La Maddalena AnticaL’emigrazione da La Maddalena

Il popolamento dell’arcipelago e la vocazione marinara dei suoi abitanti

La Maddalena, con 20,1 Kmq, è l’isola più grande dell’arcipelago Maddalenino, che comprende altre sei isole, Caprera, Spargi, Santo Stefano, Santa Maria, Budelli, Razzoli e diversi isolotti.
Semidisabitate, nel 1736 vivevano 74 persone distribuite tra le isole di La Maddalena, Caprera e Spargi. Le prime due isole erano abitate stabilmente da 60 corsi provenienti dal centro di Bonifacio, suddivisi tra maschi e femmine, mentre le restanti 14 persone popolavano, per alcuni periodi dell’anno, essenzialmente per motivi di pascolo, l’isola di Spargi, per poi far rientro a Bonifacio dove avevano le proprie case. Nel 1767, poco prima dell’occupazione militare piemontese, sulla base dello Stato degli abitatori delle isole La Maddalena e Caprera, risulta che gli abitanti erano 185, in gran parte di origine corsa, di cui 106 maschi (57%) e 79 femmine (43%), distribuiti tra le isole di La Maddalena, con 114 unità (61,6%), e Caprera, con 71 (38,4%). «Il quadro statistico riflette e conferma le notizie desunte per quel tempo dalle relazioni dei militari, definendo meglio un seminomadismo marittimo caratteristico, col quale partecipava tutto il gruppo familiare o parte del medesimo con prevalenza dei maschi». Dagli anni settanta agli anni novanta del XVIII secolo, la popolazione tese a crescere, raggiungendo nel 1784 i 506 abitanti che salirono a 867 nel 1794. Andamento crescente che si registra anche nei primissimi anni dell’Ottocento, quando gli abitanti raggiunsero il numero delle 1460 unità. La crescita demografica è favorita dalla florida situazione economica, in particolare commerciale, alimentata dallo sviluppo delle attività portuali e di navigazione anche e soprattutto in funzione politico-militare.

L’ancoraggio all’Isola della Maddalena, – scrive Francesco d’Austria Este – che come si è detto di sopra è buonissimo, ampio, riparato sufficientemente dai colpi di vento, di mare dalle isole dei Spargi, e di S. Stefano, e dalla terra di Sardegna. Li vascelli, fregate etc. inglesi vi vanno spesso ad ancorarsi, essendo buon luogo, sicuro, una buona posizione, facile a ripartirne, comodo per esservi il villaggio della Maddalena, che è pulito, comerciante, e che va aumentandosi, e per esservi il comodo di far acqua, e buona acqua da bevere pei bastimenti.

L’incremento demografico è legato, quindi, all’accresciuto ruolo politico-militare de La Maddalena (e del suo porto), divenuta la base ammiraglia del Regno di Sardegna sino al 1815, quando la stessa venne trasferita a Genova. Prima di quella data la popolazione dell’arcipelago crebbe. L’incremento risultava così sostenuto che nel 1807, Agostino Millelire, comandante dell’isola, propose un progetto per dar vita a una nuova colonia in Gallura, nella località di Parao (Palau). Garelli, invece, nel sottolineare la scarsità di notizie relativa alla vita della comunità maddalenina negli anni immediatamente precedenti al 1815, afferma, senza però essere supportato da documenti d’archivio, che la popolazione nel 1814 raggiunse le 2.000 unità. L’entità della popolazione dell’arcipelago appare per la prima volta in un censimento ufficiale del 1821 quando si registrarono 1.600 abitanti. Il captain della Royal Navy inglese, William Henry Smyth, che soggiornò in Sardegna un anno, dal 1823 al 1824, nel visitare La Maddalena (e le isole minori), scrive che «I primi abitatori furono delle famiglie fuggitive corse; poi, grazie alla sua salubrità e alla sua posizione privilegiata sulle rotte del traffico verso e dall’Italia, è diventata una discreta cittadina di 1600 abitanti». Secondo il censimento del 1824 gli abitanti aumentarono sino a divenire 1.758. Poi, al censimento del 1838, si registra un calo consistente, tant’è che la popolazione si ridusse a 1.200 abitanti, con una perdita di 558 unità rispetto al 1824.
Nell’aprile-giugno del 1834, quando il viaggiatore francese Valery visitò la Sardegna, ebbe modo di trattenersi in quella che definisce l’originaria «colonia corsa» che contava «circa 1.500 abitanti che hanno conservato la lingua dell’isola originaria».
La Maddalena, durante le guerre napoleoniche, divenne «un vasto e ricco deposito di merci inglesi. È impossibile – scrive Valery – non essere colpiti dalla pulizia e dalla buona costruzione delle case, tutte imbiancate all’esterno. Questa sorta di splendore è dovuto principalmente al barone De Geneys, creatore della marina sarda, una ventina d’anni fa comandante della Maddalena e vero fondatore dell’attuale città […]». Nel corso del suo viaggio di conoscenza, rimane colpito dal fatto che l’isola fosse «abitata soltanto da famiglie di marinai: perciò la popolazione delle donne mi sembrò esorbitante, dato che i marinai sono il più delle volte in viaggio e che cinque o seicento di loro erano allora impiegati nel porto di Genova». Questa affermazione, se fosse suffragata da documenti d’archivio, potrebbe spiegare in parte la riduzione del numero degli abitanti dell’arcipelago tra gli anni venti e gli anni trenta dell’Ottocento. Una contrazione, quindi, che non potrebbe essere giustificata solo ed esclusivamente in termini di saturazione demografica come si è sostenuto in passato. Questo potrebbe significare che gran parte del personale militare impiegato sino al 1815 nella base navale de La Maddalena, dove aveva sede il comando della Marina militare del Regno sardo, si fosse trasferito nella base di Genova. Non solo. Le nuove leve che intraprendevano la carriera nella Marina militare si trasferivano in Liguria alla ricerca di maggior sbocchi lavorativi e così pure, probabilmente, i giovani che intraprendevano la carriera nella Marina mercantile. «Dalle fila degli abilissimi marinai della Maddalena – prosegue il viaggiatore francese – provengono uomini arrivati ai massimi gradi, come i due Millelire, il primo morto come comandante dell’isola, il secondo ancora oggi direttore dell’arsenale di Genova, e diversi altri ufficiali meritevoli, come A. Zicavo, capitano del porto e comandante della marina alla Maddalena».

