Correva l’anno 1833
Michele Costantini (illetterato) è sindaco di La Maddalena.
Vincenzo Roggero è sindaco di Santa Teresa. Il luogotenente di giustizia Salvatore Giua denuncia gli abusi dei consiglieri comunali (effettivi e aggiunti) qualificandoli come malfattori corsi; dure parole anche per il sindaco Roggero (di provenienza genovese), accusato di proteggere un corso che aveva attentato alla vita del comandante.
5 marzo
I consoli della città di Sassari eleggono procuratore generale e patrono della città il governatore cav. Crotti, autorizzandolo a sostenere i loro diritti presso qualunque autorità costituita, e ad intercedere dal sovrano quelle grazie e provvedimenti che potesse esigere il bene del Comune.
7 aprile
Il sindaco di Bonifacio Nicolas Trani viene picchiato e insultato in chiesa, e due gendarmi furono gravemente feriti durante i funerali del parroco.
13 aprile
Nasce alla Maddalena, Francesco Susini (nella foto), figlio di Giuseppe e Origoni Bartolomea, ricoprì per alcuni periodi, quale Assessore comunale anziano, l’incarico di sostituto del Sindaco durante gli anni 1898, 1899 e 1900. I Susini, commercianti e padroni marittimi, originari di Capraia, si erano insediati nell’arcipelago sul finire del Settecento. Muore a La Maddalena il 14.10.1921.
14 aprile
A Torino viene ristabilita la Segreteria di Stato per gli affari di Sardegna.
7 settembre
Dovendosi eseguire dei lavori di riparazione nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Maddalena, il sindaco Nicolò Susini aveva inoltrato all’intendente provinciale di Ozieri un progetto di restauro con il relativo preventivo per ottenere l’approvazione e il finanziamento. L’intendente Simon, accogliendo la richiesta, approvò il progetto e ne dispose il finanziamento dandone comunicazione al consiglio comunitativo dell’isola al quale, su proposta dello stesso sindaco Susini, era stata demandata la direzione e la vigilanza sui lavori da compiere. Il Simon, però, non fidandosi del tutto degli amministratori locali (…nulla di nuovo sotto il sole!), dopo aver approvato il progetto e spedito il mandato per il finanziamento dei lavori, scriveva una lettera personale al Susini, nella quale, come vedremo, apertamente e senza mezzi termini, esprimeva le sue riserve circa la designazione dell’intero consiglio per la sorveglianza delle opere. La lettera, proveniente dall’archivio privato di Nicolò Susini (e ciò prova il carattere “strettamente personale” della stessa), porta la data del 7 settembre 1833; in essa l’intendente così si esprime:
“Come avrà V.S. molto illustre rilevato dalla lettera diretta a codesto Consiglio Comunitativo ho spedito a di lei favore un mandato di lire 155.13 per abilitarlo alle riparazioni da farsi in codesta Chiesa Parrocchiale, secondo la nota inserita nell’anzidetto mandato.
Non era questa un’opera da affidare all’intiero Consiglio, i di cui membri per la conoscenza, che ne ho alla sfuggita, non mi sembrano né attivi, né di buon gusto, né al caso di una sorveglianza in detta opera. Perciò mi prendo la libertà di raccomandarla a V.S. molto illustre il di cui bel genio, amor di patria e integrità m’è ben noto, oltre alle particolari informative in di Lei favore in tutto e per tutto”. I lavori, oltre ad interessare le strutture esterne, riguardavano in particolare il tetto della chiesa e dovevano essere compiuti con urgenza e prima che sopravvenisse la stagione invernale. Le somme necessarie, però, dovevano essere di volta in volta prelevate dalla casse dell’esattore comunale che, a quanto pare, erano così povere da non consentire i pagamenti man mano che procedevano i lavori. Ed ecco come l’intendente aggirava l’ostacolo: “Prevedo – prosegue la lettera – che per riparare di pronto, come si desidera, il guasto di detta chiesa, non vi saranno tanti fondi presso l’Esattore Provvisionale; nel caso, V.S. molto illustre, se non le venisse d’incomodo, potrebbe farne un’anticipata, e di mano in mano che l’Esattore va esigendo potrà rimborsarla. Perciò è che le faccio pervenire il mandato, onde Lei sempre già in giuso di quelle anticipate, che nel caso potrà fare provvisoriamente in bene di codesta sua patria che gliene sarà grata”. Siamo certi che il Susini, del resto agiato commerciante, dovette, “per amor di patria” anticipare le somme necessarie al compimento dei lavori e chissà quanto avrà poi sudato per riavere indietro i suoi quattrini. Vedi anche: Quando non esisteva tangentopoli
21 ottobre
