Carlo Battaglia
Carlo Battaglia nasce il 28 gennaio 1933 nell’isola della Maddalena, ma trascorre l’infanzia a Genova. Vivrà alla Maddalena soltanto dal 1943 al 1947, poi a Roma. Proprio quegli anni in Sardegna vissuti in solitudine lasceranno indelebili tracce nella sua memoria visiva.
Dopo un liceo classico piuttosto burrascoso, approda fortuitamente all’Accademia di Belle Arti studiando scenografia. In quegli anni i suoi interessi sono rivolti al teatro e al cinema. All’Accademia scopre la pittura e, grazie alle lezioni di Toti Scialoja, si innamora di quella americana contemporanea. La sua tesi finale di storia dell’arte sarà su Jackson Pollock; se pubblicata, sarebbe stato il primo scritto sull’artista americano apparso in Italia.
Dopo la trafila dell’obbligatorio servizio militare si dedica definitivamente a dipingere. Cosciente del proprio mediocre talento manuale, si sottopone a un lungo tirocinio di apprendistato e, confortato dall’esempio del diletto Gorky, copia i maestri e soprattutto Matisse. In Italia l’unica possibilità di vedere quadri contemporanei era rappresentata dalla sola Biennale di Venezia. Comincia quindi a viaggiare: Kassel, Parigi, Londra. Per capire veramente è necessario vedere la manualità e la dimensione degli originali: fuorviante limitarsi alle sole riproduzioni. Nel 1962 vivrà per sei mesi a Parigi con una borsa di studio per la pittura.
Il vero sogno però resta quello di poter vedere i Matisse di New York, San Pietroburgo, Baltimora. Visti e capiti quelli del MoMA e della Cone Collection, può emanciparsi dalla tutela matissiana. Comincia a esporre tardi, a Roma nel 1964, cosciente della propria pittura ancora non personale; con la mostra del 1966 al Salone Annunciata di Milano, compie l’esorcismo finale. Carlo Battaglia ricorda con affetto e gratitudine Carlo Grossetti che aveva avuto il coraggio di esporre un artista così palesemente fuori moda nella sua galleria d’avanguardia.
Nel 1967 soggiorna per sei mesi a New York, lavora in uno studio a Canal Street e si lega di amicizia con Reinhardt, Motherwell e soprattutto Mark Rothko il cui studio frequenta quotidianamente.
Mark era stato ospite suo e di sua moglie Carla Panicali – che aveva sposato nel 1972, dopo una convivenza durata dieci anni – a Roma per due mesi nel 1965. Scopre i suoi veri motivi e interessi: l’ambiguità e l’illusione del mondo visibile e li chiarisce lavorando a quei motivi con serie di quadri fino a esaurire, per quanto possibile, l’idea. Nascono così Misterioso, Vertiginoso, Visionario, che esaminano i rapporti di pieno e di vuoto dei grattacieli e del cielo, il gioco dei riflessi sulle pareti di cristallo degli edifici.
Nel 1970, invitato con una sala personale alla Biennale di Venezia, espone per la prima volta le Maree, tema che lo coinvolgerà per tutta la vita. L’ambiguità, l’illusione, la malia del paesaggio marino coincidono con il suo sconfinato amore per il mare.
Dagli anni 70 partecipa a tutte le più importanti mostre in Italia e in Europa, della “Nuova Pittura” o “Pittura analitica” che dir si voglia, provando però un sempre più crescente disagio nei confronti di quelle formulazioni teoriche in cui non si riconosce: ciò nonostante, risulta essere percentualmente l’artista più presente nelle mostre che si rifanno a vario titolo a questa tendenza.
Tiene mostre antologiche a Venezia, Palazzo Grassi 1974, poi a Ferrara, Palazzo dei Diamanti, alla Kunsthalle di Düsseldorf 1978. Partecipa a numerose mostre di arte italiana contemporanea: Selected Paintings and Sculptures, mostra di apertura dell’Hirshhorn Museum di Washington 1974, I.C.C. di Antwerp 1975, Aalborg e Odense in Danimarca, Boymans Museum di Rotterdam 1977, Hayward Gallery di Londra, Peter Stuyvesand Collection al Provincial Museum di Hasselt, Belgio 1982. In Italia, nei musei di Roma, Milano, Torino eccetera. Nel 1980 è nuovamente invitato con una sala personale alla Biennale di Venezia.
Dal 1980 si isola sempre più, comincia a lavorare con la tempera all’uovo, secondo le antiche ricette rinascimentali, e si divide tra Roma e New York per approdare definitivamente alla Maddalena dove può dipingere in totale solitudine, guardando il mare dalla collina di Sualeddu.
Nella ricerca della struttura segreta del paesaggio i suoi quadri tendono sempre più ad assomigliare all’apparenza del mondo visibile, non imitandolo però ma cercando di creare una “immagine parallela’’. I temi sono quelli del mare, della pioggia, della grandine, l’illusione delle nubi frammiste alla costa lontana. Cogliere un’immagine che è già scomparsa nel momento stesso che si imprime nella retina. La pittura come metafora del paesaggio, il paesaggio come metafora della pittura. Dipingere è suggerire, più che definire, il senso segreto degli oggetti, l’inafferrabilità delle onde, la profondità degli spazi, la costante illusione della luce e dell’ombra.
Muore alla Maddalena il 17 gennaio 2005.
Nel 2008 la moglie Carla Panicali, collezionista, mercante e gallerista di fama internazionale, decide di avviare il lavoro di catalogazione delle opere di Battaglia. Un lungo lavoro facilitato dalla grande precisione del pittore, che ha sempre firmato e datato le sue opere. La passione di Carla Panicali, che mai ha interferito con il lavoro del marito, ha permesso a questo catalogo di esistere e di raccontare la meravigliosa avventura di un’intellettuale [lei?] della pittura.
Carla Panicali si spegne il 4 agosto 2012 alla Maddalena, come Carlo Battaglia, di fronte a quel mare amato da entrambi senza riserve.