Ospedale Giuseppe Garibaldi
Fra le tante iniziative intraprese a La Maddalena nel 1907 per celebrare il centenario della nascita dell’Eroe dei due Mondi, una delle più importanti e certamente la più positiva per la comunità maddalenina fu la creazione dell’ospedale “Giuseppe Garibaldi” voluto da Donna Costanza, consorte del generale Ricciotti, che a tal fine aveva creato un apposito comitato per la raccolta di fondi e per il reclutamento dei volontari, dopo che non aveva avuto seguito una proposta di legge presentata dal deputato della Gallura Giacomo Pala con la quale si voleva indire una lotteria nazionale da un milione che avrebbe procurato un utile di tre o quattrocentomila lire per finanziare l’opera.
Il comitato di dame era composto, oltre che da Costanza, dalle figlie Anita Italia e Rosa Garibaldi e dalle signore Battistina Masu, Maddalena Larco, Eleonora Casanova, Maria Zonza, Anna Maria Lantieri, Paolina Albano, Giovannetta Ajassa, Egeria Bargone, Nina Tanca, Fortunata di Dadea e Luigia Grondona. Al comitato aderirono anche le consorti di quasi tutti gli ufficiali superiori della Marina, le signore Princivalle, Magliocco, Moro, Cappelletto, Aguiari, D’Ippolito, Coccu Ortu, Arcadipane, Abbamondi, De Conciliis e Giova.
Una lettera del 30 giugno 1907 diretta a donna Costanza dal sindaco Luigi Albertini ci offre l’opportunità di conoscere la data esatta della posa della prima pietra e della nascita del primo presidio ospedaliero civile dell’isola.
Scriveva il sindaco: “Alla chiarissima Signora Costanza Garibaldi, Colla posa di questa pietra, io traggo sincero augurio che, mercé l’opera del nobile comitato costituitosi, al più presto sorga il pio istituto a lenire le sofferenze degli umili e dei diseredati: e ne è cosa più sicura nel nome Sacro che porta, specchio di civile progresso e di umanità. W.Garibaldi”.
Siamo appena all’inizio del secolo; in Gallura e nell’intera Sardegna pochi centri, anche più grandi di La Maddalena, che già godeva di un presidio ospedaliero militare, avevano la disponibilità di un ospedale sia pure di modeste dimensioni. Questa struttura veniva qui invece creata con parziale intervento delle finanze statali e con le offerte volontarie che nel nome di Garibaldi non mancarono di arrivare, anche da parte della massoneria,
Dopo la posa della prima pietra, avvenuta, come abbiamo visto, in giugno, i lavori procedettero con alacrità e nel novembre dello stesso anno, sebbene non fossero completi, l’ospedale entrava in funzione.
E’ ancora il sindaco Alibertini, il 5 novembre 1907, ad inaugurare ufficialmente l’ospedale con il seguente discorso rivolto al Comitato e alle autorità intervenute: “Signore, Signorine gentilissime, Egregi Signori, Più nobile, più generosa, più umana non poteva essere l’iniziativa e l’idea concretata dalla Gentil Donna Costanza Garibaldi per la istituzione di un ospedale a La Maddalena. Un plauso generale ed un sentimento di riconoscenza verso colei che tanto adoprossi per la riuscita della buona opera.La Maddalena sentiva il bisogno di avere un pio istituto ove si raccogliessero gli ammalati poveri e tale bisogno fu colmato dall’incessante opera di Donna Costanza alla quale porgo come capo dell’amministrazione comunale i sensi della mia più viva gratitudine.
Quando il pensiero umano è rivolto con tanta nobiltà verso i derelitti, e si compie quel dovere sociale per cui si vuole che gli uomini siano tutti fratelli, in guisa che l’opera dell’uno riesca proficua all’altro, quando, dico, si è epletata questa giusta fusione, si ha pure diritto, Donna Costanza, all’universale riconoscenza.
E questa mia riconoscenza io manifesto oggi a nome della popolazione maddalenina mandandovi un reverente saluto, che si confonde in questo istante con le benedizioni che vi rivolgono gli abbandonati dalla fortuna, tributando meritati elogi ai componenti del Comitato.
Dichiaro aperto fin da questo momento questo ospedaletto provvisorio”.
Due anni dopo, superate le lunghe trafile burocratiche, con Regio Decreto del 13 giuno 1909, firmato da Vittorio Emanuele III e dal ministro Giovanni Giolitti, l’istituzione veniva eretta ad Ente Morale e ne veniva riconosciuto lo statuto composto di 25 articoli. I primi dieci punti riguardano le origini, lo scopo ed i mezzi dell’istituzione.
