1946. La democrazia si presenta
In Italia, la consultazione elettorale confermò che la Democrazia Cristiana rappresentava il più forte raggruppamento politico con una percentuale media di poco superiore al 35%, seguito dal Partito Socialista (20,7%) e dal Partito Comunista (18,9%). Quest’ultimo era una novità assoluta per quanto riguarda la sua presenza pubblica perché in effetti, nato dalla scissione socialista di Livorno del 1921, non aveva avuto la pratica possibilità di manifestarsi, visto che solo un paio d’anni più tardi il governo fascista lo aveva ridotto alla clandestinità.
Questi furono gli esiti delle consultazioni amministrative del 1946:
1 |
Democrazia Cristiana (DC) |
8.083.208 |
35,2 |
2 |
Partito Socialista di Unità Proletaria (PSIUP) |
4.744.749 |
20,7 |
3 |
Partito Comunista Italiano (PCI) |
4.342.722 |
18,9 |
4 |
Unione Democratica Nazionale (UDN) |
1.559.417 |
6,8 |
5 |
Uomo Qualunque (UQ) |
1.209.918 |
5,3 |
6 |
Partito Repubblicano Italiano (PRI) |
997.690 |
4,3 |
7 |
Blocco Nazionale Liberale |
636.493 |
2,8 |
8 |
Partito d’Azione |
333.758 |
1,5 |
9 |
Concentrazione Democratica Repubblicana |
97.260 |
0,4 |
10 |
Movimento Unionista |
70.957 |
0,3 |
11 |
Cristiano Sociali |
50.220 |
0,2 |
12 |
Altre liste non collegate |
826.483 |
3,6 |
A La Maddalena, come abbiamo detto, la Democrazia Cristiana conquistò la maggioranza assoluta.
Nel febbraio del 1947 il sindaco eletto dopo le elezioni del 1946 abbandonò La Maddalena e quindi si dovette procedere alla designazione di uno nuovo
“Per eleggere il nuovo sindaco ci volle circa un mese e mezzo. Nel frattempo, facente funzioni fu l’assessore Luigi Papandrea, militare in pensione, imparentato con la famiglia dell’imprenditore Angelo Mordini. Papandrea non faceva mistero delle proprie ambizioni: diventare primo cittadino, e all’interno della DC, erano in molti ad assecondarlo. Per qualche tempo a questa candidatura si oppose quella dell’insegnante Felicita Guccini, energica cattolica del gruppo della parrocchia. Sul suo nome tuttavia mancarono alcuni consensi ed il nulla osta di don Capula e ciò fu praticamente decisivo per non farne niente.
La maestra Guccini dovette così accontentarsi dell’assessorato alla pubblica istruzione resosi disponibile con le dimissioni dell’insegnante Armando Neri, nel frattempo dimessosi pure da consigliere.
Per opporsi dunque alle ambizioni del vicesindaco Papandrea (che si diceva in odore di massoneria) fu chiamato l’assessore all’alimentazione Giuseppino Merella, un cinquantaduenne in buona forma, nativo di Florinas, ex maresciallo dei carabinieri, che anni addietro aveva sposato la giovane e bella Teresa Bruni, di agiata famiglia, della quale, una volta andato in pensione, curava gli interessi.
Merella era un cattolico praticante sebbene non del gruppo della parrocchia (o ‘sacrestia’ come si diceva allora) che, per età, personalità, trascorsi, avrebbe dato ampie garanzie anche a chi, all’esterno delle isole, ne seguiva allora come oggi, le vicende.
La sua elezione non fu facile. Il 3 marzo 1947 ci vollero ben due votazioni più il ballottaggio per vederlo proclamato eletto, di stretta misura (13 voti su 11), su Papandrea. I giochi si erano svolti tutti all’interno della DC che, avendo la maggioranza assoluta, faceva e disfaceva con estrema disinvoltura. Della minoranza il comunista Peppino Rassu (l’unico eletto in consiglio) era assente e la pattuglia socialista votò per Papandrea. Il cavalier Papandrea noN la prese molto bene. Di lì a poco si dimise da assessore e nel novembre dello stesso anno anche da consigliere” [1].
L’amministrazione Merella durò in carica sino al 26 maggio 1952.
