Correva l’anno 1859
A Bonifacio viene completata la strada imperiale Ajaccio-Bonifacio.
A Cala Francese inizia l’estrazione del granito. Si può ammirare il paese nelle stampe del giornale inglese London News eseguite su disegno del maggior Fitzmaurice.
L’ARRIVO DI CARLO ALBERTO – 1843 DA “VIAGGIO IN SARDEGNA” DI LA MARMORA – 1859
“Il porto della Maddalena, detto Cala Gavetta, non è molto vasto, ma basta ai bisogni della popolazione; nel suo ingresso vi è uno scoglio granitico sotto acqua ch’era molto pericoloso, e sopra il quale batterono molti bastimenti, tra i quali un vapore francese riccamente carico per il Levante, e che il cattivo tempo aveva obbligato di dar fondo in questo largo: esso si spaccò su questo scoglio e soffrì grandi avarie; ma ora questo scoglio è stato tolto, e l’ingresso di questo porto è sicuro. Nei suoi orli vi hanno praticato degli argini che ai piccoli battelli permettono di avvicinarsi onde imbarcare le mercanzie. Sopra questa spiaggia si osserva una piramide in pietra che sopporta una delle bombe lanciate dal giovine Bonaparte, come si dirà qui sotto.… I Francesi avevano già stabilito la loro batteria nell’isolotto di S. Stefano, in un luogo detto Puntarella. Nella mattina del 22 questa batteria aveva aperto il suo fuoco contro il borgo della Maddalena: la prima bomba cadde sulla chiesa parrocchiale; essa affondò nel tetto e penetrò nell’interno della chiesa, rotolando ai piedi dell’altare, senza scoppiare. È da credere che questo primo proiettile fu lanciato vuoto espressamente da Bonaparte, sia perché non volesse rovinar la chiesa, sia perché egli voleva solamente con questa prima sperimentare il suo tiro; questo mi sembra più probabile: il fatto è che essa non era carica, perché si trovò vuota, e per conseguenza non aveva scoppiato, lo che naturalmente si attribuì a miracolo.
Le altre bombe che susseguirono scoppiarono quasi tutte; la seconda abbatté l’angolo della stessa chiesa verso ponente, essa scoppiò e ferì uno nominato Simone Ornano, ch’era accorso armato in difesa del suo paese. La terza e la quarta caddero sopra il tetto dell’abitazione del fu Giuseppe Ferracciolo, attigua alla chiesa, questa casa fu notevolmente danneggiata: la quinta scoppiò nella piazza della chiesa, e fece guasti alle case vicine: una palla entrò dalla finestra di davanti della stessa chiesa, ed andò a cadere ai piedi della statua della patrona S. Maria Maddalena, senza cagionarvi danno. Un’altra bomba cadde sopra la casa del fu Paolo Martinetti, un’altra sopra quella del fu Michele Constantini; esse scoppiarono ma non fecero gran danno; una decima cadde sopra il tetto della casa del fu comandante Millelire, essa scoppiò, e sino ad oggi si conserva un frammento dalla famiglia.
Io ho voluto riprodurre tutte queste particolarità, che mi furono comunicate da una persona degna di fede, grazie alla gentilezza del fu Vice Ammiraglio Conte Albini, per constatare l’autenticità dei tre oggetti che sino ad oggi si conservano in memoria di quest’attacco, e come ricordo di un grande uomo che appuntò egli stesso tutti questi proiettili. Il Valery parlando della bomba che cadde sopra la chiesa senza scoppiare, dice che fu venduta nel 1832 per 32 scudi al sig. Craig, inglese, da un consigliere municipale della Maddalena; coll’intenzione di acquistare con questa somma un orologio da collocare nel campanile della Parrocchia; il fatto è che l’orologio non fu acquistato finora, a quanto io sappia, e che la bomba non è stata mandata in Scozia, come suppose il Valery, ma è restata sempre proprietà del sig. Craig, diventato poi Console Generale d’Inghilterra in Sardegna“. Da: Rivista Marittima – Luglio 1896 – di Emilio Prasca L’ASSALTO DEI FRANCESI ALL’ISOLA DELLA MADDALENA NEL 1793 (l’autore risponde ad A.V. Vecchj autore di un articolo sulla stessa rivista nel numero di Maggio).
