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La stagione degli eroi

Matrimonio di Tomaso Zonza

Dal punto di vista istituzionale, la comunità maddalenina è nata circa 240 anni orsono (1767 ndr) a seguito dell’occupazione militare dell’arcipelago da parte delle armi di Carlo Emanuele III di Savoia, re di Sardegna. La povera preesistente colonia di pastori della Corsica sottana si trasformò in pochi anni in una florida colonia militare, arrivando a quasi decuplicare la popolazione, che trovò soprattutto nel servizio nella marina del re una nuova e molto più remunerativa risorsa economica.
La vita militare, ed in particolare quella di bordo con le sue regole più rigide ma anche con la più forte coesione di gruppo, parve immediatamente congeniale ai giovani isolani. Nati sotto il dominio della Repubblica di Genova, i ragazzi maddalenini e caprerini degli anni 60 e 70 del XVIII
secolo vissero la loro gioventù con la contaminazione dei marinai imbarcati nel felucone San Gavino. Questo, con base a Cala Gavetta e sotto il comando di Francesco Maria De Nobili, corso di Nonza, aveva il duplice compito nei mari delle Bocche, di repressione del contrabbando e di dissuasione delle mire di assalto e di preda dei barbareschi.
Da ragazzi seguirono con curiosità e poi con attenzione le imprese dell’equipaggio del San Gavino e della gondola di supporto comandata dal cannoniere-muratore Domenico Porra, nome di guerra San Domenico, con le prime prede anticontrabbando ed i primi scontri con gli sciabecchi barbareschi. Videro i loro padri imbarcarsi come volontari di rinforzo in occasione di allarmi contro “i turchi”. Esultarono dei successi contro di essi e riconobbero la munificenza del re che premiava in denaro i volontari. In particolare si trattò di due prede barbaresche che risultarono molto remunerative. La prima fu fatta nelle acque tra Soffi e Mortorio il 12 novembre 1772 a danno di 21 “barbari”, di cui 3 rimasero uccisi e 4 fuggirono a nuoto e dati per annegati. La preda consistette nei 14 prigionieri che furono condotti “schiavi” ad Alghero, e nella galeotta barbaresca. Questa, opportunamente equipaggiata di 32 uomini e materiali di guerra e di navigazione, fu accorpata al regio armamento e rimessa in corso dopo la benedizione del cappellano col nuovo nome di Santa Maria Maddalena. La seconda preda, nei primi di novembre 1774, fruttò una galeotta tunisina, 24 prigionieri ed una discreta somma di denaro. In questa occasione si ebbe il primo contributo di sangue isolano sotto la bandiera sarda con due giovani feriti nel combattimento: Matteo Cogliolo e Francesco Ornano. Matteo se la cavò bene, mentre Francesco, appena ventenne, morì il 4 novembre, a seguito delle ferite riportate in quel combattimento a cui aveva partecipato come volontario, lasciando nella disperazione la madre Francesca Zicavo, già vedova di Giovanni Battista.
I sopravissuti ebbero un premio in denaro, Matteo Cogliolo ebbe in più una sorta di indennizzo di 50 £ di Piemonte (oltre 3 volte di più del premio ordinario) per la ferita. La vedova Ornano ricevette, a sua volta, 250 £ di Piemonte ed il vitalizio di una razione quotidiana di pane.
La tutela della vedova ed il riconoscimento della ferita al sopravvissuto furono particolarmente apprezzati da una comunità abituata ad un regime di mera sussistenza, e rafforzò nei giovani e nelle famiglie l’orientamento ad intraprendere la vita militare. Gli isolani, comunque, in un primo tempo fecero i preziosi, e quando De Nobili propose loro l’arruolamento, per completare l’organico del San Gavino rimesso in sesto, dovette superare una vera e propria vertenza salariale di mezzo scudo al mese. I primi 6 marinai maddalenini furono arruolati, a fine primavera 1773, con l’assenso della corte torinese, per 3 scudi e mezzo al mese, invece che i 3 scudi proposti.
Per mezzo scudo in più i maddalenini divennero marinai del re.
Nell’immediato ci guadagnarono i giovani isolani, ma in prospettiva ci guadagnò soprattutto la Marina Sarda, immettendo nei suoi ranghi uomini che diedero fortuna e lustro a quella marina preunitaria prima ed unitaria poi.
