Considerazioni finali su Angelo Tarantini
Nel concludere questa biografia di Angelo Tarantini, una biografia che si è cercato di inserire il più possibile nel quadro storico e nel tessuto socio-economico, sia maddalenino che thiesino, si impongono alcune considerazioni.
La ricostruzione della vita di un personaggio minore, quale fu comunque Tarantini, è stata complessa; la scarsità di dati di partenza certo non lasciava prevedere uno sviluppo positivo della ricerca, invece, a dimostrazione di come gli archivi, specie i più piccoli e meno frequentati, siano un insieme vivo e dinamico, con il tempo la messe di dati è pian piano cresciuta sino a raggiungere un insieme accettabile e sufficiente a collocare correttamente, dal punto di vita sincronico e diacronico, le varie fasi della vita di Angelo Tarantini.
Certamente vuoti, dubbi, quesiti irrisolti, rimangono come è emerso chiaramente dal testo; ma è altrettanto vero che la figura di Tarantini, sinora rimasta vaga ed imprecisata, si è maggiormente definita sino a divenire più comprensibile.
Angelo Tarantini fu un convinto garibaldino, combatté valorosamente nella Spedizione dei Mille, ottenendo per questo motivo una decorazione; poi, come molte altre camice rosse tornò alla sua vita privata non allontanando da sé quegli ideali di libertà che l’avevano accompagnato negli anni giovanili, probabilmente trasferendoli nella quotidianità della vita di ogni giorno. Lavorò duramente per mantenere una famiglia che con gli anni divenne sempre più numerosa; alla fine dell’Ottocento, poi, tornò nell’isola dove era nato e lì prestò servizio, come tanti altri maddalenini prima e dopo di lui, presso il Regio Cantiere istituito da pochi anni.
Questo è, ovviamente, un dato davvero importante; se veramente, come emerge dai dati in nostro possesso, Angelo Tarantini lasciò a Thiesi un’avviata attività economica e anche alcuni figli, è evidente che la scelta del ritorno all’isola fu coraggiosa e, per certi versi, incomprensibile. Certo l’attività presso il Regio Cantiere di Moneta era forse un mestiere più sicuro, ma non si può dimenticare che il nostro Tarantini beneficiava di un importante assegno vitalizio.
Dunque? Dunque, bisogna tornare ancora una volta alla nostra camicia rossa e alla sua sfera privata e, pertanto, incerta. Fu forse il richiamo dell’isola, e non solo quello del lavoro, ciò che si impose nel garibaldino; forse, il desiderio di avvicinarsi nuovamente a quel generale che molto probabilmente aveva conosciuto nel lontano 1849 nell’episodio del salvataggio del cugino Domenico; quel generale che aveva seguito, oltre trent’anni prima, da Quarto sino al Volturno e che da dodici anni ormai riposava sotto un masso della sua Caprera. A questo punto ci dobbiamo fermare; tutto è nel campo delle ipotesi e ciascuno potrà trarre le proprie conclusioni da solo.
Quello che appare sicuro è che Angelo Tarantini visse una vita simile (se si eccettua la partecipazione alla Spedizione dei Mille, e non è cosa da poco) a quella di tanti altri isolani. La sua era una famiglia di pescatori che emigrarono dalle isole campane, giungendo ad integrarsi nel tessuto sociale di un’isola allora sarda giuridicamente ma culturalmente corsa. Divenuto adulto fu costretto a lasciare quell’isola, lavorando per mare su navi mercantili, allargando nel contempo i suoi orizzonti, impadronendosi di nuovi ideali ed entrando pienamente nel clima risorgimentale italiano. Dopo lunghi anni trascorsi lontano dalla Maddalena, nel 1894 decise il ritorno nell’isola, inserendosi in quel neonato Regio Cantiere Militare che per oltre cento anni sarà il cuore pulsante dell’economia maddalenina.
Emigrazione, mare, arsenale: da tutti questi punti di vista Angelo Tarantini fu davvero figlio dell’arcipelago.
Antonello Tedde e Gianluca Moro