2 gennaio
Avendo saputo che la postazione dei Carabinieri reali doveva essere spostata da Luogosanto, il sindaco chiede che essa venga inviata a Santa Teresa, dove esiste una caserma capace di dieci persone “forse la migliore della provincia”.
7 febbraio
L’ispettore scolastico della provincia propone la formazione di una classe femminile: malgrado le difficoltà economiche, si delibera di aprirla a Santa Teresa per l’anno scolastico 1859-1860. Salvatore Usai è il facente funzioni di sindaco. Martino Orecchioni è sindaco.
2 marzo
Garibaldi parte da Caprera per Genova con il piroscafo San Giorgio, convocato dal conte di Cavour a Torino per partecipare alla seconda guerra d’indipendenza. Nominato Maggiore Generale, assume il comando dei Cacciatori delle Alpi e prende così parte alla vittoriosa seconda guerra d’indipendenza. A Caprera in quel anni, come descrive Quaranta, viveva una piccola comunità. Risulta dalla descrizione che a Caprera oltre a Menotti vivessero i giovani Bidischini e Canzio. Francesco Bidischini, figlio del Conte Giuseppe Bidischini Dall’Oglio, un’antica famiglia veneta vissuta a lungo in Turchia, a Smirne, sul filo delle attività legate al Commercio della seta. Fu presentato a Garibaldi nel 1859: nato nel 1835, il giovane ha 24 anni. E’ fratello di quell’Elisa Lavagnolo Bidischini nota per il suo impegno nel Risorgimento. . Di lei si dice che era di grande bellezza e riuscì in alcune delicate missive affidatele da Cavour e Rattazzi con le quali era in contatto grazie allo sposo ufficiale dell’esercito piemontese. Il 9 luglio 1868, Menotti sposa a Bologna la sorella di Francesco Bidischini, la sedicenne Francesca Italia.
Il giovane Canzio si è arruolato con Garibaldi: è carabiniere genovese, ha 23 anni durante la Spedizione dei Mille, 24 quando sposa Teresita, il 26 maggio 1861 si trova a Caprera. Teresa è spesso condotta a Caprera dai coniugi Deider che ne assicuravano l’educazione a Nizza, Rosa madre di Garibaldi muore nel 1852. Ricciotti è stato affidato a Emma Roberts che abita a Londra, tiene con sé alcuni mesi il bambino e poi lo indirizza verso un collegio di Liverpool. Teresa è tormentata durante la vita austera di Caprera per non poter dar sfogo alla sua giovinezza. Aveva appena sedici anni quando sposò Canzio, a Caprera, Quaranta scrive: Menotti e Teresa giovinetti si recavano spesso alla Maddalena, ove facevano frequenti feste da ballo, i balli si protraevano fino alle due del mattino e spesso fino al giorno seguente.
17 marzo
Garibaldi lancia un appello per la costituzione di un corpo di volontari. Il 17 marzo si costituisce, con decreto del re Vittorio Emanuele II, il corpo dei Cacciatori delle Alpi, Garibaldi ottenne il grado di maggiore generale. Si contavano circa 3200 uomini, i quali vestivano l’uniforme dell’esercito sardo. È di nuovo guerra, la Seconda Guerra di Indipendenza, tra il Piemonte e l’Austria. Convocato dal re sabaudo all’inizio di maggio, Garibaldi riceve l’incarico di difendere Torino, cessata la minaccia, avendo Napoleone III respinto gli Austriaci in territorio lombardo, ha libertà d’azione e, attraversato il Ticino con un ponte di barche, attacca e sconfigge gli Austriaci a Sesto Calende. Intanto questi ultimi sono battuti a Magenta e subito dopo a San Martino e a Solferino dall’esercito piemontese e da quello francese. Modena, Parma, Bologna, Firenze ed altre città chiedono di essere annesse al Piemonte, formando, il 10 agosto, una lega militare comune con al comando Garibaldi, che a settembre lancia una sottoscrizione per raccogliere cinquemila franchi destinati all’acquisto di un milione di fucili: nei suoi progetti la liberazione della Sicilia e la conquista di Roma.
29 aprile
Seconda guerra contro l’Austria.
