Francesco Gemelli e Giuseppe Cossu
Oltre che ad un certo disinteresse da parte della dinastia sabauda, la limitata incidenza del riformismo sardo settecentesco fu dovuto anche ad altri fattori: il fatto che la gran parte della classe dirigente sarda era legata al ceto feudale; la politica commerciale improntata al mercantilismo, che nel contesto sardo significava l’adozione di una politica protezionista, che non solo ostacolava la libera esportazione del grano, ma induceva il governo a tenerne bassi i prezzi sul mercato per evitare i tumulti popolari nelle città e per assicurare così il fabbisogno di questo genere di prima necessità alle popolazioni urbane (è il cosiddetto afforo, ossia l’imposizione di un prezzo politico al costo del grano per il fabbisogno interno); la presenza del latifondo nelle campagne, che non consentiva il miglioramento agrario dei terreni.
Ciò nonostante tra gli ambienti intellettuali sardi, analogamente a quanto avveniva in Italia e in Europa, si diffusero gradualmente le idee proprie della teoria politico-economica della fisiocrazia, che propugnava il libero scambio nel commercio dei grani, combattendo così l’opposta teoria economica del mercantilismo, fondato su basi protezioniste: si propugnava in altre parole quella teoria politico-economica che prenderà piede in Europa soprattutto nella prima metà dell’Ottocento, che il ministro francese Guizot riassumerà nel noto slogan del “laissez faire, laissez passer”(lasciate fare, lasciate passare), evitando così che gli stati si sviluppassero secondo un sistema chiuso.
Questi nuovi indirizzi di politica economica furono teorizzati e in parte applicati soprattutto da due intellettuali della seconda metà del Settecento: il gesuita vicentino Francesco Gemelli, docente all’Università di Sassari, cui si è già accennato, e il censore generale Giuseppe Cossu.
Il Gemelli, con l’opera Rifiorimento della Sardegna proposto nel miglioramento di sua agricoltura (1776) s’impegnò a diffondere le innovazioni su un piano esclusivamente teorico. Le idee espresse nel libro sono di chiara ispirazione fisiocratica ed erano conformi alle vedute della classe dirigente subalpina più illuminata; sebbene inizialmente l’opera fosse stato concepita come un manuale sull’agricoltura, essa assunse poi la forma di un trattato. Gemelli, che si soffermò anche sulle vicende di carattere storico della nostra isola, indulgendo però ad accogliere elementi leggendari, seppe cogliere e denunciare con grande chiarezza i mali endemici dell’economia rurale sarda (mancanza di campi chiusi ossia della proprietà privata perfetta, arretratezza dei metodi di conduzione agricola e d’allevamento, scarsa viabilità interna, ecc.). Ciononostante il libro peccava di astrattezza e le proposte di miglioramento dell’agricoltura si dimostrarono inattuabili: egli voleva infatti trasferire le innovazioni del resto d’Europa in Sardegna, dove la situazione economico–sociale, molto arretrata, era ben diversa da quella dei paesi cui faceva riferimento.
L’altro personaggio che accolse le teorie fisiocratiche fu Giuseppe Cossu, scrittore e alto funzionario, che più del Gemelli comprese e si immedesimò nel contesto dell’agricoltura sarda, di cui fu acuto conoscitore, riuscendo così a rispondere meglio alle effettive necessità dell’isola.
Il Cossu, che era nato a Cagliari nel 1723 e morì nel 1811, si era laureato molto giovane in diritto canonico e civile; entrato nella burocrazia statale, vi occupò alte cariche fino a diventare Segretario della Giunta Generale dei Monti Frumentari. I Monti, come si è a già accennato, erano una specie di casse di credito agrario sorte sotto l’amministrazione spagnola nella prima metà dl XVII secolo per fini assistenziali, che successivamente erano cadute in disuso; furono riorganizzate proprio dal Cossu, sotto l’impulso del Bogino. Molti nobili ed ecclesiastici praticavano l’usura a discapito dei contadini che per necessità dovevano ricorrere ai prestiti poiché il clima incerto non assicurava proficue annate e denaro sufficiente per proseguire le coltivazioni; i Monti furono quindi ripristinati con l’intento di combattere il fenomeno dell’usura. Nel 1767 per volere del viceré Des Hayes ogni villa doveva essere dotata di un Monte Frumentario (per il prestito del frumento necessario alla semina) e di uno Nummario (per il prestito in denaro). L’amministrazione era affidata ad una Giunta locale formata da ecclesiastici e laici e presieduta da un Censore; ogni Giunta locale faceva capo ad una Giunta diocesana, che a sua volta rispondeva ad una Giunta generale, che dipendeva direttamente dal vicerè e di cui fu appunto Segretario generale (Censore generale nel linguaggio dell’epoca) Giuseppe Cossu. I vantaggi prodotti dai Monti perdurarono per diversi decenni, ma quando lo stato li caricò delle spese della collettività si avviarono verso un lento e graduale declino.
Si dimostrarono d’impareggiabile utilità le tabelle compilate dal Cossu sulla produttività agricola del ‘700; furono inoltre particolarmente rispondenti alle necessità dell’epoca i molti libri che pubblicò:
Istruzionis pro is amministradoris de is Montis granaticus de is biddas dipendentis de sa Reali Giunta Diocesana de Casteddu, un opuscolo in lingua sardo–campidanese riguardante l’amministrazione dei Monti Frumentari;
Pensieri per resistere ai funesti effetti dell’abbondanza e della carestia, concernente le gravi conseguenze degli eccessi e dei difetti riscontrabili nella produzione granaria;
Metodo per distruggere le cavallette o sia locuste, per combattere le dannose infestazioni delle cavallette;
Istruzione olearia ai vassalli del duca di San Pietro, dove invitò alla coltura di piante che avessero larga esportazione, come l’ulivo;
La coltivazione dei gelsi e la propagazione dei filugelli in Sardegna – Moriografia e seriografia, in cui suggerì la coltivazione del gelso, utile ad avviare la manifattura della seta; i governanti tuttavia limitarono tale produzione per evitare che altri paesi s’interessassero all’isola;
Discorso georgico indicante i vantaggi che si possono ricavare dalle pecore sarde, in cui riportò ampie descrizioni sui benefici che l’allevamento stabulare era in grado di offrire.
Sebbene scritti in forma non impeccabile, le opere del Cossu esponevano le reali esigenze della Sardegna, che si apriva alla cultura dei lumi già sviluppatasi nel resto dell’Europa.
Difatti il Cossu era partecipe dei nuovi fermenti culturali europei ed era a conoscenza della celebre Encyclopédie. Il primo volume di quest’opera monumentale, che tanto influsso ebbe nella diffusione della cultura illuministica in Europa e nel mondo, fu stampato nel 1751, mentre l’intera opera constava di 17 tomi; essa illustrava, mediante articoli disposti in ordine alfabetico, i progressi della scienza e della tecnica e i grandi problemi teologici, filosofici e politici. La direzione dell’ Encyclopédie fu affidata al pensatore Denis Diderot e al matematico Jean Baptiste D’Alembert e ad alcuni filosofi che ebbero un ruolo secondario. Il primo tomo che recava come sottotitolo Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri incontrò la disapprovazione dei Gesuiti, troppo tradizionalisti e conservatori, ma si riuscì a respingere le opposizioni, tra cui la condanna di Clemente XIII, e l’Encyclopédie fu pubblicata e ristampata in 4250 copie.