Le formazioni insulari sardo-corse
Dal distacco definitivo della Gallura dalla Corsica sono derivate la frammentazione e la sommersione di molti tratti costieri e la conseguente formazione di isole, isolette, scogli che si snodano per buona parte del litorale tirrenico gallurese. Questi, isolati o aggruppati, per la loro estensione, la varietà e la cromaticità delle rocce, per le molteplicità della forma costiera e la bellezza del mare formano paesaggi irripetibili e noti nel mondo.
Dalla separazione sono conseguiti due canali marittimi: lo Stretto di Bonifacio (largo 12 km.) ed il Canale di La Maddalena (3,6 km.); il primo separa la Sardegna dalla Corsica ma tra l’una e l’altra si allungano frammenti della rottura sotto forma di emergenze insulari, il secondo separa le isole dell’arcipelago di La Maddalena dall’isola madre, ma scogli e pericolose secche appena sommerse testimoniano l’antica frattura.
Tralasciando le formazioni a scoglio, lo Spano ha rilevato nella carta dell’LG.M.
62 tra isolotti ed isole. Alcune di queste, per la ubicazione. geografica e per l’estensione interessante sono state motivo di eventi storici recenti, altre hanno dato ospitalità all’uomo primitivo, altre ancora erano rifugio delle flotte barbaresche; tutte le altre, la maggior parte, erano note solo ai pastori della vicina terraferma (Sardegna e Corsica) perché vi portavano stagionalmente gli armenti per sfruttare i pascoli spontanei, mentre i mari circostanti le isole, i canali, le secche ed i bassi fondali erano noti ai pescatori. Questi non erano Galluresi; per essi le emergenze insulari erano un qualcosa che stava vicino o si vedeva all’orizzonte, ma non interessavano più di tanto.
Oggi, non vi è scoglio, anche il più aspro e lontano, cui non si giunga durante la stagione estiva e che non venga visitato e ripreso.
Su tutte le isole della Gallura la nuova editoria fornisce ampia documentazione fotografica ed informazioni che rispondono alle esigenze del consumatore, ma vi è anche una serie di studi rigorosamente scientifici che attengono all’arcipelago di La Maddalena e monografie che trattano isole singole, da quella di Caprera a quella di Tavolara.
Nel nostro caso, non si vuole divenire guida turistica, visto che ve ne sono tante in tutte le lingue, né si vuole riportare “pari pari” il frutto delle ricerche altrui; perciò,
tenendo conto dello spazio concesso per questo assunto, si daranno le tracce che siano di aiuto per letture specifiche.
Arcipelago di La Maddalena
Nonostante la posizione del tutto marginale nell’ ambito della Sardegna, e nonostante non abbia mai assunto importanza economica, le fonti letterarie e storiche attestano quanto l’arcipelago sia stato parte e causa dello svolgersi di eventi antropici e storico politici che attenevano diversi Stati, non solo la Sardegna.
Isole, dunque, dal poderoso interesse geografico e storico, ma anche isole dal notevole valore umano e sociale. Di questi ultimi si parla poco e in termini generici, poco si dice sul rapporto esistente tra gli abitanti della vicina Bonifacio e le isole, non molto si conosce della sottile tela di ragno intessuta nell’arco dei secoli e trasmessa come conoscenza dagli anziani ormai scomparsi.
Ma chi ha ricevuto il patrimonio delle esperienze e le ricorda, sa che i Bonifacini trascorrevano parte dell’anno nelle isole per custodire gli armenti e le greggi delle capre, e sa che sino alla fine del secolo XIX molte donne non andavano in Sardegna per dare alla luce i loro figli, ma si recavano a Bonifacio, ove li battezzavano e successivamente li lasciavano ai parenti per apprendere i rudimenti della scrittura e della lettura. E sa, anche, dove trovare i più antichi stazzi, ormai ridotti a pietrame e nascosti da fitto cespugliato.
L’unico attestato certo di questo rapporto é il linguaggio usato dagli isolani: corso con inquinamento franco-ligure.
