Correva l’anno 1917
Entrano in funzione le linee automobilistiche Palau-Sassari, Palau-Terranova e Palau-Tempio.
Pietro Lissia è nominato commissario prefettizio di La Maddalena.
Si affida all’ingegner Domenico Giua di Tempio l’incarico per la progettazione del palazzo comunale di Santa Teresa.
I bambini, le donne e gli adulti che non partono per la guerra si ammalano di febbre ‘spagnola’, un’epidemia che si propaga in maniera irrefrenabile e che i mezzi a disposizione della scienza medica non riescono a combattere efficacemente.
Quante vittime sta mietendo quel virus, che colpisce le vie respiratorie, anche a La Maddalena…
Un’ incombenza supplementare ricade su Pietro Lissia, che amministra il Comune dall’estate del 1917 alla primavera del 1919. Rimane da solo, o quasi, a lottare contro questo nemico invisibile.
L’igiene, anzi tutto. Il Commissario comunica ai suoi collaboratori che, nonostante l’isola sia spopolata, non può essere trascurata l’igiene degli orinatoi pubblici.
“Dovrò emanare un’ordinanza- annuncia Lissia- Dovrò coinvolgere l’ufficiale sanitario perché faccia rispettare le regole: pulizia, pulizia e disinfezione a livello maniacale, della frutta, della verdura, dei viveri che si distribuiranno: i prodotti freschi dovranno restare sempre coperti sui banchi del mercato e dei negozi, e i compratori non potranno toccare nulla. Vieteremo le riunioni, pubbliche o private. Non si terranno più animali a casa. Bonificare, mondare, lavare, anche le case di chi muore di spagnola. I cadaveri non saranno più benedetti in chiesa. Niente più funerali, ma sepoltura diretta. Niente più commemorazione dei defunti il 2 novembre. Serviranno le bare per i cittadini meno fortunati: il Comune dovrà farne scorta. Tante persone saranno state contagiate e il piccolo ospedale Garibaldi non è sufficiente per assistere tutti. Adatteremo un’ala dell’edificio scolastico ad ospedale”.
Le condizioni igienico- sanitarie, già precarie, diventano preoccupanti quando, nonostante i divieti specifici, le mogli e i figli dei richiamati, provenienti dall’isola madre, emigrano a La Maddalena per godere dei sussidi garantiti dai comitati d’assistenza. Quindi, la popolazione cresce. E non per il saldo positivo tra il numero delle nascite e quello dei decessi tra i maddalenini impegnati al fronte, o affetti da malattie devastanti, o anziani in loco. Ma, repentinamente, per effetto dell’immigrazione indiscriminata di famiglie sarde, certo, in preda alla disperazione e attratte dalla possibilità di sostenersi grazie ai sussidi erogati dai numerosi enti benefici sorti dall’inizio della guerra. Questo fenomeno è destinato a creare squilibri sociali e problemi di ordine pubblico, secondo le autorità che devono intervenire per arginarlo, inasprendo i controlli e punendo con sanzioni severe i trasgressori- definiti con spregio “persone inutili e dannose”- con divieti imposti, fino a prevedere, nei casi estremi il rientro forzato nei paesi e negli stazzi di provenienza. Allontanare, “per riportare la popolazione nei limiti morali”; allontanare, “salvo giustificate eccezioni”, tutte le persone arrivate con lo scoppio della guerra, “e che non sono utili alla difesa della piazza”. Consentire l’ingresso all’isola soltanto a chi è munito di permesso di soggiorno rilasciato dall’autorità militare o dal Commissario regio. Le decisioni sono assunte in maniera drastica e impietosa.
Lissia si lamenta con il contrammiraglio Morino: “Dato il numero ristretto delle abitazioni nel Comune, l’aumento della popolazione ha creato degli affollamenti così numerosi e gravi da fare seriamente temere per la salute pubblica nel caso di un’eventuale epidemia- scrive- Molte case per l’eccessivo agglomeramento dovrebbero essere chiuse in base alle disposizioni vigenti, non potendo consentire che in pochi ambienti si ammassino in poco edificante promiscuità tanti individui dell’uno e dell’altro sesso. Per ovviare ai principali inconvenienti (…) non sono stati sufficienti i pochi provvedimenti che ho potuto adottare in base alle leggi sulla Pubblica Sicurezza, rimpatriando con foglio di via obbligatorio le persone ritenute più inutili e dannose. (…). Per ricondurre la popolazione del ccomune nei limiti normali non vi ha che un mezzo: allontanare, salvo giustificate eccezioni, tutte le famiglie venute dopo lo scoppio della guerra (…). D’altra parte, bisognerebbe assolutamente vietare l’accesso alla città a chiunque non sia munito di preventivo permesso di soggiorno (…).
