Correva l’anno 1938
A Palau, si demolisce il vecchio campanile a vela posto sulla facciata della chiesa e se ne costruisce uno nuovo presso la sacrestia.
12 gennaio
Viene nominato Commissario Prefettizio il medico di origini tempiesi, Aldo Chirico, rimarrà in carica dal 12/1/38 al 18/2/38 per diventare Podestà il 19 febbraio e mantenne la carica fino al 25 ottobre del 1940.
2 febbraio
Il commissario prefettizio di Santa Teresa stabilisce l’importo della tassa di soggiorno differenziata per chi fruisce dei due alberghi muniti di ristorante e chi è ospitato in camere ammobiliate.
4 febbraio
Nasce a La Maddalena Bruno Scanu. Punto fermo della Grande Ilva degli anni cinquanta-sessanta, Bruno è un giocatore che nei vari momenti della sua carriera occupa tutti i ruoli, compreso quello di portiere. Infatti il 26/6/1966 (Alghero-Ilva 1-0), quando ancora le sostituzioni non erano consentite, rimpiazza l’infortunato Sandro Demuro per circa un’ora, e riesce a non subire gol; le cronache registrano l’ilarità del pubblico per le sue giocate fuori area in una posizione lontana dai pali, che mette in evidenza una capacità ora omologata come elemento distintivo del ruolo: si potrebbe in proposito considerare che l’Ilva Baby era un bel po’ avanti, ma questa è un’altra storia.
Bruno Scanu inizia con la terza squadra cittadina, l’Audace, che negli anni cinquanta disputa il torneo zonale CSI. E’ una formazione che rappresenta una sorta di serbatoio per le altre società maddalenine (e non solo) in anni in cui all’Isola forse scarseggia l’acqua ma di buoni calciatori se ne sfornano in abbondanza. A titolo esemplare si può ricordare la formazione dell’Audace 1955/56: Tedde; Vallarino, Cogliolo; Fresu, Leoni, Del Bene; Varsi, D’Andea, Scanu, Mura, Caria. Scanu gioca centroattacco distinguendosi per la rapidità dei movimenti e la buona capacità di andare a rete con conclusioni potenti e precise.
Nel 1956/57 il Commissario Straordinario dell’Ilva, prof. Asara, imposta il graduale rinnovamento dell’organico e affida la guida tecnica al giovane Salvatore Zichina. In una intelaiatura che può ancora contare su elementi esperti e affidabili sono quindi inseriti alcuni giovani di valore. Bruno Scanu viene selezionato e raggiunge così il fratello maggiore Giovanni, con il quale forma la coppia di fratelli più celebre e vincente della storia dell’Ilva. Esordisce il 18/11/1956 (Ilvarsenal-Cagliari B 1-1) in una squadra che scende in campo con: Rubbiani; Lodde, Origoni; Cassani, Sabatini, Pisano; Deriu, Zonza, Scanu, Comiti, Cannata.
Dopo le prime esperienze in attacco – al centro o all’ala – inizia ad arretrare la propria posizione in campo; viene infatti schierato prima a centrocampo nel quadrilatero dello schema WM, e poi retrocede ancora per occupare i ruoli difensivi che lo consacrano calciatore di grande livello. Nel reparto di retroguardia può giocare in tutti i ruoli, ma le sue doti vengono esaltate nella posizione centrale che – in momenti diversi – interpreta sia nella linea schierata a tre che in una posizione più prudente da battitore libero; come centromediano gioca anche nella rappresentativa regionale selezionata da Cenzo Soro. Calciatore tecnico ed elegante, Scanu vanta buone doti atletiche ed una velocità di base che consente preziosi recuperi in copertura e rapide ripartenze in fase di impostazione. L’abilità nel palleggio e la tendenza a giocare sempre la palla lo portano ad offrire il proprio contributo in ogni situazione, mentre con il tempo la sua esperienza e la continuità di rendimento garantiscono sicurezza a tutto il reparto.
