Des Geneys e il riarmo navale sardo
Dopo il recupero degli Stati di Terraferma il governo sardo incaricò il plenipotenziario a Londra, conte Carlo San Martino d’Aglié, di chiedere la cessione di 8 legni da guerra posti in disarmo dalla marina inglese. Le trattative si protrassero fino al 1816, accompagnate da pressioni del conte Ignazio Thaon di Revel al congresso di Parigi per l’abolizione della schiavitù dei cristiani in Africa.
Il governo britannico obiettava però che l’opposizione l’avrebbe attaccato in parlamento se avesse ceduto le navi a titolo gratuito, mentre il congresso opponeva che la soluzione del problema non era il riarmo individuale dei vari paesi, ma un’azione collettiva. In realtà Lord Castlereagh temeva che il Piemonte, una volta creata una propria marina, potesse diminuire la sua dipendenza dall’Inghilterra.
Nel frattempo Des Geneys acquistò il brigantino americano Cherbrook da 14 cannoni, ribattezzato Zeffiro, e il 1° e 19 luglio 1815 fece varare alla Darsena di Genova le mezzegalere Beatrice e Ligure. Furono inoltre commissionate 2 unità (corvetta Tritone da 22 cannoni e brigantino Nereide) al cantiere della Foce. Il 28 novembre 1815 i commercianti di Genova offrirono di pagare una fregata da 44 cannoni: questa, costruita dall’ingegnere ligure Giacomo Biga, fu varata il 3 giugno 1817 col nome Commercio, ma i contributi dei commercianti copersero solo un quarto del costo. Nel frattempo, il 22 novembre 1816, era stata varata un’altra fregata da 60 cannoni (Maria Teresa). Lo storico Pierangelo Maurizio nega invece la costruzione di 6 unità minori (golette Maria Luisa e Maria Teresa e cannoniere Ardita, Forte, Intrepida e Veloce) che «secondo le vecchie storie della Marina Sabauda» sarebbero state commissionate ai cantieri di Livorno.
Dopo il portolano del piloto Giaume (1786), nel 1812 ne fu redatto un secondo da Giuseppe Albini, sulla base dei rilievi idrografici compiuti nel 1808 col lancione Benvenuto. La Descrizione dell’arciduca stimava la rada di Cagliari capace di 60-80 bastimenti, «sicurissima» e con «buon fondo» («fra 4 e 8 passi d’acqua, e anche 10 e 12»), riparata da tutti i venti di N, E ed O, mentre l’Ostro (S) favoriva l’imbocco della rada. I velieri di maggior pescaggio potevano però transitare solo sottocosta, perché la rada era attraversata da un basso fondale sabbioso tra Capo Pula e Capo S. Elia. La darsena poteva contenere fino a 30 bastimenti e anche di pescaggio maggiore, ma l’entrata era stretta tra 2 moli muniti di batterie, tanto che bisognava tirarli dentro con le corde. Il molo delle merci, situato verso gli stagni, era spazioso, ma con basso fondale, rendendo necessario il trasbordo del carico dalle o sulle navi maggiori. Tutte pagavano un piccolo diritto d’ancoraggio, tranne i legni da guerra inglesi. Le attrezzature si limitavano ai magazzini, ad un piccolo edificio della sanità e ad alcuni legni di spurgo e servizio (tra cui una caracca e alcune bette). La marina vi manteneva (in disarmo) le unità maggiori (la galera e le due mezzegalere), nonché una galeotta, un lancione e la barca reale.
A Ponente di Cagliari si poteva sbarcare in vari punti: in particolare a Pula, utilizzata dagl’inglesi per il rifornimento idrico [per ragioni di sicurezza non lo facevano con navi isolate, ma con l’intera squadra riunita]. Altri approdi erano nel Golfo di Palmas e a Sant’Antioco, e a Porto Scuso e Porto Paglia dirimpetto all’ancoraggio di Carloforte. La baia di Oristano era riparata e capace di ricevere vascelli, ma era poco frequentata perché lontana dall’abitato, e così pure Porto Conte presso Alghero, raramente visitato dalle navi inglesi. Per i piccoli mercantili provenienti dalla Corsica o da Genova era più comodo il piccolissimo porto artificiale di Porto Torres (Sassari), con imboccatura verso N-O, capace di 8-10 bastimenti. Poco frequentati erano anche l’«ottimo porto» di Terranova in Gallura, i seni naturali di Longon Sardo (S. Teresa) e Porto Corallo (nell’Ogliastra) e la fiumara di Bosa.
L’unico ancoraggio di una certa importanza militare era quello situato tra la Maddalena e la Sardegna, difeso dalle isolette di Santo Stefano e dall’Isola di Spargi, e utilizzato dai vascelli inglesi. Occupata nel 1767 e oggetto nel 1793 di una fallita incursione franco-corsa, La Maddalena aveva, nel 1794, 2 trinceramenti, 2 batterie (Balbiano e S. Agostino) e 5 forti (San Vittorio, Sant’Andrea, Santa Teresa, Carlo Felice e San Giorgio). La base era comandata da Agostino Millelire, fratello del più famoso nocchiero Domenico, entrambi decorati di medaglia d’oro al valore (come il capo cannoniere Francesco Moran e il tenente degli svizzeri Asmard). Le perdite francesi erano state di 114 prigionieri, un obice e un mortaio inviati come trofei all’arsenale di Torino. Bonaparte vi lasciò anche un “archipendolo” da lui stesso costruito per livellare la batteria: il viceammiraglio e senatore Giuseppe Albini lo regalò poi alla Regia Marina, e figurava nel 1854 nella Sala dei modelli a Genova].