Luigi Bottini
E’ la storia di una delle tante vecchie famiglie Maddalenine che abitarono nell’isola e che ancora oggi sono ricordate fra gli anziani del posto per aver partecipato alla sua storia. Per raccontare la storia del Castaldo di Giuseppe Garibaldi, ho dovuto cercare notizie su documenti, su articoli di giornali dell’epoca e le tante altre notizie raccontate oralmente dai figli, nipoti e pronipoti e tutto quello che ho potuto trovare per far risaltare la persona, dandogli quella giusta attenzione, insieme con le tante altre che hanno vissuto a Caprera e che furono testimoni dei fatti e delle vicende accadute a Garibaldi e alla sua famiglia. Il Bottini arrivò a La Maddalena nei primi mesi del 1853, a vent’anni, dopo aver navigato in lungo e in largo per mezzo mondo approdando infine nell’isola come tanti altri prima di lui. Corsi, Liguri, Campani e Toscani che vennero qua ad abitare. In quel periodo gli abitanti dell’isola erano poco più di duemila persone. Il Bottini non sapeva fare soltanto il marinaio, conosceva tanti altri mestieri che gli erano stati insegnati dal padre: fare il muratore, coltivare la terra e seguire il bestiame, tutto quello che gli servì per conoscere Garibaldi e con Lui abitare a Caprera. Sin dall’inizio, mastro Bottini divenne collaboratore del Generale, il quale con la propria famiglia andò a Caprera andando ad abitare in una piccola dimora posta in basso prima di giungere sul piano dove si costruì la Casa Bianca. La prima costruzione che si realizzò fu la casa di legno, materiale che il Generale aveva acquistato a Nizza e che Lui stesso aveva trasportato, ancora oggi esistente a destra di chi entra dal cancello nel gran piazzale e risistemando quell’altra adiacente in muratura facendogli il tetto nuovamente. Con Garibaldi e il figlio Menotti s’ incominciò subito a ripristinare i confini e i muretti, primo per delimitare la proprietà, secondo per evitare che i pochi animali domestici esistenti non andassero dispersi per l’isola. Quanta pazienza doveva avere mastro Bottini con i due Garibaldi, entrambi esuberanti e pieni di volontà che il più delle volte erano d’impiccio e creavano confusione nel lavoro e perciò i consigli non si risparmiavano ad entrambi, anche perché bisognava darsi da fare poiché era necessario per ripararsi dalle intemperie ed ospitare la famiglia Garibaldi. L’entusiasmo di avere la terra, di coltivarla come desideravano li avevano resi instancabili e capaci di affrontare ogni impresa, non c’era ostacolo che riuscisse a fermarli. Vederli con quale impegno e volontà che mettevano nel fare le cose, li rendevano diversi da noi tutti. Un personaggio la cui figura ci scuoteva e ci faceva comprendere quanto lui desiderasse vivere in quell’angolo di Caprera, per farne un giardino dove coltivare ogni cosa. Si poteva ben capire con quale animo Lui ed il figlio prediligevano stare nell’isola.
Finalmente si riesce nell’estate del 1856 a condurre gli altri due figli, che erano dalla nonna paterna a Nizza, Teresita di undici e Ricciotti di nove anni, nella casa nuova di Caprera. Essi animarono subito con la loro presenza la vita dell’isola e di quanti vivevano intorno alla fattoria. La presenza di tutti i figli in quella nuova dimora, creò tanta gioia nel suo cuore, Lui che aveva fatto della propria vita il Generale di tante battaglie, dimenticando, quasi la propria famiglia, ed averla nuovamente unita in quell’angolo di pace, dove tutto pareva il paradiso, dove gli uomini come lui avrebbero voluto abitarvi e rimanervi per sempre. Con la venuta dei figli venne anche una domestica nizzarda, che aveva il compito di accudire ai ragazzi in tutte le loro necessità. Nel frattempo il Bottini si rese conto che abitare a Caprera voleva dire essere partecipe alla vita di quella famiglia, e perciò bisognava essere discreti e riservati. Questo gli riservò nei confronti dello stesso Garibaldi stima e considerazione per essere stato una persona corretta e seria in tutte le sue manifestazioni. Prima di andare ad abitare a Caprera Luigi BOTTINI sposò nel 1855 una donna la cui famiglia veniva dalla vicina Corsica: Vincenza SCANADICOLO, che lo seguì nell’isola con la prima figlia Rosina nata a La Maddalena il 26 aprile del 1856.
