Correva l’anno 1946
La Maddalena era amministrata da un sindaco indicato nel 1944 dalla Concentrazione dei Partiti Antifascisti. Si chiamava Domenico Tanca, esercitava di professione il commerciante e l’armatore, e apparteneva a quella schiera, numerosa, degli iscritti o comunque simpatizzanti che la loggia massonica ‘Giuseppe Garibaldi’ annoverava allora nell’isola. Il cavalier Tanca restò alla guida della città, con l’ausilio di una giunta non eletta, con il solo apporto degli impiegati e del segretario comunale Egidio Casazza, sino al pomeriggio del giorno 16 aprile. L’anno 1946, che doveva portare il primo approccio delle popolazioni con il nuovo sistema di scelte di democrazia soppresso più di vent’anni addietro, si può dire che prese avvio il 15 aprile. In quel giorno lo stato di guerra fra l’Italia, la Sardegna, La Maddalena e i governi alleati cessò, e si avviò finalmente l’edificazione della riconquistata pace. Con parecchi dubbi, poche certezze, e una grande, inesausta fame. La fame è quasi sempre accompagnata dal malaffare, quasi esclusivamente per placare i morsi dello stomaco, e l’isola non faceva certo eccezione alla regola che aveva visto, nella Sardegna tutta, una recrudescenza generalizzata di atti di brigantaggio e di grassazione. E il nuovo anno non prometteva niente di buono. Ecco come descrive quell’anno 1946 Claudio Ronchi, in “La Maddalena 1946. L’anno delle prime elezioni comunali”. “Eliminato da poco il tesseramento a La Maddalena non si produceva alcunché di commestibile e c’era il problema di trovare, con il poco denaro circolante (si usavano le Am-Lire stampate dagli americani), qualcosa da acquistare. Ancora poco forniti i negozi, furono di estrema importanza le derrate fornite dagli americani: ‘a’ pappetta’ (un concentrato piccante di cereali macinati), le patate dolci, il formaggio giallo a forme grandissime, una specie di cioccolato col sapore di nocciole. Di meno sofisticato in loco si poteva pescare del pesce e raccogliere fichi d’india. Il caffè era scarso e ancora si usava il surrogato di cereali. Dalle forze armate in genere c’era chi riusciva a procurarsi, in un modo o nell’altro, farina, olio, zucchero, e anche qualche pezzo di carne. Il sapone, tranne qualche pezzo procurato dagli americani, si preparava ancora a casa con grasso animale (quello assolutamente non commestibile), soda caustica e allume di rocca. Per quanto riguarda il vestiario, esterno e intimo, al tessuto di orbace si affiancavano le stoffe delle divise e delle coperte militari, dalle quali, mani più o meno abili, ricavavano praticamente di tutto, naturalmente modificando, accorciando e rivoltando. Al di là di tutto ciò c’era il mercato nero, chi poteva, trovava di tutto. Favorito dalle presenze militari e dalla vicinanza con la Corsica, il mercato nero era un’attività redditizia con la quale, si dice, diverse persone si arricchirono. Per altre invece fu una questione di mera sopravvivenza, o arte di arrangiarsi“. Vedi anche: 1946. Le prime elezioni, ovvero ‘la maggioranza di una minoranza’ e 1946. La democrazia si presenta
Gli abitanti di Bonifacio sono 2048. Bartolomeo Zicavo è sindaco.
Santo Pangrani è nominato commissario prefettizio di Santa Teresa. Dopo le elezioni diventa sindaco Tonino Sotgiu.
