Il distacco della famiglia Tarantini dall’isola
La famiglia Tarantini rimase a La Maddalena solo alcuni anni dopo la morte del capofamiglia; il 17 dicembre del 1905, la vedova Antonina Fadda inoltrò alla giunta comunale di La Maddalena una lettera, con la quale chiedeva di poter ottenere la concessione di una nuova rivendita di generi di Privativa o Monopolio come sali e tabacchi, da collocare nella località Molo, l’attuale Cala Gavetta.
Nella lettera la vedova, o meglio la figlia Maria Raffaella Tarantini, riconfermando l’appartenenza di Tarantini alla « gloriosa schiera dei Mille che tanto cooperò per l’unità d’Italia », citò la decorazione della Medaglia d’argento al valor militare per i fatti d’armi di Calatafimi; in virtù di tali servizi prestati alla Patria e dell’incremento della popolazione, « in vista del manifesto sviluppo che la Regia Marina darà alla Piazza Marittima », rivolgeva istanza di concessione della rivendita, ammettendo le eventuali difficoltà derivanti dalla presenza di altre rivendite simili nella zona.
La giunta presieduta dall’allora sindaco cav. Luigi Alibertini, in data 2 febbraio 1906, esprimeva parere favorevole, subordinandolo all’approvazione dell’Intendenza di Finanza di Sassari, la quale il 10 maggio 1906 rispondeva che la presenza di rivendite site in via XX settembre e nel quartiere Molo, precludevano il rilascio di una nuova concessione, dal momento che la esigua distanza fra le stesse avrebbe nuociuto all’esercizio di entrambe.
A questa punto, la vedova Tarantini si vide costretta a cambiare l’ubicazione della propria richiesta e, con una nuova lettera del 23 maggio 1906, inoltrò una domanda di apertura di un gabellotto (così veniva anche denominata la rivendita di generi di monopolio) in via Ilva.
Questa istanza ebbe maggiore fortuna e trovò la rapida approvazione della giunta municipale isolana, «a condizione che essa fosse istituita o in fondo alla via Ilva o in fondo al quartiere Molo», non disturbando in tal modo gli esercizi esistenti.
La pratica si concluse nel dicembre del 1907, allorché il Comune, prendendo atto della rinuncia di una tale Agata Zenoglio, che nel frattempo aveva inoltrato una simile richiesta, concesse ad Antonina Fadda l’autorizzazione ad aprire la rivendita (esattamente la n. 4) in data 28 dicembre 1907, per un quinquennio; in base a ricerche effettuate la rivendita di Sali e Tabacchi era ubicata nella parte alta di Via Ilva ove fu presente, nella prima metà del Novecento, un’eguale attività di tale Rosario Raffo.
Comunque Maria, la maggiore delle figlie conviventi con la vedova Tarantini, che nella suddetta pratica risulta aver firmato la minuta della risposta dell’Intendenza di Finanza curandone quindi l’iter amministrativo, gestì l’attività probabilmente sino alla partenza definitiva della famiglia da La Maddalena nel 1911; in seguito, seguendo il filo dei ricordi di famiglia, Maria Raffaella Tarantini si trasferì dapprima a Milano, per poi ritornare a Thiesi da dove, periodicamente, rientrava a La Maddalena per seguire l’andamento dell’esercizio.
Questa disamina può continuare, esaminando la cartella di Angelo Tarantini presente nel noto Fondo Ximenes presso il Museo del Risorgimento del Comune di Milano; in tale cartella si trova un riferimento circa una richiesta per l’ottenimento di un Banco del Lotto da parte della famiglia Tarantini a La Maddalena.
In effetti la vedova, con lettera datata 15 giugno 1906, rispondendo al cav. Enrico Emilio Ximenes presso la Società Reduci Garibaldini di Bologna, al quale prometteva una copia dei documenti8 in suo possesso, evidentemente richiestigli dal medesimo per inserirli nell’Archivio Storico dei Mille da lui curato, specificava che detti documenti erano stati da lei inviati al Ministero [delle Finanze], « per concorrere a un Banco Lotto »; di tale attività, la cui richiesta era anch’essa fondata sui servigi resi alla patria da Tarantini, non vi sono riscontri nell’Archivio Comunale di La Maddalena: è probabile, quindi, che la domanda non ebbe buon esito.
Da questa lettera emerge anche un simpatico quadretto di famiglia: la vedova, nella risposta allo Ximenes, scrive che « si rincresce di non potere inviare né berretto, né camicia, né sciabola perché se li hanno consumati i figli, quando erano giovinetti, per maschera »; in realtà sui cimeli di famiglia, o su quello che ne restava (in particolare, nei ricordi della signora Pasqualina Tarantini, la camicia rossa, un berretto, una sciabola ed un bastone), la memoria degli attuali eredi li collocava a Milano, all’interno del Castello Sforzesco, in attesa di una eventuale esposizione; i cimeli vi furono probabilmente portati quando la famiglia si trasferì nel capoluogo lombardo.