Il Commissario è dell’avviso che questa crescita esponenziale dei domiciliati nell’isola sia del tutto artificiale e che sia destinata a ad arrestarsi col ritorno della pace.
Il Comune deve fare fronte a richieste continue di sussidi e deve provvedere, con difficoltà, all’approvvigionamento della città, “priva di qualsiasi risorsa ad eccezione di un po’ di pesce”.
Il Comandante marittimo riceve volentieri l’assist fornitogli e dispone, qualche settimana dopo, di creare un ufficio, presso l’ente militare, che ha quali principali compiti d’istituto proprio quelli di rilasciare le “tessere di soggiorno” e di definire anche i requisiti di cui devono essere obbligatoriamente in possesso tutte le persone che desiderano farne richiesta.
Innanzitutto, occorre essere “domiciliati e dimorati alla Maddalena in data anteriore al 24 maggio 1915” oppure “residenti nella piazza in ragione dell’ impiego”, civile o militare.
Un escamotage, però, è trovato anche per chi non è in grado di dimostrare che la sua permanenza deriva dallo svolgere un ruolo specifico in seno alla comunità oppure, soltanto, dall’essere nato e cresciuto a La Maddalena.
Sono consentite, infatti, le domande di soggiorno temporaneo e possono presentarle tutte le persone a cui è stato concesso, per iscritto o verbalmente, il permesso di trattenersi per un breve periodo nell’isola, per qualsiasi motivo, e quelle che vi dimorano, dall’inizio della guerra, senza averlo ancora ottenuto. Dopo un controllo accurato dei requisiti imposti, potrebbe essere concesso loro di soggiornare in città, ma, è sottolineato, in via del tutto provvisoria. Tutte le persone che si recano nel territorio della piazzaforte sono obbligate ad essere provviste di documenti d’identificazione.
Al Commissario regio tocca anche la dolorosa incombenza di assicurare la degna sepoltura in cimitero ai maddalenini caduti al fronte.
Numerosissime sono le richieste, anche in termini di supporto economico, che giungono dalle madri e dai padri dei giovani isolani che hanno onorato la patria in armi con l’estremo sacrifico. (T. Abate)
27 febbraio
Durante la notte, la nave “Cassini” un posamine della marina francese, è stato affondato da un sottomarino tedesco. Di circa 950 tonnellate di dislocamento, lungo poco più di 90 mt. fu costruito nel 1894 nei cantieri navali di Forges et Chantiers de la Méditerranée a Le Havre. Trasformato in posamine nel 1909, affondò repentinamente nelle Bocche di Bonifacio nelle primissime ore del mattino per un urto contro una mina rilasciata dal sommergibile tedesco UC 35 trasportando con sé nel profondo del mare quasi tutto il suo equipaggio, morirono infatti 105 marinai e il comandante, il Capitano di fregata Charles Lacaze.
10 marzo
Viene affondato il sommergibile “Alberto Guglielmotti” partito da La Spezia e diretto a La Maddalena. Ad affondarlo per errore la nave inglese “Cyclamen”, il cui comandante passa alla storia della Royal Navy per aver scritto nel suo rapporto: “Speronato ed affondato un sommergibile nemico. I superstiti sembrano parlare italiano“! Aveva soccorso i superstiti ma non credeva ancora alle loro parole, al loro dirsi italiani, perciò alleati.
Il sommergibile “Alberto Guglielmotti”, appartenente alla classe “Antonio Pacinotti” era stato consegnato alla Regia Marina il 19 dicembre 1916.
Progettati da Cesare Laurenti, questi sommergibili rappresentarono il primo esperimento italiano nel campo subacqueo delle unità subacquee di medio dislocamento, dette anche di media crociera, che avrebbero dovuto essere in grado di operare senza limitazioni in tutto il Mediterraneo centrale. La Regia Marina ne ordinò solamente due esemplari perché, avendo deciso di devolvere la maggior parte delle risorse disponibili ad una componente subacquea destinata ad operare in Adriatico, voleva sperimentare al vero questo tipo di unità prima di avventurarsi ad ordinare una classe numerosa.