1 aprile
Intanto sulla penisola italiana, in vista dell’imminente guerra d’indipendenza contro l’Impero austriaco, le attività di reclutamento entravano nel vivo. Ottenuto il permesso che lo autorizzava ad allontanarsi dall’impiego, conservando anni di anzianità e classe di lavoro, Niccolò Susini Millelire fu arruolato nei Cacciatori delle Alpi con il grado di capitano. Si distinse nei combattimenti del maggio contro gli austriaci, tanto da ricevere una medaglia d’argento al valor militare per aver capeggiato una coraggiosa imboscata contro l’esercito nemico, durante la battaglia di Varese (26 maggio). Dopo l’armistizio di Villafranca, continuò a militare nei Cacciatori delle Alpi per poi essere incorporato nel 51° reggimento di fanteria dell’esercito regolare. Divenuto capitano della 9ª compagnia, a partire dal giugno del 1861 si trovò a operare in Sicilia. Nel frattempo, Antonio aveva continuato a battere le acque del fiume Paraná, nel tentativo di mantenere lontana la squadra della Confederazione ed evitare il blocco di Buenos Aires. I combattimenti continuarono fino al 17 settembre 1861 quando, nel corso della battaglia di Pavón, Bartolomé Mitre riuscì a sbaragliare le truppe confederate, obbligando Urquiza alla ritirata e instaurando un governo provvisorio. Anche le vicende sulla penisola incalzavano. Al termine della vittoriosa spedizione dei Mille, Garibaldi premeva per riprendere l’iniziativa e liberare i territori ancora sotto il dominio dell’Austria e dello Stato pontificio. Convinto sostenitore della causa nazionale, d’altronde, da almeno un anno, Antonio aveva preso in considerazione l’ipotesi di fare ritorno in patria. Ottenuta la licenza militare, nel marzo del 1861, il console generale d’Italia a Buenos Aires gli rilasciò un certificato di autorizzazione per la partenza. Arrivò sulla penisola il 22 luglio, con l’incarico di effettuare alcune rilevazioni sul lago di Garda e preparare un attacco contro la flottiglia austriaca. Fallito il progetto, tuttavia, soggiornò per un breve periodo a La Maddalena, prima di imbarcarsi per l’Argentina dove fu incorporato nell’esercito nazionale. In parallelo, con regio decreto del 23 marzo 1862, il fratello Niccolò fu promosso al grado di maggiore di fanteria di linea. Prese parte alle azioni di repressione al brigantaggio. Per le attività svolte nelle province del Mezzogiorno, nel 1865 ricevette l’alta onorificenza del titolo di cavaliere dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro. Terminò la sua carriera militare nelle file dell’esercito del Regno d’Italia, partecipando alla terza guerra d’indipendenza nel 1866. Ottenuta l’aspettativa per infermità dal servizio, trascorse infine gli ultimi anni di vita a La Maddalena, dove morì il 4 aprile 1869, all’età di quarantuno anni. Di nuovo nel Rio de la Plata, Antonio si era, invece, trovato presto impegnato nella guerra della Triple alianza. Il 29 marzo 1865, il presidente paraguayano Francisco Solano López – dopo aver rotto diplomaticamente con la corte di Rio de Janeiro, intervenuta in favore del capo del partido colorado uruguayano Venancio Flores – dichiarò guerra al governo argentino, che rispose alleandosi con l’Impero del Brasile e l’Uruguay. In poche settimane, le truppe paraguayane superarono il confine occupando la città di Corrientes, mentre i reggimenti argentini muovevano verso il confine settentrionale. Nel maggio dell’anno successivo, Antonio ricevette, per ordine di Mitre, il comando della 2ª legione volontari. Nel primo anno di scontri, prese parte ai combattimenti del Paso de la Patria (6 aprile), Itapirú (17 aprile) ed Estero Bellaco (2 maggio). Successivamente, assunse il comando della 4ª divisione del I corpo dell’esercito argentino. Alla sua guida, predispose la difesa durante l’assalto di Curupaytí (22 settembre) – la più grave sconfitta per le truppe alleate –, riuscendo a portare in salvo centinaia di militari feriti. Per questa azione, ricevette lo scudo d’oro dal Congresso e, il 1° ottobre 1866, fu promosso a colonnello effettivo. Nonostante i successi conseguiti, scelse però di dare le dimissioni dall’esercito. Nel 1867, ricevuto l’esonero dal servizio militare da parte del ministro Juan Gelly y Obes, salpò verso l’Italia. Si installò quindi a Genova e svolse, per quasi diciannove anni, l’attività di collaboratore della legazione argentina sulla penisola. Nel 1886 fece ritorno a Buenos Aires, dove venne calorosamente accolto dalle associazioni di emigrati e dai circoli politici della capitale. Su impulso dell’influente giornale cittadino La Nazione italiana, ricevette, per decreto del presidente della Repubblica, la designazione a colonnello effettivo e il riconoscimento ufficiale del servizio prestato presso l’esercito argentino. Rientrato in Italia, fu nominato dal ministro degli Affari esteri agregado militar della legazione argentina a Roma. Effettuò, negli anni successivi, altri brevi soggiorni nella capitale argentina, per svolgere incarichi diplomatici e presenziare a celebrazioni ufficiali. Nell’aprile del 1890, eliminata la carica degli agregados, decise di rimanere comunque a disposizione dell’apparato consolare argentino. Si trasferì infine stabilmente a Genova, dove morì il 21 novembre 1900 all’età di ottantuno anni.