Sulla loro sorte la dott.sa Lucia Romaniello, attuale Vice Direttrice delle Civiche Raccolte Storiche del Comune di Milano, la cui collaborazione è stata assai preziosa per l’elaborazione di questa biografia, ha precisato che l’eventuale donazione della vedova Tarantini non trova oggi riscontro nei depositi del Museo del Risorgimento di Milano, giacché durante la Seconda Guerra Mondiale un bombardamento, effettuato nell’agosto del 1943 dalle forze anglo-americane, devastò i magazzini del Castello Sforzesco ove erano stati nascosti i cimeli del Museo.
Circa il trasferimento della famiglia a Milano, dove già vi si era sistemata una prima figlia, Caterina Lorenza sposatasi nel 1896 a La Maddalena con un sottufficiale della Regia Marina, va rimarcato che ben sei figlie (Maria Raffaella, Gavina, Michela, Luigia, Giulia e Maria Giuseppa) vi si stabilirono con la loro madre. Tra esse, Giulia all’età di diciannove anni nel 1904, risulta presente, già da qualche anno, a Torino per studiare in un collegio statale riservato ai figli di militari o di chi aveva reso particolari servizi alla patria quali i volontari garibaldini; questo, perlomeno, il quadro che emerge dai ricordi familiari.
Dai ricordi della signora Pasqualina Tarantini, la nipote centenaria, emerge che tra le ultime figlie di Angelo, che emigrarono e vissero nella futura capitale economica del giovane stato italiano, alcune svolsero una professione lavorativa; tra loro l’ultima nata, Maria Giuseppa, trovò occupazione presso un Ufficio Postale; è probabile che sia stato lo stato ad essersi accollato l’educazione scolastica di una gran parte di loro, come atto di rispetto verso gli eredi di chi aveva reso possibile la nascita della nuova nazione.
Queste notizie fanno sorgere una considerazione di fondo, ovvero come la nuova classe politica, erede e per alcuni casi protagonista delle guerre del Risorgimento, una classe dirigente dalla quale per diversi decenni, dopo il 1870, emersero figure di combattenti e di volontari, primo fra tutti Francesco Crispi, dei Mille, riconobbe agli attori dell’epopea risorgimentale una legittima grandezza, della quale i discendenti godettero i giusti favori e le riconoscenze dalla patria.
È verosimile che con la morte di Angelo Tarantini nel 1905, la situazione economica della famiglia, composta in quel momento da nove persone, non fosse certo facile; il vitalizio dei Mille di Marsala non cessava con la morte del beneficiario, come abbiamo visto, ma l’emolumento disponibile per la vedova, con figli minorenni, veniva ridotto a 500 lire annue, importo in seguito aumentato, allorquando la pensione vitalizia a favore dei reduci ancora in vita venne elevata a 2.000 lire annue.
Al riguardo, è toccante la lettera che la sessantenne vedova Antonina Fadda indirizzava nel gennaio del 1906 al Ministero dell’Interno, per sollecitare la liquidazione della pensione riservata alle vedove. Infatti, cinque mesi dopo la scomparsa del marito, Antonina Fadda non percepiva ancora alcuna somma dal pubblico erario; dalle parole della missiva traspare tutto lo sconforto di una madre che aveva otto figli cui badare « di cui un maschio e sette femmine delle quali due ancora minorenni e tutti senza posizione né beni di fortuna » cercando di « vivere in un paese ove tutto costa un occhio e senza alcuna risorsa » e « pigliando a credito il pane da chi ha il buon cuore di darglielo ». La richiesta tesa ad ottenere un sussidio iniziale che « valga a sollevarla momentaneamente da tanta miseria e affinché solleciti il disbrigo della pensione dovutale » scaturì un inchiesta da parte del Ministero dell’Interno che, tramite una scheda informativa curata dalla Prefettura di Sassari, appurò le condizioni misere e di nullatenenza.
Un insieme di fattori favorì infine la decisione delle figlie di Angelo Tarantini presenti a La Maddalena di emigrare a Milano, ove si stabilirono definitivamente: il precedente allontanamento di una parte delle sorelle, quelle sposatesi, l’aver conosciuto nell’isola una qualità di vita sicuramente superiore, dovuta al benessere indotto dalla creazione della Base Navale, con stimoli culturali e sociali diversi rispetto al resto di tanti comuni dell’isola, ove nessuna di loro fece ritorno, né a Thiesi né a La Maddalena.
Il ramo che continuò la discendenza del cognome in Sardegna, dei tredici figli nati dalla coppia Tarantini – Fadda, come già accennato, fu quello di Sebastiano, il terzogenito, secondo dei maschi, deceduto a Thiesi nel 1958. L’apporto degli eredi di Sebastiano è stato determinante per la buona riuscita della biografia della nostra camicia rossa. Sia un omaggio per loro l’albero genealogico di famiglia.
Antonello Tedde e Gianluca Moro