Apprendiamo da essi che l’iniziativa di Donna Costanza, che aveva voluto dare attuazione ad un desiderio espresso da Garibaldi prima di morire, nasceva con il concorso dello stato, delle autorità locali e dei cittadini, ed aveva come scopo primario “…il ricovero, cura e mantenimento gratuito, nei limiti dei propri mezzi, degli infermi poveri di ambo i sessi dimoranti a La Maddalena e nella Gallura, i quali non abbiano congiunti tenuti per legge a provvedere alla loro sorte o in grado di poterlo fare”.
Nell’ospedale potevano essere ammessi “…malati non poveri, salvo il pagamento delle rette da determinarsi dall’amministrazione, con l’approvazione della commissione provinciale di beneficienza”. Il carattere laico dell’istituzione emergeva chiaramente dall’art. 9 dello statuto ove era stabilito che “…nessun culto può essere imposto ai ricoverati” e che “essi possono farsi assistere dai ministri del culto al quale appartengono”. L’opera dell’ospedale nei confronti dei poveri, inoltre, non si limitava alle sole cure, ma si estendeva ad una vera e propria attività sociale. Difatti, l’art. 10 prevedeva: “…l’amministrazione informa le società di patronato, che esercitano la loro azione nel comune, quando entrino in convalescenza i ricoverati appartenenti alle categorie o di persone a favore delle quali l’azione si esplichi, ed indirizza i ricoverati alla società stessa all’uscita dall’ospedale”.
L’espresso richiamo nello statuto alla libertà di culto offerta ai ricoverati trova certamente origine nei timori che erano sorti sin dal momento in cui donna Costanza aveva manifestato la sua iniziativa. Essendo essa protestante e il marito anticlericale si temette che nell’ospedale non sarebbe stata permessa la libertà di culto. In una lettera a lei diretta nel maggio del 1907, Bice Annoni Gabiati, a nome della Società delle Dame di Carità, aveva così manifestato tale perplessità, chiedendo “…se verrà in detto ospedale rispettata la libertà in fatto di religione e se gli ammalati dietro spontanea richiesta potranno ricevere i conforti religiosi”. Nella stessa lettera la Gabiati invitava dunque Donna Costanza a dare assicurazioni scrivendo alla presidentessa della Società Maria Nunzia Viggiani. La risposta di Costanza, in data 7 maggio 1907, fu tale da fugare ogni dubbio:
“Gentilissima signora Viggiani, Ricevo oggi una lettera della signora Bice Annoni Gabiati nella quale questa gentile signora mi chiede se nell’Ospedale che presto speriamo potrà agire in Maddalena sarà rispettata la libertà di religione e se gli ammalati dietro spontanea richiesta potranno ricevere i conforti religiosi.
Veramente mi sarei quasi offesa per un simile dubbio se non mi fossi ricordata che il nome che io porto per ragioni politiche nelle quali certamente non entra la beneficienza poteva prestarsi a qualche simile supposizione.
Invece sono grata alla signora Bice che mi dà occasione di dichiarare formalmente che per quanto dipende da me e da mio marito noi crediamo e sosteniamo che assoluta libertà deve essere data a qualunque credenza religiosa di esplicarsi come meglio crede.
E in questo senso e quntunque io sono protestante …spero che il Rev. Sig. Parroco vorrà con ogni formalità benedire la posa della prima pietra in nome della cristianità che noi tutti professiamo”.
E don Vico, ben districandosi fra un sindaco massone e una promotrice protestante, benedisse la posa di quella prima pietra.