Il Bottini come sempre era intento al suo lavoro e non si interessava d’altro, specialmente di quello che succedeva intorno al personaggio Garibaldi e di quanti venivano a trovarlo, aveva il compito di occuparsi in generale di tutto quello che c’era da fare e seguire il personale che lavorava per l’azienda, per questo e per tutti quelli che frequentavano la casa di Garibaldi divenne il CASTALDO.
In quel periodo le spese erano tante e necessarie per mandare avanti la casa con tutta quella gente che la frequentava. Successe che
per un periodo ci fu un momento di ristrettezze, e Garibaldi dovendo certe somme come pagamento dei lavori fatti dal Bottini, gli propose di dividere quanto gli rimaneva in parti uguali. All’offerta, il Castaldo rifiutò vivacemente assicurando che poteva aspettare. Garibaldi lo costrinse ad accettare, affermando, che era nell’attesa di ricevere una certa somma di denaro che di lì a poco gli sarebbe arrivata da Nizza a seguito della vendita di beni familiari. Così accadde come lui stesso aveva previsto.
Arrivando il denaro fu possibile finalmente provvedere anche alle tante cose che erano state accantonate aspettando tempi migliori. Questo particolare il Bottini lo ricorda con affetto, per il gesto che il Generale ebbe nei suoi confronti dimostrandogli quanto esso teneva al rapporto umano e di lavoro con chi gli era vicino. Per il tempo che il Generale rimaneva sull’isola, cercava di rimediare alla conduzione della fattoria e a quanto era necessario, in modo che tutto andasse avanti senza grossi problemi. Il fatto è che il Bottini andava avanti anche durante le sue lunghe assenze, cercando il più possibile che quell’angolo di Caprera diventasse un giardino dell’Eden, tanto desiderato e voluto dal suo proprietario. Solo chi, come Lui, comprendeva quanto desiderasse trasformare quel terreno dove riposandosi poteva rinfrancare i sensi e lo spirito guardando quel posto. Il più delle volte lo vedevano ammirare, quasi incantato, l’alba o, seduto su una roccia, ad osservare le isole adiacenti e quei tramonti mentre il sole rosso fuoco lentamente spariva all’orizzonte. Lo spettacolo e il panorama che si ripeteva ogni giorno dava una dolcezza ineffabile alle cose, e l’animo di quell’uomo rimaneva incantato ad osservare e pensare nel vedere quello spettacolo della natura, che giorno dopo l’altro trasformava l’isola. Dopo i tre figli avuti dalla prima moglie Anita, in casa Garibaldi ci fu un’altra nascita. La domestica Battistina ebbe una relazione con il padre dei tre ragazzi e, nel mese di maggio del 1859 diede alla luce una bambina alla quale fu imposto il nome di Anita, forse in memoria della prima moglie e madre dei suoi ragazzi. Precedentemente nell’ottobre del 1858 in casa Bottini ci fu la nascita della seconda figlia Antonietta, che anticipò di pochi mesi quella della Ravello.
Questa particolare circostanza della vicinanza delle nascite, il Bottini racconta, che la giovane donna prima di partire per Nizza, per un breve periodo, diede a balia la piccola Anita alla moglie Vincenza.
Questa particolare situazione legò con sentimenti d’affetto le due donne. Garibaldi per questo e per le tante altre cose ne fu sempre riconoscente a questa famiglia, che si dedicò a vivere a Caprera con tutti i disagi che poteva dare rimanendo isolati dal centro della città.
Nel periodo che va dal 1859 al 1861 i lavori di costruzione della fattoria andarono avanti anche senza la presenza del Generale, impegnato a difendere e combattere la causa italiana. Al termine dei lavori di costruzione della palazzina a due piani, che rispondeva in tutto e per tutto al progetto originale che comprendeva l’ampliamento della casa bianca, con la quale era in comunicazione, il secondo piano per dissesti statici fu immediatamente demolito e non più ricostruito.