24 febbraio
Verso mezzanotte, furono catturati due pericolosissimi pregiudicati. Questi i fatti: “due individui scendevano tranquilli, armati ed attrezzati di tutto punto per le operazioni che dovevano fare durante la notte (ventosa e fredda), dalla zona di Guardia Vecchia al centro della città quando in via Maggior Leggero incappavano con le canne dei mitra. Uno dei due pregiudicati, favorito dall’oscurità tentava la fuga, mentre l’altro cercava di lanciare una bomba a mano. Il pronto intervento però del brigadiere Bruno Muru e del carabiniere Corona stroncava la fuga e l’azione delittuosa. Subito arrestati e perquisiti furono trovati in possesso di bombe a mano, corde, palanchini, cacciavite, tenaglie, grimaldelli, sacchi, e altri attrezzi idonei allo scasso”. Condotti in caserma i due risultarono essere certo Pietro Barbuscia, siciliano, evaso il novembre precedente dalle carceri di Bonorva e Giuseppe Orta suo complice e favoreggiatore. Insieme avevano commesso vari furti fra cui “quello ingentissimo in danno al sig. Caputo di Tempio, commerciante di stoffe”.
24 febbraio
Il primo titolare don Usai prende possesso canonico della parrocchia di Palau.
9 marzo
Ilva – Torres 1 – 4 (Mastino, Pilo, rig. Aliprandi, Mura e Corda). I rossoblù sassaresi, quarti in classifica, vengono promossi in serie C per la riforma dei campionati. Per festeggiare l’evento arriva all’Acquedotto la Juventus di Boniperti, Foni e Muccinelli. Finirà 3-1 per i bianconeri, Giampiero Boniperti fece il suo esordio con la maglia bianconera.
24 marzo
L’Ilva vince il campionato di Seconda Divisione Sarda guadagnando l’accesso al massimo campionato regionale, allora comprendente le sedici migliori squadre sarde (Cagliari, Torres, Carbosarda, Monteponi, Olbia etc). Sicuramente la prima promozione del dopoguerra, ma forse la prima in assoluto salvo precedenti da verificare. Il 24 all’ottava giornata del Girone Nord a La Maddalena l’Ilva incontrò l’Alghero vincendo per 1-0. Questa la formazione dell’Ilva: Cotroneo, Mura, Aisoni; Neri, Balata, Muglia; Vitiello, Zichina, Zonza, Faiella, Mazzella. Rete al 10′ del primo tempo di Salvatore Zichina: grande giocatore, in seguito a lungo allenatore e – dal 1959 – fondatore e animatore del settore giovanile, il cui successo consentì di autoalimentare squadre di alto livello per diversi decenni. L’Ilva vinse anche ad Alghero nel girone d’andata con un rotondo 2-0 (reti di Zichina e Pais) dimostrandosi la compagine più forte del torneo. Quel giorno l’Ilva schierò: Cotroneo, Mura, Aisoni; Neri, Balata, Muglia; Vitiello, Zichina, Pais, Faiella, Scotto. Dopo le fasi finali l’Ilva ottenne la promozione alla Prima Divisione. Da ricordare che allenatore-giocatore (oltre che sindaco) era il trentenne Elindo Balata, un passato con presenze in serie B con il Cagliari, che per un periodo fu anche sindaco di La Maddalena.
28 marzo
La mattina i rimorchiatori Nereo e Pluto stanno trainando il piroscafo Santa Rita verso il porto di Livorno per completare i lavori di ripristino dopo che la nave è affondata a Cagliari, durante un bombardamento aereo. Le tre imbarcazioni stanno navigando attraverso il canale dragato dalle mine, a Sud dell’Elba.
Il Capitano del S. Rita, Salvatore Cosa, non sa che il Delegato di spiaggia dell’isola di Pianosa aveva informato le Autorità marittime della presenza di una mina all’interno di questo canale. Alle 15.25 accade l’imprevisto, il piroscafo urta di prua contro una mina ed affonda velocemente. Fortunatamente non ci sono vittime, e ai rimorchiatori non resta che recuperare i naufraghi, comunicare la sciagura e ricoverarli alla Maddalena.
Il piroscafo ha avuto una vita molto tormentata cambiando spesso nome e armatore.
Impostato a Palermo come nave da carico, il S. Rita viene varato nel 1908 con il nome di Monginevro dai Cantieri Navali Riuniti su ordine della Alta Italia, Società di Navigazione di Torino. E’ lunga 116,45 m e larga 15,45 m, con una stazza lorda di 5162 tonnellate e un motore a triplice espansione.