Perciò sarebbe opportuno portare avanti una ricerca scrupolosa, tale da verificare ove ancora sussistano testimonianze non solo di questo momento culturale, ma di tutto quanto lo ha preceduto nei millenni e che porta alle origini dell’insediamento nelle isole dell’arcipelago.
Proprio l’ultima ricerca a più voci condotta nel 1961 dal Baldacci, Desole, Guareschi, Lilliu, Vardabasso (padre e figlia) ha trovato nell’isola di S. Stefano attestati dell’uomo neolitico in un riparo sotto roccia, ma, come testimonia il Baldacci è stato un ritrovamento del tutto casuale, mentre é ragionevole supporre che molto ancora vi sia nascosto tra le rocce ed i cespugli.
La ricerca che si propone certamente non· sarebbe facile né otterrebbe risultati completi, tenuto conto del susseguirsi delle vicende umane e dell’asporto millenario del granito, o della costruzione di strade e moli e quant’altro sulla costa; ma certamente, si colmerebbero i vuoti sulla conoscenza delle isole, e non solo di quelle dell’arcipelago di cui si parlerà.
In termini geografici, a breve distanza dalla costa nord orientale della Gallura, vi sono circa 20 emergenze con caratteri di insularità e numerosi scogli ravvicinati; tra queste é possibile ravvisare due arcipelaghi, quello di La Maddalena)e quello di Lavezzi.
Nel primo vi sono le isole più estese: La Maddalena (20 kmq. circa), l’unica ad aver un centro abitato, Caprera, Santo Stefano, Spargi con Spargiotto, le più vicine all’isola madre. Le isole Barrettini, Corcelli, Budelli, Santa Maria, Razzoli e La Presa si allungano verso nord nello stretto di Bonifacio, sin quasi a collegarsi con l’arcipelago di Lavezzi, più vicino alla Corsica e di pertinenza francese.
La posizione astronomica è compresa tra i 41 °18′ 44″ (La Presa) ed i 41 °9’39” (Le Bisce) lat. nord, mentre la long. est va dai 9°19’20” (Spargiotto) ai 9°31’32” (Le Bisce). Entro questi limiti sono comprese anche le isole dei Cappuccini”e del Nibari (o Libani) che non vengono considerate parte dell’ arcipelago.
In questo insieme insulare la natura geografica e gli eventi umani hanno interagito e non è possibile scinderli, per cui è opportuno delineare quanto può servire per comprendere l’importanza geo storica di esse, senza peraltro voler invadere il campo strettamente storico.
Le più antiche notizie geografiche si debbono a Plinio (I sec. d.C.) procedendo da est verso ovest, menziona tre isole: Phintonia, Ilva, Nynphaee, come facenti parte delle “Caniculariae”; ed a Tolomeo (II sec. d.C.) che descrivendo le coste settentrionali della Sardegna accenna ad una serie di isolette e scogli ubicati presso gli “areti promontori a” (Capo d’Orso).
Indubbiamente esse si trovavano sulle rotte percorse dai Romani che le occuparono e le presidiarono: a testimoniare l’intensità del traffico navale che avveniva nelle Isole e nello Stretto di Bonifacio stanno i relitti di numerose navi trovate nei canali e nelle rade, ancora cariche di anfore e di materiale che dalla Sardegna partiva per rifornire Roma e gli eserciti che si muovevano alla costruzione dell’impero.
Un quasi totale silenzio avvolge le isole per lunghi secoli ed anche nel Medio Evo, allorché le incursioni dei Barbareschi divennero tanto frequenti da seminare il terrore su tutte le coste sarde. Questi trovavano rifugio sicuro proprio nelle cale riparate delle isole, in particolare in quella di Budelli, ove una cala si denomina Cecca di Morto.
Di quel periodo di abbandono e di pirateria non sono state ancora trovate documentazioni materiali, ma vi sono riferimenti geografici molto significativi: nell’isolotto di Spargi vi sono Punta Corsara e Cala Corsara; nell’isola di Caprera è Cala Brigantina; nelle isole di La Maddalena e di Santa Maria vi sono due Guardia del Turco.
