La presa di possesso dell’ottobre 1767 e la questione religiosa
La predisposizione progettuale e organizzativa della spedizione militare per la presa di possesso da parte del re di Sardegna delle isole Intermedie considerò, necessariamente, anche la questione religiosa, sia per il distaccamento militare che doveva presidiare le isole, sia per i pastori pumontinchi che le abitavano da almeno un secolo e che si apprestavano ad aderire, come concordato, al regno sardo. Troviamo, infatti, indicazioni significative sul tema religioso in molti documenti del dibattito che si svolse in numerose riunioni di consiglio e in memorie di esperti sulla questione della sovranità sarda sulle isole delle Bocche. La citazione più precisa è quella tratta dalla lunga memoria-progetto dell’intendente generale cav. Vacha, datata 24 marzo 1766, in cui al 4° punto si legge: “Che non devono più per l’avvenire recarsi in Bonifacio sia per lo spirituale che per lo temporale, ma sieno obbligati portarsi nel regno, anzi per ciò che riguarda lo spirituale sarebbesi a riflettere, se trattandosi di popolazione che somministra ancora in tutto il n. di 34 famiglie, non fosse spediente di obbligare gli stessi abitatori a farsi formare una chiesa o cappella, provvederla del bisognevole e mantenervi un prete che, approvato dal vescovo di Castel Aragonese, somministrasse loro i sacramenti, facesse tutte le altre funzioni parrocchiali nelle isole medesime”. Si trattava di una indicazione scontata, presente in qualsiasi operazione di nuova colonizzazione, dove l’assistenza religiosa era sempre prevista quale elemento di coesione e di ordine.
Le disposizioni del viceré, a proposito del pascolo spirituale dei pastori isolani, erano rivolte a evidenziare l’aspetto sociale del ruolo della religione in un contesto e in un ambiente dalle caratteristiche “anarchiche” come quello isolano prima della presa di possesso sarda. Il viceré, conte Des Hayes, aveva infatti ricevuto le relazioni del comandante il pinco armato in corsa, Allion de Brondel, che a seguito di alcuni importanti contatti con gli isolani nell’estate dello stesso 1767 gli aveva scritto, tra l’altro: “circa alli abbitatori di dette isole, sono di bella statura e buoni per le armi, ma volubili di sentimento, e questo per non avere veruna amministrazione né di Chiesa né di Giustizia”. È per ciò che al maggiore La Roquette, nominato comandante della spedizione e del distaccamento che doveva presidiare le isole, Des Hayes diede disposizioni precise sulla questione religiosa nelle sue corpose istruzioni sulla spedizione e sul governo dei pastori delle isole. Per intanto dotò la spedizione di un cappellano che doveva “pure servire da parroco con celebrare la Messa nei dì festivi, per cui ella farà dare il segno col tamburo in mancanza di campana e amministrare i sacramenti tanto alla truppa che agli isolani“. Sollecitò, inoltre La Roquette a controllare il cappellano perché facesse il proprio dovere, poiché: “la Religione istessa e le buone massime morali, oltre il vantaggio particolare di un caduno, servono altresì a contenerli dai vizi e a mantenervi per conseguenza il buon ordine e l’ubbidienza“.
Le attenzioni del viceré erano particolarmente rivolte all’aspetto politico dell’insediamento nelle isole, per cui riteneva necessario che i pastori rescindessero qualsiasi legame istituzionale, patrimoniale e anche religioso con la loro regione d’origine. In tal senso andavano le indicazioni che dicevano: “Dovendo le summentovate isole essere soggette quanto allo spirituale alla Diocesi di Ampurias, Ella avrà l’occhio se mai per lo addietro avessero quegli abitatori pagata per questo titolo qualche cosa a Bonifacio, che debbono prescindere affatto nell’avvenire”. E anche in seguito, per interrompere l’usanza dei frati minori francescani del convento di Bonifacio di andare nelle isole per elemosinare, il viceré dispose: “Epperò ne li faccia ben tosto partire, potendo essere o subornatori travestiti per far disertare la soldatesca od esploratori per copiare la forza e stato delle fortificazioni”.
Il viceré, nel preannunciare al vescovo di Ampurias e Civita, mons. Pietro Paolo Carta, la spedizione sulle Intermedie, lo informò che aveva assegnato quale cappellano del distaccamento il sacerdote cagliaritano don Michele Demontis, che avrebbe servito da “parroco interino” per i pastori. Nella “patente” di nomina di don Demontis, infatti, gli veniva già assegnato il compito di prestare ” tanto al medesimo [distaccamento] che a quelle piccole popolazioni tutta l’assistenza onde abbisognassero”.
Salvatore Sanna – Co.Ri.S.Ma