Nel 1911 passa alla Società Veneziana di Navigazione a Vapore con il nome di Veniero.
Nel 1932 diventa Boheme per le Industrie Navali S.A. di Genova; in seguito viene ceduta alla Transmediterranea S.A. di Navigazione che gli cambia il nome in Panormus. Nel 1939 viene rinominata ancora Veniero per diventare infine S. Rita di proprietà della Ruggero & Merega S.A. e Vittorio De Castro di Genova.
Mai requisita dalla Regia Marina durante i due conflitti mondiali, né iscritta al ruolo del naviglio ausiliario dello Stato, ha tuttavia subito nel corso della II Guerra Mondiale diversi danni. Dal 1941 al 1943 trasporta incessantemente merci nel Mar Tirreno settentrionale facendo spola tra Livorno, Genova, Civitavecchia, Cagliari, La Spezia e La Maddalena.
Il 28 febbraio del 1943 subisce pesanti danni nel porto di Cagliari durante un bombardamento. Il 13 maggio viene definitivamente affondata nello stesso porto per le stesse cause. La nave viene recuperata solo dopo un paio d’anni, nel giugno del 1945 e sottoposta a lavori di ripristino che non verranno mai completati.
Aprile
Viene pubblicato “IL BOVE” numero unico di propaganda della lista del popolo di La Maddalena.
7 aprile
Elezioni Comunali a La Maddalena. Tre le liste partecipanti: Lista del Popolo, Democrazia Cristiana, Ricostruzione Maddalenina. Sindaco sarà Balata Elindo di Enrico. Sono gli anni della ricostruzione, del potenziamento dell’Arsenale, dell’arrivo (nel 1949) delle Scuole Cemm, del potenziamento dei trasporti marittimi pubblici e privati (Tirrenia e Freccia Marina), dell’emigrazione di parecchi isolani e dell’istituzione del Liceo Classico.
15 aprile
L’anno, che doveva portare il primo approccio delle popolazioni con il nuovo sistema di scelta di democrazia soppresso più di vent’anni addietro, si può dire che prese avvio il 15 aprile. In quel giorno lo stato di guerra fra l’Italia, la Sardegna, La Maddalena e i governi alleati cessò, e si avviò finalmente l’edificazione della riconquistata pace. Con parecchi dubbi, poche certezze, e una grande, inesausta fame. La fame è quasi sempre accompagnata dal malaffare, quasi esclusivamente per placare i morsi dello stomaco, e l’isola non faceva certo eccezione alla regola che aveva visto, nella Sardegna tutta, una recrudescenza generalizzata di atti di brigantaggio e di grassazione.
16 aprile
A convocare il Consiglio Comunale di La Maddalena, democraticamente eletto e a suffragio universale, il 7 aprile 1946, fu Domenico Tanca. La prima riunione si ebbe il 16 aprile 1946. Il Consiglio era composto da 30 persone: 24 erano state elette nella Democrazia Cristiana, che aveva vinto le elezioni, e quattro in quella Social-Comunista (“Lista del Popolo”). I consiglieri di maggioranza erano: Vincenzo Carrega, Angelo Facchini, Armando Neri, Luigi Papandrea, Pasquale Porchedda, Giuseppino Merella, Felicita Guccini, Lorenzo Grondona, Mario Rossi, Giuseppe Lobrano, Luigi Guccini, Ercole Molinari, Bartolomeo Cannarsa, Salvatore Deiana, Andrea Del Monaco, Pietro Isoni, Michele Secci, Pietro Leoni, Giuseppe Ogno, Primo Giagnoni, Giovanni Battisa Vico, Edilio Culiolo, Vincenzo Farina. Di questi, una decina erano vicini al parroco don Capula. I sei consiglieri di minoranza appartenevano alla “Lista del Popolo”, ed erano: Anselmo Cuneo, Salvatore Vincentelli, Giuseppe Rassu, Manlio Sorba, Giacomo Pittaluga e Giacomo Arras. Nonostante la buona organizzazione, il PCI era riuscito ad eleggere solo un consigliere (Rassu) a fronte dei cinque socialisti. La terza lista, quella della “Ricostruzione Maddalenina” non espresse alcun consigliere. La legge elettorale era di stampo anglosassone e quindi bipolare, per cui “tertium non datur”.