Il presidio sanitario di Costanza Garibaldi svolse la sua attività per oltre un trentennio barcamenandosi fra mille difficoltà; più volte rischiò la chiusura per mancanza di fondi ed ogni volta, grazie alla generosità della gente, riuscì a sopravvivere anche se, come al solito, non mancarono le critiche nei confronti della benefattrice che alcuni maldicenti accusarono di lucrare sulle donazioni ricevute. Svolse la sua opera nell’assistenza ai reduci della guerra di Libia del 1911 e di quella mondiale del 15-18. Abbiamo avuto modo di vedere, pubblicato a stampa nel 1928, il bilancio relativo al periodo dal 1° luglio 1926 al 31 dicembre 1927. Ben 2084 persone si avvalsero dell’opera dell’ospedaletto con 978 medicazioni, 126 operazioni di chirurgia, 54 interventi di medicina e numerose altre prestazioni. Negli anni successivi l’attività dell’ospedale, sebbene meno intensa fu comunque fattiva. Nei bilanci degli anni 1935, 1936 e 1937, gli interventi registrati furono, rispettivamente, 1151, 1260 e 1063. In quegli anni svolsero la loro opera, alternandosi nelle prestazioni, i medici militari ten.col. Germani, i capitani Maria, Amato, Moire, Guado, Finamore, Vaccari (ostetrico) e Massaro, i tenenti Palmas, Scandone e Macciocco ed ininterrottamente il ten.col.dott.Tallarico, chirurgo, che aveva assunto la direzione sanitaria.
Dal 1928 al 1937, infermiera e direttrice dell’istituzione, impegnata a tempo pieno, fu la signora Ines Teodori, l’unica, unitamente ad un inserviente a percepire un salario; nei bilanci dell’ospedale, sorto all’insegna del volontariato, non appaiono altre spese per prestazioni professionali e occasionali. La Teodori era stata preceduta nella direzione dell’ospedale dalla scozzese Catherina Macpherson, già appartenente al servizio “nursing” dell’esercito inglese, fatta venire da donna Costanza.
La popolazione maddalenina non mancò mai di soccorrere e aiutare i degenti con offerte e donazioni e tutto veniva sempre annotato con ordine e meticolosità. Fra le tante offerte troviamo infatti annotate perfino di fichi d’india fatti pervenire da Angela Caucci, un chilo di paste dolci fatte in casa di Maria Rozzo e panettone a Natale e zucchero e caffè a Pasqua di Maddalena Larco. Nel 1935 il comitato di patronato era composto dalle signore Paolina Zonza, Clelia Moriano, Maria Ferracciolo, Anna Maria Monteroso, Clotilde Cateni, Lina Zonza e Maria Lena. Del consiglio d’amministrazione, presieduto da donna Costanza, facevano parte Nina Tanca, Maddalena Larco, Rosa Garibaldi e Annita Italia Garibaldi.
I bilanci, oltre alle donazioni di medicine e di prodotti medici e paramedici, riportano, fra le offerte pervenute, la somma di £. 5.000 da parte di Benito Mussolini (che l’11 novembre 1932 visiterà l’ospedale) e altre offerte in denaro da parte di Ottavio Scattini, Miss Frances Miller, Host Venturi, Ernst Hoperkraft, Mariane Kennedy e tanti altri tra cui molti anonimi. Puntuali poi i versamenti delle quote delle signore del Comitato, variabili dalle 10 alle 30 lire.
A chiusura della relazione morale dell’anno 1937, donna Costanza volle ricordare la presenza nell’ospedale di due persone: Don Salvatore Capula, parroco da pochi anni, che “…affettuosamente accorre per le cure spirituali dei ricoverati”, e di Eugenio Callai, singolare personaggio che molti vecchi maddalenini ancora ricordano, ospite fisso con una retta a carico dell’Associazione Volontari Garibaldini, che volle vivere gli ultimi anni della sua vita ed infìne concluderla accanto al suo Generale. La sua costante presenza, della quale è bene rinnovare il ricordo quale esempio di grande fedeltà, è così descritta da donna Costanza:
“Trovasi ricoverato, sempre ospite graditissimo, il Signor Eugenio Callai, reduce della gloriosa falange garibaldina, di 94 anni, che apporta con la sua Camicia Rossa una continuità del pensiero del grande Duce, che tanto ebbe a cuore i sofferenti, ricordando ai posteri che se questo ospedale è sorto con il concorso di anime generose, è anche sotto la guida spirituale di Giuseppe Garibaldi di cui porta il nome.
Questo vecchio garibaldino onorato dal popolo e dalle autorità regolarmente, tempo permettendolo, monta di guardia alla tomba dell’Eroe dei Due Mondi che riposa a Caprera”.
L’ospedaletto, come ancora oggi lo chiamano i maddalenini, fu definitivamente chiuso dopo la morte della sua fondatrice e l’immobile che lo ospitava, prima rimasto inutilizzato e poi occupato da privati, grazie all’opera del sindaco Serra e dei suoi collaboratori, è ritornato ora nel possesso dell’amministrazione comunale che ha voluto perpetuare la sua destinazione originaria installandovi una struttura sanitaria.