La stessa fine accadde al mulino a vento, anche questo, non per colpa di chi l’aveva progettato, ma di averlo costruito su indicazione del Generale. Il Bottini, riguardo a questo manufatto, informò Garibaldi che in quelle condizioni e nella posizione dove doveva essere costruito non andava bene e che doveva essere disposto diversamente. Fu deciso che doveva essere fatto in quel modo contro ogni consiglio del mastro Bottini. Così accadde che una giornata che sembrava che si fosse scatenato l’inferno fra vento, pioggia e con il mare in burrasca, distrusse la struttura e le pale volarono via andando a frantumarsi in mille pezzi.
Successivamente, appena il tempo lo permise, si cercò un punto migliore. L’attuale, ancora oggi presente, funzionò e si rese utile per tutte le attività della fattoria.
Tutte le attività della fattoria erano regolarmente registrate e scritte su dei quaderni che servivano a mantenere il controllo e il governo del personale, di tutto quello che si comprava e si vendeva, e per quanti prestavano saltuariamente il loro impegno alle attività della campagna. Sul libro “La vita di Giuseppe GARIBALDI”, di Gustavo SACERDOTE è riportato un foglio di quaderno dove si legge appunto, come registrava tutta l’attività del personale, in particolare quella con il Bottini, con il quale avevano adottato il sistema di condivisione a contratto agrario, perciò il conducente e il capo di una famiglia colonica si associano per la coltivazione di un podere e per l’esercizio delle attività connesse, al fine di dividere i prodotti e gli utili. Una specie di mezzadria che andava bene ad entrambi. Tanta era la fiducia che non fu mai messa in discussione quanto il Castaldo provvedeva anche per suo conto all’andamento dell’azienda agricola. Nello stesso foglio è registrato che il Bottini, trovando la somma di lire cinquanta nel cassetto, ebbe l’attenzione di tenerli e consegnarli a Garibaldi, e che lui stesso poi, registrò la somma sul conto corrente del suo Castaldo.
Nel 1861 ebbero un’altra nascita in casa Bottini: un bel maschietto cui fu imposto il nome di Menotti come il figlio del Generale e nella chiesa Parrocchiale della Maddalena, fu battezzato e testimoni per procura Menotti GARIBALDI figlio del Generale e Anna Maria SUSINI, figlia di Pietro. A maggio Teresita la figlia di Garibaldi di 16 anni si sposò con il Maggiore Stefano CANZIO. Il matrimonio fu celebrato dal Parroco di La Maddalena Don Michele Mamia ADDIS a Caprera. In varie occasioni, il Bottini raccontava, a quanti gli chiedevano sui fatti e le circostanze che molti desideravano l’eliminazione fisica della persona di Garibaldi in modo che la politica avesse il sopravvento sull’unità d’Italia., ricorda due fatti: il primo di un individuo giunto non si sa come sull’isola, il quale fu subito fermato ed interrogato e si scoprì essere un pellegrino povero e senza soldi, arrivato a Caprera per arruolarsi volontario per partire in una grande impresa; secondo, che a seguito di quanto si veniva a sapere da varie fonti attendibili, che circolavano individui assoldati dagli ambienti francesi per l’eliminazione del generale. Si pensò subito di controllare ogni persona che veniva per un motivo o per l’altro sull’isola, e di tenere gli occhi aperti e la massima vigilanza.
La fortuna volle che una sera Menotti, Basso e Fozzari fossero lì ad attenderli ed aprirono il fuoco sui malintenzionati che fuggirono e non fu possibile inseguirli e catturali. Fra la fine del 1861 e la metà del 1862, Garibaldi rimase per un po’ di tempo nell’isola, come sempre a seguire i vari lavori della campagna e delle tante sue invenzioni per condurre la fattoria, con macchinari in grado di poter migliorare il lavoro ed avere dei prodotti di qualità. Dopo la sua partenza, che avvenne verso la fine del mese di giugno per Palermo, il Generale ritornò a dicembre a casa ferito dopo la battaglia sull’Aspromonte. La convalescenza trascorse lentamente e in qualche modo riuscì anche a riprendere tutte le sue funzioni muovendosi liberamente.