Una ripresa della popolazione si registrò nel corso degli anni quaranta. Infatti, nel 1844, la popolazione raggiunse le 1.963 unità, mentre al censimento del 1848, gli abitanti raggiunsero la cifra di 2.025. Poi, al censimento del 1857, si registrò un nuovo decremento, con 1.712 abitanti. La popolazione rimase sostanzialmente stabile anche nel 1861, con 1721 abitanti di fatto, di cui 813 maschi e 908 femmine, registrati al primo censimento generale del Regno d’Italia. Tuttavia, se considera anche il numero degli abitanti di diritto, che risultavano cioè essere residenti a La Maddalena ma che non erano presenti, la cifra saliva a 1.901, di cui 939 maschi e 962 femmine. In altri termini, 180 maddalenini, di cui 123 maschi e 54 femmine, si trovavano fuori dall’isola. Probabilmente, molti uomini erano arruolati nella Regia Marina, mentre altri erano imbarcati su mezzi navali della Marina mercantile.
Questo secondo i censimenti. Tuttavia, per gli anni quaranta, siamo in possesso di altre cifre fornite da studiosi e viaggiatori sia italiani che stranieri. Infatti, nel 1840, secondo quanto riportato da Goffredo Casalis nella voce La Maddalena del suo Dizionario geografico, storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, gli abitanti dell’isola sarebbero stati 2.115, di cui 1025 maschi e 1090 femmine, distribuiti in 425 famiglie. «La parte maschile – scrive Casalis – appare troppo scarsa, perché non si vedono nel giusto numero che le due età estreme i fanciulli e i vecchi, o manca la maggior parte delle persone di miglior età, per i molti che travagliano nella marineria». Ciò troverebbe conferma anche dall’analisi dei dati forniti dallo stesso autore sulle professioni esercitate dai maddalenini, con una netta prevalenza del mestiere di marinaio.

Quasi il 66% degli occupati dell’isola svolgeva l’attività di marinaio, cifra che raggiunge il 73% se si sommano i meccanici addetti alla manutenzione delle imbarcazioni. Complessivamente, coloro che svolgevano attività legate al mare, compresi, quindi, i pescatori, rappresentavano l’80,1% del totale della forza lavoro impiegata.
Nell’isola aveva sede anche un presidio della R. Marina con circa 70 uomini, mentre il porto offriva un ormeggio sicuro a una ventina di battelli per il trasporto merci da e per la penisola e la Sardegna, più a circa 25 barche da pesca, ospitando, periodicamente, dalle 20 alle 40 gondole per la pesca del corallo, battenti bandiera napoletana o sarda. (Di quelli che sono addetti al mare la maggior parte sono coscritti nella marina regia, gli altri o servono in navi di commercio, o ne’ piccoli legni del loro porto. Questi battelli non saranno più di 20. Essi importano dalla Sardegna e dal continente grani, vini, legumi, olio, ferro, zucchero, caffè, manifatture, e altri molti articoli per il bisogno degli abitanti e per li popoli della Gallura: ma poi o una volta o l’altra importansi alcuni di questi articoli da navi nazionali o francesi (della Corsica). Un piccol battello fa tutti i giorni la corrispondenza di quest’isola col prossimo continente trasportando merci e passeggieri.)