9 maggio
La Consulta regionale respinge la proposta di Lussu di far estendere dal governo alla Sardegna lo Statuto speciale già concesso alla Sicilia.
2 giugno
Le votazioni, il 2 e il 3 giugno 1946, erano le prime libere dopo 22 anni di regime fascista (le ultime erano state nel 1924). Agli elettori, tutti cittadini italiani di ambo i sessi (per la prima volta in Italia votavano anche le donne) e che avessero raggiunto la maggiore età (all’epoca erano 21 anni), furono fornite due schede. La prima era per scegliere la forma dello Stato, tra monarchia e repubblica, la seconda per eleggere i deputati all’Assemblea costituente, che avrebbe avuto il compito di redigere la nuova carta costituzionale. Dopo una campagna elettorale molto vivace l’affluenza è altissima: si reca alle urne usando questa scheda l’89,1 per cento degli aventi diritto, quasi 25 milioni di italiani e, per la prima volta, di italiane. Con 12.718.641 voti a favore, pari al 54,3 per cento delle schede valide, nasce la Repubblica Italiana. Al referendum istituzionale la Sardegna dà 321 555 voti alla monarchia (60,9%), 206 192 alla repubblica (39,1%). Nelle elezioni per la Costituente la DC ottiene il 41,1% dei voti, il PSd’Az il 14,8%, il PCI il 12,5%, il Fronte dell’Uomo Qualunque il 12,4%, il PSIUP 18,9%.
20 giugno
Varata la motonave Azuni, ammiraglia della Sardamare, la società di navigazione fondata con capitale sardo.
21 giugno
L’affissione del crocifisso nel salone consiliare diede luogo, circa settant’anni fa, ad una accesa polemica. Era il 1946 e da un paio di mesi si erano tenute le prime elezioni comunali dalla caduta del fascismo; le aveva vinte la Democrazia Cristiana che, aggiudicandosi 24 consiglieri su 30, aveva eletto sindaco Elindo Balata. L’opposizione era composta da 5 socialisti ed 1 comunista. Nella seduta consiliare del 21 giugno 1946 (dal verbale della quella quale attingiamo queste notizie) prese immediatamente la parola il consigliere Manlio Sorba, socialista. In un’aula consiliare non si è mai visto un crocifisso!” affermò con veemenza Sorba il quale attribuì “la novità” al fatto che la maggioranza fosse democristiana. Il sindaco Balata “tentò amichevolmente di sedare la verbosità del consigliere Sorba e di indurlo alla calma e alla ragione”. Ma a buttare benzina sul fuoco ci pensò Giovanni Battista Vico, segretario della D.C. “il quale lanciò parole altrettanto veementi contro le critiche del Sorba affermando che tanto è la nobiltà che dal crocifisso sprigiona che tutti dovrebbero portargli riverente rispetto”. Anselmo Cuneo, socialista, osservò invece come si potesse essere “buoni cristiani pur non collocando il crocifisso nelle aule consiliari” e obbiettò che mai a La Maddalena ve ne furono presenti. Perentoria fu la risposta del democristiano Andrea Del Monaco il quale controbatté che ciò era dovuto al fatto che “i vecchi Consigli Comunali rispecchiavano i principi massonici, ma poiché ora rispecchiano i principi cristiani sembra giusto che il simbolo cristiano sia rappresentato”. Giacomo Arras, socialista, sottolineò che “pur ritenendosi un buon cristiano non poteva non stigmatizzare la collocazione del crocifisso. E ciò non per il crocifisso in quanto simbolo ma per il fatto di essere stato collocato sopra la bandiera, simbolo della nazione e cosa diversa dalla religione”. Nell’accesa discussione intervenne di nuovo Giovanni Battista Vico il quale affermò come certe prese di posizione fossero “frutto di errate ideologie politiche”. Il sindaco Balata, dopo alcune sospensioni, mise ai voti la seguente proposta: il crocifisso sarebbe rimasto dove di recente collocato mentre il tricolore sarebbe stata spostato nel lato opposto, sopra il busto di Garibaldi. La proposta raccolse 19 voti favorevoli e 3 contrari.
