Correva l’anno 1224
Nel XIII secolo anche elementi dell’importante famiglia pisana dei Visconti, sfruttarono la loro ascesa al potere cittadino per realizzare i propri interessi personali in Sardegna. Nel 1207 i Visconti, imparentatisi con la famiglia giudicale gallurese, arrivarono alla guida di quel giudicato e misero in atto un vero e proprio progetto di espansione verso il cagliaritano. Dopo la morte di Guglielmo di Massa, la figlia Benedetta dovette fronteggiare le ambizioni di Lamberto Visconti Giudice di Gallura e di suo fratello Ubaldo, Podestà di Pisa. Nel 1216 i due fratelli invasero il cagliaritano e costrinsero Benedetta a cedere al comune di Pisa il colle sovrastante il porto cagliaritano. Lì i mercanti pisani avevano installato da tempo i loro fondaci e l’iniziativa viscontea portò a proteggere ulteriormente il sito con la costruzione di una fortezza, la quale costituì il primo nucleo del futuro Castello di Cagliari, simbolo della potenza del comune nell’isola. La nuova città fu costruita in forma d’aquila, in omaggio all’imperatore, al quale Pisa rimase sempre fedele. Ci troviamo nel momento in cui il comune stabilizza la sua penetrazione nei mercati tunisini, dove insedia il fondamentale consolato di Tunisi (polo di riferimento per tutti i mercanti toscani). La presenza a Tunisi dei mercanti pisani risaliva a molto tempo prima, ma già alla fine del XII secolo le relazioni commerciali fra le due città erano in via di regolarizzazione, come dimostrano i trattati firmati fra le parti e l’attività del matematico pisano Leonardo Fibonacci, che già da ragazzino era stato al seguito del padre, scrivano della dogana di Bugia. In questo contesto mediterraneo nasce e si sviluppa Castel di Cagliari, vera e propria appendice pisana in Sardegna.
Il tentativo pisano di estromettere i liguri dai più massicci commerci nell’isola aveva funzionato a Cagliari e in Arborea, ma nel giudicato di Torres la presenza genovese era molto forte. Sempre nel cruciale 1216 il giudice Comita aveva rafforzato i rapporti con Genova, con la concessione di ampie franchigie commerciali e l’insediamento di consoli. I mercanti pisani risultavano svantaggiati da tali accordi, perché la loro frequentazione degli scali turritani sarebbe stata possibile a condizioni estremamente sfavorevoli. Nel 1224 la convenzione fu rinnovata ed estesa anche ai mercanti di Bonifacio, da poco strappata dai genovesi ai pisani.
Un importante punto strategico era stato saldato e reso solidale con Genova. Infine, nel 1233 vi fu un ulteriore rinnovo dell’alleanza fra Genova e il giudice di fatto Orzocco de Serra, tutore del minore Barisone III.
Tali trattati permisero l’instaurazione di stretti legami fra giudicato turritano e comune ligure, che si tradurranno in rapporti commerciali intensi e costanti fra la Sardegna settentrionale, la Corsica e la riviera ligure. Ancora nel tardo XIV secolo gli abitanti della Corsica e di Bonifacio dichiaravano di non poter vivere senza avere rapporti con la Sardegna (“homines de Bonifacio non possunt vivere non euntes ad partes Sardinie”) e anche i sardi trovavano nella cittadina corsa occasioni per estendere le loro attività e radicarvisi, attratti da condizioni di vita più stimolanti, in contrapposizione a un nord Sardegna ancora arretrato e povero di centri urbani di una certa consistenza. Del resto Bonifacio, fin dai primissimi anni dell’occupazione genovese contava circa 2500 abitanti e si caratterizzava come il centro urbano più interessante fra nord Sardegna e Corsica meridionale. Qui i sardi svolgevano svariate attività anche se, in generale, tutte di dimensioni modeste: artigiani, agricoltori, domestici e non pochi servi o schiavi, spesso portati in città da quei mercanti sardi che svolgevano traffici fra le due isole, in rapporto con i loro colleghi corsi. Le operazioni finanziarie nelle quali erano coinvolti i sardi vedono questi ultimi in posizione prevalentemente debitoria: negli atti del notaio Tealdo de Sigestro (1238-1239), si ricava che i sardi avevano crediti complessivi per poco più di 139 lire e, al contrario, debiti per oltre 467 lire.