Qualche anno più tardi, nella primavera del 1843, un altro viaggiatore inglese, John Warre Tyndale, durante il suo soggiorno in Sardegna, visitò l’arcipelago de La Maddalena. Costui scrive che gli abitanti si aggiravano attorno alle 2.300 unità, «due terzi dei quali trovano occupazione nel traffico marittimo». In realtà, mentre la cifra di 2.300 abitanti potrebbe non essere molto rispondente alla realtà, è però verosimile, come precedentemente confermato da altri autori, che la maggior parte della popolazione fosse dedita ad attività marinaresche. Tyndale sostiene, inoltre, che «nell’organico della Marina reale degli Stati di Sardegna, l’isola di Sardegna contribuisce solamente con non più di due ufficiali e quindici marinai e la maggior parte di questi sono Ilvesi (ovvero gli abitanti di La Maddalena)». Questo, probabilmente, potrebbe significare che il presidio militare di 70 uomini di cui parla il Casalis, non fosse composto solo da militari sardi, o che ci sia stato un ulteriore ridimensionamento del presidio stesso. Ma appare difficile credere che l’apporto alla Regia Marina della Maddalena e dell’intera Sardegna, per quanto limitato, si riducesse a soli 15 marinai, se si tiene conto anche del solo fatto che i 2/3 degli abitanti dell’arcipelago gallurese erano impegnati tanto nella Marina mercantile quanto in quella militare. Certamente, col passare degli anni, diminuì il peso dei maddalenini all’interno della Marina militare e si accentuò quello all’interno della Marina mercantile. Infatti, il grosso degli uomini della Maddalena risultava essere impiegato presso compagnie di navigazione private che avevano sede, soprattutto a Genova, ma anche imbarcato in mezzi navali della Marina militare sarda. Il porto di La Maddalena, inoltre, persa nel 1815 la sua centralità come sede del Comando navale della Regia Marina, si accinse a svolgere un ruolo significativo dal punto di vista commerciale. Non a caso, «Il commercio – prosegue Tyndale – che consiste nell’esportazione e nel trasporto del grano, bestiame e formaggio verso i porti di Bastia, Livorno e Marsiglia, si effettua con circa ventidue navi da venti tonnellate, mentre settanta di stazza inferiore vengono impiegate nel traffico costiero».
Nell’anno 1842, «entrarono in porto 262 navi, eccettuate quelle da guerra; di queste, 121 erano genovesi, 55 napoletane, 14 francesi e 2 toscane, per un complesso di 4825 tonnellate».
Occorrerà aspettare al 1887, quando si istituì il nuovo Comando militare di Marina, perché si aprisse per La Maddalena un nuovo periodo di prosperità, accompagnato dall’ingresso di nuove forze locali nelle fila dell’Arma, all’insegna di una tradizione che è proseguita sin quasi ai giorni nostri, culminata, con la concessione, negli anni settanta del Novecento, di una base per sottomarini nucleari agli Stati Uniti, poi chiusa e abbandonata agli inizi del nuovo millennio.
Un acuto osservatore della realtà sarda, Alberto della Marmora, che visitò l’isolacontinente negli anni cinquanta, nel suo Itinerario dell’isola di Sardegna, si sofferma a descrivere le caratteristiche della popolazione maddalenina – formata, già dalla fine del Settecento, «dal sangue delle due nazioni», appunto della Sardegna e della Corsica – e la sua vocazione marinara.

Questi insulari mantennero il loro vecchio idioma, che è una specie di italiano corrotto. Le abitudini della vita pastorale fecero dapprima posto a quelle di un popolo di agricoltori, ma ben presto ci fu un ritorno alla vocazione marittima, perché la pesca e il contrabbando per mare procurarono loro molte più risorse che la coltivazione di un suolo granitico ingrato e scarso d’acqua. Così, in pochissimo tempo, questa popolazione divenne essenzialmente marittima, tanto che da una cinquantina d’anni e soprattutto oggi non ci sono più uomini validi nel borgo, dove non si vedono, per così dire, che donne, bambini e vecchi; tutti gli altri abitanti sono in servizio nella Marina reale, oppure sono imbarcati su navi commerciali; alcuni navigano per proprio conto, facendo il piccolo cabotaggio su imbarcazioni che si costruiscono da sé.