Siamo ormai verso i primi mesi del 1864 e Teresita ritorna a Caprera per rimanere col padre e anche perché il Nonno Giuseppe possa avere la compagnia dei nipotini che nel frattempo la figlia aveva avuto. A seguito della famiglia CANZIO arrivò anche la balia Francesca
ARMOSINO, una ragazza ventenne che aveva il compito di aiutare Teresita, nell’accudire i figli e di essere d’aiuto anche nella conduzione della casa. Il Bottini continuò ad occuparsi della fattoria ed il più delle volte anche la moglie Vincenza, aiutò la famiglia Garibaldi ad ospitare le molte persone che arrivano nell’isola. Nell’agosto del 1867 nasce Domenica. La famiglia è aumentata, ora i figli in tutto sono quattro e i coniugi Bottini hanno il suo da fare a seguire e accudire ai figli. Rosina ha già otto anni, Antonietta sei e Menotti tre appena compiuti. In casa del Generale nel mese di febbraio c’è stata una nascita. La governante e balia Francesca ha dato alla luce una bambina, Clelia, figlia di lei e di Garibaldi. Un altro fatto importante accadde a Caprera, verso la metà del mese d’ottobre, Garibaldi dopo essere stato arrestato a Sinalunga e tradotto nelle carceri d’Alessandria, fu imbarcato su una nave e portato nella sua isola per rimanerci per evitare che la lasci. Il Bottini ricorda quei fatti che hanno aiutato il Generale Garibaldi, quando eludendo la sorveglianza da parte della Regia Marina che con nove unità controllava tutto lo specchio d’ acqua dell’arcipelago, di giorno e di notte, per evitare che lasciasse l’isola, riuscì invece a partire. I preparativi della fuga non a tutti erano stati fatti sapere, solamente i familiari e quelli che lo aspettavano vicino all’isola di Tavolara ne erano a conoscenza. Questo particolare della fuga doveva rimanere un segreto per evitare che potesse essere scoperto, perché già l’otto di ottobre aveva già cercato di lasciare l’arcipelago cercando di imbarcarsi sul vapore postale che toccava regolarmente La Maddalena, ma scoperto, fu riportato a Caprera. Il Bottini racconta, che l’idea era di andare a La Maddalena passando nel punto più vicino all’isola dei Giardinelli e poi organizzare il tutto per andare in Sardegna nel luogo prestabilito per imbarcarsi. Aiutato da un vento di scirocco, che aveva portato le nubi a coprire quasi completamente l’isola e, per di più di notte, con un piccolo barchino raggiunse l’ “Isuleddu”, e da qui appena sceso andò senza grosse difficoltà verso l’abitazione della Signora COLLINS, quella casa posta di fronte all’isola di Caprera. Con l’aiuto degli amici maddalenini e della stessa figlia Teresita, riuscì a lasciare Maddalena e si diresse sulla costa Gallurese nell’attesa della nave che doveva accompagnarlo a Livorno per poi proseguire per Mentana. La fuga dall’isola riuscì così bene che il Comandante delle unità che avevano il compito di controllare che non la lasciasse, lo venne a sapere qualche giorno dopo, che Garibaldi era già sbarcato a Livorno e si stava dirigendo verso Monterotondo. Non rimase per molto tempo fuori dell’isola, ritornò il 26 novembre, sconfitto dai Francesi a Mentana. E’ il momento in cui il Generale riprende nuovamente il desiderio di stare nell’isola. Quando gli chiedono quale lavoro fa, Lui risponde che il suo mestiere è fare il contadino, coltivare la terra, seguire il bestiame ed abitare quell’angolo di Caprera con lo spirito di quando era arrivato. Nel mese d’agosto del 1869 la ARMOSINO dà alla luce, una bambina alla quale è imposto il nome di Rosita., come la precedente figlia avuta da Anita. Strane furono le coincidenze, perché tutte e due le bambine, o per un fatto o per l’altro camparono poco.
Trovò anche il tempo, grazie a coloro che gli furono vicini, fra scrittori ed amici, a dettare le sue memorie. Voleva in qualche modo lasciare ai posteri il pensiero e lo spirito che l’animarono per combattere le tirannie. Altre due figlie allietano la casa del Bottini. Nasce Giovannetta, il 14 maggio del 1870 e Battistina nel dicembre del 1872. A pochi mesi dalla nascita della figlia Battistina venuta alla luce a dicembre, ad aprile del 1873 la ARMOSINO diede alla luce l’ultimo figlio di Garibaldi, Manlio. Nel frattempo il Bottini insieme con la famiglia e con i pochi risparmi che aveva, cerca di comprare qualche pezzo di terra e costruire la casa in La Maddalena, aiutato anche dal fratello Carlo che già vi abitava, e quest’ultimo aveva già combattuto per la causa Italiana nella Cinque Giornate di Milano nel 1848.
