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Asparago selvatico

Asparago selvatico (Nome scientifico Asparagus acutifolius, nome locale zineuli). Articolo di Giovanna Sotgiu.

La Maddalena, ricca di vigne, era animata da adulti e ragazzi che si dedicavano alla preparazione del vino: proprio per questa operazione erano utili i lunghi rami dell’asparago selvatico che venivano disposti, ben pressati e trattenuti da qualche pietra, sull’uscita della vasca nella quale veniva raccolto il prodotto dell’uva pestata (anche la spina razza poteva essere usata per lo stesso scopo).

Quando bisognava trasferire nelle botti per la fermentazione il liquido denso per la presenza di bucce, raspi, semi, si toglieva dall’esterno il tappo dalla vasca e i rami dell’asparago fungevano da ottimo filtro.

La pianta è conosciuta soprattutto per i germogli che spuntano nelle nostre isole a partire dal mese di gennaio: sono i turioni, che si consumano bolliti e conditi con olio e aceto (o limone), ma anche in frittata o per insaporire minestre e zuppe.

Sostituiscono così gli asparagi coltivati, un tempo meno conosciuti e oggi decisamente più cari. Dei due asparagi presenti nell’arcipelago, quello acutifolius, malgrado il nome, ha foglioline non pungenti ed un aspetto decisamente meno ostile rispetto all’asparago bianco. Inoltre poiché cresce con rami lunghi e flessuosi, spesso appoggiati alle altre piante della macchia che fungono da sostegno, erano usati come asparagina per completare i mazzi di fiori da offrire o da portare in chiesa.

Le bacche, presenti già a settembre, maturano a partire da ottobre diventando nere e lucide: sono i zineuli, che i ragazzi un tempo mangiavano per il sapore dolciastro. Le radici numerose, di forma cilindrica, hanno potere diuretico e forse per questo venivano utilizzate per un decotto da bere in dose di un bicchiere a digiuno per curare la pressione alta.

Giovanna Sotgiu – Co.Ri.S.Ma