Negli anni Trenta del secolo scorso, la Regia Marina varò un altro sommergibile intitolato a padre Alberto Guglielmotti, anch’esso con una vita sfortunata.
21 marzo
Nasce a La Maddalena, Fabbri Pierfranco, da Pasquale e Speranza Di Franco. Militò nella Brigata Stella Rossa Lupo, che combatté nella zona di Marzabotto (Bo) e venne ferito. Riconosciuto partigiano dal 1 giugno 1944 fino alla Liberazione.
6 maggio
Viene inaugurata la “Conigliera di Stagnali” a Caprera, nata per la necessità della compagnia di Bersaglieri che erano distaccati a Stagnali, e la carne di coniglio o di altri animali era necessaria per l’alimentazione dei soldati e del personale che viveva presso la caserma.
16 maggio
Muore il Sergente maggiore Vincenzo Patteri. Era nato il 5 dicembre del 1891 a Dorgali (NU), ma divenne presto cittadino maddalenino. Venne chiamato alle armi allo scoppio della prima guerra mondiale e fu destinato nel 234° reggimento fanteria della brigata Lario. Per circa due anni combatté tra le fila di questo reggimento, fino al 16 maggio del 1917, quando la morte lo colse in un combattimento a Cervignano, aveva 26 anni.
18 giugno
Il sottotenente Fusconi compie in 105 minuti il primo volo in idrovolante da Civitavecchia a Terranova Pausania (attuale Olbia) .
19 giugno
Tre giovani fratelli maddalenini, Carlo, Umberto e Giuseppe Bergonzelli, figli di un piemontese trasferitosi a La Maddalena e sposatosi con la bella e giovane locale Isolina Mazzella. Carlo è il maggiore dei tre, nel 1915 ha 24 anni ed esercita la professione di scalpellino. Subito dopo la dichiarazione di guerra viene chiamato alle armi ed è inquadrato nella Brigata “Reggio” che, insieme alla “Sassari” è composta in maggior parte da soldati sardi. Carlo la guerra la combatte davvero; per ben due anni affronterà gli scontri a fuoco con il nemico, i corpo a corpo e le sofferenze della vita di trincea. La sua Brigata combatte duramente nel Cadore e sul Monte Sief che riesce prima a conquistare e poi a resistere ai violenti contrattacchi, a costo di pesanti sacrifici. Nel maggio del 1917 Carlo lascia la “Reggio” per entrare a far parte dei Reparti Mitraglieri Fiat, reparti che combattono sempre in primissima linea. Umberto nel 1915 ha invece 19 anni, è il minore dei tre ed è militare di leva nella Brigata “Cremona”. Nell’estate del 1916 questa unità è impegnata in sanguinosi combattimenti di trincea, fatti di attacchi e contrattacchi, in un’alternanza che solo l’immenso calderone della prima guerra mondiale ha potuto concepire. In quei giorni, durante un combattimento notturno, di Umberto si perdono le tracce e non si hanno più notizie. È iniziato da poco il mese di luglio di una pesante e calda estate, a La Maddalena ci si avvicina alla festa patronale di S. M. Maddalena ma il clima generale è condizionato dall’ansia di decine di famiglie per le sorti di figli e mariti sparsi lungo tutto il fronte della guerra. La notizia che arriva alla madre Isolina, è laconica e cruda come sanno essere le notizie sconvolgenti: Umberto è disperso; “disperso” una sola parola e tutto piomba nel buio più fitto, nella disperazione. Dopo i primi giorni di speranza, passano le settimane e poi i mesi, senza che niente muti la situazione, Umberto sembra essere svanito nel nulla. Tra l’altro arrivano notizie di furiosi combattimenti e perdite gravissime anche dai fronti nei quali sono impegnati gli altri due fratelli, Carlo e Giuseppe. Trascorrono così ben undici mesi quando, il 19 giungo del 1917, il quotidiano “Il Giornale d’Italia” pubblica una notizia, con tanto di foto, che riguarda la scoperta, da parte della Santa Sede, della sorte di un giovane soldato dato per disperso molti mesi prima, si tratta proprio del maddalenino Umberto Bergonzelli! Dopo mesi di angoscia, dice lo scritto, i famigliari hanno finalmente potuto apprendere, grazie alla Santa Sede, che il giovane soldato è morto nella notte del 6 luglio 1916, presso Monfalcone, ucciso dalle pallottole austriache. È la fine! “Il Bergonzelli”, scriveva il giornale, “era partito per il fronte con tutto l’entusiasmo dei suoi venti anni per dare il suo braccio per la grandezza della Patria, ma il caso ha voluto che vi trovasse la morte che sarà pianta amaramente dai parenti e dagli amici che lo amavano tanto”. È stato sotterrato nel Camposanto militare di Goriansko (Kinstenhaband).
