Le spugne
Le spugne ordinarie, reperibili su fondali bassi o sulle alghe, venivano localizzate con lo specchio e asportate con la fiocina; le più pregiate, invece, vivono a profondità più elevate, in zone ricche di scogli: casualmente potevano rimanere ammagliate nelle reti, ma i pescatori greci, veri maestri di questo tipo di pesca, si erano specializzati con la tecnica del palombaro, in modo da poter restare in immersione il più a lungo possibile e si tuffavano con un sacco a rete legato al collo nel quale disponevano le spugne dopo averle staccate dal fondo o dalla roccia.
Dall’Ottocento fino al 1932-34 ogni tanto in estate grosse barche greche a uno o due alberi venivano nei nostri mari per la pesca delle spugne: tutti le riconoscevano da lontano e si avvicinavano malvolentieri a causa del forte odore di organismi in decomposizione che le caratterizzava.
I marinai abitavano a bordo anche se scendevano spesso a terra nei momenti di libertà: pochissimi però mantennero rapporti con la popolazione locale ad eccezione forse di Giorgio Gnaccaris, “il greco”, che nel 1906 si stabilì a La Maddalena con la moglie, greca anche lei, scegliendo, non a caso, l’abitazione in via Balbo.
Negli anni fra le due guerre, la “guida” ufficiale dei pescatori di spugne, che provvedeva ad accompagnarli sulle secche adatte, fu Giuseppe Cappadonna, proveniente da Lampedusa.
Parzialmente tratto da “Il mondo della pesca” – Co.Ri.S.Ma – Giovanna Sotgiu
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