7 settembre 1833: quando non esisteva tangentopoli
Articolo dello scrittore Antonio Ciotta
In un momento come quello che l’Italia sta attraversando, in cui uomini politici, amministratori, intere giunte comunali e i loro corruttori varcano quotidianamente i cancelli delle patrie galere, una lettera del passato ci ricorda come in altri tempi gli appalti delle opere pubbliche non solo non procuravano tangenti, ma che talvolta gli amministratori dovevano mettere mani al portafoglio e anticipare di persona le somme necessarie al compimento dei lavori.
Nel 1833, dovendosi eseguire dei lavori di riparazione nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Maddalena, il sindaco Nicolò Susini aveva inoltrato all’intendente provinciale di Ozieri un progetto di restauro con il relativo preventivo per ottenere l’approvazione e il finanziamento.
A quell’epoca, infatti, prima che nel 1835 venisse istituita la provincia di Gallura, La Maddalena dipendeva amministrativamente dalla provincia di Ozieri.
L’intendente Simon, accogliendo la richiesta, approvò il progetto e ne dispose il finanziamento dandone comunicazione al consiglio comunitativo dell’isola al quale, su proposta dello stesso sindaco Susini, era stata demandata la direzione e la vigilanza sui lavori da compiere. Il Simon, però, non fidandosi del tutto degli amministratori locali (…nulla di nuovo sotto il sole!), dopo aver approvato il progetto e spedito il mandato per il finanziamento dei lavori, scriveva una lettera personale al Susini, nella quale, come vedremo, apertamente e senza mezzi termini, esprimeva le sue riserve circa la designazione dell’intero consiglio per la sorveglianza delle opere.
La lettera, proveniente dall’archivio privato di Nicolò Susini (e ciò prova il carattere “strettamente personale” della stessa), porta la data del 7 settembre 1833; in essa l’intendente così si esprime:
“Come avrà V.S. molto illustre rilevato dalla lettera diretta a codesto Consiglio Comunitativo ho spedito a di lei favore un mandato di lire 155.13 per abilitarlo alle riparazioni da farsi in codesta Chiesa Parrocchiale, secondo la nota inserta nell’anzidetto mamdato.
Non era questa un’opera da affidare all’intiero Consiglio, i di cui membri per la conoscenza, che ne ho alla sfuggita, non mi sembrano nè attivi, nè di buon gusto, nè al caso di una sorveglianza in detta opera. Perciò mi prendo la libertà di raccomandarla a V.S. molto illustre il di cui bel genio, amor di patria e integrità m’è ben noto, oltre alle particolari informative in di Lei favore in tutto e per tutto”.
I lavori, oltre ad interessare le strutture esterne, riguardavano in particolare il tetto della chiesa e dovevano essere compiuti con urgenza e prima che sopravvenisse la stagione invernale. Le somme necessarie, però, dovevano essere di volta in volta prelevate dalla casse dell’esattore comunale che, a quanto pare, erano così povere da non consentire i pagamenti man mano che procedevano i lavori. Ed ecco come l’intendente aggirava l’ostacolo: “Prevedo – prosegue la lettera – che per riparare di pronto, come si desidera, il guasto di detta chiesa, non vi saranno tanti fondi presso l’Esattore Provvisionale; nel caso, V.S. molto illustre, se non le venisse d’incomodo, potrebbe farne un’antecipata, e di mano in mano che l’Esattore va esigendo potrà rimborsarla. Perciò è che le faccio pervenire il mandato, onde Lei sempre già in giuso di quelle anticipate, che nel caso potrà fare provvisoriamente in bene di codesta sua patria che gliene sarà grata”.
Siamo certi che il Susini, del resto agiato commerciante, dovette, “per amor di patria” anticipare le somme necessarie al compimento dei lavori e chissà quanto avrà poi sudato per riavere indietro i suoi quattrini.