Durante il periodo giudicale e pisano-genovese le isole restano tagliate fuori dalla storia e vivono un periodo di tranquillità, visto che le flotte pisane e genovesi controllavano le piraterie, e ciò indusse i monaci benedettini a sceglierle come luoghi per l’eremitaggio e la preghiera: eremiti nell’isola di Santa Maria, convento nell’isola Budelli, Sant’Angelo di Porcaria a La Maddalena (oggi Cala di Chiesa) e, forse la chiesa di S. Stefano nell’isola omonima, ma è ragionevole supporre che vi fossero altre presenze religiose, ancora non accertate.
Durante il dominio spagnolo le isole caddero nella totale dimenticanza e, tenuto conto della rinnovata presenza dei Barbareschi, venivano ritenute disabitate, per cui non facevano parte di feudi iberici ma ricadevano, per uso consuetudinario, nell’ambito della Corsica e, quindi, dei Genovesi, questi per il numero di canali e canaletti marini le chiamavano “Isole dei Carugi”.
La consuetudine derivava dal fatto che Corsi bonifacini vivevano nelle isole sin dal secolo XVII e traevano sostentamento dall’agricoltura e dall’allevamento, lontani dalle beghe politiche sarde e corse e, soprattutto, liberi da gravami tributari, visto che le isole praticamente erano terra di nessuno.
Peraltro, i loro mari, erano noti per la ricchezza dell’ittiofauna ed erano frequentati da pescatori genovesi, toscani, provenzali e napoletani; soprattutto da questi ultimi, esperti nella cattura delle aragoste e nella raccolta del corallo. Poiché essi correvano rischi per la presenza dei Barbareschi, gli Spagnoli concessero loro di sfruttare i ricchi banchi, mentre un apposito gruppo militare provvedeva alla protezione.
Quando nel 1720 la Sardegna passa al Piemonte le isole erano ancora terra di nessuno, ma vi si insediarono altre famiglie corse che per ogni necessità e per vincoli di sangue avevano la Corsica come referente ed in tal modo avallavano le rivendicazioni dei Genovesi.
Ma la posizione geografica delle isole era essenziale per il controllo dei traffici mercantili e militari nello Stretto ed esse interessavano i Genovesi, i Francesi ed i Piemontesi, per cui susseguirono una serie di battaglie ed occupazioni; tutto finì nel 1767, quando entrano a far parte del Regno di Sardegna ed in alcune furono costruiti forti, fortini, postazioni, e divennero note come “Isole Intermedie”.
Solo nel secolo XIX, con Alberto Della Marmora acquisirono la denominazione di «Arcipelago di La Maddalena».
I lineamenti morfologici che caratterizzano il paesaggio insulare derivano dall’orientamento del rilievo, evidenziato nelle creste e nei filoni porfirici che emergono dai granitici terrazzi spianati i quali, sia pur su diverse linee altimetriche, sono in linea tra loro. Queste specificità morfologiche conseguono anche dall’interazione degli agenti meteorici sul granito e dal carattere di continentalità delle isole, emerse in tempi molto remoti.
Ne consegue che la morfologia attuale del rilievo risulta dal modellamento iniziato sin dalla seconda metà dell’Era Paleozoica e che la struttura a terrazzamento spianato è quasi certamente residua dall’erosione continentale; infatti, non vi sono tracce di sedimenti marini, mentre se ne rilevano residue di antiche sedimentazioni terrestri.
È una morfologia ripetiti va e presenta caratteri litologici con uniformità a granito che, peraltro, non presenta intensità nel numero dei tafoni quale si riscontra nella vicina costa, e ciò dovrebbe attribuirsi al fatto che non si verificano le condizioni di ambiente chimico fisico e termico a cui si dovrebbe la loro origine.
In compenso, l’azione congiunta del vento e del moto ondoso ha fatto assumere alle rocce una molteplicità di forme incredibile ed indescrivibile ed ormai note a tutti.
Il clima dell’arcipelago rientra nel tipo semi-arido e si deve alla particolare ubicazione nello Stretto di Bonifacio, ove giungono le correnti perturbate convogliate dalla vicina Corsica, per cui consegue una frequenza ed una intensità del vento di ponente che è unica; a questo seguono il maestrale e gli altri venti.