25 giugno
Sassari. Sentenza finale al grande processo (12.000 pagine di atti istruttori) per la disamistade di Orgosolo: tutti assolti.
10 luglio
Finisce il terribile ‘‘anno sull’Altipiano’’ della ‘‘Sassari’’.
15 luglio
A La Maddalena, dove c’erano un certo numero di stipendi statali e parastatali, negli anni della Grande Guerra c’era anche chi “non si accontentava e rubava; qualcuno truffava, qualcuno barava, qualcuno si arrangiava e arrotondava illecitamente”. Questo almeno stando a quanto contenuto nelle pagine della cosiddetta “Inchiesta Ferri” della quale ha parlato il giornalista e scrittore maddalenino Giancarlo Tusceri nel corso di una conferenza sulla Prima Guerra Mondiale, organizzata l’11 giugno 2015 nella Biblioteca Comunale, con sottofondo musicale e letture di Alina Maiore. Stando sempre all’inchiesta, ha proseguito Tusceri, a La Maddalena c’era gente che “male non se la passava” e a stare peggio erano sempre i più poveri, quelli senza santi in Paradiso, quelli che erano diseredati sia in tempo di guerra che in tempo di pace. E, naturalmente le famiglie di quegli isolani che in guerra la pelle ce la lasciarono davvero, in cambio di una lapide alla memoria sulla facciata del municipio degli scandali. Ma che cos’era successo? Era successo, ha raccontato Tusceri, che in quegli anni “qualcuno” aveva iniziato a inviare, a destra e a manca, dettagliate lettere anonime, che raccontavano di presunti illeciti commessi da pubblici amministratori e pubblici funzionari del Comune. Fu così che nel 1915, un ragioniere capo della Ragioneria Centrale dello Stato, certo Raffaele Ferri, “piombò senza preavviso nel municipio di La Maddalena, si accomodò nell’ufficio del sindaco e cominciò ad effettuare alcune verifiche. Procedeva a colpo sicuro, segno che era stato bene informato. L’inquirente sedeva alla macchina da scrivere e iniziava a battere con la stessa intensità con cui si susseguivano gli spari in trincea. Scriveva a raffica continua, alternando sfibranti interrogatori con verifiche documentali”. Da lungo tempo – scrisse Ferri nella relazione – si fanno gravi accuse agli amministratori di La Maddalena per tolleranze, favoritismi occulti e palesi, per scorrettezze, e, peggio ancora nell’esercizio delle loro funzioni, col conseguente danno all’Amministrazione e coll’utile dei cittadini amici e dei parenti”. Dei 20 consiglieri comunali eletti, scriveva Ferri, intervengono attualmente non più di 8, compreso il sindaco. Degli altri 12, uno era deceduto, 2 erano dimissionari, uno era stato richiamato sotto le armi, due si erano trasferiti altrove e sei si astenevano dall’intervenire “in segno di protesta e di opposizione”. L’inchiesta Ferri tuttavia, rimase a livello amministrativo, senza alcun seguito, né civile né penale e in nessuna sede gli “accusati” furono chiamati a rispondere e a difendersi. Nessuno infatti si mosse “per le opportune verifiche” anche perché le autorità, ha commentato Giancarlo Tusceri, temevano, nel caso, “di minare psicologicamente, colpendo una Base Militare, chi era al Fronte”. “La voce, anche tacitando i giornali, si sarebbe propagata comunque, minando ulteriormente lo spirito già depresso dei combattenti”. Successe invece che, in piena guerra, da Roma si procedette in tutto il Regno a sciogliere tutti i Consigli Comunali e fu così anche il Consiglio Comunale di La Maddalena venne sciolto e nell’Arcipelago venne inviato il commissario prefettizio, Pietro Lissia. (Nato a Calangianus 8 dicembre 1877 e morto a Roma il 1 luglio 1957, è stato un magistrato e politico italiano. Entrato nell’amministrazione dell’interno nel 1903, vi rimane come semplice impiegato fino al 1913, quando viene promosso 1º segretario e destinato alla Direzione generale dell’amministrazione civile del Ministero dell’interno. All’entrata in guerra dell’Italia parte volontario nel 51º reggimento di fanteria, dove ha prestato servizio di leva; il 23 settembre 1915 viene gravemente ferito sul monte San Michele, al punto da dover lasciare l’uniforme e rientrare nella vita civile. Nel luglio 1917, tornato in Sardegna col grado di colonnello della riserva, viene nominato commissario straordinario del comune de La Maddalena, dove rimane per circa un anno.)
