunge, lungo un passaggio sacrificato, alla Sala della Cupola o dello Scudo (così detta per la forma a cupola che presenta la cavità e per la presenza nella volta di un’impronta a forma di scudo) a Vitravo-Verzino, Calabria. Vi è poi una sorgente sottile denominata Fica a’ Noce di Amalfi; si registra pure una Fietra Fica in Piemonte, uno Scariu da Fica Ranni-Stromboli, una Forra Fica Torta a Verbicaro e Forra al Fico nel monte di Seravalle.
    È noto anche un Colavigus, “solco nei campi per raccogliere l’acqua; scolatoio nel posto dove si lava; ruscello; cunetta, canaletto per le acque lungo i margini stradali”.
    Il giorno 8 ottobre Bixio, che fino a questo momento si è espresso sull’argomento senza aver preso di persona visione dei luoghi, colto da diversi dubbi, comunica di essersi recato a Caprera, il giorno 4 ottobre, onde accertare sul luogo non solo della direzione dei muri di cinta, fatti innalzare dal sig. Collins, ma bensì anche della posizione delle sorgenti d’acqua.
    A Punta Fico egli rileva quella fonte tale e quale, (…) era stata disegnata, a poca distanza dal mare, e dalla parte di ponente, non avvi alcun muro, che impedisca ai naviganti di recarvisi ad attingere acqua, essa trovasi effettivamente nel concavo di due scogli, e per attingervi acqua bisogna mettersi a carpone, e lunga 2 metri, larga 30 centimetri e profonda centimetri 40.
    Il monte Fico, essendo un ammasso di sassi e di pietre ordinarie, frastagliate di macchie di acacia e di lentisco che produce una specie di frutta buona a far olio, è il più sterile dei monti della Caprera, che in questa parte è all’atto disabitata. Sotto un grosso macigno di questo monte sgorga una ragguardevole sorgente perenne di acqua fresca, leggiera e sana”. (1865)
    Tratto dal libro MGDL e dintorni di Giancarlo Tusceri

Vedi anche: Itinerario: Poggio e Cala Baccà