Euforbia
Euforbia (nome scientifico Euphorbia, nome locale pipinchiu)
L’euforbia è una diffusissima pianta della macchia mediterranea, cresce in ambienti degradati della macchia, luoghi rocciosi, nella gariga; nelle isole maggiori ed in alcune delle minori compreso qualche isolotto. Fioritura da marzo a maggio.
Arbusto della macchia, dove in alcune aree a forte degrado può addirittura divenire dominante e dove può raggiungere dimensioni di qualche metro di altezza. Pianta perenne, legnosa, fusto grigiastro a biforcazioni regolari e con rami e foglie rosseggianti nella tarda primavera e completamente spoglia d’estate. Produce dei fiorellini minuti gialli, disposti a ombrello da gennaio ad aprile, e quando arriva la stagione più calda va in letargo. La pianta, contiene un lattice tossico, fortemente urticante per le mucose e la pelle.
Un tempo veniva utilizza per agevolare la pesca dei pesci dei fiumi e degli specchi d’acqua dell’interno della Sardegna: i pescatori sminuzzavano i rametti dell’Euforbia in un contenitore con dell’acqua tiepida e li pressavano in modo da far fuoriuscire tutto il lattice. La poltiglia ottenuta veniva versata nel corso d’acqua, essendo tossica per i pesci li stordiva facilitandone la cattura. Poiché la sostanza tossica intacca solo le branchie, era sufficiente staccare la testa del pesce prima di cucinarlo. Infatti il nome maddalenino pipinchiu non ha corrispondenza né nel corso né nel gallurese che chiama la pianta lua: di qua però deriva il maddalenino alluà, che significa stordire, istupidire; l’espressione “pari un pesci alluatu” indica una persona dall’aria idiota o che tiene la bocca semiaperta come, appunto, i pesci alluati.
Nell’ultimo periodo della Seconda Guerra Mondiale, quando i soldati scarseggiavano e venivano reclutati ragazzi sempre più giovani, si racconta che alcuni di loro per non venire arruolati, la sera prima della chiamata si fossero strofinati gli occhi col lattice dell’euforbia. La sostanza è talmente irritante da provocare, oltre a dolori lancinanti, una cecità transitoria, ma naturalmente la dolorosa gabola fu presto smascherata, e i ragazzi purtroppo furono costretti a partire per il fronte.
Due anni fa, un team di ricercatori della facoltà di Biologia Molecolare dell’Università di Cagliari, hanno isolato una proteina del lattice dell’Euforbia capace di ridurre del 95 per cento la crescita e la moltiplicazione dei protozoi che causano la leishmaniosi, la terribile malattia parassitaria trasmessa attraverso la puntura del pappatacio, che in Sardegna colpisce moltissimi cani ed è trasmissibile, anche se raramente, all’uomo.
Il nome generico deriva da Euforbo, medico del Re Giuba II di Mauritania (I sec. a.C. – I sec. d.C.), che secondo Plinio scoprì l’euforbia e le sue proprietà; i nome specifico , dal greco ‘dendron’ (albero), si riferisce all’aspetto arborescente della pianta. Forma biologica: nanofanerofita/ fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: novembre-aprile.