28 giugno
Il generale Basso, accusato di «omessa esecuzione di incarico» per i fatti del settembre 1943, è assolto dal tribunale militare di Roma.
agosto
Si apre una lunga vertenza dei panettieri, sia per gli orari di lavoro che per le mancate assicurazioni dei turnisti. In diverse occasioni, a causa dei disordini, la panificazione avviene in ritardo, creando malcontento soprattutto fra gli operai che devono recarsi a lavorare privi del pane; nei momenti di maggiore tensione si rasenta lo sciopero generale. La vertenza si chiuderà nell’ottobre del 1947.
20 ottobre
Fa il suo esordio in serie A con la maglia del Livorno, il maddalenino Loris Onida. Era nato a Pola, ala di non straordinarie doti tecniche, che si fa notare alla Carrarese, proprio poco prima che il calcio vada in letargo a causa dell’arrivo dei combattimenti sul suolo italiano. Alla ripresa gioca una annata con la Massese, ove viene notato dagli osservatori del Livorno, che procede al suo acquisto. Coi labronici, però, non trova grande spazio: appena due gare e il ritorno nel calcio semiprofessionistico, a Scafati, a Rosignano, e poi all’Ilva, dove lo chiamano “ciuccino” per il suo incedere sul campo caratterizzato da lentezza che però non gli impedisce di saltare il diretto avversario, quando occorre. Altro pezzo forte del suo repertorio è la sforbiciata, colpo che prova spesso e con discreto successo.
3 novembre
Ilva – Torres 2-0, reti di Acciaro e Zichina.
10 novembre
Il 1942 è l’anno del collaudo del comunale della Maddalena che presto, per la particolare collocazione e la forma, assumerà l’azzeccatissimo soprannome di Fossa dei leoni. Nel nuovo comunale si gioca l’amichevole Ilva – Torres 2-0 (Zichina e Faiella).
17 novembre
Tempio – Ilva 0-0; Il Tempio sperava di festeggiare con una vittoria la prima gara ufficiale al “Pischinaccia”, stadio nuovo di pochi mesi. Il Tempio alla prima giornata aveva perso malamente allo stadio di “via Pola”, il Cagliari gli aveva rifilato un secco 4 – 0. L’Ilva veniva dal successo interno per 2 – 0 con l’altra squadra cagliaritana l’Aquila, reti di Zichina e Vitiello. Allo stadio , pioggia incessante e pubblico delle grandi occasioni con numerosissimi maddalenini. Le squadre agli ordini del signor Maninchedda di Sassari, scendono in campo con le seguenti formazioni:
Tempio: Roncari, Gabella, Vasino, Masu, Inzaina, Tricoli, Luciano, Rasenti II, Manconi, Rasenti I, Orecchioni.
Ilva: Piredda, Muglia, Aisoni, Olivieri, Balata, Bombagi II, Vitiello, Zichina, Penzo, Faiella, Mazzella.
3 dicembre
Questo Comando Militare Marittimo Autonomo in Sardegna-La Maddalena, ha più volte segnalato al Comune di La Maddalena e alla Tenenza Carabinieri il forte aumento di prostitute non regolarmente librettate, esistenti nell’isola. Malgrado le previdenze profilattiche e le conferenze in merito tenute ai militari dipendenti, si riscontrano ancora vari casi di malattie veneree, in gran parte contagiate da donne del luogo che esercitano il meretricio clandestino. Nel richiamare il contenuto del par.4° del foglio di questo Comando M.M.A. n. 2867/R del 3 dicembre 1946, si fa presente che delle 20 donne invitate da codesto Municipio soltanto sei si sono presentate al locale Ospedale M-M. per essere sottoposte alle prescritte visite di controllo. Il Capitano di Fregata S. Capo di Stato Maggiore Emilio Olivieri.
