Come scomparve la grande Rocca di Cala Gavetta
Forse uno dei più grandi errori commessi nel recente passato dagli amministratori maddalenini (anche se a quell’epoca non sembrò un errore, ma un giusto sacrificio al Dio Turismo) fu indubbiamente la cessione dell’area antistante la casa comunale per la costruzione di un albergo il cui stabile è oggi occupato anche dagli uffici di un istituto di credito. Con tale operazione il palazzo comunale ha perduto la prospicienza a mare della sua bella facciata ed i cittadini sono stati privati di una magnifica piazzetta che arricchiva, ed oggi ancor più arricchirebbe, il prezioso centro storico. Ma anche nel passato, non certo recente, furono commessi errori non dissimili con operazioni urbanistiche che se non fossero state poste in essere consentirebbero oggi al centro urbano di avere un aspetto ben diverso.
Sappiamo che gli antichi abitatori corsi, originariamente stanziati sulle alture del Collo Piano, erano restii a scendere al mare dopo che a Cala Gavetta erano sorte le baracche dei marinai e dei pescatori di corallo e si era dato inizio alla costruzione delle prime case. Solo quando l’isola fu ben protetta contro gli attacchi barbareschi, grazie all’opera di convinzione del capitano Giovanni Maria De Nobili, che possiamo definire il vero fondatore del centro abitato, la comunità corsa poté iniziare il trasferimento al mare e dar mano all’edificazione del borgo che il De Nobili aveva voluto. Le case, addossate alle colline di Guardia Vecchia e dello Spiniccio, in posizione di ridosso dai predominanti venti di ponente, tramontana e maestrale, furono costruite ad una certa distanza dal mare anche perchè nelle varie cessioni di terreni il governo si era riservato una larga fascia costiera; poco spazio era quindi rimasto per i ritardatari.
All’architetto Mino Mini, che si era occupato del piano di recupero del centro storico, non sono dunque sfuggite alcune inspiegabili anomalie nella situazione urbanistica che si è evoluta nel tempo a poca distanza dal mare ed ha suggerito alcune ricerche dalle quali potessero emergere i tempi, le modalità e le ragioni per le quali tali discrepanze si erano verificate. A Cala Gavetta, ad esempio, la vecchia casa Millelire, prima che si costruisse la banchina era quasi a picco sul mare, con accesso dalla parte retrostante, e chi oggi attraversa via Garibaldi si rende subito conto che mentre i fabbricati a monte sono di una consistenza e di uno stile tale da far supporre dei committenti agiati e l’intervento di costruttori esperti, quelli a valle, cioè sul lato a mare, se si escludono i due palazzotti posti all’inizio e alla fine della via, sorti ai primi del nocevento, appaiono costruiti con materiali poveri e con una diversa struttura ed un diverso stile, tali da far presupporre degli interventi di mero artigianato edilizio locale realizzato in regime di stretta economia.
Tali particolari, ovviamente, non sfuggono all’occhio esperto dell’urbanista e soprattutto di un urbanista che si occupa di recupero dei centri storici e ben giustificata appare dunque la ricerca suggerita dal Mini circa il momento e le ragioni che hanno dato luogo in passato ad inspiegabili interventi nel tessuto urbano. Due documenti, il primo del 1786 ed il secondo del 1808, ci hanno consentito di sciogliere in parte l’enigma.
Il 16 febbraio 1786, Agostino Millelire, intenzionato a costruire una casa a Cala Gavetta, dopo essersi rivolto al viceré, indirizzò all’Intendente Generale in Cagliari la seguente istanza: “Giò Agostino Millelire nativo dell’Isola Maddalena e Piloto in seconda sulla Regia Mezza Galera la Beata Margherita, umilmente espone che essendo ricorso a S.E. per ottenere il permesso per poter fabbricare una casa nel sito detto Cala Gavetta alla vicinanza del mare, qual sito trovasi occupato da una gran rocca e non da verun pregiudizio a nessuno, anzi fatta che sarà detta casa servirà d’abbellimento in faccia alla Carriera ed al Porto, e la prefata S.E. essendosi degnata di rispondere con avvertire l’esponente di ricorrere alla benignità di V.S. Ill.ma per ottenere il permesso, e sperandone la grazia le augura prosperità e felice vita”.
In esito all’istanza del Millelire, appena una settimana dopo, il 23 febbraio, il vice intendente Tiragallo incaricava il Bailo delle Isole Intermedie di effettuare un sopraluogo unitamente al sindaco, di valutare il terreno richiesto in concessione e accertare se “…dall’accordarsi la dimanda possa derivare qualche pregiudizio al pubblico, al particolare, oppure agli interessi del Regio Patrimonio”, L’8 marzo il Bailo Agostino Carzia, unitamente al sindaco, al consigliere Paolo Martinetti e a due periti nominati nelle persone di mastro Domenico Porro e mastro Domenico Pirresi (il consigliere Martinetti intervenne nella stesura del verbale perchè il sindaco era analfabeta), constatarono che “…il detto luogo, o sia Rocca, di cui rappresenta il supplicante voler fabbricare è di niun valore anzi è di danno all’esponente se debba fabbricare, mentre che il detto pezzo è una Rocca inservibile, e chi debba e voglia scavarla non conviene fare detta spesa, e non serve di alcun comodo, anzi la medesima al porto di Cala Gavetta è di pregiudizio alla Villa o sia popolazione della Maddalena”.