5 maggio
Nasce Anna Maria Imbeni (Anita), figlia di Garibaldi e di Battistina Ravello. Nel 1855 Garibaldi passò da Nizza, città dove era nato, e lì fece la conoscenza di Battistina Ravello. Lui aveva 48 anni, lei 26. Se la portò a Caprera perché aveva bisogno di una bambinaia e di una ragazza di fatica. Battistina non era particolarmente bella ma di solidi fianchi e di sodi seni; e tra un’occupazione e l’altra, ebbero modo, lui di godere della sua giovanile vitalità; lei del suo fascino di uomo maturo, fisicamente niente male. Come ogni relazione che si rispetti ne arrivò ben presto il frutto, non desiderato, quantomeno da lui. Il 5 maggio del 1859 Battistina gli mise al mondo una bimba, che all’anagrafe del Comune di Maddalena fu registrata come, Anna Maria Imeni, ma che Garibaldi chiamò Anita, come la giovane donna che conobbe in Sudamerica e che amò profondamente e per sempre. Battistina, sebbene analfabeta, non dovette essere la sempliciotta che giudizi e insinuazioni, probabilmente interessate, hanno dipinta. Non poteva di certo reggere il confronto né con Anita, la leggendaria brasiliana, né con la colta e raffinata, Speranza Von Schwartz, che nello stesso periodo frequentava Caprera e il letto di Garibaldi né con altre fidanzate più o meno avvenenti dell’Eroe, e nemmeno con Francesca Armosino, arrivata tempo dopo, e che attraverso la figlia Clelia descrisse la vita di Caprera e delle persone che la frequentavano. In effetti pare che in Garibaldi, dopo la nascita della bimba, stesse aumentando l’affetto per la giovane compaesana da lui portata a vivere a Caprera e che stesse addirittura pensando di sposarla, anche per dare un po’ di stabilità alla sua vita e a quella dei suoi figli. Non si sa come e perché, se in seguito a quali fatti veri o presunti, a quali voci o accuse, alla base dei quali è lecito pensare potessero esserci passioni e gelosie al femminile, sta di fatto che Battistina Ravello fu ben presto invitata, e con una certa decisione, a prepararsi i bagagli ed imbarcarsi, con la figlioletta, per il Continente. La piccola Anita non visse dunque che per pochi mesi a Caprera e forse non ricordò mai se padre la prese sulle proprie ginocchia… Padre che, quando la piccola aveva 8 anni, per interessamento di Speranza Von Schwartz, inviò perché avesse un’istruzione, in un collegio svizzero. Battistina Ravello da Caprera era tornata a Nizza e lì fece mestieri umili per campare. Morì a 76 anni. Anita, la figlia, poté tornare finalmente a Caprera quand’era adolescente, dove conobbe padre e fratelli, ma qui visse per assai poco tempo. Vi morì infatti all’età di 16 anni, di meningite, nel 1875. Un triste destino aveva stabilito che a Caprera, Anita, dovesse trascorrere solo un periodo molto breve della sua vita ma le riservò di trascorrervi tutta l’eternità.