La piovosità media è modesta, 500 mm/anno, e raggiunge il massimo di intensità nel semestre invernale, cui segue il lungo periodo siccitoso e caldo.
Alla scarsa intensità delle piogge, alla notevole evaporazione prodotta dal vento e dalle temperature elevate, nonché alla mancanza di rilievi, si deve la rete idrografica, irrilevante e non supportata da emergenze sorgentizie di un qualche interesse. Perciò i corsi d’acqua sono stagionali ed hanno carattere torrentizio.
Fra i più interessanti, a La Maddalena, il Fosso Zanoli affluente del Rio Vena Lunga, che sulla sinistra riceve le acque del Fosso Valle Gambino. Come già detto, le acque del Vena Lunga vengono raccolte in un lago artificiale che sino a poco tempo fa soddisfaceva i consumi civici, ma i recenti fatti legati all’industria balneare hanno reso necessario l’apporto del Liscia mediante una condotta.
Infine, a sud dell’isola di La Maddalena, è il Fosso La Padula, il cui nome è significativo della periodicità della sua esistenza e della incapacità di defluire le acque nel mare, salvo nel periodo di massima piena.
Vale la pena di ricordare che la carenza di acque superficiali di aree ristagnanti, se pure negativa per l’uso civico e per l’agricoltura, ha peraltro salvato gli abitanti delle isole dalla malaria, visto che la zanzara anofele non trovava ambiente ove riprodursi.
Per quanto attiene la morfologia costiera, nel passato le terre emerse dell’arcipelago erano molto più vaste ed il reticolo idrografico più esteso ed articolato ma a seguito della ultima ingressione marina, solo alcune insenature hanno modesta conformazione a rias.
Sempre lungo le coste, le isole sono dotate di insenature che delimitano arenili dalle forme e dai colori incredibili, incassati tra le rocce ed i massi; il granito assume colori che vanno dal grigio al rosa, al rosso, mentre la loro continentalità ha permesso agli agenti esogeni di lavorare ininterrottamente e di produrre forme e colori che, uniti a quelli delle acque e degli arenili, hanno costruito paesaggi irripetibili.
Dopo aver delineato le componenti geomorfologiche e storiche comuni a tutto l’arcipelago non si rinuncia ad evidenziare alcuni elementi significativi che attengono certe isole minori.
A cominciare da La Presa, isola e nel contempo penisola, che segna il limite politico tra la Sardegna e la Corsica. La Presa è geograficamente isola, ma allorché intervengono particolari condizioni di ventosità e di moto ondoso, diviene penisola grazie al deposito di sabbia che, formando un istmo, la collega alla vicina isola di Santa Maria.
La Presa, inoltre, è singolare per la natura gneissica della roccia, da cui emergono numerosi filoni di quarzo, di pegmatite ed anche granito ed arenaria derivata dalla alterazione degli stessi. Ma emergono anche scisti, per cui l’isola si configura come un piccolo museo litologico.
Della vicina isola di Santa Maria, invece, i massi di granito “sbloccati e sbandati” (Fadda) con inclinazione nord-ovest sud-est sono visibilmente significativi per le spinte tettoniche che hanno provocato la rottura del Massiccio sardo corso.
Della ultra decantata isola di Budelli citiamo la Spiaggia Rosa non per la indiscutibile bellezza, ma perché risulta dall’accumulo di frammenti di conchiglie, di scheletri di Foraminiferi e di Briozoi rossi e perché il dissennato asporto di essa come “souvenir” sta minacciando la sua sopravvivenza.
Nell’isola di Razzoli, invece, le conseguenze della sommersione marina si possono riscontrare nelle insenature che si vedono chiaramente proseguire sotto il mare e sono indicative delle antiche valli fluviali.
Negli isolotti orientali, infine, in particolare a Barrettini, i massi granitici hanno inclinazione uguale a quella dell’isola Santa Maria, ma sono molto più evidenti le fasi di frattura e di sommersione.