A monte di questa inchiesta, venne sciolto il Consiglio. Dalla Relazione di S.E. il ministro segretario di Stato per gli affari dell’interno, a S.A.R. Tomaso di Savoia, Luogotenente Generale di S.M. Il Re, in udienza del 15 luglio 1917, sul decreto che scioglie il Consiglio comunale di La Maddalena (Sassari)”. – Una recente inchiesta accertò gravi irregolarità ed abusi nel funzionamento dell’amministrazione del comune di La Maddalena. Nella Giunta municipale era invalso il sistema di sostituirsi al Consiglio anche quando mancavano gli estremi richiesti dalla legge. Nessun efficace controllo esercitando l’Amministrazione sul personale dipendente, alcuni impiegati avevano potuto appropriarsi somme considerevoli appartenenti al Comune, ed avevano anche disposto lavori e spese prima che fossero stati deliberati ed approvati. Vistosi compensi venivano accordati al personale del Comune senza che alle concessioni corrispondessero effettive prestazioni straordinarie, ed il bilancio veniva d’altronde gravato annualmente di rilevanti spese di trasferte – non sempre giustificate – a favore degli amministratori. Spese straordinarie erano state impiegate senza il consenso del Consiglio dalla Giunta, e sovente questa stessa era chiamata a ratificare impegni, quando questi erano stati già effettuati per ordine di qualche suo componente o di un impiegato. Il patrimonio e gli interessi municipali risultarono trascurati; l’Amministrazione aveva rinunciato senza corrispettivo ai diritti del Comune sopra un terrene contestato, mentre aveva autorizzato l’acquisto, per un prezzo considerevole, di alcuni appezzamenti di demanio stradale che, essendo stati usurpati, avrebbero potuto farsi sgombrare in via amministrativa e senza spesa; così era stata omessa l’iscrizione della ipoteca convenzionale sopra l’impianto della illuminazione elettrica concessa in appalto ad una ditta che, per la inadempienza ai patti stabiliti per contratto, dovette nel 1916 essere dichiarata decaduta. Di una rilevante partita di grano acquistata nell’interesse della popolazione, parte era stata venduta a pochi privati, il resto ceduto sotto il prezzo di costo, agli impiegati del Comune. In modo irregolare procedevano i servizi finanziari e contabili; il tesoriere era sprovvisto dei registri prescritti e teneva confuse le somme di spettanza del Comune con quelle proprie; la riscossione del dazio e dei diritti accessori di macellazione, di posteggio, ecc. sul provento dei quali si incardina tutta la finanza municipale, veniva effettuata senza controllo e garanzia di sorta, si da rendere possibili numerose frodi. Trascurati i servizi di beneficenza e assistenza scolastica; deficiente quello della pubblica illuminazione anche dopo che alla ditta concessionaria era subentrato il Comune; trasandati i servizi di assistenza sanitaria ai poveri, di vigilanza igienica e di polizia urbana, senza che l’Amministrazione intervenisse energicamente a fare cessare gli abusi ed a porre riparo agli inconvenienti che tutta la cittadinanza lamentava. L’Amministrazione, cui le risultanze dell’inchiesta furono contestate, non riuscì a giustificarsi esaurientemente; in seguito a tali contestazioni i sette consiglieri componenti la minoranza hanno d’altronde rassegnato le dimissioni e poco dopo lo stesso sindaco ha dovuto fare altrettanto, essendo stato rinviato a giudizio per appropriazione indebita qualificata a danno del Comune. Nella prospettata condizione di cose, essendo venuta meno nella cittadinanza qualsiasi fiducia nella Amministrazione, appare indispensabile, come fa ritenuto anche il Consiglio di Stato in adunanza del 25 giugno, lo scioglimento del Consiglio comunale; e a ciò provvede appunto lo schema di decreto che mi onoro di sottoporre alla firma di Vostra Altezza Reale Tomaso di Savoia Duca di Genova – Abbiamo decretato e decretiamo:
Art. 1. Il consiglio comunale di La Maddalena, in provincia di Sassari, è sciolto.
