28 Aprile: la cacciata dei piemontesi
Il forte clima di irritazione e delusione del popolo sardo preoccupò molto il viceré Balbiano che cercò di riacquistare il pieno controllo della situazione dando un esempio della severità governativa. Il 28 Aprile fece infatti arrestare come sovversivi due importanti avvocati cagliaritani: Vincenzo Cabras e Bernardo Pintor. La notizia del loro arresto si diffuse immediatamente nella città causando la ribellione popolare che si manifestò nell’assalto al quartiere di Castello. Il popolo si levò infuriato in armi, assalì il Castello, disarmò le guardie, invase il palazzo del viceré, che a malapena riuscì a rifugiarsi nell’episcopio, e liberò i due avvocati sardi ingiustamente imprigionati. Il vicerè fu sospeso dalla sue funzioni e la Reale Udienza, composta di soli giudici sardi, assunse, secondo il dettato della costituzione di allora, le redini del governo; fu creata una milizia popolare agli ordini di Vincenzo Sulis, si arrestarono i Piemontesi, compreso il vicerè, e si tennero in buona custodia in alcuni conventi. Il 7 Maggio del 1794, tra il tripudio generale, vennero allontanati da Cagliari circa 500 piemontesi seguiti poi dai loro corregionali di tutta la Sardegna.
Dopo tre secoli e mezzo dopo i tempi di Eleonora d’Arborea e di Leonardo Alagon, finalmente il popolo sardo era diventato capace di un atto di coraggio e (fatto che in simile frangente è particolarmente degno di nota) senza abbandonarsi a manifestazioni di odio, a saccheggi o vendette.
I rapporti tra Cagliari e il Piemonte erano piuttosto delicati, ma la posizione dei sardi fu di massima cautela: essi miravano a cambiare la situazione isolana venendo incontro alle esigenze popolari e borghesi senza però distaccarsi dal governo piemontese. Questo aspetto della insurrezione contro i pienmnotesi fu chiarito in un importante documento politico indirizzato al sovrano: il Manifesto Giustificativo dell’emozione popolare del 28 aprile 1794.