8 dicembre
Nell’ingresso dell’Istituto San Vincenzo, avviene l’inaugurazione della statua della “Beata Vergine”.
15 dicembre
Si giocava la sesta giornata del Campionato Sardo di I Divisione e, dopo giorni di pioggia, molti dei campi di gioco erano al limite della praticabilità. La capolista Cagliari si reca a Macomer per uno scontro testa coda, ma il maltempo la fa da padrone e la partita viene rinviata. L’altra capolista, il Carbonia, è di scena a La Madalena. Torres e Ozieri si trovano con 6 punti ciascuna a poche lunghezze dalle capofila, e una delle due compagini potrebbe ridurre le distanze in classifica. Ilva-Carbonia 2-3; Nell’Italia che cercava di riprendersi dalle ferite della guerra, il gioco del calcio rappresentava un momento di svago dalle tante preoccupazioni che quotidianamente attanagliavano la popolazione. Anche per questo motivo la Federazione si diede da fare per ripristinare subito i tornei ufficiali. In questo la Sardegna, per la sua particolarità, rappresenta come sempre un’eccezione. Viste le difficoltà logistiche negli spostamenti e le spese per effettuarli, nonché la mancanza di campi adeguati alla disputa delle categorie superiori, la Federazione, preferisce non iscrivere nostre formazioni ai campionati nazionali. Nasce così nel 1945, ma in realtà così era stato anche dal 1941 in poi, il Campionato Sardo. La prima edizione vede vincitore il Cagliari. L’anno successivo, il 1946-47, designerà le squadre che in seguito ai loro piazzamenti potranno disputare finalmente i tornei superiori. Al campionato prendono parte ben 14 formazioni, parecchie sono agguerrite e composte da elementi di buon livello. Il 15 Dicembre 1946 si gioca la sesta giornata, parecchi campi sono al limite della praticabilità per le forti piogge ed infatti non si disputa l’incontro tra Macomer e Cagliari. I minerari del Carbonia, a pari punti con il Cagliari, hanno a questo punto la possibilità di balzare, se pur momentaneamente, in testa alla classifica. Si recano quindi motivatissimi a La Maddalena, qui la formazione di casa è reduce da alcuni sfortunati incontri ed è, comprensibilmente, tutt’altro che rassegnata a fare il ruolo della vittima sacrificale. Anche l’isola garibaldina è da giorni battuta dalle piogge, ma il campo è praticabile. Agli ordini del sig. Nico Mundula di Cagliari, le formazioni si schierano in questo modo. L’Ilva: Piredda, Mura, Aisoni, Murgia, Balata, Bombaggi, Vitiello, Acciaro, (Zichina), Mini, Mazzella. Il Carbonia si presenta con questa inquadratura: Pascale, Volpe, Ghezza, Casellato, Bontadi, Politi, Ferrario, Pelinga, Fenu, Pisano, Contini. La partita fu combattutissima e l’Ilva pur priva di Faiella, con Mazzella infortunato fin dai primi minuti, e l’ala destra Vitiello ancora non al top, a il possibile per impensierire i sulcitani. Il Carbonia nella ripresa, in vantaggio per due a zero – frutto delle reti di Pisano e Fenu – disturba l’azione d’attacco centrale dei padroni di casa, con un vero e proprio catenaccio. In attacco rimane il solo Contini, aiutato a volte da Fenu. Mini in un’azione solitaria, parte quasi dalla sua area, e coadiuvato poi da Balata, Zichina e il giovane Acciaro, dimezza le distanze con una rovesciata. Sulla continua pressione dell’Ilva, però, un veloce contropiede di Contini che scarta abilmente un terzino, offre a Fenu la facile palla del tre a uno. L’Ilva non accusa il colpo e Balata, con un secco e forte tiro dalla distanza porta a due le marcature per i suoi, ma nonostante i ripetuti tentativi la difesa del Carbonia regge bene l’urto finale ed il risultato rimane invariato. In questo modo il Carbonia guadagna la testa solitaria della classifica, e rovina la festa del 43° anniversario di fondazione dell’Ilva, che si teneva proprio in quei giorni.