Nell’agosto del 1875 la giovane Anita nata dalla relazione con la RAVELLO, muore tragicamente all’età di 16 anni. e verrà sepolta nel piccolo cimitero di famiglia a Caprera.
Sul finire del 1875, il Bottini, trovandosi presso la banchina del molo della Maddalena, vide un giovane con la camicia rossa che si colpiva il petto con un pugnale, e poi si gettava in mare. Soccorso da lui stesso con altri che videro la scena, recuperarono il povero giovane che aveva tentato il suicidio e lo portarono a casa del Bottini., dove fu curato dalle ferite, che per fortuna non erano gravi. Il giovane si chiamava Coriolano SARACENI, ed era venuto dalla Sicilia apposta per fare omaggio a Garibaldi di un suo sonetto. Si trattava di una pergamena dove l’ex garibaldino aveva scritto un sonetto tra molti fregi e un bel disegno, in magnifica calligrafia, con dedica e voleva farne dono al Generale, ed avendo avuto la difficoltà di avvicinarlo, con la promessa d’incontrarlo qualche giorno dopo, e convinto che questi non gli avrebbero fatto mai incontrare il suo comandante di tante battaglie in Sicilia, il Saraceni, essendo stato respinto ne soffrì e tanto era il dolore che desiderò compiere quel gesto così insano e voler morire. Prima di lasciare l’isola il SARACENI lasciò il quadro al Bottini per ringraziarlo di quanto aveva fatto per lui e per le premure avute, con la promessa di farlo sapere a Garibaldi. Il fatto fu raccontato al Generale, il quale lasciò il sonetto al suo Castaldo. Oggi il prezioso dono è conservato dai discendenti del Bottini con dedica anche del figlio Ricciotti.
Ormai, nella casa del Generale le cose stavano lentamente cambiando, e il Bottini che molto spesso si trovava a La Maddalena per seguire i lavori e lui stesso lavorare alla sua casa, quella posta nella banchina del porto sul lungomare, sotto al vecchio forte S. Agostino costruito nel 1792, dove adoperò le pietre di quest’antico forte per realizzare le murature portanti della sua casa, poiché questo era semidistrutto e in completo sfacelo. Oggi una parte del vecchio muro si può ancora ammirare nel cortile interno del vecchio Albergo BELVEDERE. Nel maggio del 1878 nasce l’ultimo figlio della numerosa famiglia Bottini, Giuseppe. Il padre Luigi volle imporre il nome di Garibaldi al proprio figlio a ricordo del periodo che fraternamente aveva vissuto a Caprera vicino al Generale, compagno fedele dove con affetto e dedizione lo servì dividendo con Lui, quel poco che insieme aveva fatto, coltivato e curato. Lentamente le cose stavano cambiando e i vecchi lasciarono il posto ad altri più giovani, che provvedevano al compito di mantenere la campagna ed attendere al bestiame. Altri avvenimenti accaddero a Caprera, storie interessanti o anche senza senso, che fece di quest’isola un angolo dove tanta gente modesta, laboriosa e familiare vi conduceva la vita ogni giorno nella solitudine e sobria povertà, senza ambizioni ed aspirazioni, non c’è altro che la verità e la più essenziale ed importante di coloro che condussero la loro vita a fianco di Garibaldi con la semplicità d’animo della gente di La Maddalena.
Il Bottini e la sua famiglia si trasferirono a La Maddalena aprendo un’attività alberghiera, uno dei primi alberghi e ristoranti dell’isola.
Con la famiglia dell’Eroe, in particolare con Ricciotti, continuò un’affettuosa amicizia e ogni qual volta la sua famiglia arrivava nell’isola erano ospiti fissi dell’albergo. Questa è la storia del Castaldo di Garibaldi, che per un certo tempo abitò con Lui a Caprera, dividendo e vivendo le varie situazioni che accadevano sull’isola. Il Bottini continuò la sua attività di muratore costruendo altre abitazioni nell’isola, ritirandosi poi alla conduzione dell’albergo assieme alle due figlie, Giovannetta e Rosina. Si spense serenamente. all’età di 95 anni il 15 luglio del 1927.
A. R. Pengo