Art 2. Il signor Lissia dott. Pietro è nominato commissario straordinario per l’amministrazione provvisoria di detto Comune, fino all’insediamento del nuovo Consiglio comunale ai termini di legge.
Il ministro predetto è incaricato della esecuzione del presente decreto.
Dato a Roma, addì 15 luglio 1917
Tomaso di Savoia
16 luglio
Non si sa come mai, da sempre, in questo arcipelago, in estate, si lanciava l’allarme per uno squalo. Andando a ritroso nel tempo, se ne trova traccia persino nel 1898. Ma il 16 luglio, mentre giungono in città le prime avvisaglie di un clima bellico di estrema preoccupazione, l’opinione pubblica locale trova il modo di distrarsi sia dalla sempre più vergognosa crisi idrica, sia dalle ripercussioni della drammatica guerra in corso sul Monte Grappa, correndo dietro al solito squalo, segnalato al Municipio, questa volta, dal Comandante Zavaglia. ““E’ stato avvistato un pesce cane – è scritto nel testo dell’ennesimo telegramma – che aggirasi nelle acque dell’estuario. Prego disporre che i bagnanti non si allontanino dalla spiaggia, tenendosi in acque profonde non più di un metro e mezzo”. Puntuale lo stesso giorno viene affisso in città un manifesto apposito a firma del Sindaco facenti funzioni Domenico Bargone.
settembre
Enrico Ragusa arriva da Alghero per prestare servizio nella base della Marina Militare e si stabilisce definitivamente alla Maddalena, dopo avere sposato, nel 1898, la signorina Caterina Zonza, appartenente a una delle famiglie storiche dell’isola, proveniente dalla Corsica meridionale.
E’un “capo”, come sono definiti, nei ranghi dell’“arma nobile”, i reclutati che intraprendono la carriera dei sottufficiali. Capo di prima classe, nella categoria dei furieri.
Ma è ritenuto, pure, una persona perbene, che conta di più, a La Maddalena, di quanto la sua occupazione lasci credere.
Conta perché è entrato a fare parte di una famiglia importante grazie al matrimonio, e anche perché è un “Figlio della Vedova” autorevole. Ha raggiunto, infatti, il grado di “Maestro Venerabile” della Loggia Giuseppe Garibaldi.
Ragusa, che è anche il presidente del Circolo Sottufficiali, nel settembre del 1917, promuove di un’iniziativa nobile: l’impianto di cucine economiche “per distribuire un adeguato numero di minestre calde a prezzi modici” ai concittadini in stato di necessità. Per realizzare questo suo progetto si rivolge al Commissario Regio. Ufficialmente, l’iniziativa partirà direttamente dal Comune. Almeno, così il popolo crederà. Di fatto, però, mancherebbe il robusto sostegno del Comando Militare, anche in termini di fornitura di materie prime. Il Contrammiraglio Alfredo Zavaglia è messo al corrente di tutto. Ragusa è un suo stretto collaboratore.
Il Comune deve stanziare millecinquecento lire e concedere l’uso gratuito di un magazzino nella centralissima Via Vittorio Emanuele, a un passo dalla chiesa madre.
Un’ulteriore raccolta di finanziamenti per l’impianto delle cucine è regolata attraverso sottoscrizioni pubbliche, fisse, mensili, di cinquanta centesimi ognuna.
L’Ufficio delle fortificazioni cederà delle cucine fuori uso, che si è provveduto a fare riparare.
Le marmitte di rame per la cottura dei cibi potrà fornirle in via temporanea il “casermaggio”, oppure lo stesso Circolo Sottufficiali cederà le proprie gamelle.
