Fontane e acquedotti nell’arcipelago di La Maddalena
L’acqua: da sempre un problema per gli isolani (e per tutta la Gallura). Una ricostruzione tecnico-storica notevole con date e dati ineccepibili; articolo di grande interesse, ed ancora oggi, drammaticamente attuale, ricco anche di termini dialettali veramente interessanti.
Il rifornimento idrico delle isole dell’arcipelago Maddalenino è stato sempre uno dei più grossi problemi degli isolani.
Da un censimento eseguito nell’isola di La Maddalena nel 1777 da funzionari del Regno di Sardegna, le principali sorgenti dell’isola erano le seguenti: quella del Collo Piano (oggi regione Trinità); quella della Villa – nei pressi dell’opera di Punta Villa; quella denominata il Masello (con molta probabilità dovrebbe trattarsi della fonte ubicata nei pressi della “Villa delle Fate”). Tutte fontane che gravitavano nei pressi del luogo prescelto per le proprie abitazioni dai primi abitatori dell’Isola.
Altre sorgenti citate, quella di Cala Chiesa e dello Spalmatore. Non menzionate altre importanti fonti evidentemente scoperte o sfruttate in epoche successive come quella di «Cardaliò (Guardiagellone/Caldagellone), dell’Olanda (ghjànda), ed altre di minore importanza.
I vecchi maddalenini, per ovviare alle scarsissime disponibilità idriche delle isole, quasi sempre, provvedevano, nel costruire le proprie abitazioni, a dotarle di pozzi o cisterne. Le cisterne venivano alimentate dalle acque piovane provenienti dal tetto a mezzo grondaie con pozzetti forniti di filtri di sabbia e carbone dolce, in modo da far fronte, in tutto o in parte, ai bisogni domestici.
Gli amministratori, ovviamente, per la maggior parte dei loro amministrati, provvedevano a sfruttare piccole sorgive da dove l’acqua veniva prelevata, con carri-botte trainati da asinelli, e venduta a secchi (stagnalò) alla popolazione. C’era tuttavia anche chi andava, soprattutto per ragioni finanziarie, di persona, ad attingere l’acqua. Si verificavano allora file di gente, la maggior parte donne, che riempito il proprio recipiente se lo ricaricavano in testa, grazie al Capitale (a Capitàla: cuscinetto di stoffa a forma di ciambella) e con lento incedere e con grande perizia equilibristica, se la trasportavano nella propria casa o in quella commissionata. C’era anche chi si accontentava di riempire la propria Mummula, un antico recipiente di terra cotta simile alla brocca, dove l’acqua si manteneva fresca.
Di queste fonti, ricorderemo quella, già citata, di Cardaliò, una sorgiva la cui acqua veniva convogliata a valle e raccolta in due vasche. La portata era di 20 – 30 tonn. al giorno. L’impianto fu realizzato tra il 1880 ed il 1890.
Quella di Cala Chiesa, già sfruttata sotto la dominazione Pisana, ad Est dell’abitato. Questa importante fonte con il suo grande serbatoio di 250 mc. giornalieri circa costituiva, prima della costruzione dell’acquedotto di Mongiardino, la principale risorsa per il rifornimento idrico della città. Altra fonte importante la Fontana del Re ubicata nell’allora Quartiere, nel cortile dove ora sono ubicate le scuole Magistrali ed il Liceo Classico. La fontana di S.M. Maddalena, in via Ilva ubicata dietro la Chiesa parrocchiale. Le cisterne di raccolta di acque piovane provenienti dai tetti in Piazza S.M. Maddalena, costruite verso il 1900, che hanno una capacità di circa 300 mc. e quelle di Piazza Garibaldi raccolgono l’acqua proveniente dal tetto del Municipio.
L’Amministrazione Militare ha, a sua tempo, dal canto suo, provveduto a reperire, per le proprie esigenze, dove possibile, acqua piovana e sorgiva.
