Itinerario: Poggio e Cala Baccà
Distanza: 4,2 km
Tempo di percorrenza: A/R 2 h circa
Difficoltà: Turistico
Periodo consigliato: tutto l’anno
Segnavia: cartelli Lega Ambiente
Questo itinerario inizia dopo 1,6 km dal bivio per il borgo di Stagnali, nei pressi dell’ex blocchiera. Lo sterrato costeggia la caserma del Corpo Forestale dello Stato in direzione di Poggio e Cala Baccà. Il primo tratto, lungo 700 mt è pianeggiante ed abbastanza largo. La vegetazione è particolare: infatti, tra la macchia imperante si trovano parecchie piante introdotte
come tamerici, eucalipti, ed un enorme pianta grassa. Superata la caserma ed il suo eliporto, a destra è visibile un grande insediamento dei primi del Novecento: realizzato dal Ministero della Guerra (ramo Marina), ospitava i 630 uomini della 3° Compagnia del Battaglione Bersaglieri.
In questa zona riparata dai venti predominanti è possibile ammirare dei ginepri addossati ai ruderi, mentre nell’area pianeggiante alla nostra sinistra, sono evidenti i lavori per l’allestimento dell’orto botanico di Caprera. Davanti a noi un cartello ci indica la direzione da seguire. Qui il naturalista può notare numerose agavi (Agave americana), molte delle quali presentano lo scapo (alto fino ad otto metri), particolare indicante l’approssimarsi della fioritura. La peculiarità della specie, è che la fioritura avviene dopo 10-15 anni, dopodiché la pianta appassisce e muore. Vi sono anche alcuni pioppi, tra i pochi nell’isola. A 120 mt circa, un altro cartello ci invita all’interno di una piccola, ma bella pineta, di pini domestici (Pinus pinea), oltre la quale il sentiero si biforca:
a sinistra sale in alto e conduce a Poggio Baccà, a destra va verso il mare per Cala Baccà. Prendiamo a sinistra per il Poggio, un’ex strada militare carrabile, col tempo completamente chiusa dalla vegetazione e riaperta dalla Forestale nel 2002. La larghezza varia dai due metri iniziali ai sessanta centimetri nel punto più alto, sale dolcemente, passando attraverso la macchia, ed in certi punti è scavata nella roccia. All’ombra delle rocce, al margine della strada, si osservano felci, ombelichi di Venere (Umbilicus rupestris) e tutte le altre piante che, come queste, vegetano nei rocciai con poco substrato ed umidità costante.
In un quarto d’ora siamo arrivati alla base del grande rudere: davanti a noi un’ampia cisterna si affaccia sul canalone di fronte. I pochi metri che ci separano dalla sede logistica della Batteria antiaerea M368 di Poggio Baccà (1932-1940) risultano particolarmente sconnessi a causa del frequente passaggio dei cinghiali. A lato del casermone troviamo una seconda cisterna per l’acqua, dalla cui botola fuoriesce una pianta di fico (Ficus carica). I nostri passi hanno spaventato
un upupa (Upupa epops), che ci sfreccia davanti con il suo strano volo zigzagante. Qui intorno ci sono anche molte piante di gigaro sardo-corso (Arum pictum), un paleoendemismo dall’infiorescenza a spadice di colore rosso-violaceo che fiorisce da settembre a novembre. Il rudere è imponente, si tratta di un rettangolo di cemento di 500 mq nel bel mezzo della campagna. Al suo interno sono riconoscibili la stanza per l’ufficiale d’ispezione, quelle per i sottufficiali, il grande dormitorio, la cucina ed i locali per l’igiene. All’esterno, una grande terrazza corre ad “elle” su due lati. Da qui si domina la veduta su Porto Palma, s’intravede uno scorcio di Punta Rossa ed in lontananza Capo Ferro. Tutt’intorno vi sono i depositi per le munizioni, alcune gallerie scavate nella roccia, le piazzole per mitragliatrici ed un belvedere nel punto più alto della collina, sul quale troviamo una rosa dei venti in granito che ci aiuta ad orientarci: a nord, di fronte a noi, il Passo della Moneta, a nord-ovest la città di La Maddalena, ad ovest l’isola di Santo Stefano (versante orientale), dietro la quale si scorge la città di Palau, a sud il Golfo di Arzachena e Baia Sardinia, a nord-est il Monte Tejalone.
La nostra escursione non è terminata. Discendiamo verso la biforcazione (il principio del sentiero) e imbocchiamo il ramo di destra, che ci condurrà a Cala Baccà. Per arrivare alle spiagge occorrono 15 minuti da farsi tutti in pianura.
Percorrere questo itinerario in primavera significa restare inebriati dal profumo del mirto (Myrtus communis) e poter ammirare le esplosioni di colori che vanno dal giallo della ginestra spinosa (Calicotome villosa), al viola della lavanda selvatica (Lavandula stoechas), fino al bianco dei delicati fiori dell’erica arborea (Erica arborea) e dell’asfodelo (Asphodelus microcarpus).
A 300 mt dalle spiagge lo scenario cambia radicalmente, ma sul confine di questo territorio è ancora presente il cisto, con le sue due specie, monspeliensis e salvifolius. Da qui in poi ha inizio la gariga, dove regnano l’elicriso (Helichrysum italicum), la scilla marittima (Urginea maritima), il limonio delle Bocche (Limoniumarticulatum) ed alcuni sparuti ginepri fenici striscianti (Juniperus phoenicea). Ora di fronte a noi c’è la cala con le sue tre piccole spiagge dalle sabbie medio grosse, di cui quella centrale è la più grande (circa 50 mt), che sconsigliamo vivamente in caso di ponente o maestrale.
Fabio Presutti – Massimiliano Doneddu