11 settembre 1943
Il giorno 11 Brivonesi incominciò finalmente a rendersi conto del progressivo deterioramento della situazione che egli non riusciva più a controllare: nella sua relazione attribuiva indirettamente a Basso tale responsabilità por avere ordinato il ritiro dei battaglioni costieri dalle loro posizioni. Basso a sua volta giustificò questa scelta con la necessità di accorpare “tutti gli elementi sparsi” secondo le direttive ricevute il 9 settembre dallo Stato Maggiore. Impossibile non prevedere che le conseguenze di tali ordini sarebbero state nefaste e quindi risulta quanto meno comprensibile l’accusa rivoltagli durante il processo di “aver aperto ai tedeschi le porte di casa”.
Infatti Brivonesi registra: “La mattina stessa (dell’11) sono stato informato che il 180° reggimento costiero aveva ricevuto ordine di arretrare dalla fascia costiera prospiciente le isole dell’Estuario e l’avevano lasciata completamente priva di truppe.” In questo modo erano stati tolti alle batterie della piazzaforte situate sulla costa sarda, quei nuclei di militari dell’esercito che vi erano destinati per la loro difesa ravvicinata. Oltre a ciò il comando del 180° Reggimento Costiero, alle cui dipendenze era stata posta la batteria mobile della regia marina in località Stazzaréddu, aveva ordinato anche a questa batteria di ritirarsi dalla sua posizione. In conseguenza di questi ordini quattro batterie della costa sarda sono state occupate dai tedeschi: tre di esse (la Ferrero, la de Caroli e la M 584) sono state consegnate al completo dal comandante del gruppo ovest, seniore Belloni, dopo che il personale le aveva abbandonate al completo non avendo voluto acconsentire di rimanere al servizio dei tedeschi. Per questo gravissimo atto il seniore Menotti Belloni fu denunciato al tribunale militare dallo stesso Brivonesi.
Per di più gli automezzi dell’autoreparto di Palau lasciavano il loro posto: alcuni raggiunsero Porto Torres, ma altri furono sequestrati dai tedeschi. Le conseguenze si fecero immediatamente sentire; le batterie restavano senza viveri. Già dalla notte dell’11 il comandante di Monte Altura, Naseddu, denunciava la situazione gravissima che avrebbe accelerate lo sfascio: “Autoreparto non dico non ha provveduto per somministrazione viveri alt Prego dare ordini“.
A La Maddalena però non c’era ancora aria di smantellamento forse perché gli avvenimenti di Palau non erano ancora noti, anzi la possibilità di un’azione eccitava gli animi e spingeva ad organizzare la difesa.
A Nido d’Aquila, l’ammiraglio Bona si era presentato in mattinata armato (e aveva mostrato ostentamene la pistola) e accompagnato dal solo autista, per dissipare il sospetto manifestato il giorno prima a Brivonesi dello stato di soggezione dei due ammiragli ai tedeschi. Aveva annunciato l’intensificarsi del traffico di motozattere e lance chiedendone ancora l’incolumità e precisando che si trattava delle cucine da campo e dell’infermeria, ma aveva acconsentito alla richiesta dei difensori di provvedersi di munizioni. Nelle officine di Nido d’Aquila, infatti, erano state rimesse in pristino delle mitragliere, ma per poterle adoperare occorreva andare al deposito munizioni di Stagnali per prelevare le munizioni necessarie, attraversando quindi tutta la città presidiata. Alcuni giovani maddalenini, gli stessi che avevano accolto, armati e decisi, Brivonesi il giorno precedente, si offrirono per la missione, un sottocapo, Trincani, guidò il camion. Rami e tronchetti d’albero coprirono le munizioni che arrivarono senza problemi a destinazione.
Dall’altra parte dell’isola, al comando del GRUPSOM non era sfuggito il pericolo che i tedeschi potessero, passando nella zona indifesa di Villa Bianca (dove avevano occupato una casa), alle spalle della caserma della Marina e del forte Camicia, raggiungere, magari nottetempo, la vecchia e disarmata batteria di Piticchia: in questo modo essi avrebbero minacciato, da una posizione di forza, sia la caserma Faravelli sia l’arsenale. Perciò dopo un primo tentativo fallito nella mattina del 10 a causa dell’indisponibilità del battaglione costiero di Caprera impegnato nel presidiare il ponte, nel pomeriggio, sfruttando i marinai della Base e altri fatti arrivare da Stagnali, il forte fu presidiato e armato con 4 mitragliere.
