Ritorni alla Marina la tomba di Garibaldi
Ritorni alla Marina la tomba di Garibaldi. Nel 1968 con un semplice verbale di passaggio di consegne non surrogato da alcun provvedimento legislativo, la Tomba di Garibaldi, dichiarata monumento nazionale con legge 17 luglio 1890 n. 6973 che ne affidava la custodia ai ministeri dell’interno e della marina, ed il complesso di Caprera, parimenti dichiarato monumento nazionale con legge 14 luglio 1907, n. 503 e anch’esso affidato al ministero della marina, passavano dalla Marina al Ministero della Pubblica Istruzione, nel settore che è ora transitato al Ministero dei Beni Culturali.
In quella circostanza, dovendosi eseguire lavori di restauro e di conservazione del compendio garibaldino, riemerse il problema della sistemazione del sepolcreto di Caprera, tante volte sollecitato da Ricciotti e che era stato a suo tempo la scintilla che aveva acceso alcune delle tante beghe fra gli eredi dell’Eroe.
La Soprintendenza ai Monumenti, come prima cosa (e meraviglia la faciloneria con la quale si voleva affrontare un problema in passato tanto discusso e tormentato), aveva manifestato l’intenzione di interrare le tombe di Teresita, Manlio, Francesca e Clelia e di lasciare soltanto quella dell’Eroe e delle sue due figliolette Rosa e Anita che lui stesso aveva sepolto in quel sito. Si pose subito un problema che fino ad allora (ed il problema esiste tutt’oggi) nessuno aveva mai preso in considerazione: per quante dichiarazioni di monumento nazionale e per quanti espropri ed acquisti possano essere stati fatti, è stato perso di vista il concetto giuridico secondo il quale il sepolcreto di Caprera, sia pure in regime cimiteriale privato, è pur sempre un cimitero. E per quanto tutto possa essere acquistato, donato, permutato o espropriato – persino le tombe – non possono essere invece oggetto di transazione a nessun titolo le spoglie mortali che quelle tombe contengono le quali, pertanto, appartengono alla venerazione della famiglia e in questo specifico caso anche alla venerazione dei maddalenini e di tutta la Nazione.
La soprintendenza fu dunque costretta in quella circostanza a chiedere al sindaco, al quale spettava e spetta la competenza sui cimiteri, l’autorizzazione ad interrare le tombe. Giuseppe Deligia, allora primo cittadino di La Maddalena, dopo aver fatto conoscere che per metter mano alle tombe o modificare il sepolcreto occorreva il consenso della famiglia, l’11 febbraio 1969 informò della cosa il generale Ezio Garibaldi, figlio di Ricciotti e nipote dell’Eroe, che da Roma, con lettera del 19 febbraio successivo, dopo aver premesso “di essere stato tenuto completamente all’oscuro di tale iniziativa” ribadiva che “Il Complesso Garibaldino di Caprera …è protetto dalla legge del 17 luglio 1890” e che “…una nuova iniziativa tendente a modificare l’attuale situazione deve essere oggetto di attento esame sul piano nazionale e sanzionato con apposita legge che modifichi quella esistente”. In attesa pertanto di poter esaminare il progetto e manifestando “…la migliore intenzione di giungere ad una favorevole conclusione” nell’annunciare una sua azione legale tendente anche a rivendicare la proprietà di Caprera ora che erano cessati gli interessi militari che avevano a suo tempo reso necessario l’esproprio, comunicava di aver presentato una diffida alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e che tale diffida era stata anche regolarmente notificata al Ministero della Pubblica Istruzione.
Deligia tornava alla carica con un’altra lettera dell’8 marzo nella quale chiedeva al generale di “…rilasciare il necessario nulla-osta o avanzare eventuali osservazioni”. Ezio, rispondendo il 17 successivo, dopo aver osservato di non essere il solo erede di Garibaldi e che quindi il suo benestare non sarebbe bastato, nel lamentare altresì che il Ministero della Pubblica Istruzione non aveva dato alcuna risposta alle sue richieste di esaminare il progetto, si dichiarava “…costretto a negare per il momento il …consenso necessario per la rimozione delle Tombe nella speranza vivissima che quale discendente ed erede dell’Eroe dei Due Mondi, quale italiano, possa essere raggiunta al più presto e su ogni punto un’onesta transazione con lo Stato, la quale valga a porre fine ad ogni divergenza”.
Ezio morirà subito dopo e tutte le azioni da lui intraprese, non proseguite dagli eredi, caddero nel nulla; il sepolcreto, a parte qualche piccolo restauro e qualche lavoro marginale, è rimasto immutato e le tombe non sono state spostate di un solo centimetro.
Ma lavori di restauro eseguiti a Caprera, che ancora oggi fanno discutere, andarono per le lunghe, tanto che il 16 agosto 1972 il capitano di vascello Antonio Cocco, allora a capo del Comando Marina di La Maddalena lamentava al suo comando di Marisardegna che “…il riordino del compendio garibaldino ancora oggi, dopo 4 anni dal trasferimento al Ministero della Pubblica Istruzione attuato al fine di consentire il definitivo restauro, versa in uno stato di completo abbandono per quanto concerne sistemazione museografica e infrastrutturale” e che “…l’Ente interessato prospetta addirittura l’eventualità di essere esonerato dall’occuparsi del Museo di Caprera”.