19 maggio
Nel 1855 il ministro argentino Mitre aveva incaricato Olivieri, nel frattempo riscattato dalle galere pontificie su intercessione del governo bonearense, di organizzare una Legione “agricola militare” di 600 uomini, in gran parte veterani della Legione italiana integrati da qualche altro europeo, da un pugno di gauchos e alcune dozzine di donne, per impiantare una colonia agro-pastorale a Bahia Blanca.
La squadra navale che nel febbraio 1856 trasferì la spedizione era comandata dal colonnello Giuseppe Muratori. In novembre, esasperati dalle condizioni di vita e dalla dura disciplina, una ventina di ammutinati trucidarono il colonnello e il cappellano. Fucilati i due caporioni ed abbandonate le velleità colonizzatrici, l’insediamento si trasformò in una base a carattere puramente militare, comandata da un energico e capace ufficiale d’artiglieria ex garibaldino, il maddalenino Giuseppe Antonio Susini-Millelire (1819-1900). Così Antonio fu autorizzato a ricostituire la Legión valiente. Molto presto, però, di fronte alle necessità belliche, fu dirottato al comando del vapore Dipingo e, su nomina dello stato maggiore, assunse il controllo militare dell’isola di Martín García. Alla guida della squadriglia navale, composta di tre vapori e di tre brigantini, svolse una costante perlustrazione delle acque dei fiumi Paraná e Uruguay, volta a impedire il passaggio di contingenti nemici, e un’attiva azione di cannoneggiamento, al fine di riacquistare il controllo dei principali porti. In quei mesi, gli scontri tra confederati e porteños si susseguirono senza sosta, ribaltando di continuo gli equilibri del conflitto. Il 23 ottobre 1859, dopo una fortunosa fuga dal campo di battaglia di Cepeda, Antonio aiutò a evacuare le truppe dell’esercito di Buenos Aires, recuperandole a bordo delle proprie imbarcazioni ancorate nel porto San Nicolás de los Arroyos. L’azione venne salutata entusiasticamente dai giornali e dai bollettini della capitale, che celebrarono il coraggio del marinaio maddalenino.
il 19 maggio i legionari, al comando di Susini, del maggiore Ciarlone e dei capitani Radino e Caronti, respinsero valorosamente un attacco di 3.000 indios guidati dal cacicco Ancalao (soprannominato “Baccalà” dagli italiani), uccidendone circa 200. In seguito, sotto l’impulso del capitano Filippo Caronti, fondatore della colonia “Nuova Roma”, Bahia Blanca si avviò verso un grande sviluppo urbano e portuale, culminato alla fine del secolo nella costruzione della maggiore base navale argentina, Puerto Belgrano, costruita nelle vicinanze dall’ingegnere italiano Luiggi.
30 maggio
Un certo Lorca evaso dalla Corsica con una piccola barca, si dirige verso la Sardegna; viene allertato anche il Sindaco di La Maddalena, al quale venne chiesto, non appena il fuggitivo fosse arrivato sull’isola, “questi fosse ricercato ed arrestato”.
1 giugno
Garibaldi, fresco papà, conosce a Robarello (Como) la bella e vezzosa marchesina Giuseppina Raimondi, ed è subito cotta.
10 giugno
A Milano, Garibaldi riceve la medaglia d’oro al valor militare per le vittoriose operazioni militari condotte e la nomina a Grande Ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia.
28 giugno
Si chiede l’apertura di un ufficio telegrafico a Santa Teresa, giustificato anche dal fatto che si sono “aperte tre lavorazioni di carbone, bosco e alburno” e appaiono necessari contatti frequenti con Tempio. Il comune pagherà l’affitto del locale, l’acquisto dei macchinari e l’alloggio agli impiegati.
7 luglio
Rivolta a bordo del vapore General Pinto, che bloccava Paraná. Questa nave era al comando del colonnello di Marina Antonio Susini Millelire e a bordo si trovava il comandante della squadra di Buenos Aires, colonnello di Marina José Murature. Un sergente e un caporale hanno ribellato l’equipaggio; si è verificato uno scontro e in esso è stato ucciso il capitano di Marina Alejandro Murature, figlio del comandante della Squadra, che era al comando del piccolo vapore Buenos Aires e aveva partecipato al General Pinto per visitare suo padre. I ribelli consegnarono la nave alla Confederazione Argentina e lo stesso fecero con il colonnello Murature, che avevano arrestato.