Gli assessori di quel primo governo locale furono: Edilio Culiolo (Vicesindaco), Vincenzo Carrega (Azienda idroelettrica), Felicita Guccini (Istruzione e assistenza), Mario Rossi (Finanze), Pietrino Isoni (Lavori pubblici), Pasquale Porchedda (Igiene) [2].
L’isola usciva dalla guerra con grandi problemi da risolvere, ma soprattutto uno era quello da risolvere con urgenza: dare a tutti un pranzo e una cena. In quell’anno di transizione a cavallo tra il vecchio ed il nuovo, fra la dittatura e la libertà c’erano dunque delle risposte impellenti da fornire alla gente, ma soprattutto una domanda correva di bocca in bocca e finiva per diventare il perno attorno al quale s’ingranava, e si sarebbe ingranato, il futuro dell’isola: che fine farà la Marina Militare?. In una corrispondenza del luglio 1946 c’era chi guardava con malcelato timore alla ‘demilitarizzazione’. “A La Maddalena si teme per la demilitarizzazione, triste retaggio di guerra che la Francia prepara alla sventurata Italia” [3], è la riflessione dell’anonimo estensore della corrispondenza. Quindi si azzardava un’ipotesi futuribile: “Può essere considerata La Maddalena zona-franca?”. Era una proposta? No, era semplicemente una constatazione giustificata dalla storia, visto che “per ragioni di opportunità politica in Italia era stata concessa la ‘zona franca’ alla Città di Fiume. Può aspirarvi La Maddalena?” e l’estensore dell’articolo cercava di giustificare la sua inclinazione positiva con queste riflessioni: “Considerando la questione dal punto di vista obbiettivo e in correlazione con lo stato presente estremamente delicato della finanza italiana, una concessione a carattere particolaristico a favore di La Maddalena, si dovrebbe scartare, in quanto verrebbe ad emancipare dalla soggezione fiscale doganale una parte della popolazione italiana. Ma a La Maddalena questa azione di favore suona necessità di vita in quanto la Città con la demilitarizzazione verrebbe a perdere la sua fonte vitale. A La Maddalena si è convinti che se l’ha avuta Fiume nel 1939, si può invocare ora, nel tragico momento della paralisi industriale maddalenina la franchigia doganale per La Maddalena. Risulta che gli amministratori del Comune di La Maddalena hanno prospettato alle autorità il problema del futuro maddalenino e risulta ancora che è previsto un incontro fra le stesse autorità ed il primo ministro De Gasperi” [4].
Non esiste prova che questi incontri si siano poi fatti e che si sia stato prodotto qualche risultato.
Il Pane del Governo di Salvatore Abate e Francesco Nardini – Paolo Sorba Editore – La Maddalena
NOTE:
[1] C. RONCHI, Gli anni di Merella. La Maddalena, 1997.
[2] Cfr. C. RONCHI, La Maddalena 1946. Le prime elezioni comunali. (in corso di pubblicazione)
[3] ‘L’Isola’ n. 163 del 14 luglio 1946.
[4] Ibidem.
- Prologo di “Il pane del Governo”
- 1946. Le prime elezioni, ovvero ‘la maggioranza di una minoranza’
- 1946. La democrazia si presenta
- 1947. Gli anni della guerra fredda
- 1948. Le elezioni del 18 aprile
- 1949. L’Italia nella NATO e il Piano Marshall
- Alla vigilia delle elezioni del 26 maggio 1952
- Una maggioranza laica e di sinistra
- Le dimissioni di Renzo Larco
- Colpire le sinistre
- 24 Giugno 1952: dopo i tre suoni di sirena
- 12 luglio 1952 – L’intervento dell’on. Luigi Polano alla Camera dei Deputati
- Le reazioni in città e la difesa dell’Arsenale
- 16 luglio 1952. Al ritorno da Roma
- La libertà di dire la verità
- Un problema nazionale
- La vita amministrativa
- La fine della primavera isolana
- Le elezioni dell’8 marzo 1953. ‘Antò scopa di ferru’
- La diaspora del 1953
- L’amministrazione Carbini
- La ‘destra’ al governo (1953/1956)
- 1956 L’anno del consenso
- 1956 L’ultima offensiva
- Venti anni d’attesa
- Epilogo