Nella stessa giornata dell’11 il maggiore Renato Barsotti, nella sua qualità di ufficiale di collegamento fra Esercito e Marina, prese in mano la situazione, preparando, in accordo con il colonnello Rota, un’azione per cacciare i tedeschi da La Maddalena. Non si vuole qui affermare che questa decisione fosse tenuta segreta alle due massime autorità militari, ma, esaminandone il comportamento durante tutti quei giorni si potrebbe azzardare l’ipotesi che essi non avrebbero mai acconsentito ad un’azione di forza se non in un caso estremo quale il possibile conflitto a fuoco che andò delineandosi nella giornata del 12; a nostro modesto avviso, invece, Barsotti aveva preparato tutto per far scoppiare comunque la reazione italiana. Vedremo più dettagliatamente in seguito i motivi di questa affermazione.
Comunque è certo che, non fidandosi di certi ufficiali superiori, Barsotti non diede alcuna comunicazione al comando DICAT e MILMART; contattò invece gli uomini che potevano dargli maggiori garanzie di segretezza e collaborazione, primi fra tutti i comandanti delle compagnie del battaglione costiero, quelle del distaccamento di Regina Elena, quelle di forte Camicia, alcuni comandanti di batterie e, per la Marina, il responsabile dell’arsenale, Carlo Avegno che avrebbe coordinate anche la caserma Faravelli. I contatti non dovevano suscitare sospetti nei tedeschi, quindi mandò emissari o raggiunse per telefono le postazioni sicure e, presso i punti non controllati, oltre la cinta di postazioni nemiche che chiudevano la città, Barsotti si recò personalmente, prendendo accordi diretti. Con una telefonata chiamò invece il comandante del distaccamento del 59°, Guccini, dicendogli di recarsi al Comando Marina presso di lui ma senza dire a nessuno il motivo della sua visita.
Lo informò dell’azione che si stava preparando e che si sarebbe svolta entro pochi giorni, gli chiese informazioni sulle reali possibilità di intervento dei suoi uomini e, saputo che si trattava di soldati adatti a servizi sedentari non utilizzabili in operazioni faticose, e per di più, armati solo di fucili, ordinò telefonicamente al Gruppo Centro di far passare a Regina Elena una mitragliatrice pesante con la quale, venuto il momento, si sarebbe dovuto sparare contro isola Chiesa. Il comandante Avegno avrebbe diretto il movimento di due compagnie, una della Base e l’altra dei sommergibilisti; il battaglione costiero diviso in gruppi, predisponeva mete e itinerari.
A La Maddalena pochi sapevano ciò che si stava preparando, anche se il caporal maggiore Pinetto Grondona, contravvenendo forse alla necessità di segretezza, non perdeva occasione di parlare della prossima azione, infiammando gli animi di quanti lo ascoltavano nei capannelli occasionali, ma non troppo, che in piazza di Chiesa vedevano raccogliersi alcuni antifascisti. Qualcuno titubante obiettava che ogni reazione sarebbe stata pericolosa per i civili, ma Grondona era sicuro dei fatti suoi e sapeva, per essere molto vicino al comandante Rota, che le visite sempre più frequenti di Barsotti a Punta Villa significavano una preparazione accurata che “doveva” avere successo.
Alle due del pomeriggio Lungerhausen, venuto a La Maddalena per un sopralluogo, chiedeva la consegna di sei batterie antinave e l’allontanamento del personale italiano da tutte le altre batterie per evitare quelli che definiva “spiacevoli incidenti“, nonché il controllo diretto delle banchine di La Maddalena per consentire un imbarco sicuro; la richiesta era spropositata, ma evidentemente Lungerhausen sapeva che qualcosa avrebbe ottenuto e infatti Brivonesi accondiscese all’ultima richiesta e non oppose diniego netto per le altre limitandosi a dire che avrebbe dovuto consultare il generale Basso. Era comunque evidente che ogni nuova richiesta tedesca contribuiva ad indebolire sempre più la compattezza solo di facciata italiana.
Giovanna Sotgiu – CO.RI.S.MA
- Premessa di Settembre 1943 a La Maddalena
- I maddalenini
- I tedeschi
- Gli italiani
- Prospetto illustrativo delle batterie dell’estuario all’8 settembre 1943
- Il 1943, l’anno della fame e della paura
- 9 settembre 1943
- 10 settembre 1943
- 11 settembre 1943
- 12 settembre 1943
- 13 settembre 1943
- 14 settembre 1943
- 15 settembre 1943
- 17 settembre 1943
- Elenco dei caduti dal 9 al 13 settembre 1943