In maglia bianco-celeste è uno dei protagonisti delle più felici stagioni del calcio maddalenino; gioca ininterrottamente 14 campionati totalizzando oltre 350 gare con una ventina di marcature, tra le quali spicca quella realizzata nell’amichevole di lusso del 19/11/1967 contro il Cagliari: gol su punizione a Adriano Reginato, portiere che in quel periodo incassava veramente poche reti. Per motivi di lavoro lascia La Maddalena e disputa la sua ultima gara in bianco-celeste il 2/11/1969 (Ilva-Macomer 1-0); quella domenica il presidente Carlo Sabatini, già suo compagno di squadra, gli consegna una medaglia ricordo (foto allegata). Trasferitosi a Cagliari gioca ancora qualche buon campionato con Sestu e Sant’Antioco e poi, rientrato all’Isola, nel 1976 disputa le sue ultime partite con il Maddalena guidato da Domenico Serra. In seguito non si occupa più di calcio giocato. (Gianni Vigiano)
14 febbraio
Da “Il Littoriale”. Fuori sacco sassarese – Il calcio è in letargo. Nel settore dello sport sassarese, il calcio è la unica attività che langue.
Sassari, che vanta un passato calcistico degno di rilievo, lascia che i molteplici sostenitori ed appassionati del pallone si sbizzarriscano nel seguire le vicende dei fanti ed artiglieri che, col disputato campionato militare, hanno saputo egregiamente svegliare il torpore e l’apatia di molti. E’ tempo ormai di dare una cura ricostituente e la sola medicina necessaria è una: la volontà. La Legione Lugodoro ha pensato con vero intuito sportivo e disinteresse di raccogliere gli ex-giocatori della Tries che militarono in Divisione Nazionale, ed inquadrarli per la formazione della squadra “Lugodoro”, in attesa ed in previsione che la città nostra, con conta ben 65.000 anime entri decisamente nell’agone calcistico, come la consorella Cagliari. Il Comando della 177a Legione, per interessamento del console Cecchini e del C. M. rag. Mundula ha disposto parche la squadra compia una serie di incontri nell’isola, con relative partite di ritorno al campo Littorio.
Invitata da diverse squadre, fra le quali quelle più importanti di La Maddalena, Oristano, Iglesias, Cagliari, Alghero, la squadra dello “Lugodoro” inizierà la sua prova ad Oristano, contro la forte squadra del Dopolavoro. Comunichiamo pertanto i nomi dei giocatori: Piga; Sciacia; Gandino; Sanna, Serradimigni, Paedda; Piras, Desole, Marongiu, Camoglio, Cermelli. Riserve: Mura e Arca.
3 marzo
Al segretario del Fascio il dott. Paolo Azzena giunse da Sassari una missiva riservata, spedita dalla Federazione dei Fasci di Combattimento di Sassari e firmata dal segretario federale Antonio Medas, lettera con la quale si chiedeva “con urgenza e massima precisione se il sacerdote Salvatore Capula abbia tenuto (quando e come) un comportamento avverso al Regime ed al Partito, se ed in quale circostanza, nell’esercizio del culto, in pubblico od in privato, abbia pronunciato frasi irriverenti all’indirizzo del Governo o del Partito, o comunque abbia svolto propaganda contraria alle Organizzazioni Fasciste“. Il 3 marzo, con lettera altrettanto riservata, il segretario del Fascio di La Maddalena Paolo Azzena così rispondeva: “Non risulta che il sacerdote Salvatore Capula, parroco di questa sede, abbia mai tenuto contegno avverso al Regime. Risulta, invece, che il suo contegno nell’esercizio del culto, oltre ad essere improntato ad un regime di vita molto modesto ed umile, ha dato prove luminose di essere non solo patriottico ma simpatizzante, senza restrizione, verso il Regime. In non rare occasioni, durante il culto e fuori, il Rev. Capula ha esaltato la figura del Duce. Ha mantenuto e mantiene rapporti di cordialità con le Gerarchie tutte e con le Autorità Civili e Militari“.
20 marzo
Muore ad Alloza o Muniesa (Teruel) in azione nella guerra civile di Spagna, il Primo Aviere Armiere Pietro Santu, del XXII° Gruppo. Era nato a La Maddalena. MAVM alla memoria.
