Pitzolo e Planargia
Nel settembre 1794 subentrò nella carica di vicerè Filippo Vivalda, più intelligente e più duttile rispetto al suo predecessore Balbiano. Egli non volle imporre l’autorità dei Savoia ai sardi ma cercò diplomaticamente un metodo di pacificazione tra sudditi e regno, appoggiando le richieste stamentarie e prestando attenzione alle rivendicazioni politiche del movimento patriottico sardo. Sulla stessa linea di ascolto delle rivendicazioni dei sardi, il ministro torinese degli interni Avogadro di Quaregna assegnò a quattro funzionari sardi cariche molto importanti, prima sempre occupate da piemontesi: il giudice Gavino Cocco fu creato reggente della Reale Cancelleria, Girolamo Pitzolo fu nominato intendente generale, il Marchese di Planargia (Gavino Paliaccio) generale delle armi e Gavino Santuccio Governatore di Sassari.
La situazione politica sarda viveva difficili equilibri tra i membri delle maggiori fazioni cagliaritane: a contrastare l’ala moderata tendente alla conciliazione con il re ma allo stesso tempo a difendere le rivendicazioni dei sardi, si contrapponevano Gerolamo Pitzolo e il generale della armi Marchese della Planargia, favorevoli alla repressione dei moti popolari; in posizione più radicale era G.M.Angioy e i suoi seguaci, assertori di idee più radicali ne democratiche mirate alla liberazione dal dominio piemontese.
Nel marzo 1795 il ministro degli esteri Galli della Loggia riprese una politica assolutistica nominando tre giudici della Reale Udienza, sassaresi e aderenti al partito antipatriottico, senza consultare gli Stamenti. I tre Bracci rifiutarono le nomine e organizzarono una riunione per discutere in proposito. Ma il Marchese di Planargia e Pitzolo, che sostenevano una politica legittimista e lealista nei confronti della corona, impedirono la riunione stamentaria, illegalmente ricorrendo a minacce e a un clima poliziesco e repressivo. Il 6 luglio gli Stamenti si riunirono per destituire l’intendente generale e il Marchese. Nonostante i tentativi del viceré per ritardare l’arresto dei due alti funzionari, i sostenitori degli Stamenti e gruppi di miliziani occuparono il quartiere di Castello pacificamente; la folla si diresse verso la casa di Pitzolo che, in seguito ad una sparatoria, si arrese, convinto anche dalla promessa di protezione da parte del viceré. Quando il popolo portò Pitzolo dal viceré Vivalda, questi non lo ricevette, lasciandolo nelle mani della folla, che lo trucidò brutalmente.
Dopo che furono esaminate alcune lettere in cui il Pitzolo e il Planargia bollavano di tradimento tutti i maggiori esponenti del movimento patriottico sardo, accusandoli di essere tutti contro la monarchia e giacobini, il Marchese della Planargia subì la medesima sorte del Pitzolo: il 22 luglio 1795 fu ucciso nella Torre dell’Elefante, dove era imprigionato, e il suo corpo abbandonato in pubblico.