Almanacco isolanoLa Maddalena Antica

Conventi delle isole

L’Arcipelago di La Maddalena ha avuto nel medioevo una notevole importanza, sia come punto strategico (lungo le rotte di esportazione e di importazione tra le isole della Sardegna e della Corsica), sia come luogo di interesse religioso.

Si sa che una prima comunità di pionieri corsi occupò in maniera saltuaria l’arcipelago già alla fine del 1600 e in maniera continuativa solo dalla metà del 1700, una sorta di prima fase, o nucleo d’origine della comunità, si può considerare il popolamento medioevale da parte di un gruppo di cenobiti, probabilmente corsi, che nelle isole ebbero case, conventi e chiesette. L’Arcipelago di La Maddalena in epoca medioevale era considerato territorio bonifacino più che sardo giudicale e il toponimo La Maddalena deriva probabilmente da quella antica presenza di religiosi disseminati in vari punti strategici dell’Arcipelago.

Conosciamo i nomi di almeno quattro piccoli conventi tra le isole. Per Lavezzi abbiamo ruderi, recentemente restaurati, della chiesa di Santa Maria di “Labetis o Lavacis”, databili intorno all’anno mille. Per l’isola di Santa Maria abbiamo esistono tracce sia documentali che oggettive, della chiesa di Santa Maria “inter Budellis” nell’isola i Celsaria, come era allora chiamata Santa Maria. Col toponimo Budellis si nominavano le tre isole più a nord dell’Arcipelago (una di queste conserva ancora l’antico nome di Budelli).

I due conventi, con le rispettive chiese, erano l’uno il contraltare dell’altro. Possiamo ubicare la chiesa di Santa Maria nel luogo dove ora sorge la la casa del pastore Pietro Sanna, altre due chiese, attestate dai documenti, sono ancora da rintracciare nell’attuale territorio maddalenino: Sant’Angelo in Porcaria e Santo Stefano in Buxinariis. Molti studiosi sono propensi ad ubicare Sant’Angelo a La Maddalena, nel sito che fin dal Settecento prese il nome di Cala Chiesa, nome che tutt’ora si conserva.

Per Santo Stefano in Buxinariis si è propensi ad un ubicazione nell’isola omonima, poiché, in un portolano del 1200, nel dare le coordinate di riferimento per gli approdi sicuri nell’isola di Santo Stefano, si fa riferimento ad una chiesa nei pressi di Cala di Villa Marina. Della chiesa, però, non restano tracce in elevato di una qualche consistenza, attribuibili ad epoca medioevale. Forse anche a Caprera esisteva una comunità religiosa: lo fanno ritenere certi indizi scoperti in epoca moderna, quali una pila dell’acqua santa (venuta alla luce nei terreni di Garibaldi), lucerne, monete e sepolture ritrovate un po’ dovunque nell’isola.

I conventi, con chiesa annessa, sorgono vicino a pozzi d’acqua e a coltivazioni di gelsi e fichi ancora esistenti. La chiesa di Lavezzi, ben nascosta alla vista del mare, ci offre una visione abbastanza ben conservata di ciò che poteva essere nel periodo medioevale. Le chiese di questo tipo, estremamente spoglie, erano formate da un unico vano voltato; per economizzare anche un lato della costruzione, si fruttavano le rocce preesistenti, addossandovi la muratura a fango in cantonetti di granito irregolari, recuperati sul terreno.

Si costruiva in luoghi dove era presente acqua dolce, dove i massi granitici creavano ripari per le bestie e servi (alle dipendenze dei religiosi), e in posizione tale da non essere visti dal mare, giacché la minaccia barbaresca era sempre in agguato.

Nel 1400 si assiste all’abbandono di tutti i conventi a causa delle incursioni saracene, mentre la vita dei pochi religiosi rimasti si sposta a Bonifacio.

Nel 1818 fu fatta richiesta al Vescovo per riattare i ruderi dell’antica chiesa di Santa Maria a casa profana da parte del proprietario Bertoleoni, corso di origine.