La distribuzione dei pasti avverrà, in maniera particolare, nel periodo dell’anno in cui il clima è rigido o meno temperato, quindi da novembre ad aprile.
Nel menu pasta in brodo e carne, pasta e legumi, pasta al lardo, e pasta olio e verdure.
Cento razioni di minestra calda saranno dispensate a titolo gratuito.
I fruitori della mensa, che disponessero di una seppure minima dotazione di danaro, pagherebbero il prezzo di quindici centesimi per ogni razione ricevuta.
Ragusa propone anche di costituire un comitato, presieduto dal Commissario Pietro Lissia, e composto da sottufficiali della Marina appartenenti al locale circolo, un comitato che dia garanzia del regolare funzionamento di questa mensa civica d’emergenza.
Sono necessari due anni per mettere in opera le cucine economiche. L’inaugurazione avviene, infatti, nel del 1919.
Il Commissario Regio chiama a raccolta la popolazione attraverso un manifesto fatto affiggere sui muri della città, invitando tutti a presentarsi la prima domenica di marzo, in tarda mattinata, presso l’edifico scolastico comunale.
I locali che ospitano la mensa non sono stati più quelli individuati in un primo momento nella centrale via Vittorio Emanuele, ma altri, più decentrati, ma più spaziosi, del palazzo scolastico.
Saranno distribuite, quotidianamente, ai poveri, “un adeguato numero di minestre calde”.
Nel rivolgersi ai suoi amministrati, Pietro Lissia, giustifica il ritardo nel compimento della “provvida iniziativa sbocciata fin dal 1917”. La carenza dei generi elementari, prima, e l’epidemia di spagnola, in seguito, hanno impedito che il progetto si realizzasse nei tempi attesi. Sono trascorsi due anni, ma le necessità non si sono ridotte. Piuttosto, “la crisi generale prodotta dallo stato di guerra” va sempre di più aggravandosi “con il progredire della smobilitazione”.
Riferisce il Regio Commissario: “Le somme accantonate nel bilancio comunale, unitamente ai sussidi che il Regio Governo non vorrà far mancare, permettono di assicurare per qualche tempo le sorti della provvida istituzione. Per troppo tempo, però, per soccorrere in modo efficace i più miseri, occorrono altri e ben più larghi mezzi, i quali non possono essere forniti che dal vivo spirito di solidarietà e dalla illuminata carità di quanti sono consci dei doveri imposti dalle difficoltà dell’ora presente”.
Perciò, Lissia invita quei cittadini che hanno disponibilità economiche importanti a rispondere al suo appello, memori delle loro “superbe tradizioni” e a ritrovare “nuove energie” per correre in soccorso “con rinnovata abnegazione” dei “fratelli” più bisognosi.
Il sacrificio richiesto, l’atto di generosità compiuto “al di sopra di qualsiasi distinzioni di fede e di parte”, comportano non solo la rinuncia al superfluo ma anche a parte “dello stretto necessario”.
25 ottobre
La XIV armata austro-tedesca sfonda il fronte italiano a Caporetto.
15 novembre
Tragedia in mare, in una delle zone più pericolose con la tramontana, Cala Canniccia a Caprera. Tre barche erano quel giorno là: quelle di Leonardo Di Fraia “Scialò”, e di Vincenzo d’Oriano “Ingappamuschi”, riuscirono, con i soli remi, a dirigere pian piano verso Cuticcio dove i pescatori, inzuppati d’acqua, passarono la notte bruciando il legno degli stipetti delle barche per difendersi dal freddo intenso. Quella di Gennaro Grieco, invece, forse perché più lontana delle altre, non riuscì mai ad arrivare poiché il vento impetuoso la capovolse; due dell’equipaggio, Raffaele D’Agostino “Fiarè” e il cugino di questi, trovarono appoggio nell’antenna che li sostenne aiutandoli ad andare a riva. Il giovane Emilio Grieco, allora diciassettenne, riuscì ad afferrare il padre, trascinandolo verso la costa per due volte, lottando con il mare che glielo strappava via, fino a che il vecchio fu definitivamente inghiottito dalle onde. Morirono con lui Beppe Raffaelli, toscano e Primo Spillo di soli 14 anni. Le salme furono ritrovate il giorno seguente a Cala Portese “U Calonu”.