11 luglio
Armistizio di Villafranca. I sardi caduti nella guerra sono 97. Dopo alcune vittorie Napoleone III, timoroso di complicazioni internazionali e combattuto dall’opinione pubblica francese ostile alla formazione di un grande stato italiano ai propri confini, decise il 6 luglio di proporre all’Austria un armistizio: venne firmato l’8 dal maresciallo Vaillant e dal generale Martimprey per la Francia, dal generale La Rocca per la Sardegna, dal barone Hess e dal conte Mensdorff per L’Austria. I preliminari di pace vennero conclusi l’11 attraverso i colloqui dei due imperatori e fissarono il principio della rinuncia Austriaca alla Lombardia e della creazione di una confederazione italiana con a capo il Papa; furono ratificati da Vittorio Emanuele II e portarono alle dimissioni di Cavour.
4 agosto
La Francia vieta la lingua italiana in Corsica; La Corsica viene annessa alla Francia nel 1769, ma in realtà da un punto di vista culturale e linguistico essa è rimasta per lungo tempo un’eccezione rispetto alla parte continentale del Paese. Mantenne cioè le sue peculiarità. In particolare, il popolo mantenne l’uso del còrso, lingua parlata utilizzata nell’uso di tutti i giorni. Mentre la lingua amministrativa continuò ad essere l’italiano, già utilizzato da secoli dalla Repubblica di Genova e nella breve Repubblica Còrsa di Pasquale Paoli. Molti atti pubblici continuavano ad essere scritti in lingua italiana, tanto che con un apposito decreto del 10 marzo 1805, veniva derogato per l’isola l’uso obbligatorio del francese. La situazione cambia nel 1859, e precisamente nella data di oggi: è infatti del 4 agosto di quell’anno la sentenza della Corte di cassazione francese che vieta totalmente l’uso dell’italiano in Corsica, proclamando il francese unica lingua ufficiale dell’isola. La tempistica dell’intervento della Corte di Cassazione si iscrive nella volontà di uniformazione del Governo, che sul piano linguistico si trasforma in politica di uniformazione e assimilazione, volta anche a rafforzare il senso di appartenenza di tutti i territori francesi ad un’unica nazione. Ma probabilmente un altro fattore portò la Corte a legiferare in tal senso proprio in quella data. Infatti, poche settimane prima, nel luglio 1859, si era conclusa la Campagna d’Italia di Napoleone III contro l’Austria, a sostegno del Regno di Sardegna. Alcuni storici sostengono quindi che il divieto di utilizzo della lingua italiana e l’accelerazione al processo di assimilazione culturale fu dettato anche dai timori suscitati dall’avvio che la campagna aveva dato ai moti rivoluzionari italiani e dal pericolo che anche l’isola potesse esserne direttamente coinvolta. Il rischio concreto che la Corsica entrasse a far parte del nascente Stato unitario italiano non ci fu mai, ma la Francia potrebbe aver voluto correre ai ripari per evitare questa eventualità. Da quel momento iniziò il processo che spezzò il legame storico e di parentela tra lingua italiana e còrsa, che si trovò progressivamente a contatto con la sola lingua francese, con inevitabili conseguenze sulla formazione della lingua còrsa, che al francese iniziò ad attingere per prestiti e neologismi. Un’altra lingua neolatina, certo, ma sicuramente meno affine rispetto all’italiano.
settembre
Nel progetto di strada reale Sassari-Terranova, via Tempio, Santa Teresa chiede che il tracciato passi per l’Anglona per facilitare l’approvvigionamento e il commercio del grano, indispensabile alla sua sopravvivenza.
Elpis Melena racconta la sua visita alla casa di Caprera nel settembre 1859.
“Tra quei trofei c’è lo striscione che la città di Montevideo ha presentato al suo coraggioso difensore dopo l’incontro a San Antonio. ” In questo giorno, grande e memorabile giorno, 8 febbraio 1846, Garibaldi, guidato da duecento italiani, visse improvvisamente circondato da dodicicento uomini dell’esercito di Rosas, sotto il comando del generale Servando Gomez. Invece di accontentarsi di un atteggiamento difensivo, quello che il generale più coraggioso poteva fare spudoratamente in una situazione così critica, ha attaccato il nemico con i suoi duecento uomini, e dopo una lotta sanguinosa durata non meno di cinque ore, Gomez è stato costretto a ritirarsi con la fanteria distrutta e La cavalleria fallisce, abbandonando il campo di battaglia al vincitore… “.