Inviato l’atto all’intendente, questi lo restituì al bailo che nella stesura dello stesso aveva omesso di far prestare il giuramento ai due esperti e non aveva fatto accertare, come espressamente richiesto, il valore del terreno. Il sopraluogo dovette quindi essere ripetuto e questa volta i due esperti, ripetendo quasi alla lettera ciò che avevano detto in precedenza, e ribadendo in ordine alla stima del terreno che lo stesso era di “niun valore”, dichiararono con giuramento che “…il detto luogo o sia Rocca, di cui rappresenta il supplicante voler fabbricare essere di niun valore anzi che è di danno all’esponte se debba fabbricare mentre che il detto pezzo è una rocca inservibile e chi debba e voglia scavarla non conviene fare questa spesa e non serve di alcun comodo, anzi la medesima è di pregiudizio alla villa, ossia alla popolazione della Maddalena”.
Avuta la relazione, che reca ancora una volte le firme di mastro Porro e mastro Pirresi, nonchè del consigliere Martinetti per il sindaco analfabeta, l’intendente generale Giò Batta Toesca convocò subito il Millelire per la stipula dell’atto di cessione in enfiteusi per il simbolico canone perpetuo di due soldi e sei denari (somma corrispondente alla tariffa di spedizione di una lettera semplice dalla Sardegna al Piemonte) da pagarsi ogni anno “…nella vigilia della festa di San Giovanni Battista che cade il 23 del mese di giugno”. E il Millelire, avuta la concessione, pose mano alla fabbrica facendo così sparire la Rocca di Cala Gavetta, della quale ignoravamo l’esistenza anche se, esaminando con attenzione la più antica stampa dell’abitato, essa vi appare con la sua mole piramidale che finora non aveva avuto alcuna interpretazione.
L’autore di quell’incisione fece appena in tempo a immortalare anche un altro elemento dell’originario paesaggio maddalenino che anni dopo sarebbe anch’esso definitivamente scomparso. Oltre alla Rocca di Cala Gavetta, ai margini dell’abitato, sul lato destro, è ben visibile una collinetta granitica sulla quale fu edificato il forte Sant’Agostino, poi demolito ed assorbito dall’abitato, la cui ubicazione è oggi facilmente individuabile nelle scalinate che si dipartono da via Nizza, via Amendola e via Giordano Bruno.
A spiegarci poi come sono nate quelle case sul fronte di Cala Mangiavolpe è un’istanza diretta al prefetto di Tempio nell’ottobre del 1808 con in calce il relativo provvedimento. A quell’epoca il lato a monte dell’attuale via Garibaldi era stato tutto edificato e rimaneva libera la parte a mare di proprietà del demanio. Ed ecco come i richiedenti si rivolsero al prefetto:
“…han l’onore i ricorrenti abitanti nell’Isola Maddalena Giovanni e Simone fratelli Ornano, Battista e Andrea fratelli Polverini, Battista e Pietro padre e figlio Millelire, Battista Panzano, Salvatore Sini e Dono Santucci, d’umiliare rispettosamente come fanno con la presente a V.S. Ill.ma, a solo oggetto di addimandare e permettere al lido del mare a Levante di questa Popolazione detto in Mangiavolpe l’erezione di fabbricarvi case terrene notando da sotto la casetta a distanza di Paolo Morgana andando a quella del Patron Filippo Favale, ed a direzione di questa fermare. L’obbligo a detti esponenti, venendo in considerazione, e permessa una tal concessione, sarà quello sotto la direzione ed approvazione dell’Ill.mo Sig. Comandante Millelire per essere sul posto e migliormente informato ordinare la giusta formazione. Supplicano, pertanto, implorando la bontà e giustizia, d’ammettere e concederli la chiesta dimanda del sito anzidetto, in favore dei sunnominati cinque dei quali si asseriscono illitterati, e quattro si sottoscrivono”.
In calce alla stessa istanza troviamo il provvedimento prefettizio del 26 ottobre 1808 di questo tenore: “Si concede ai ricorrenti di poter edificare una casa per ciascuno nel terreno enunziato nella dietrodescritta supplica previa venia, e direzione, sito, spazio e condizioni ed obblighi pure che li verranno designati, dimostrati e rispettivamente imposti dagli infrascritti Sig.ri Comandanti della Popolazione della Maddalena, e della Regia Marina, e ciò attesa la notoria utilità che sarà per ridondarne al pubblico, ed alla stessa Marina della stessa costruzione di case, come sembra agli stessi Sig.ri Comandanti, e l’infrascritto Prefetto ne resta appieno informato, secondo si decretò in altra simile rappresentanza per li terreni di Cala Gavetta del 3 corrente”.
Dal contenuto del provvedimento, in cui si pone in evidenza non solo il vantaggio della popolazione, ma anche il vantaggio per la Marina, appare chiaro che i destinatari dovevano essere dipendenti della Marina Sarda. Apprendiamo inoltre che appena tre settimane prima analogo provvedimento era stato emesso per i terreni di Cala Gavetta.
Forse senza quelle concessioni La Maddalena avrebbe oggi nella fascia litoranea un aspetto totalmente diverso: via Garibaldi sarebbe un lungomare di belle case affacciate su Cala Mangiavolpe e avremmo ancora quella “grande rocca inservibile, di niun valore e di pregiudizio al Porto di Cala Gavetta”
Questi episodi ci servano dunque di monito: ”Ogni frammento del nostro patrimonio naturalistico, ambientale e paesistico che viene distrutto o alterato, è perduto…per sempre!”.
Del “Forte Sant’Agostino” e della “Grande Rocca di Cala Gavetta”, difatti, non è rimasto neppure il ricordo.