In una comunità nata e cresciuta nella cultura militare, frutto della simbiosi tra elementi militari e civili nella sua vita quotidiana, e del ruolo trainante e dominante che l’assetto militare ha avuto su quello civile, nella sua economia e nella sua struttura sociale, i valori ed i simboli militari sono diventati simboli e valori dell’intera comunità isolana. È per ciò che il “Pantheon” della comunità maddalenina è costituito interamente da militari elevati agli onori della memoria collettiva per le loro azioni di guerra. Il simbolo della medaglia al valor militare assurge, quindi, al massimo livello della considerazione sociale, in quanto massimo livello del riconoscimento dell’attività militare espressa dal decorato.
La commemorazione di Tomaso Zonza appare l’occasione migliore per rinnovare la memoria di quegli uomini che hanno avuto, con la decorazione della medaglia d’oro al valor militare, il riconoscimento della qualità della loro attività nel servizio del Paese, nelle situazioni di maggior pericolo e criticità per le istituzioni e per le persone. Si ripropone, quindi, la memoria dei personaggi contemporanei di Tomaso Zonza, di quell’epoca e di quel contesto storico, dei primi cinquanta anni della comunità maddalenina, in cui egli stesso servì nella Regia Marina Sarda. Si tratta di personaggi e vicende che sono stati oggetto di celebrazioni non sempre rigorose, troppo spesso inficiate di strumentalità politiche ed ideologiche, e sempre esposti approssimativamente e con errori ripetuti, che attendono da tempo di essere raccontati con verità e documentazione.
La storiografia della Restaurazione avviò una ricerca minuziosa su “Napoleone sconosciuto”, andando a frugare nelle pieghe del personaggio e della sua biografia giovanile. Si scoprì così la sua partecipazione alla campagna del febbraio 1793, di “contrattacco” alla Maddalena, ed il suo esito disastroso. Nacque così il mito dell’umile nocchiere sardo che sconfisse Napoleone. L’oggetto del mito, Domenico Millelire, morì senza avere consapevolezza dell’operazione strumentale che si sarebbe imbastita sulla sua persona. Personaggio schivo e modesto, al contrario del suo fratello maggiore Agostino, esuberante ed intraprendente, la sua fortuna e la sua carriera se la fece con la generosità e la intrepidezza che mise in tutte le azioni a cui partecipò, a partire dalle giornate del ’93.
Successivamente, tutta la produzione di storia militare, quasi esclusivamente prodotta da compilatori piuttosto che da storici, fu acriticamente strumentale e di sostegno alla posizione di politica estera di segno antifrancese, su cui fu ridisegnato lo strumento militare italiano. Ne conseguì l’esaltazione della vittoria maddalenina contro la Francia, e contro Napoleone suo interprete massimo, e quindi la costruzione dell’esclusività della decorazione di Domenico Millelire quale prima medaglia d’oro della Marina Italiana. Di questa operazione non soffrì la memoria di Tomaso Zonza, il cui valore e i relativi premi in decorazioni furono sempre riconosciuti, in quanto ebbero la fortuna di non compromettere l’esclusività del “Nocchiere anti-Napoleone”.
Al contrario ne furono succubi almeno tre personaggi, di cui due maddalenini ed un capo cannoniere di Villafranca, da sempre e sino alla fine in servizio nelle acque dell’arcipelago. Agostino Millelire, Laghè e Cesare Zonza ebbero a loro volta il massimo riconoscimento di valore militare, con la decorazione della medaglia d’oro, ne fruirono i relativi benefici economici, godettero tra i contemporanei dell’apprezzamento sociale e militare per il loro valore, ma la storia sinora non lo ha loro riconosciuto definitivamente. La scelta di esaltare l’impresa di Domenico Millelire che sconfisse Napoleone ha finito con il mortificare gli altri avvenimenti e gli altri decorati che facevano perdere la primazia a Domenico Millelire.
Agostino Millelire e Laghè, infatti, se riconosciuti sarebbero stati i primi decorati di medaglia d’oro della Marina, documentati già nel 1787.
Cesare Zonza, decorato di medaglia d’oro per i fatti del gennaio 1794, se riconosciuto sarebbe stato il primo dopo il “Regolamento per il distintivo d’onore” stabilito da Vittorio Amedeo III il 21 maggio 1793. Come noto Domenico ebbe il riconoscimento e ricevette la medaglia nell’aprile di quello stesso anno, non rientrando nel nuovo “Regolamento”, e ricevendo quindi la medaglia secondo le regole per cui ne furono insigniti i decorati del 1787.
Piuttosto che rivisitare i testi pasticciati e già noti, e replicare gli errori ed i falsi già elaborati, è stato ritenuto più utile, una volta tanto, far parlare i documenti storici originali mostrandoli in riproduzione, per fare di loro gli autentici e veritieri testimoni dei fatti e delle persone.