4 settembre
La bara contenente le ceneri di Pasquale Paoli arrivò a Isola Rossa sul Comte Bacciocchi, nave della compagnia Valery. Sul porto, la folla affollata riflette l’importanza dell’evento. La presenza di molte personalità tra cui il vescovo di Ajaccio, il vescovo Paul-Matthieu de La Foata e il prefetto della Corsica, sottolinea la solennità del momento. Pasquale Paoli, “capo generale” della nazione dal 1755 al 1769 e morto a Londra il 5 febbraio 1807, tornò finalmente nel suo paese natale. Trasportato nella chiesa della città dove il vescovo era in attesa, frequentato da molti sacerdoti, il corpo rimane lì fino al 6 settembre prima di essere trasferito a Morosaglia per essere depositato nella cappella della casa di Stretta dove il generale nacque il 6 aprile 1725.
23 ottobre
La legge Rattazzi divide la Sardegna in due sole province (Cagliari e Sassari), con 9 circondari.
23 ottobre
La legge comunale e provinciale attribuisce al Circondario di Tempio nove comuni, fra i quali La Maddalena e Santa Teresa.
23 ottobre
Il conflitto argentino, incubato dalla lunga guerra doganale, fu scatenato dall’ammutinamento della fanteria di marina imbarcata sulla nave bonearense General Pinto. I ribelli catturarono il loro comandante, José Murature, e uccisero il fratello Alejandro, comandante di un’altra unità navale, che aveva tentato di fermarli, volgendo poi la prora su Rosario e unendosi alla flottiglia confederata. Buenos Aires reagì con una rappresaglia contro le batterie costiere di Rosario, cannoneggiate il 5 ottobre dalla flottiglia portegna al comando di Susini. La flottiglia confederata, comandata da Mariano Cordero, replicò il 14 forzando il passo del Paranà dopo duro combattimento con la batteria portegna di Martin Garcia e raggiungendo Rosario per mettersi a disposizione di Urquiza.
Fu questo scontro a decidere la guerra. La legislatura confederata autorizzò Urquiza a riportare la provincia secessionista in seno alla Confederazione “con la pace o con la guerra” e quella portegna conferì al proprio governo i poteri necessari per respingere l’aggressione confederata. La guerra fu decisa in una sola battaglia, svoltasi il 23 ottobre a Cepeda, dove Mitre, ora governatore, era attestato con 9.000 uomini e 24 cannoni (fanteria in prima linea con l’artiglieria al centro, cavalleria in seconda linea alle ali).
L’esercito confederato – 14.000 uomini con 32 cannoni – impiegò alcune ore per guadare l’Arroyo del Medio, confine interprovinciale. La fanteria confederata, inferiore a quella bonearense, fu accolta dal fuoco di sbarramento delle batterie nemiche, inducendo Urquiza a spostarla su entrambe le ali, formate dalla sua famosa cavalleria. Mitre accennò a mutare fronte spostando forze sulla destra, ma dovette rinunciarvi perché nel frattempo l’ala destra confederata, guidata personalmente da Urquiza, aveva travolto l’ala sinistra portegna travolgendo la cavalleria nemica e poi il quadrato del battaglione.
2, penetrando in profondità alle spalle dello schieramento nemico, dove molti reparti si arresero o disertarono. Tuttavia, grazie all’eroico contrattacco della Legione italiana di Susini (detto poi “l’eroe di Cepeda”), Mitre poté resistere sino a notte e, col favore delle tenebre, sganciarsi con 2.000 superstiti sfilando in mezzo alla cavalleria nemica. Due giorni dopo le due flottiglie si affrontarono in un confuso scontro nelle acque di San Nicolas.
13 novembre
La legge Casati sopprime l’Università di Sassari (che sarà però restaurata l’anno successivo).
20 novembre
Il Parlamento subalpino approva una nuova legge mineraria che liberalizza ulteriormente la ricerca e lo sfruttamento.