11 aprile
Muore a Matarò, Barcellona, Paolo Santandrea. Un ematoma surrenale a seguito di una ferita subita durante la ritirata di Caspe, nel marzo del 1938, gli fu fatale. Era nato nell’isola di La Maddalena il 13 marzo 1907, in via Principe Amedeo dove risiedeva con i familiari. Il padre Pietro aveva comandato, dopo aver preso parte alla prima guerra mondiale, le fortificazioni di Punta Tegge e Nido d’aquila. Entrambi i genitori erano originari di Alghero (la madre era Caterina Trova) ma trasferitisi a La Maddalena per via del lavoro di Pietro, Sottufficiale di Marina. Paolo crebbe in una famiglia senza problemi economici e molto rispettata a La Maddalena, frequentò tutte le scuole fino al ginnasio, quel ginnasio Umberto I che la Riforma Gentile aveva istituito a La Maddalena per agevolare i figli di ufficiali e sottufficiali che poi avrebbero conseguito il diploma liceale e, possibilmente, superato il concorso per l’accesso all’Accademia militare. Paolo dopo il biennio ginnasiale decise di interrompere gli studi e partire militare per il servizio di leva. Servizio che svolse a La Spezia imbarcato su un panfilo reale. Qui fu molto apprezzato come marinaio ma la sua indole e i suoi interessi erano altri. Tornò a La Maddalena in cerca di occupazione. Nel 1930, come raccontò in seguito suo fratello Armando, in occasione dei festeggiamenti di Santa Maria Maddalena il 22 luglio fu sorpreso da qualche delatore a fare una battuta. Commentò l’oscillazione di una imbarcazione addobbata con un fascio littorio dicendo che “il fascio iniziava a traballare”. Questa battuta fu sufficiente a farlo segnalare alla questura, dove fu poi condotto e trattenuto per l’intera giornata. E soltanto la stima riconosciuta al padre gli evitò l’arresto. Tuttavia in seguito i guai per lui non mancarono. Rifiutando la tessera del partito fascista, di cui a La Maddalena era nata precocemente una sede nel 1919 (si veda Sotgiu-Sanna, “La Maddalena nel ventennio fascista”, 2015) Paolo ebbe diverse difficoltà a trovare impiego. L’anno successivo, nel 1931, pur non avendo mostrato -se non in famiglia- particolare avversione al regime, decise che per lui quanto stava accadendo sulla sua isola e in Italia era troppo. Per questo, con un amico, decise di scappare in Corsica utilizzando una piccola imbarcazione rubata e, riuscendo ad eludere i controlli delle numerose fortificazioni a difesa dell’arcipelago, di cui immagino avesse una certa pratica dovuta al mestiere del padre, riuscì ad attraversare le Bocche di Bonifacio. Poi l’Algeria (le rotte mediterranee per la libertà spesso avevano angoli meridionali) e poi la Spagna e Barcellona. Città che in quel periodo rappresentava un’idea di libertà molto più vicina alla sua visione del mondo. Qui rimase fino al dicembre 1934 quando il consolato Italiano lo rimpatriò per via della sopraggiunta condanna per espatrio clandestino e furto di imbarcazione. Fu rimpatriato a Genova, dove scontò in carcere 12 mesi di condanna. Poi tornò a La Maddalena, dai suoi genitori. Qui trovò impiego negli uffici della Compagnia di navigazione Tirrenia, allora non ancora nazionalizzata, come impiegato scrivano, a 150 lire al mese. L’equivalente dello stipendio minimo di un bracciante nello stesso periodo. Un impiegato medio ne prendeva anche 600, ma con tessera PNF. Resistette in questo contesto illiberale fino al Maggio 1937 quando, ancora una volta in maniera rocambolesca, scappò per mare per la Corsica secondo un percorso tipico per gli antifascisti sardi (Brigaglia, Manconi e altri, “L’antifascismo in Sardegna”, Cagliari, 1986). Trascorse qualche mese ad Ajaccio, dove esercitò il mestiere di venditore ambulante di gelati. E da qui a Marsiglia dove scrisse l’ultima sua lettera ai familiari, senza indicare alcun domicilio, deludendo in questo modo gli zelanti operatori della polizia politica che già allora, intercettavano la sua posta e ogni sua comunicazione per ricavarne le “attività sovversive”. A Marsiglia si iscrisse a un sindacato antifascista (Union Populaire Italienne) che ne agevolò il nuovo trasferimento in Spagna, dove ormai da circa un anno era scoppiata la guerra civile, in difesa di quelle idee di libertà, solidarietà e giustizia tanto care a Paolo. A Barcellona entrò a far parte della XII Brigata (2′ Battaglione), la ”Brigata Garibaldi”, che raccoglieva gli antifascisti italiani in Spagna accorsi per difendere la Repubblica dal colpo di stato organizzato dal Generale Francisco Franco e sostenuto con mezzi e uomini dall’Italia fascista. Paolo, proveniente dall’isola di Caprera si trovava quindi a combattere in nome di Giuseppe Garibaldi, quello stesso eroe celebrato indistintamente dalle varie parti politiche italiane, quel Giuseppe Garibaldi a cui lo stesso Mussolini pochi anni prima aveva reso omaggio, visitandone la tomba a Caprera. Paolo