Fu costruita negli anni 1885-88 la diga Ferrante nell’isola di Caprera. II piccolo bacino montano ha una capacità di 16.000 mc. d’acqua. Sempre a Caprera fu costruito negli anni 1914-16 un altro bacino montano, la diga Stefano, della capacità di invaso di mc. 40.000. A Caprera vi sono inoltre altre fonti notevoli: di Ferracciolo, le cui cisterne contengono circa 500 mc. d’acqua, costruita nel 1888; la Fontanaccia, nei pressi di Cala Garibaldi, dove il Generale prelevava l’acqua per la sua abitazione e per l’irrigazione del suo orto.
Malgrado gli accorgimenti e le risorse, l’acqua scarseggiava sempre. Le ragioni: la natura geologica del terreno; il regime climatologico; le scarse precipitazioni: media annuale delle piogge intorno ai 400 m/m.
Per porre termine a tale grave stato di cose fu realizzato tra il 1931 ed il 1937, in regione Mongiardino, un grosso acquedotto comprendente una diga di sbarramento del bacino imbrifero per un invaso massimo di circa 600.000 mc.; un impianto di potabilizzazione; un impianto di sollevamento con torrino di carico capace di circa 1000 mc.; condotte idriche per la distribuzione. L’opera era sufficiente a garantire un minimo di 70 litri giornalieri a 15.000 persone.
Con l’evolversi dei tempi, per un maggior consumo d’acqua, per il notevole flusso turistico, anche questa opera risultò, ben presto, insufficiente alle necessità della popolazione. Fu così che nel 1969 fu costruito un nuovo acquedotto a mezzo di una condotta d’acqua dolce sottomarina, la più lunga d’Italia, che partendo da Punta Arzachena, sulla costa settentrionale della Sardegna, raggiunge, attraverso il Golfo di Arzachena, la spiaggia di Porto Palma nell’isola di Caprera, e di qui, a mezzo normali tubazioni, l’acquedotto comunale. La condotta sottomarina, di acciaio, del diametro di 200 millimetri e della lunghezza di 5 chilometri e 600 metri, ha una portata di 4000 mc. d’acqua giornalieri e alimenta l’acquedotto di La Maddalena con acqua proveniente dalla diga del Liscia. L’acqua tuttavia, non potabile, deve essere immessa prima nei filtri e quindi decantata e poi potabilizzata. Un processo lungo, costoso e di grande perdita di tempo tanto che spesso, specie nel periodo estivo, l’acqua erogata non è sufficiente a soddisfare la richiesta del consumo da parte di una popolazione sempre crescente.
Quest’anno (1980) entra in funzione un altro importante acquedotto, quello che dovrebbe, finalmente, soddisfare per un lungo periodo di tempo, il fabbisogno idrico isolano. È una tubazione del diametro di 400 m/m che convoglia l’acqua del bacino del Liscia, già potabilizzata negli impianti dell’Agnata. Giunta a Punta Nera di Palau, dal torrino di Baragge continua a mezzo tubazione sottomarina del diametro di 250 m/m per riemergere a S.Stefano nei pressi di Punta S. Giorgio. Prosegue lungo la predetta isola fino a Punta Sassu con tubazione da 400 m/m per immergersi in mare un ‘altra volta con una condotta da 250 m/m. fino al cancello Sud della Scuola Sottufficiali della Marina. Di qui e fino alla fontana di Cala Chiesa con altra tubazione si biforca con un ramo del diametro di 200 m/m raggiunge il deposito dello Spiniccio; l’altro ramo con tubazione di 300 m/m il deposito di Mongiardino. La portata di questo nuovo acquedotto è di 80 litri al secondo dei quali 12 litri sono destinati all’Isola di S. Stefano per le proprie necessità (Nato, Club Mediterranée (ex Valtur)).
È da tener presente che ora è possibile far affluire a La Maddalena acqua potabile, anche con l’acquedotto sottomarino del Golfo di Arzachena e ciò grazie alla posa di nuove tubazioni sulla costa sarda (da Cannigioni) da dove parte questo importante acquedotto.
Cronache di un Arcipelago – Pietro Favale – La Maddalena – Ottobre 1989