Gli atti del notaio Tealdo de Sigestro, riferibili a due diverse e parziali stagioni di navigazione, evidenziano la rete di rapporti che Bonifacio teneva con i centri della riviera ligure da un lato e con la gran parte dei centri portuali della Sardegna nel XIII secolo da un altro, in particolare con le regioni settentrionali, che appaiono le più frequentate dalle navi e dai mercanti corso – liguri, secondo un sistema di navigazioni di cabotaggio che sfruttava soprattutto i fiumi che conducevano nei territori più interni.
Il giudicato di Torres è l’area commerciale più importante nei traffici tra le due isole, grazie ai legami privilegiati rinsaldati al principio del secolo. I documenti riguardano, in particolare, il porto di Ampurias, situato alla foce del fiume Coghinas.
Tale scalo è il polo catalizzatore di una vasta area che si estende lungo il litorale nord orientale turritano; qui i mercanti liguri e corsi possono caricare e scaricare le loro merci liberi da ogni dazio e commerciare con i mercanti locali, operando scambi e intermediazioni di un certo respiro, che spesso si estendono, oltre che alla vicina Corsica, a tutta la costa ligure, da Genova a San Pier d’Arena, da Rapallo a Savona. Le imbarcazioni impiegate sono per lo più di piccole dimensioni ma il traffico appare costante e di buon livello, con i navigli che percorrono una rotta che vede la frequentazione sistematica dei diversi scali logudoresi. Le merci esportate sono soprattutto cereali e formaggi sardi, pesati secondo il sistema di pesi e misure locali. Si segnala l’attività di mercanti locali, che commerciano per conto di mercanti bonifacini e si spostano anche fino a Genova. I traffici che convergono su Ampurias proseguono all’interno del suo territorio, seguendo il corso del Coghinas, dove sono attivi i piccoli centri di Viddalba e soprattutto Vignola. Leggermente più a est troviamo lo scalo di Frigiano, località dove presto si affermerà la cittadina di Castel Genovese, mentre l’area egemone del Logudoro nord occidentale è quella che fa capo a Sassari e al suo scalo marittimo di Porto Torres. Dagli insediamenti portuali si dirama una rete di rapporti che oltre a interessare Sassari va a coprire la regione interna della Romangia, mentre al di fuori di quest’area i rapporti sono più radi. Su Alghero non compaiono notizie, mentre a Bosa i mercanti di Rapallo sono interessati al commercio del corallo locale.
Se il giudicato di Torres è l’area preferita dai mercanti corso liguri, buon interesse suscitano anche i traffici nel confinante giudicato di Gallura, posto anch’esso di fronte alle Bocche di Bonifacio e passaggio obbligato per i traffici Corsica – Sardegna. La situazione politica gallurese fra anni Trenta e Quaranta del XIII secolo era complessa, per via delle lotte di fazione all’interno del comune di Pisa e per la minore età del giudice Giovanni Visconti. Lo stesso Giovanni, una volta raggiunto il potere, operò una strategia politica e commerciale autonoma rispetto agli interessi pisani, quasi di smarcamento rispetto alle politiche della madrepatria.
In tale momento incerto i traffici di Genova e di Bonifacio trovavano comunque in Gallura un loro spazio, talvolta importante. La prima area in cui si trovavano ad operare i mercanti corsi era quella della Bucinaria, un arcipelago di isole fra le quali si distingueva La Maddalena. L’area settentrionale, nonostante l’assenza di una vera città, dopo la scomparsa dell’antica Olbìa, faceva capo alla diocesi di Civita, attorno alla quale si raccoglieva un insieme di piccoli villaggi; i mercanti genovesi e bonifacini si recavano in due centri distinti: Civita e villa Mayor. Più a meridione prosperavano i centri di Posada e Orosei, con la vicina villa vescovile di Galtellì. I mercanti pisani esercitavano la loro azione nel territorio, organizzati in colonie residenti, ma anche la presenza genovese non doveva essere trascurabile: nel porto di Cedrone riconosciamo il porto fluviale del Cedrino, distinto dal centro urbano di Orosei; qui venivano a commerciare mercanti bonifacini e liguri e Genova vi aveva un suo console. Mercanti sardi appaiono costantemente fra gli atti bonifacini, spesso coordinati fra loro e in contatto con mercanti corsi, coi quali estendevano la loro azione sull’isola gemella, sia a Bonifacio che nelle valle del Taravo.
La stragrande maggioranza dei documenti relativi alla Sardegna riguarda l’area settentrionale, ma non mancano notizie sull’Arborea, Cagliari e addirittura Santa Igia, l’antica capitale del giudicato cagliaritano, che nel 1258 sarà conquistata e distrutta dal comune di Pisa.