«Lo sviluppo di questa popolazione e la sua capacità di fornire dell’ottima gente di mare sono dovuti – prosegue La Marmora – principalmente [a due fattori]»: alla presenza dell’ammiraglio Giorgio De Geneys, «che visse in quel luogo per tutto il tempo che i sovrani di Sardegna dimorarono fuori del Piemonte e cioè per circa quindici anni». Infatti, nei primi tre lustri dell’Ottocento, «la Maddalena divenne la residenza delle autorità marittima dell’Isola», fornendo «alla Marina reale non soltanto dei buoni marinai e degli ottimi e numerosi sottufficiali, ma anche dei valenti ufficiali, alcuni dei quali raggiunsero i gradi superiori compreso quello di contrammiraglio: tra costoro citerò gli Ornano, i Zicavo, i Millelire e altri, quasi tutti di origine corsa». La seconda causa che diede un certo impulso allo sviluppo dell’isola e delle sue vocazioni marinare viene individuata da La Marmora nel «lungo soggiorno in quei paraggi dell’ammiraglio Nelson e della sua flotta».

Anni dopo, nella primavera del 1869, durante il viaggio compiuto in Sardegna e nelle isole dell’arcipelago maddalenino da Francesco Aventi, conte della Roverella, egli conferma alcune impressioni avute ed esplicitate da altri viaggiatori che lo avevano preceduto, sostenendo che la popolazione dell’isola de La Maddalena «è eminentemente marittima composta di donne, vecchi ed infanti, essendoché quasi tutti gli uomini validi servono alla marina reale, o su bastimenti di commercio, o navigano per conto proprio». Si sofferma, però, su altri due aspetti, che lo incuriosirono. In primo luogo, «Seppi che l’isola in se è povera, ma è domicilio prediletto degl’invalidi e pensionati marini che spesso fra giorno si vedono seduti sulla piazza del Porto ragionando con piacere delle loro gesta ed avventure marine». Inoltre, seppe «che ogni anno entrano in questo paese, oltre a 100 mila franchi in pensioni».
La popolazione dell’arcipelago, caratterizzata, già dalla fine del Settecento, come già detto, dalla presenza di famiglie corse, si mescolò, soprattutto nel corso della prima metà dell’Ottocento, sia con elementi sardi, provenienti inizialmente dalla Gallura, sia con flussi, a forte vocazione marinara, provenienti da altre aree geografiche dell’Italia ma, soprattutto, dalle realtà insulari della Campania, del Lazio e della Liguria, ovvero di Capraia.

La vocazione marinara della popolazione dell’arcipelago de La Maddalena favorì e rafforzò i legami e i contatti con la città e il porto di Genova dal quale partivano le navi dirette in America Latina. La città ligure, inoltre, era un luogo politicamente vivace, dove operavano numerosi mazziniani, la cui attività di propaganda repubblicana è probabile che abbia esercitato la sua influenza anche su alcuni marinai della Sardegna e de La Maddalena che avevano costanti rapporti con la città.
Molti mazziniani del Regno sardo-piemontese, dopo i falliti moti rivoluzionari degli anni trenta, scelsero la strada dell’esilio, dirigendosi in America Latina, prevalentemente nell’area Rioplatense, dove i liguri, già dagli anni venti, avevano monopolizzato il trasporto di cabotaggio lungo le principali vie fluviali di Argentina e Uruguay. Pertanto, tra gli anni venti e quaranta dell’Ottocento, accanto a un flusso migratorio di marinai e naviganti liguri che si trasferirono nel nuovo continente per esercitare attività di cabotaggio, si inserisce anche un flusso, benché più ridotto, di matrice politica, che vede tra i suoi protagonisti anche alcuni maddalenini legati alla figura di Giuseppe Garibaldi.

Marino Contu

Premessa di “L’emigrazione da La Maddalena all’America Latina durante il Regno di Sardegna e nei primi anni dell’Italia unita”

Il popolamento dell’arcipelago e la vocazione marinara dei suoi abitanti

Marinai maddalenini in Brasile e in Uruguay al seguito di Giuseppe Garibaldi

Naviganti e artigiani ilvesi in Argentina negli anni del passaggio dal Regno di Sardegna al Regno d’Italia (1859-1862)