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Ravanello selvatico

Ravanello selvatico (Raphanus raphanistrum subsp. maritimus, nome locale armuraccia). Articolo di Giovanna Sotgiu.

Caratterizzata da foglie un po’ ispide e molto articolate, lunghe fino a 20 cm, e da fiori piccoli e chiari su fusto ramificato, l’armuraccia è fra le piante, conosciute e apprezzate in tutta la Sardegna, che si raccolgono in questo periodo e si consumano come insalata: nell’arcipelago cresce la sottospecie marittima che, a detta dei raccoglitori che se ne intendono, è più saporita della specie tipo.

Fra le testimonianze che ho raccolto a proposito di questa pianta la più significativa mi sembra quella della signora Santina Scotto, nipote di Michele Scotto noto come Zi Cristu (che iniziò la devozione della Madonnetta) e madre di Pina Acciaro; il padre è stato fanalista al faro di punta Filetto di Santa Maria e a quello di Razzoli dal 1913 al 1933. Moglie e figli, isolati per lunghi periodi, hanno vissuto sapendo di non poter sempre contare sull’aiuto esterno e quindi di doversi arrangiare da soli: così divenne naturale imparare a conoscere i segni della natura che annunciavano il variare del tempo, a procurare il cibo allevando qualche gallina e rubando alla terra sterile piccoli tratti da coltivare ad orto, a conservare pesci e totani sotto sale o essiccati, a conoscere ed usare le piante selvatiche.

Fra queste l’armuraccia che poteva essere consumata in frittata o bollita come insalata, o come base per un minestrone con fagioli, o, nel periodo di carnevale quando si ammazzava il maiale e si consumavano subito le parti fresche, cucinata insieme a ossa o pezzi della testa.

In tal caso, per rendere un po’ diverso il minestrone, invece della pasta si metteva una spruzzata di polenta: così ai bambini non sembrava più la solita minestra, ma un’altra pietanza alla quale si dava in allegria il nuovo nome di burdatinu, da burdatu, tessuto allegro e colorato usato per cuscini e fazzoletti.

Giovanna Sotgiu – Co.Ri.S.Ma