“Tale stato di cose – proseguiva Cocco – oltre che provocare apprezzamenti negativi da parte dei numerosi visitatori italiani ed esteri che – specie nella stagione estiva – affluiscono numerosi, mette in cattiva luce – sia pure indirettamente – l’organizzazione di questo Comando che, com’è noto, fornisce la Guardia d’Onore e viene interessato in tutte le manifestazioni e pellegrinaggi che si svolgono a Caprera”.
Considerata la situazione di stallo che si era venuta a creare Cocco proponeva di affidare il complesso di Caprera al “Commissariato Generale Onoranze Caduti in guerra, Ente Interforze della Difesa che, per legge, è preposto alla conservazione, custodia e manutenzione dei sepolcreti di guerra oltre che ai Mausolei e compendi di particolare importanza, come appunto la Tomba del Generale Garibaldi”.
“Tale Ente – precisava – ha anche una particolare competenza in campo museografico per avere recentemente allestito importanti musei, quali Redipuglia, Cima Grappa, Mignano di Montelungo ed ha in corso di allestimento numerosi altri creati presso i mausolei di guerra in Italia e all’Estero (El Alamein).
L’eventuale passaggio di competenza a detto Ente del compendio Garibaldi, oltre che auspicabile sarebbe possibile giacchè il trasferimento alla Pubblica Istruzione è stato effettuato con un semplice verbale di consegna che ha modificato il disposto della legge 14 luglio 1907 …cosa questa che potrebbe essere impugnata per illegittimità in quanto, a parere di questo Comando, il disposto di una legge può essere modificato solo con altra legge.
La proposta di cui sopra – concludeva – viene avanzata nel convincimento che ove il Commissariato Onoranze Caduti in Guerra prendesse in consegna il Compendio Garibaldi, la annosa questione potrebbe finalmente essere risolta in breve tempo e si eviterebbero gli spiacevoli effetti negativi per la Marina Militare derivanti dall’attuale precaria situazione e dalla progettata istituzione della Soprintendenza del pagamento di un biglietto d’ingresso per visitare la Tomba dell’Eroe”.
Ed è in quest’ultima espressione che il comandante Cocco aveva colto nel segno: la tomba di Garibaldi, per quanto monumento nazionale, è pur sempre una tomba e fa parte di un cimitero. E non esiste, né può esistere, un cimitero nel quale occorra pagare un biglietto per entrare e che, oltretutto, questo biglietto, stando alla legge, deve essere inevitabilmente pagato anche dai familiari di coloro che in quel cimitero sono sepolti.
L’area cimiteriale del Complesso Garibaldino dovrebbe quindi essere avulsa da quella museale, ritornare alla solennità di un tempo ed essere affidata, come impone una legge mai abrogata, alla Marina e alla Guardia d’Onore militare e non ad asettici custodi, dai più svariati e variopinti abbigliamenti, promanazione ed espressione di una formalistica burocrazia che poco si addice alla solennità di quel sepolcro.
Ed è questo un diritto che gli italiani, ed i maddalenini in particolare, che delle spoglie dell’Eroe si sono proclamati i primi custodi, dovrebbero rivendicare, così avvenne a suo tempo con le ceneri di Luigi Pirandello. Anche il grande letterato aveva manifestato nel suo testamento la volontà di essere cremato e sebbene la sua morte sia avvenuta oltre cinquant’anni dopo di quella di Garibaldi non erano venuti meno i due indirizzi politici allora predominanti: clericalismo e anticlericalismo. Nacquero dunque gli stessi problemi che si erano posti quando morì l’Eroe, ma a differenza di quanto avvenne per Garibaldi le ultime volontà dello scrittore furono rispettate. Quando però le sue ceneri arrivarono nella clericalissima natia Girgenti, che lui stesso aveva definito “paese di preti e di campane a morto”, esse furono collocate in vaso greco all’interno di un museo al centro della città dove per entrare occorreva pagare un biglietto. Sebbene ci siano voluti oltre vent’anni quelle ceneri, grazie ad una iniziativa popolare, riposano oggi in un masso nella campagna girgentana, secondo i voleri del grande scrittore, nei pressi della casa-museo che lo aveva visto nascere, ma esposte ora alla venerazione di tutti in un’area di libero accesso e senza il pagamento di alcun biglietto.
Altri tempi quelli in cui la Tomba di Garibaldi, seconda solo nel cuore degli italiani a quella del Milite Ignoto sull’Altare della Patria, veniva presidiata notte e giorno con quella doverosa e religiosa solennità che l’Italia ha il dovere di rendere ad uno dei più grandi dei suoi figli e la Patria ad uno dei più grandi dei suoi padri.
E come poter dimenticare l’ormai leggendaria figura di Capo Impagliazzo, che per anni custodì devotamente la Tomba di Caprera con la sua Guardia d’Onore, o la nobile figura di Eugenio Callai, l’ultimo dei garibaldini, che, quasi centenario, volle passare a La Maddalena gli ultimi anni della sua vita e che tutte le mattine, vestito con la camicia rossa, si recava a Caprera per prestare la Guardia al suo Generale.
Oggi a quel vecchio garibaldino, sia pure senza pagar nulla perché anziano, gli avrebbero chiesto di munirsi di un biglietto ed egli sarebbe dovuto entrare da un cancello e dopo aver attraversato, ansante e a passo di carica, cortili, stalla, stanze, cucina, terrazzo, giardino e cimitero, con appena il tempo di porgere un fugace cenno di saluto al suo Condottiero, sarebbe dovuto immediatamente uscire da un altro cancello sempre trainato da uno scattante custode in un percorso non propriamente religioso e solenne, ma in compenso tanto veloce da essere certamente meritevole di figurare nel calendario dei circuiti di Formula uno.