Giuseppe Antonio Altieri, padrone marittimo, al comando di un boo da 39 tonnellate “La Vergine della Misericordia” di proprietà di Antonio Tartavull (ex corsaro minorchino stabilitosi alla Maddalena). L’imbarcazione fa naufragio sugli scogli dei “Gavetti” (presso Piantarella) e, molto danneggiata, viene riportata in porto a Bonifacio e lì venduta per 500 franchi. Gli Altieri, arrivarono a Maddalena con Padron Pietro Altieri, fu Antonio, in fuga dal Capo-Corso per problemi con il Governo francese, si stabilì con tutta la sua famiglia nell’isola della Maddalena. Il marchese de Castrie, l’allora ministro della Marina in Versailles e Regnier du Tillet, Commissario dei Porti e Arsenali di Corsica, intervennero nella questione. Qui si capisce l’importanza che attribuivano al fenomeno dei fuoriusciti dalla Corsica dopo la presa di possesso della Francia. Stabilitosi a La Maddalena entrerà a far parte della Regio Marina Sarda come sotto-piloto. Suo figlio, Giuseppe Antonio (1776-1859), appena undicenne, erediterà questo lavoro dopo la morte del padre avvenuta nel 1787, grazie alla lettera del Viceré inviata al Comandante Porcile. Giuseppe Antonio fu membro della congregazione di Sant’Erasmo e fu consigliere comunale nel 1847. La sorella di Giuseppe Antonio, Maria Angela Altieri nel 1781 sposò Salvatore Ornano, fu Francesco. Salvatore, nome di battaglia Lu Spassu, è un coraggioso sotto-ufficiale della marina sarda. Egli partecipò, il 15 aprile 1787, ad un combattimento contro uno sciabecco tunisino, col suo grado di sotto-comito, sulla mezza galera “Beata Margherita”, comandata da Matton di Benevel. Egli riportò una ferita ad una mano e fu decorato con una medaglia d’argento. Il 3 gennaio 1794 prese parte al combattimento fra le navi sarde e due sciabecchi tunisini nelle acque di Porto Vecchio: un tunisino diede fuoco alla Santabarbara (polveriera) del suo veliero, facendolo esplodere. Molti furono i morti e i feriti, fra i quali Ornano che aveva riportato una brutta ferita al braccio e, malgrado ciò, non aveva cessato di combattere. Portato, come gli altri, in un ospedale improvvisato nell’isola di Santo Stefano, morì per febbre putrida causata da un’infezione. Lasciava sei figli, Maria Laura (1780), Giovanna (1781), Maria Caterina (1784), Francesco Benedetto (1787), Pietro (1789), Maria Nunzia (1792). Fino a quel momento le vedove di marinai morti in servizio non avevano diritto ad alcun riconoscimento economico e gli ufficiali pregavano, di volta in volta i rappresentanti di governo perché non si lasciassero abbandonate alla fame le famiglie di caduti. Dallo stato finanziario del governo dipendeva la maggiore o minore generosità dell’intervento di un tantum riconducibile, normalmente, ad alcune razioni di pane giornaliere per la moglie e i figli minori. In questo caso, pero, data la gravità della situazione, il Re aveva concesso un sussidio di 90 lire alla vedova Maria Angela Altieri e la promessa di intervenire con una sorta di piccola pensione. Non era allegra la situazione della donna che dovette superare anni penosi con la sua sola forza di volontà fino a quando i due ragazzi erano entrati anche loro nel servizio di Marina (Pietro aveva preso il nome di battaglia del padre) allontanandosi dall’isola. La figlia maggiore, Maria Laura, si sposò molto giovane, nel 1798, con l’intraprendente Giuseppe Bertoleoni mentre Maria Angela Altieri si risposò due anni dopo con un altro vedovo, Pietro Culiolo. Dopo qualche anno la terzogenita, Maria Caterina, si era sposata e aveva avuto un figlio, Pietro, ma qualche tempo dopo rimase vedova. Fu ospitata dalla sorella maggiore, entrando nella sfera di influenza di un uomo dalla forte personalità e dai modi imprevedibili che, adattando tutta la famiglia ai suoi capricci, ne aveva fatto la sua amante con una condizione di vita per noi difficile da capire. Le due sorelle vivevano sotto lo stesso tetto, dividendo anche le attenzioni dell’uomo che era legittimo marito dell’una e amante dell’altra. Bertoleoni aveva risolto il possibile scandalo che la situazione avrebbe potuto comportare, allontanando dalla vista dei sui concittadini il suo ménage: la vecchia chiesa di Santa Maria era la casa che le ospitava entrambe con i rispettivi figli. Per qualche anno la cosa era andata avanti senza che nessuno intervenisse, fino a quando la coraggiosa madre delle due giovani prese l’iniziativa di denunciare la situazione provocando un intervento del Comandante delle Isole che immediatamente si era messo sulle tracce del colpevole per arrestarlo e dei figli per farli battezzare. Ma Bertoleoni non era persona da farsi sorprendere e aveva fatto sparire le tracce di Maria Caterina e dei figli avuti da lei, Giovanni e Pasqua, trasportandoli sulla costa sarda e affidandoli ad amici che non rifiutarono certo di dare al compagno di commercio di contrabbandi l’aiuto necessario. Per risolvere definitivamente la cosa senza rinunciare alle due donne, Bertoleoni occupò un’altra isola, Tavolara, abbastanza lontana dall’Arcipelago per non suscitare curiosità, dove Maria Caterina fu sistemata stabilmente e continuò ad essere la sua seconda moglie illegittima. Dal matrimonio di Giuseppe Bertoleoni e Maria Laura Ornano nacque Paolo che nel 1836, così racconta la leggenda, fu incoronato Re di Tavolara da Carlo Alberto Re d’Italia, creando così il più piccolo regno del mondo. La Regina Vittoria d’Inghilterra fece scattare una fotografia all’intera famiglia, ancora oggi, esposta a Buckingham Palace. Nel post scriptum della lettera del 6 marzo 1813, inviata alla Segreteria di Stato, il Comandante Millelire racconta che Ambrogio Casabianca e Pasquale Altieri (fu Pietro della Corsica), con un suo nipotino, vennero fatti prigionieri da un corsaro francese mentre si recavano a Malta sotto bandiera inglese, trasportati prima a Napoli e poi a Roma riusciranno a fuggire e con una scialuppa partiranno da Fiumicino e arriveranno alla Maddalena il 6 marzo dopo un giorno di navigazione.