Santandrea combatté e morì per gli ideali di libertà e giustizia che gli erano stati negati a casa sua. E scelse una nuova Patria per se stesso. Una Patria a lui sicuramente familiare per via della lingua, nella sua famiglia infatti fin da piccolo aveva sentito parlare il Catalano di Alghero. Di lui successivamente in famiglia si parlò sempre molto poco, così come scarne e imprecise sono le informazioni riportate sul suo conto nelle ricostruzioni fatte in diverse pubblicazioni che lo danno per scomparso alla fine dell’aprile del 1938. Scriverà di lui nel 1992 il fratello Armando portandone un ricordo colmo di affetto e stima. Ma impreciso. Armando infatti ne colloca la morte nell’ambito della battaglia di Guadalajara, sicuramente più famosa e celebrata dal fronte antifascista ma precedente al rientro in Spagna di Paolo o -meglio- Paolino, come lo chiamavano i fratelli e come lo chiameranno i nipoti, pur non avendolo mai conosciuto. Sulla morte di Paolo Santandrea avranno molti dubbi anche le autorità del Ministero dell’Interno che con zelo incredibile cercheranno notizie sulla sua sorte fino all’agosto del 1943. La collocazione della sua morte al 29 aprile del 1938 è riconducibile, con buona probabilità, alle informazioni ricavate dal carteggio dell’antifascista Giulio Chiarelli, militante comunista della Valchiavenna che, una volta tornato dalla Spagna, contribuì come molti altri ex combattenti garibaldini in Spagna alla Resistenza italiana del ’43-’45. (Zenoni, “Giulio Chiarelli Il sovversivo”, Sondrio, 2019). Chiarelli, anch’esso intercettato dall’OVRA, racconta di aver conosciuto Paolo Santandrea in ospedale a Matarò e di aver condiviso con lui una parte del ricovero. Fino alla sua fine che gli uffici del Comitato Politico Centrale fascista fanno quindi risalire al 29 di aprile. Questa sarà l’informazione tramandata in seguito anche dalle ricostruzioni antifasciste. Fino al 2017. Anno in cui una ricerca dell’Università di Barcellona sui volontari internazionali presenti in Catalogna nella fase più cruenta e cruciale della guerra civile spagnola, ricostruiranno nel dettaglio le vicende, in particolare, di 80 combattenti volontari deceduti a Matarò.
23 aprile
Cedendo alle imposizioni prefettizie, il Comune di Santa Teresa acquista quattro maschere antigas da distribuire ai dipendenti. Il Comune impegna la quota di sua competenza per realizzare il cimitero di San Pasquale e per riattare la vecchia fonte della frazione. Una gran parte di Lu Patru di Punta Contessa viene ceduta al Genio Militare per la realizzazione di strutture di difesa. Vincenzo Ghirardi è nominato commissario prefettizio e podestà; ricoprirà l’incarico fino al 1940.
3 luglio
Muore in combattimento il maddalenino Carlo Lenci del Battaglione “Toro” del 4° Reggimento Fanteria della Divisione “XXIII Marzo-Fiamme Nere”. Nato il 10 gennaio 1898 La Maddalena (Sassari), conseguita la licenza nell’Istituto tecnico della Spezia nel 1917 e chiamato alle armi nel 90° Reggimento Fanteria, fu ammesso al corso per allievi ufficiali di complemento nella Scuola Militare di Parma il 12 ottobre 1917. Nominato aspirante nel marzo 1918 e sottotenente nell’aprile dello stesso anno con il 42° Fanteria mobilitato, nel reparto Arditi reggimentali, combatté sul Piave e a Vittorio Veneto. Prese poi parte alle operazioni in Albania con la 916a Compagnia mitraglieri del 71° Fanteria dal giugno 1919 al settembre 1920 e rientrato al deposito venne congedato. Passato nei quadri della M.V.S.N. con il grado di centurione, frequentò il III Corso di educazione fisica alla Farnesina (Roma) dall’agosto al novembre 1926 e quindi fu addetto all’istruzione premilitare. Nel 1929 fu assunto nei sindacati dell’agricoltura ed ebbe varie destinazioni nel Veneto ed in Piemonte. Richiamato alle armi su domanda, partì da Genova il 19 aprile 1938 e fu assegnato a suddetto battaglione. Caduto il 13 luglio 1938 sulla Quota 1264 de La Muela (Teruel) nella Battaglia del Levante. Medaglia d’Oro alla memoria: “Comandante di una compagnia avanzata, lanciata alla rottura di un fronte potentemente armato ed organizzato, con sereno sprezzo del pericolo, alla testa delle sue camicie nere, superava e travolgeva le prime resistenze nemiche. Trovatosi improvvisamente di fronte ad un centro di fuoco, fino allora non individuato, audacemente vi si slanciava contro. Gravemente ferito nell’eroico tentativo, sprezzante delle ferite riportate, continuava a lanciare bombe a mano verso il nemico. Ferito anche al braccio destro non scemava il suo ardore combattivo e servendosi dell’altro braccio gettava ancora delle bombe, finché veniva nuovamente e mortalmente ferito. Ad un legionario che gli era vicino, affidava il suo saluto e l’incoraggiamento al reparto e spirava con il nome del Duce e dell’Italia sulle labbra”. Gli è stata intitolata una via a Sassari.
12 luglio
Nasce a La Maddalena Benito Filinesi, altro grande calciatore isolano degli anni cinquanta-sessanta. Filinesi inizia nel 1955/56 nel La Maddalena – ex Cral Marina – che ha appena assunto la nuova denominazione. Esordisce il 6/11/1955 ad Alghero in una partita persa per 1-0; la squadra rossoblu scende in campo con: Piredda; Cano, Sanna; Ziganti I, Fadda, Giannotti; Scotto, Terrazzoni, Filinesi, Petri, Ziganti II. Si mette presto in evidenza, gioca con continuità e va spesso in rete. Dopo quattro campionati di buon livello, quando il La Maddalena lasca l’attività passa all’Ilvarsenal con la quale occupa stabilmente un posto nel quintetto d’attacco. Nelle sei stagioni dal 1959 al 1965 offre alla squadra bianco-celeste un elevato contributo di gioco e di marcature meritando anche l’inserimento nella rappresentativa regionale allestita da Cenzo Soro. Per motivi di lavoro deve poi lasciare l’Isola ed il calcio concedendosi una breve parentesi con il Palau di Piero Paoli nel 1966/67 (8 presenze e 3 gol), per poi chiudere con alcune apparizioni nell’Ilva nel 1969/69. In carriera conta complessivamente oltre 200 presenza con una settantina di marcature. Filinesi è un attaccante molto tecnico che gioca con grande intelligenza e fine astuzia. Anche in un periodo caratterizzato dalla marcatura a uomo possiede la capacità di aggredire gli spazi, dote che gli consente di farsi trovare puntuale alla conclusione. Sa dialogare con i compagni ma è spesso portato ad impostare efficaci azioni personali con dribbling ed interessanti gesti stilistici, segna con continuità da vero attaccante di razza. (Gianni Viggiano)
14 luglio
Cade in mare l’idrovolante della linea Cagliari-Civitavecchia. Muoiono tutti i 16 passeggeri.
21 luglio
Umberto di Savoia visita La Maddalena e Santa Teresa in qualità di Ispettore Generale dell’Arma di fanteria.
11 agosto
Concerto, presso le Scuole CEMM, del grande tenore tempiese Bernardo De Muro.
13 agosto
Sono sempre più numerosi gli articoli sulla stampa sarda nei quali si inneggia alla “Sardegna ariana”.
17 agosto
Nasce a La Maddalena, Pierluigi Onorato. Magistrato e uomo politico. Deputato al Parlamento, senatore della Repubblica. Conseguita la laurea in Giurisprudenza, è entrato in magistratura ponendosi in evidenza come componente dell’esecutivo dell’Associazione Nazionale Magistrati e impegnandosi nel sociale. Nel 1979 è stato eletto deputato del PCI nel collegio di Firenze per l’VIII legislatura repubblicana e successivamente riconfermato per la IX. Nel 1987 è stato invece eletto senatore della Repubblica per la X legislatura.
6 dicembre
Visita del sottosegretario alla guerra generale Pariani.
6 dicembre
Muore a Debra Berham, in Etiopia, il sottotenente Gaetano De Rosa, nato a La Maddalena nel 1914: gli sarà conferita la medaglia d’oro al valor militare.
7 dicembre
Numerose manifestazioni a Bonifacio e in tutta la Corsica contro le rivendicazioni, espresse da Ciano e Mussolini, sulla appartenenza dell’isola all’Italia.
18 dicembre
Oggi, 18 dicembre dell’anno XVIII dell’Era Fascista, nasce il più giovane dei comuni del Regno d’Italia». Così Mussolini celebra la fondazione di Carbonia, la terza “città nuova” di Sardegna, dopo Mussolinia e Fertilia.